Roma (NEV), 22 luglio 2009 - Pubblichiamo il messaggio finale che la XIII Assemblea generale della Conferenza delle chiese europee (KEK) rivolge alle chiese membro e ai cristiani di tutta Europa. L’Assemblea KEK si è svolta a Lione dal 15 al 21 luglio 2009, con il tema: “Chiamati ad un’unica speranza in Cristo”.
Noi, trecentosei delegati e delegate di diverse chiese d’Europa, riuniti nella storica città di Lione in Francia, dal 15 al 21 luglio 2009 con il tema: “Chiamati ad un’unica speranza in Cristo”, in occasione della XIII Assemblea generale e del 50° anniversario della Conferenza delle chiese europee (KEK), indirizziamo questo messaggio alle chiese membro del nostro movimento ecumenico e di tutta Europa.
Un’unica speranza in Cristo
In quanto cristiani, osiamo sperare. Come recita l’Epistola agli Ebrei, la fede è la sostanza delle cose sperate. La speranza va vista come un aspetto essenziale della fede cristiana. La speranza ci dà la gioia, la pace, il coraggio, l’audacia e la libertà. Ci libera dalla paura, apre i nostri cuori e rafforza la nostra testimonianza del Signore risorto. Noi cristiani siamo chiamati ad un’unica speranza in Cristo, fonte di amore, di perdono e di riconciliazione. In quanto cristiani, condividiamo la nostra speranza in Cristo risorto con le comunità nelle quali viviamo e alle quali apparteniamo.
Base del nostro impegno nel movimento ecumenico e nella società è la Carta Ecumenica.
Guardare al futuro
La KEK, fondata cinquant’anni fa in un’Europa divisa, ha cercato di costruire ponti tra est e ovest e di riunire i cristiani. E’ stata creata in un’Europa lacerata dalla guerra, disperatamente in cerca di semi di speranza e di resurrezione.
Oggi che celebriamo i 50 anni della KEK, la situazione in Europa è cambiata considerevolmente. Quest’anno ricorrono i 20 anni dalla caduta della cortina di ferro, evento che ha dato nuova speranza non solo all’Europa, ma al mondo intero. Tuttavia sono molte le società europee ancora traumatizzate dai ricordi delle dittature comuniste atee in Europa centrale e orientale, che ancora oggi influenzano atteggiamenti, suscitano sfiducia, ed impediscono una vera riconciliazione tra est e ovest.
Mentre ci impegniamo con passione per un’Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti, deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni, culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni – tra cittadini permanenti e migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti rispettati e chi li vede lesi.
Ci sono crisi che hanno conseguenze mondiali. Il cambiamento climatico e la distruzione dell’ambiente ci chiamano a lavorare per la salvaguardia del creato, sia sul fronte dei responsabili politici, sia su quello dei singoli individui, al fine di ridurre la nostra impronta ecologica e le nostre emissioni di CO2. La grave crisi finanziaria deve aiutarci a cogliere l’occasione per creare un nuovo ordine economico e ricordare al mondo la necessità di un’economia basata sulla responsabilità etica e la sostenibilità ecologica – e contemporaneamente dobbiamo vigilare affinchè, in quanto chiese, investiamo le nostre risorse finanziarie rispettando le stesse severe norme che imponiamo agli altri. Ciò detto perseveriamo nel manifestare il nostro impegno convinto in favore del processo conciliare della giustizia, della pace, e della salvaguardia del creato.
Malgrado tutto, siamo fermamente convinti che in quanto cristiani abbiamo una speranza speciale da condividere proprio in situazioni che sembrano invece disperate. Affermiamo che vi è una speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia. Vi è speranza quando resistiamo ad ogni forma di violenza e di razzismo, quando difendiamo la dignità di ogni persona. Vi è speranza quando insistiamo sull’imperativo di una solidarietà disinteressata tra individui e tra popoli, quando lottiamo per il rispetto sincero della creazione.
Crediamo che l’Europa possa e debba essere un continente di larghe vedute, accogliente, aperto a tutti e tutte. Affermiamo che le porte debbano essere aperte ad ogni persona che fugge da persecuzioni e violenze. Nel corso di questa Assemblea abbiamo celebrato l’integrazione della Commissione delle chiese per i migranti in Europa con la KEK. Questo atto rivestirà una particolare importanza nel 2010 “Anno delle chiese europee di fronte alla sfida delle migrazioni”, e avremo insieme l’occasione di testimoniare il nostro impegno cristiano in favore di rifugiati e migranti.
