24/03/2009

Deriva razzista e alibi della sicurezza

Alimentare la paura dello straniero – come spiega a Confronti Moni Ovadia, attore, musicista, scrittore e protagonista di battaglie culturali e civili – serve soprattutto a stornare l’attenzione dai veri problemi: si strumentalizza così la paura in chiave securitaria e la si cavalca per guadagnare consenso e potere.
Da tempo assistiamo nel nostro paese ad una vera e propria deriva razzista. Un fenomeno ormai evidente, che nasce dall’uso strumentale e cinico della paura e della tipica, vecchia e putrefatta logica che da sempre guida tutte le mentalità reazionarie e conservatrici: seminare la paura e dividere la popolazione per guadagnare consenso. Naturalmente la sicurezza è un legittimo diritto di ogni cittadino, ma la propaganda securitaria non ha niente a che vedere con la sicurezza e consiste nel creare il panico per potersi poi presentare come i difensori dell’ordine.
Come notava il sociologo Ilvo Diamanti, hanno più paura coloro che guardano molto la televisione. Proprio perché la paura è uno dei sentimenti più forti che dominano gli esseri umani, i politici dovrebbero essere responsabili e cercare di contrastarla, invece la cavalcano. Purtroppo questo accade spesso anche ai politici di centro-sinistra, che hanno perso di vista il principio secondo cui la sicurezza si ottiene soprattutto creando una società aperta, dinamica, civile, che accoglie (lo ha detto persino il presidente della Camera Fini). Certo, alimentare la paura dello straniero serve anche a stornare l’attenzione dai veri problemi e dai veri responsabili. Si agita la questione della sicurezza, ma si parla poco della sicurezza economica o – per esempio – della sicurezza sul lavoro: se un uomo viene investito da un extracomunitario ubriaco diventa improvvisamente un’emergenza nazionale, ma se poi 1.100 lavoratori precipitano dalle impalcature nessuno se ne interessa.
Una delle cause di questa deriva razzista la si può ritrovare nell’abbandono del grande argine che il fondamento dell’antifascismo e della Resistenza sono stati per la nostra democrazia. La riabilitazione revisionistica e strumentale – soprattutto quella televisiva becera – del fascismo permette anche una sorta di condimento sottoculturale che finisce per legittimare l’idea che ci sia stato un tempo in cui c’era ordine, disciplina e tutto sommato le cose andavano bene… che insomma il fascismo non fosse poi così male.
Questa destra al governo ha una grande responsabilità, anche se questo non assolve l’opposizione. Si vede chiaramente che Berlusconi vuole demolire la Costituzione repubblicana, ma in fondo perché non dovrebbe farlo, visto che gli si permette di fare quello che vuole? È inutile scandalizzarsi dopo, quando i buoi sono già fuggiti dalla stalla: occorre una mobilitazione permanente. Del resto, questa destra non ha niente a che vedere con i centro-destra europei civili, democratici, attaccati ai valori dell’antifascismo. Un tempo dicevamo di non voler «morire democristiani», ma oggi se c’è da firmare per morire democristiani lo faccio immediatamente. La Dc era fatta anche di persone di grande valore, con una storia antifascista alle spalle. C’erano persone della statura di De Gasperi, ad esempio; mentre questi di oggi sono omuncoli.
Il 10 febbraio abbiamo celebrato il Giorno del ricordo delle vittime delle foibe, dicendo in sostanza che gli slavi sono cattivi e malvagi e hanno fatto la pulizia etnica, ma i crimini del fascismo – volutamente – ormai non vengono più ricordati. A Trieste le bandiere erano abbrunate, cosa che però non era accaduta il 27 gennaio per il Giorno della Memoria della Shoah. Lo slavo, quindi, a causa delle foibe è un criminale, ma i fascisti italiani no, anche se hanno fatto pulizia etnica, hanno assassinato, hanno fatto i campi di sterminio… è chiaro che le foibe sono state un orrore che non va assolutamente sottovalutato. Come è chiaro che le vittime innocenti sono tutte uguali. Io ho profondo rispetto per il dramma di chi ha avuto parenti che hanno subito l’infoibamento in Italia ad opera delle truppe di Tito, però bisognerebbe capire anche perché tutto questo è successo, stabilire l’ordine delle cose, considerare le devastazioni che in Europa ha fatto il nazifascismo. Come dice il vecchio detto, «chi semina vento raccoglie tempesta». Questo non giustifica i crimini o l’espulsione degli istriani, però la storia va raccontata in modo completo. La destra invece manipola la storia e la realtà, si regge sulla ricchezza e il potere di un uomo e fingendo di essere una forza democratica.
Anche la deriva razzista e il securitarismo sono figli di questo scempio totale del senso comune della democrazia e dove l’anello più debole della catena è sempre l’extracomunitario, il rumeno. Una volta era l’ebreo, ma adesso non lo è più: ora agli ebrei si fanno le moine (e questo, da ebreo, mi ripugna ancora di più!), si va in pellegrinaggio ad Auschwitz, ci si mette la kippà d’ordinanza, si guadagna una «photo opportunity» e si crede così di essersi lavati la coscienza, ma è tutto un gioco sporco di propaganda per avere il potere. O meglio: il dominio del paese. Il presidente del Senato Schifani, quando è andato ad Auschwitz, ha detto «mi sento israeliano». Ma cosa c’entra questa affermazione? Avrebbe dovuto dire «mi sento ebreo» (oppure rom, sinti, omosessuale, testimone di Geova, antifascista…). È chiaro che è tutto finto, tutto maquillage: mentono spudoratamente, anche l’ebreo gli serve solamente per riaccreditarsi e molti ebrei delle istituzioni comunitarie ci cascano e si lasciano strumentalizzare.
Moni Ovadia
da: Confronti n.3 marzo 2009. http://www.confronti.net/

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