01/12/2023
20/10/2023
"Non rendete a nessuno male per male […]. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene." (Romani 12,17.21)
Sto preparando questa circolare pochi giorni dopo l’attacco terroristico di Hamas nei confronti di Israele. Non sono certo in grado di fare analisi geo-politiche, né tanto meno storiche. Voglio però condividere la testimonianza che ho ascoltato molti anni fa da parte di un israeliano che faceva parte di una associazione composta sia da israeliani, sia da palestinesi, che avevano in comune un terribile dramma: erano tutti genitori che avevano perso i propri figli nel conflitto israelo-palestinese. Erano stati invitati a una serata pubblica un israeliano e un palestinese, entrambi membri di questa associazione; il palestinese non aveva purtroppo ottenuto il visto per venire in Italia e non aveva potuto partecipare. Era quindi presente soltanto l’israeliano, il cui figlio, che era un soldato, era stato ucciso dai palestinesi. Dopo la morte del figlio – raccontò – molti intorno a lui lo invitavano all’odio e alla vendetta. Quell’uomo scelse però un’altra strada; aveva riflettuto a lungo ed era giunto alla conclusione che nulla avrebbe potuto riportare in vita il proprio figlio, e che l’unica cosa che poteva fare era cercare di impegnarsi per evitare che la stessa tragedia accadesse in altre famiglie. Per suo figlio, che era morto, ormai non poteva fare più nulla; ciò che poteva fare per i figli, ancora vivi, degli altri israeliani (e anche dei palestinesi) era lavorare per la pace e la riconciliazione. Contribuì quindi a fondare questa associazione composta da genitori di entrambe le parti che avevano in comune il lutto per aver perso le creature che avevano messo al mondo. Questa associazione esiste tutt’ora e si chiama “Parents Circle – Families Forum” (Circolo dei genitori – Forum delle famiglie) e il suo sito web è in inglese, ebraico e arabo: https://www.theparentscircle.org/en
Nella home page del loro sito è scritto: “Se avete perso un familiare a causa del conflitto e siete stanchi del ciclo infinito di perdite di vite umane, vorremmo avervi con noi. Insieme, continueremo a lavorare per prevenire ulteriori lutti, per creare dialogo, riconciliazione e pace”
La domanda che oggi tutti ci poniamo è se ora, dopo il terribile attacco del 7 ottobre, sia ancora possibile sognare una soluzione pacifica del conflitto, se sia ancora possibile perseguire la soluzione “due popoli – due Stati”. Ma del resto quale sarebbe l’alternativa? Forse una guerra senza fine?
La radice da cui nasce la violenza è l’odio, e in questi decenni l’odio tra palestinesi e israeliani è stato da alcuni (da entrambe le parti) volontariamente coltivato, ed è cresciuto a dismisura.
Ma non da tutti è stato coltivato l’odio: la testimonianza di quel padre da me ascoltato molti anni fa mi fa sperare che – non oggi probabilmente, ma prima o poi – qualcuno possa continuare a reagire al dolore non con l’odio e la vendetta, ma con la ricerca del dialogo e della riconciliazione.
Come cristiani condanniamo l’attacco violento e crudele del 7 ottobre e preghiamo per i parenti di tutte le vittime innocenti e per la liberazione degli ostaggi. Ma, oltre a questo, la cosa più importante che possiamo fare è quella di non smettere – anche e proprio quando sembra una cosa assurda – di predicare e vivere l’evangelo della riconciliazione.
Dall’odio nasce odio, la violenza chiama violenza. L’evangelo ci chiama invece a spezzare (come cercano di fare i genitori del Parents Circle) questa spirale mortale e mortifera e a scegliere un’altra strada, che è quella percorsa da Gesù: “Non rendete a nessuno male per male […]. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”.
Marco Gisola
NOVITÀ ORARIO del CULTO
CHIESE di INTRA e OMEGNA
Le assemblee delle chiese di Omegna (1 ottobre) e Intra (8 ottobre) hanno deciso di spostare l’orario del culto in modo che il pastore possa, almeno due domeniche al mese e quando sarà necessario, tenere il culto sia a Omegna, sia a Intra. I nuovi orari saranno validi a partire dal mese di novembre, mentre per le rimanenti domeniche di ottobre rimangono validi i vecchi orari delle ore 10,00 ad Omegna e delle ore 10,30 a Intra.