L’Assemblea, volgendo lo sguardo verso il futuro, ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di proporre un piano di ristrutturazione generale della KEK, riflettendo uno scopo, una visione e degli obiettivi strategici, esaminando quali possano essere le strutture che meglio serviranno questi obiettivi. L’Assemblea chiede a tutte le chiese membro di farsi portatrici di questa verifica e di partecipare attivamente al progresso dei lavori della KEK.
La sfida lanciata alle chiese e ai cristiani
La sfida lanciata dall’Assemblea generale a tutte le chiese membro è l’audace messaggio della speranza – una speranza che non si esprime attraverso dichiarazioni vuote, ma attraverso atti concreti e fede viva.
Affermiamo che le chiese devono lavorare a favore della giustizia e dire la verità ai potenti. Questo significa abbattere i muri tra persone, culture e religioni, per imparare a distinguere l’immagine di Dio nel volto dell’”altro”. Questo significa rispettare, e non solamente tollerare, gli altri esseri umani. Sopra ogni cosa però, questo significa trovare nuovi modi per esprimere la nostra solidarietà con i poveri, a noi lontani e vicini. Ricordiamoci insieme delle seguenti parole dell’apostolo Pietro: “siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni, ma fatelo con mansuetudine e rispetto” (1 Pietro 3,15-16).
25/07/2009
17/07/2009
ESTATE A OMEGNA "AFRICAN DAY”
Si terrà Domenica 19 Luglio la seconda edizione de " African day" la manifestazione dedicata all'intecultura e promossa dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Omegna.
Domenica i giardini del lungolago, ospiteranno a partire dalle 10, i mercatini dell'artigianato locale e a seguire alle 18.30, il buffet etnico a base di specialità enogastromiche tipiche dei Paesi Africani.
Alle 20.30, dopo il saluto delle autorità e la presentazione del Progetto di Cooperazione decentrata in Senegal, alle 21.15 seguirà "KONKOBA", spettacolo di danze e percussioni tradizionali del Senegal.
Domenica i giardini del lungolago, ospiteranno a partire dalle 10, i mercatini dell'artigianato locale e a seguire alle 18.30, il buffet etnico a base di specialità enogastromiche tipiche dei Paesi Africani.
Alle 20.30, dopo il saluto delle autorità e la presentazione del Progetto di Cooperazione decentrata in Senegal, alle 21.15 seguirà "KONKOBA", spettacolo di danze e percussioni tradizionali del Senegal.
I cristiani evangelici battisti e cattolici romani siglano un documento sui matrimoni interconfessionali
Firma Ecumenica italiana. Siamo di fronte al primo documento mondiale siglato in questi giorni fra la Chiesa cattolica e un’Unione battista sul tema matrimonio; ora bisogna farlo funzionare.
di Domenico Tomasetto
Martedì 30 giugno il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e la pastora Anna Maffei, presidente dell’Ucebi, hanno firmato il Documento comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni fra cattolici e battisti in Italia. Per accordi intervenuti, il documento è entrato in vigore lo stesso giorno della firma, avendo ricevuto la recognitio vaticana prima dell’approvazione in Assemblea generale della Cei. Così è giunto a termine un processo pieno di risvolti che vanno apprezzati.
La volontà di arrivare a questo documento inizia al momento della firma del parallelo documento con la Tavola valdese nel 1996: fu chiesto al card. Ruini, allora presidente della Cei se, in base ai rapporti di reciproco riconoscimento Bmv, con una semplice firma supplementare non si potesse estenderne la validità anche per i battisti italiani. Ma i battisti, per le diversità teologiche ed ecclesiologiche, non avrebbero potuto sottoscrivere tout court lo stesso documento. Allora l’Ucebi ha nominato una commissione che ha predisposto un Documento sul matrimonio, che è stato approvato dall’Assemblea generale 2004. Subito dopo è stata avanzata la richiesta di iniziare la trattativa con la Cei per preparare un documento sui matrimoni interconfessionali che, sia per le procedure sia per i contenuti, seguisse le linee di quello concluso con la Tavola valdese.
