1943. Sapremmo oggi avere quella sensibilità teologica?
08 settembre 2023
Un video ricorda il Sinodo valdese che si svolse nei
giorni dell'armistizio caratterizzato dall'"Ordine del giorno
Subilia", una richiesta di peccato per le timidezze della chiesa di fronte
al nazifascismo
In
apertura dei lavori del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste dello scorso
agosto è stato trasmesso un video voluto dalla Tavola valdese, realizzato per
raccontare l'importante Sinodo del 1943 che si svolse durante i giorni
dell'armistizio con cui l'Italia sanciva la resa agli Alleati. In particolare
il riferimento è al cosiddetto "ordine del giorno Subilia", dal nome
del pastore Vittorio Subilia, fra i principali promotori. Un ordine del giorno
che confessava i peccati di una chiesa troppo timida di fronte al regime
fascista e che dopo ampia discussione venne ritirato per evitare dolorose
spaccature. L'articolo che segue del pastore Claudio Pasquet ripercorre quelle
vicende.
Un
Sinodo che fa memoria di un altro, ottanta anni dopo. È quanto è successo a
Torre Pellice proprio in apertura dei lavori sinodali che si sono svolti dal 20
al 25 agosto scorsi. Un bel video ci
ha aiutato a ricordare quel tragico settembre del 1943 in cui la nostra chiesa
si ritrovava nella sua massima assise, tra la guerra che sembrava dover
continuare e le assolute incertezze del futuro.
In
quel momento venne presentato alla discussione un atto che viene ricordato come
ordine del giorno “Subilia”, in nome del pastore che ne ispirò le linee
teologiche. Ma in realtà i suoi presentatori erano i membri della Commissione
d’esame che, allora come oggi, ispira i lavori dell’assemblea. Il dibattito fu
subito accesissimo tra quanti temevano di coinvolgere la chiesa in una querelle piena
di incertezze per il futuro e coloro che chiedevano una maggior decisione nel
confessare il peccato di una chiesa troppo timida verso il potere
nazi-fascista.
Infatti
si trattava proprio di una vera confessione di peccato che val la pena di
esaminare da vicino. Innanzitutto le parole in cui il Sinodo «si umilia davanti
a Dio di non aver saputo proclamare in ogni contingenza ed a costo di qualsiasi
rischio il messaggio di Cristo il Signore in tutte le sue implicazioni».
Rischio che da quel settembre seppero però correre molti, e molte, giovani
valdesi abbracciando gli ideali della Resistenza, e in tanti lo fecero anche
sulla base della loro fede.
Ma
si tratta anche di un ordine del giorno profetico che, in tempi anteriori
all’ecumenismo, afferma la sua «solidarietà di fede, di preghiera, di
sofferenza e di combattimento con le Chiese in distretta per fedeltà a Cristo
(...) si sente parte viva della Chiesa universale». La memoria va subito a
quanti nelle Chiese tedesche, seppur in minoranza, avevano saputo opporsi alla
follia nazista e a coloro che si apprestavano ovunque a combattere per
opporvisi negli anni successivi. Infatti troviamo anche parole che parlano di
una scelta «al di sopra di ogni barriera di nazione e di razza», e dire queste
cose quando erano ancora in vigore le leggi razziali e nazionaliste significava
una decisa scelta di campo.
Sapendo
che tale ordine del giorno avrebbe provocato una spaccatura, i proponenti
decisero, pur a malincuore, di ritirarlo. Sarebbe passato, magari con una
risicata maggioranza? Nessuno può dirlo. Oggi non avremmo dubbi su come
schierarci, ma credo sarebbe ingiusto pronunciare a posteriori inutili condanne
su persone che, nell’incertezza e senza informazioni sull’evoluzione delle
cose, non seppero dare un giudizio più netto.
Oggi il nostro Sinodo non ha trovato il tempo di discutere sull’argomento, ma ha voluto comunque ricordare… e in un tempo in cui gli italiani tendono a non imparare nulla dalla storia, non è poco. Mi resta una domanda: di fronte alle mille problematiche del mondo attuale, saremmo ancora capaci di scrivere un pronunciamento teologico di tale forza? Non parlo di valutazioni politiche, economiche, etiche o sociali, di quelle ne facciamo pure troppe, ma proprio della capacità di fare teologia partendo dal contesto, riaffermando la fede in Gesù Cristo, il Signore della storia che giudica anche le nostre incertezze.