Quindi:
A PARTIRE DAL MESE DI NOVEMBRE
IL CULTO A OMEGNA SI TERRÀ ALLE ORE 9,00
IL CULTO A INTRA SI TERRÀ ALLE ORE 11,00
11/09/2023
1943. Sapremmo oggi avere quella sensibilità teologica?
08 settembre 2023
Un video ricorda il Sinodo valdese che si svolse nei
giorni dell'armistizio caratterizzato dall'"Ordine del giorno
Subilia", una richiesta di peccato per le timidezze della chiesa di fronte
al nazifascismo
In
apertura dei lavori del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste dello scorso
agosto è stato trasmesso un video voluto dalla Tavola valdese, realizzato per
raccontare l'importante Sinodo del 1943 che si svolse durante i giorni
dell'armistizio con cui l'Italia sanciva la resa agli Alleati. In particolare
il riferimento è al cosiddetto "ordine del giorno Subilia", dal nome
del pastore Vittorio Subilia, fra i principali promotori. Un ordine del giorno
che confessava i peccati di una chiesa troppo timida di fronte al regime
fascista e che dopo ampia discussione venne ritirato per evitare dolorose
spaccature. L'articolo che segue del pastore Claudio Pasquet ripercorre quelle
vicende.
Un
Sinodo che fa memoria di un altro, ottanta anni dopo. È quanto è successo a
Torre Pellice proprio in apertura dei lavori sinodali che si sono svolti dal 20
al 25 agosto scorsi. Un bel video ci
ha aiutato a ricordare quel tragico settembre del 1943 in cui la nostra chiesa
si ritrovava nella sua massima assise, tra la guerra che sembrava dover
continuare e le assolute incertezze del futuro.
In
quel momento venne presentato alla discussione un atto che viene ricordato come
ordine del giorno “Subilia”, in nome del pastore che ne ispirò le linee
teologiche. Ma in realtà i suoi presentatori erano i membri della Commissione
d’esame che, allora come oggi, ispira i lavori dell’assemblea. Il dibattito fu
subito accesissimo tra quanti temevano di coinvolgere la chiesa in una querelle piena
di incertezze per il futuro e coloro che chiedevano una maggior decisione nel
confessare il peccato di una chiesa troppo timida verso il potere
nazi-fascista.
Infatti
si trattava proprio di una vera confessione di peccato che val la pena di
esaminare da vicino. Innanzitutto le parole in cui il Sinodo «si umilia davanti
a Dio di non aver saputo proclamare in ogni contingenza ed a costo di qualsiasi
rischio il messaggio di Cristo il Signore in tutte le sue implicazioni».
Rischio che da quel settembre seppero però correre molti, e molte, giovani
valdesi abbracciando gli ideali della Resistenza, e in tanti lo fecero anche
sulla base della loro fede.
Ma
si tratta anche di un ordine del giorno profetico che, in tempi anteriori
all’ecumenismo, afferma la sua «solidarietà di fede, di preghiera, di
sofferenza e di combattimento con le Chiese in distretta per fedeltà a Cristo
(...) si sente parte viva della Chiesa universale». La memoria va subito a
quanti nelle Chiese tedesche, seppur in minoranza, avevano saputo opporsi alla
follia nazista e a coloro che si apprestavano ovunque a combattere per
opporvisi negli anni successivi. Infatti troviamo anche parole che parlano di
una scelta «al di sopra di ogni barriera di nazione e di razza», e dire queste
cose quando erano ancora in vigore le leggi razziali e nazionaliste significava
una decisa scelta di campo.
Sapendo
che tale ordine del giorno avrebbe provocato una spaccatura, i proponenti
decisero, pur a malincuore, di ritirarlo. Sarebbe passato, magari con una
risicata maggioranza? Nessuno può dirlo. Oggi non avremmo dubbi su come
schierarci, ma credo sarebbe ingiusto pronunciare a posteriori inutili condanne
su persone che, nell’incertezza e senza informazioni sull’evoluzione delle
cose, non seppero dare un giudizio più netto.
Oggi il nostro Sinodo non ha trovato il tempo di discutere sull’argomento, ma ha voluto comunque ricordare… e in un tempo in cui gli italiani tendono a non imparare nulla dalla storia, non è poco. Mi resta una domanda: di fronte alle mille problematiche del mondo attuale, saremmo ancora capaci di scrivere un pronunciamento teologico di tale forza? Non parlo di valutazioni politiche, economiche, etiche o sociali, di quelle ne facciamo pure troppe, ma proprio della capacità di fare teologia partendo dal contesto, riaffermando la fede in Gesù Cristo, il Signore della storia che giudica anche le nostre incertezze.