Il 12 maggio 2006 le due Commissioni si sono riunite per la prima volta: quella della Cei era composta da due vescovi, mons. V. Paglia e mons. F. Coccopalmerio (che nel corso dei lavori è stato nominato presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e non sostituito), mons. D. Falco, prof. G. Feliciani, don A. Maffeis e mons. Mauro Rivella; quella battista dai pastori D. Tomasetto, M. Aprile, L. Maggi, M. Ibarra e F. Scaramuccia (scomparso nel 2007 e non sostituito). Sotto la co-presidenza di mons. V. Paglia e D. Tomasetto, gli incontri si sono alternati nelle rispettive sedi. Il 5 ottobre 2007 si è pervenuti alla firma della «Bozza definitiva», consegnata ai rispettivi organi istituzionali.
L’Assemblea generale Ucebi del giugno 2008 ha approvato il Documento, mentre la parte cattolica ha avuto un’iter più complesso. Il Documento è stato sottoposto alla Congregazione per la dottrina della fede, poi al Pontificio Consiglio per i testi legislativi, poi ancora al Consiglio permanente della Cei e infine all’Assemblea generale della Cei. Tutti questi organi hanno fatto le loro osservazioni che sono state concordate con la parte battista e approvate dal Comitato esecutivo. Finalmente l’Assemblea generale della Cei del 25-29 maggio 2009 ha approvato definitivamente il Documento, che ora è giunto alla firma. Il Documento Cei/Ucebi deve molto al precedente Cei/Tavola valdese, senza il quale difficilmente noi battisti italiani avremmo potuto arrivare al nostro Documento. Da lì abbiamo ripreso l’impostazione di fondo e le linee generali, ma abbiamo anche apportato quelle variazioni che le diversità teologiche ed ecclesiologiche imponevano.
Dal punto di vista della struttura, il Documento battista è formato da quattro parti, con l’ultima che contiene le indicazioni applicative, che nel precedente Documento con la Tavola valdese costituivano un documento separato e approvato soltanto dalla Cei. È probabile che questa unificazione dei due precedenti documenti abbia fatto sorgere quella serie di osservazioni di cui sopra, che ha rallentato l’approvazione finale.
Quali riflessioni? Innanzi tutto dobbiamo dare atto alla Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, oltre che ai membri della Commissione Cei, di un clima di serenità e reciproco rispetto, di un rapporto paritario caratterizzato da una apertura ecumenica molto ampia e da un’atmosfera personale carica di simpatia e di fraternità. Lavorare con questo spirito è stato facile, anche nei momenti e nei passaggi più «sensibili» (che ci sono stati!). Eravamo ben consapevoli dell’enorme sproporzione fra i due interlocutori: ci siamo presentati con un unico Documento sul matrimonio forte di ben 53 articoli, e ci siamo trovati dinanzi all’intero Codice di diritto canonico, al Decreto generale sul matrimonio della Cei e al Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo. Parlavamo con la Cei, ma era ben presente il «convitato di pietra», il Vaticano, nella sua dimensione mondiale.
A nostra conoscenza, questo è il primo documento mondiale sul tema fra la Chiesa cattolica e una Unione battista. Se la Chiesa cattolica era ben presente nella sua dimensione mondiale, noi avevamo come osservatori lontani, ma interessati, sia la Federazione battista europea, sia l’Alleanza mondiale battista. Vedremo nel tempo se questo primo documento sui matrimoni interconfessionali aprirà la strada per altri testi locali paralleli. Non abbiamo la pretesa di aver parlato a nome dei battisti mondiali, né di aver prodotto un documento valido per i battisti delle svariate Unioni battiste. Abbiamo soltanto aperto la strada per altri che decideranno di fare localmente lo stesso percorso.
Non è questo il momento di fare analisi approfondite, ma si possono fare alcune prime riflessioni. A motivo della buona prova che ha dato il precedente Documento Cei/Tavola valdese, sono venute a cadere tutta una serie di preoccupazioni, di paure e di sospetti che trovano espressione linguistica in incisi e controincisi che precisano e puntualizzano fino all’estremo una affermazione generale, per evitare incomprensioni, malintesi e interpretazioni non volute. Il secondo Documento ha il vantaggio, appunto, di essere secondo, di calcare le orme del primo e di sciogliere, dal punto di vista linguistico, le frasi troppo involute. L’attuale Documento, unificando i due della Cei/Tavola valdese, è stato sottoposto interamente all’approvazione del Vaticano: la recognitio vaticana non riguarda soltanto le prime tre parti (come nel caso precedente), ma l’intero documento, comprese le indicazioni applicative. Questo ha comportato ritardi e successive modifiche al testo, ma ha un riconoscimento pieno.
Le variazioni rispetto al primo Documento sono di due tipi: quelle per le diversità teologiche ed ecclesiologiche e quelle per gli aspetti pratici. L’argomento che ci ha fatto discutere più a lungo è stato quello relativo al battesimo: dato che nelle chiese battiste si pratica il battesimo dei credenti (di solito «adulti»), può capitare che qualcuno, pur nato e cresciuto nelle nostre chiese, giunga al matrimonio senza essere stato ancora battezzato. Come considerarlo? Per noi non è certo un «pagano», ma per i cattolici è un non-battezzato. La soluzione è stata trovata nell’indicarlo come «catecumeno» nella richiesta di dispensa e/o di licenza rivolta all’ordinario diocesano.
Nel Documento è stata stralciata la sezione relativa al matrimonio in sede civile. La motivazione fondamentale per i cattolici era che con la trascrizione si dava validità canonica a una celebrazione fatta, per comune volontà degli sposi, in sede civile con l’esclusione del momento religioso. Per noi c’era la preoccupazione che la scelta di una celebrazione volutamente civile potesse essere «sacramentalizzata» e quindi far ricadere sotto la legislazione canonica un matrimonio celebrato in sede civile. Un altro punto sensibile: l’educazione religiosa dei figli. Le esigenze delle due parti sono state rispettate con il riconoscere la responsabilità generale paritaria delle due chiese, quella specifica dei genitori e il rispetto della piena libertà di scelta dei genitori. Così il Documento è stato approvato quasi all’unanimità dalla Cei.
I nodi non sono tutti risolti, ma almeno adesso abbiamo un testo che vale per tutti al quale fare riferimento. Siamo contenti del risultato, ma ora dobbiamo mettere alla prova quanto è stato predisposto a tavolino.
08/07/2009
"Come un uomo sulla terra", un film dossier che la dice tutta su ciò che succede dietro all'immigrazione clandestina dalle coste libiche.
Dopo centinaia di proiezioni in tutta Italia, dopo riconoscimenti e premi di prestigio nazionale e internazionale (SalinaDocFest, David di Donatello, Arcipelago Film Festival, Per il Cinema Italiano, BellariaFilmFestival e molti atri), finalmente in onda sulla RAI.
COME UN UOMO SULLA TERRA
di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene
prodotto da Asinitas Onlus e ZaLab (52’ – 2008)
andrà in onda GIOVEDI 9 LUGLIO 2009 ore 23.40 – RAI 3 (trasmissione DOC 3)
Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.
Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Da maggio di quest’anno la marina italiana respinge i migranti in Libia. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo?
COME UN UOMO SULLA TERRA il film contro i respingimenti in Libia info: http://comeunuomosullaterra.blogspot.com
Dag studiava Giurisprudenza ad Addis Abeba, in Etiopia. A causa della forte repressione politica nel suo paese ha deciso di emigrare. Nell’inverno 2005 ha attraversato via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si è imbattuto in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di indiscriminati arresti e disumane deportazioni. Sopravvissuto alla trappola Libica, Dag è riuscito ad arrivare via mare in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare la scuola di italiano Asinitas Onlus punto di incontro di molti immigrati africani coordinato da Marco Carsetti e da altri operatori e volontari. Qui ha imparato non solo l’italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Così ha deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a rompere l’incomprensibile silenzio su quanto sta succedendo nel paese del Colonnello Gheddafi.
“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste. Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti (www.asinitas.net) sta sviluppando a Roma in collaborazione con ZaLab (www.zalab.org), gruppo di autori video specializzati in video partecipativo e documentario sociale
In onda su RAI 3 il 9 luglio 2009 alle 23.40
COME UN UOMO SULLA TERRA
di Andrea Segre, Dagmawi Yimer e Riccardo Biadene
prodotto da Asinitas Onlus e ZaLab (52’ – 2008)
andrà in onda GIOVEDI 9 LUGLIO 2009 ore 23.40 – RAI 3 (trasmissione DOC 3)
Per la prima volta in un film, la voce diretta dei migranti africani sulle brutali modalità con cui la Libia controlla i flussi migratori, su richiesta e grazie ai finanziamenti di Italia ed Europa.
Dal 2003 Italia ed Europa chiedono alla Libia di fermare i migranti africani. Da maggio di quest’anno la marina italiana respinge i migranti in Libia. Ma cosa fa realmente la polizia libica? Cosa subiscono migliaia di uomini e donne africane? E perchè tutti fingono di non saperlo?