08/09/2023
26/05/2023
12/05/2023
28/04/2023
GIORNATA COMUNITARIA DELLE CHIESE METODISTE DEI LAGHI
chiese metodiste di Intra, Luino ed Omegna
domenica 30 aprile 2023 presso la Chiesa metodista di Intra ore 10,30
Culto Unificato delle chiese di Intra, Omegna e Luino.
Il Culto sarà a cura della scuola domenicale di Luino; a seguire: Agape comunitaria e pomeriggio con il fratello Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della FCEI
Il fratello Libero Ciuffreda è membro della chiesa valdese di Chivasso e membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI).
Nel pomeriggio, il fratello Libero Ciuffreda, ci parlerà dei progetti che la FCEI sta portando avanti con Mediterranean Hope e Medical Hope. Con lui parleremo di accoglienza dei profughi e dei corridoi umanitari a Lampedusa, Scicli e Bihać (BosniaErzegovina); contro il caporalato e a fianco dei braccianti a Rosarno; vicino a chi soffre ed è vittima della guerra in Ucraina e in Siria.
14/03/2023
24/02/2023
PREDICAZIONE DI DOMENICA 19 FEBBRAIO 2023 tenuta nel Tempio di OMEGNA
Isaia 55, 6 – 12a
6 Cercate
il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino. 7 Lasci
l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE
che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.
8 «Infatti
i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice
il SIGNORE. 9 «Come i cieli sono alti al di sopra della
terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più
alti dei vostri pensieri. 10 Come la pioggia e la neve
scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza
averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da
mangiare, 11 così è della mia parola, uscita dalla mia
bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e
condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata. 12 Sì, voi
partirete con gioia e sarete ricondotti in pace;
“Poiché i miei
pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie” v.8
Questo versetto 8, è
di una straordinaria suggestione e molto incisivo, come è incisivo questo bellissimo libro di Isaia da
cui oggi…al Cap. 55 ne abbiamo letto alcuni versetti.
Tema centrale di
questo testo, è l’affermazione del ruolo decisivo della Parola di Dio, che è
tutto quanto resta al popolo esiliato, anzi, la Parola è l’unica cosa che conta, perché
è l’unica cosa che sussiste in eterno.
E questa è anche
l’esperienza di tutto il popolo di Dio attraverso i secoli, la Parola di Dio
è l’unico tesoro che ci permette di andare avanti anche ai giorni nostri, la
Parola di un Dio che è sempre vicino agli esiliati e a noi e che ci dice: “cercate
il Signore mentre lo si può trovare”, questa è l’esortazione rivolta all’epoca agli
esiliati a Babilonia, perché non pensassero che loro erano in esilio e Dio
invece se ne stava nella terra promessa. Questo ci fa capire che, Dio non è
legato a una terra, ma è legato al popolo anche quando è in esilio, e Dio è vicino
a tutti gli esiliati; quindi, è vicino anche a noi quando ci sentiamo lontani da
Lui, abbandonati da Lui, esiliati appunto. Ma siamo sempre noi alla fine, che ci
allontaniamo da Dio, a volte per stanchezza spirituale, per sfiducia, così che rinunciamo
a cercarlo, ma Dio non si allontana mai da noi…dato che è il Dio “che non si
stanca mai di perdonare”, quindi non abbandona mai il suo popolo, anche se
talvolta segue vie che noi facciamo fatica a riconoscere, a decifrare, perché
sono le Sue vie e non le nostre vie.
E il segno più
forte di vicinanza che Dio offre al suo popolo è il dono continuo, inesauribile, della
Sua Parola.
Nell’immagine agricola
di questo brano, il valore della Parola divina, viene evidenziato al massimo, proprio
perché essa, è paragonata alla realtà più desiderata e attesa in una terra assolata
come è quella palestinese: “l’acqua”.
E come la pioggia
o la neve, la Parola non resta nei cieli della fantasia, ma penetra nel terreno
arido della storia, raggiungendone anche le pieghe più oscure. Dopo averci
fecondato, essa, ritorna a Dio fatta carne e sangue, cioè fede, preghiera e amore
dell’essere umano verso il suo Signore.