COME UN UOMO SULLA TERRA il film contro i respingimenti in Libia info: http://comeunuomosullaterra.blogspot.com
Dag studiava Giurisprudenza ad Addis Abeba, in Etiopia. A causa della forte repressione politica nel suo paese ha deciso di emigrare. Nell’inverno 2005 ha attraversato via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si è imbattuto in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di indiscriminati arresti e disumane deportazioni. Sopravvissuto alla trappola Libica, Dag è riuscito ad arrivare via mare in Italia, a Roma, dove ha iniziato a frequentare la scuola di italiano Asinitas Onlus punto di incontro di molti immigrati africani coordinato da Marco Carsetti e da altri operatori e volontari. Qui ha imparato non solo l’italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Così ha deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a rompere l’incomprensibile silenzio su quanto sta succedendo nel paese del Colonnello Gheddafi.
“Come un uomo sulla terra” è un viaggio di dolore e dignità, attraverso il quale Dagmawi Yimer riesce a dare voce alla memoria quasi impossibile di sofferenze umane, rispetto alle quali l’Italia e l’Europa hanno responsabilità che non possono rimanere ancora a lungo nascoste. Il documentario si inserisce in un progetto di Archivio delle Memorie Migranti che dal 2006 l’associazione Asinitas Onlus, centri di educazione e cura con i migranti (www.asinitas.net) sta sviluppando a Roma in collaborazione con ZaLab (www.zalab.org), gruppo di autori video specializzati in video partecipativo e documentario sociale
In onda su RAI 3 il 9 luglio 2009 alle 23.40
03/07/2009
Legge sicurezza e immigrazione
Preoccupazione e dispiacere del presidente della FCEI, Domenico Maselli, per una legge che criminalizza gli immigrati
"La votazione definitiva del disegno di legge sulla sicurezza suscita in me un profondo dispiacere". È quanto ha dichiarato il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Domenico Maselli, a seguito dall'approvazione definitiva del Senato che tramuta in legge il decreto sicurezza.
"Dispiacere - ha spiegato Maselli - soprattutto per le conseguenze che l'istituzione del reato di immigrazione clandestina produrrà per il nostro paese. Da un punto di vista giuridico sembra una piccola cosa, ma questa legge cambia definitivamente i rapporti tra gli immigrati irregolari e il paese dove avevano cercato accoglienza. C'è il rischio - ha proseguito Maselli - che, al di là delle dichiarazioni, il l'immigrato irregolare eviti di andare al pronto soccorso anche se affetto da una grave malattia, e c'è ben più del rischio della nascita di persone che saranno inesistenti dal punto di vista burocratico. La condizione folle del 'Fu Mattia Pascal' diventerà effettiva per bambini perfettamente innocenti che si troveranno senza alcuna garanzia, come se fossero inesistenti. Queste sono - ha concluso Maselli - solo alcune delle osservazioni che si possono fare, ma mi paiono sufficienti per essere profondamente preoccupati".
Roma, 2 luglio 2009 (NEV-CS50/09)
"La votazione definitiva del disegno di legge sulla sicurezza suscita in me un profondo dispiacere". È quanto ha dichiarato il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Domenico Maselli, a seguito dall'approvazione definitiva del Senato che tramuta in legge il decreto sicurezza.
"Dispiacere - ha spiegato Maselli - soprattutto per le conseguenze che l'istituzione del reato di immigrazione clandestina produrrà per il nostro paese. Da un punto di vista giuridico sembra una piccola cosa, ma questa legge cambia definitivamente i rapporti tra gli immigrati irregolari e il paese dove avevano cercato accoglienza. C'è il rischio - ha proseguito Maselli - che, al di là delle dichiarazioni, il l'immigrato irregolare eviti di andare al pronto soccorso anche se affetto da una grave malattia, e c'è ben più del rischio della nascita di persone che saranno inesistenti dal punto di vista burocratico. La condizione folle del 'Fu Mattia Pascal' diventerà effettiva per bambini perfettamente innocenti che si troveranno senza alcuna garanzia, come se fossero inesistenti. Queste sono - ha concluso Maselli - solo alcune delle osservazioni che si possono fare, ma mi paiono sufficienti per essere profondamente preoccupati".
Roma, 2 luglio 2009 (NEV-CS50/09)