È un’immagine, dicevo, legata
al mondo agricolo, un mondo nel quale noi che viviamo in una società urbana, facciamo
fatica a riconoscerci; eppure, nonostante tutto, è un’immagine che tocca corde
molto sensibili del nostro cuore, perché i nostri tempi sono spesso tempi di deserto
dello spirito, che ci fanno desiderare, come la cerva del Salmo 42: 1, a
quell’acqua che è la Parola di Dio, il principio stesso della sopravvivenza
spirituale in questa steppa arida nella quale tante volte abbiamo l’impressione
di vivere.
La Parola di Dio, è
per noi qualcosa di cui abbiamo bisogno come dell’ossigeno per respirare, così
come abbiamo bisogno del pane, un cibo che, per l’antico Israele, come per noi, era
alla base del suo sostentamento, ma che, come disse Gesù, non era così importante
per la sopravvivenza come invece lo è la Parola di Dio, così come ci viene
descritta nel brano di Matteo 4, 1-4. Questo perché la
Parola autentica di Dio non si limita a informare, a far conoscere la volontà
del Signore, ma è anche operativa; non per nulla, il vocabolo ebraico dabar
(Davàr) designa contemporaneamente “parola” e “atto”, “detto” ed “evento”.
La Parola di Dio, dunque, produce vita, genera vita, feconda e fa germogliare come
dice Isaia, e questo risultato, lo ottiene in primo luogo, imponendo, a chi la
riceve, a guardarsi allo specchio, a mettersi a nudo…a lasciar cadere le maschere
e le illusioni, a capire chi veramente si è.
“La Parola di Dio
è vivente ed efficace”, dice Paolo
nella lettera agli Ebrei, perché è spada affilata e penetrante, perché separa, perché
giudica, perché distingue inesorabilmente il vero dal falso, perché ci dice la
verità su noi stessi, perché rivela noi stessi a noi stessi.
Ecco perché ne
abbiamo tanto bisogno, ne abbiamo bisogno come abbiamo bisogno del pane
materiale.
Ne abbiamo bisogno
della Parola, l’ho ripetuto ormai tante volte. Ma è davvero così?
Lo vediamo
davvero intorno a noi questo bisogno disperato, questa fame, questa sete della
Parola?
Ognuno di noi, in
cuor suo, sa già la risposta. Direi che questa pioggia benefica che Dio continua, per
sola grazia, a riversare quotidianamente su di noi, viene molto spesso, anche da
coloro che hanno scelto di appartenere ad una chiesa, nella migliore delle ipotesi, accettata
come “acqua fresca” insignificante, insipida, che scorre senza lasciar
traccia; tanto è, che spesso, notiamo che nei confronti della Parola vi è disattenzione
e noia, quando non vi è un radicale rigetto.
Che cosa
significa questo? Rappresenta una smentita della necessità della Parola? Rappresenta
la conferma che l’uomo può vivere benissimo di solo pane?
Certamente no !
L’essere umano ha
bisogno della Parola, ne ha un bisogno estremo.
Il problema, è che non
sa di averne bisogno, pensa di avere bisogno di tutt’altro, di potersi sfamare solamente
col pane del Fornaio, di potersi dissetare con l’acqua dei rubinetti o delle
bottiglie.
E la Parola non
può svolgere il suo compito se non le si offre un terreno pronto a riceverla,
come ci ha spiegato Gesù nella parabola del seminatore (Lc 8, 4-15).
Che cosa significa
terreno pronto, terreno disponibile a ricevere la Parola?
Può significare
varie cose. C’è un passo molto suggestivo del Talmud ebraico che dice: “La
parola di Dio è come l’acqua. Come l’acqua, essa discende dal cielo. Come
l’acqua, rinfresca l’anima. Come l’acqua non si conserva in vasi d’oro o
d’argento, ma nella povertà dei recipienti di terracotta, così la parola divina
si conserva solo in chi rende sé stesso umile come un vaso di terracotta”.
Sì! per accogliere quest’acqua “che scaturisce in vita eterna”, dobbiamo avere un cuore simile a un vaso di terracotta. In pratica, ci viene proposto un atteggiamento che ai nostri giorni nel migliore dei casi è passato di moda, nel peggiore viene sbeffeggiato, ed è l'umiltà, oh se si vuole dirla in parole povere, è la semplicità, e “umiltà” significa anche, in molti casi, saper fare silenzio.
Perché allora, non
tentare di creare nel deserto dell’esistenza quotidiana due piccole oasi di
silenzio, una al mattino e l’altra alla sera?
In pratica 2 modesti
orizzonti di silenzio in cui ascoltare la Parola di Dio che si rivolge a noi
attraverso le parole umane della Scrittura, a tal proposito, ascoltiamo l’appello
bellissimo di Dietrich Bonhoeffer: “Facciamo silenzio prima di ascoltare la
Parola di Dio, perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola. Facciamo silenzio
dopo l’ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, vive e dimora in
noi. Facciamo silenzio la mattina presto, perché Dio deve avere la prima parola.
Facciamo silenzio prima di coricarci, perché l’ultima parola deve appartenere a
Dio”.
Ma “umiltà”, significa
anche lasciare che la Parola di Dio, operi in noi quella funzione enunciata
nella lettera agli Ebrei, ma anche in tanti passi della Bibbia ebraica, quella di
contestarci radicalmente. E a molti non piace essere contestati, non piace che si
cerchi di renderci diversi, nuovi, ecco perché, spesso, la Parola di Dio è
respinta, perché seguire la Parola di Dio porta alla croce ed è crocifissa, basti
pensare a come sono finiti i primi testimoni della Parola di Dio dell’epoca di
Gesù, Giovanni il battista; Gesù stesso, abbandonato da tutti o Paolo, ma perché tutto
ciò? Perché la Parola di Dio non è amata, e perché Dio non è popolare, Dio è
sempre in minoranza in mezzo agli dei ed agli idoli che vanno dallo Star System,
dallo sport fino ai cantanti. Questa purtroppo è la situazione.
Ma dobbiamo
domandarci, è proprio solo colpa dei destinatari della Parola o molta responsabilità
non ricade anche sugli interpreti della Parola, sui Ministri di Culto, come il sottoscritto, che
abbiamo la splendida e terribile responsabilità di trasmettere agli altri la Parola
di Dio, così di permettere a questa pioggia di cadere, di distribuire questo
pane della vita, di
trasmettere anche una Parola buona, una Parola di fede, di speranza e di amore? Perché vedete, è
anche responsabilità dei Ministri di Culto di trasmettere questa Parola buona, la
buona notizia, che sappiamo essere così infinitamente difficile da accogliere, perché
spesso i pensieri della gente…non sono le vie e i pensieri di Dio!
E poi, diciamocelo chiaramente, senza
una conversione alla Parola di Dio, non si va da nessuna parte, e per far ciò, si debbono
lasciare le proprie vie, lasciare i propri pensieri, i propri piani e i propri
progetti, perché vedete, cercare Dio, non è cercare di tirare Dio dentro le nostre
vie e i nostri pensieri, ma di seguire le sue vie e i suoi progetti che
troviamo nella sua Parola e credo che il problema sia, anche forse e soprattutto questo, che
spesso si continua a preferire i discorsi mielosi e consolanti, piuttosto che il
pensiero del Dio potente e alla spada della sua Parola, per il fatto che, noi
esseri umani, istintivamente, scappiamo da una Parola che ci contesta e quindi, il
più delle volte, cerchiamo di ignorarla; eppure io mi domando, anzi no, non userò
formule retoriche, io sono certo che una predicazione che ci indica la croce, una
predicazione, cioè, nella quale, la Parola di Dio, prevale sulle parole umane, questo
tipo di predicazione è capace di riscuotere attenzione, di coinvolgere anche un
uditorio religiosamente piuttosto tiepido, assai più di quanto possa farlo una
predicazione che addomestica la Parola, che cerca di addolcirla, che trasforma
in inefficace “acqua fresca”, la pioggia potente del Signore, sono altrettanto
convinto, che la predicazione di una Parola inefficace, imbalsamata, risponde non
solo alla ricerca di facili consensi da parte del predicatore, ma anche e forse
soprattutto, al fatto che è il predicatore stesso, il primo a non volersi lasciar
disturbare e scuotere dalla presenza di Dio.
Solo se cominceremo, noi
predicatori, ad imparare a lasciar filtrare, quasi in una trasparenza luminosa, la
Parola, che permane per sempre e che scende dall’eterno e dall’infinito di Dio, potremo
far comprendere alle nostre sorelle e ai nostri fratelli che ci ascoltano in
ricerca di Dio, che il pane di cui sono affamati, è la “Parola che proviene dalla
bocca di Dio”.
AMEN
Giampaolo Castelletti