Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

20/10/2023

 "Non rendete a nessuno male per male […]. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene."   (Romani 12,17.21)

Sto preparando questa circolare pochi giorni dopo l’attacco terroristico di Hamas nei confronti di Israele. Non sono certo in grado di fare analisi geo-politiche, né tanto meno storiche. Voglio però condividere la testimonianza che ho ascoltato molti anni fa da parte di un israeliano che faceva parte di una associazione composta sia da israeliani, sia da palestinesi, che avevano in comune un terribile dramma: erano tutti genitori che avevano perso i propri figli nel conflitto israelo-palestinese. Erano stati invitati a una serata pubblica un israeliano e un palestinese, entrambi membri di questa associazione; il palestinese non aveva purtroppo ottenuto il visto per venire in Italia e non aveva potuto partecipare. Era quindi presente soltanto l’israeliano, il cui figlio, che era un soldato, era stato ucciso dai palestinesi. Dopo la morte del figlio – raccontò – molti intorno a lui lo invitavano all’odio e alla vendetta. Quell’uomo scelse però un’altra strada; aveva riflettuto a lungo ed era giunto alla conclusione che nulla avrebbe potuto riportare in vita il proprio figlio, e che l’unica cosa che poteva fare era cercare di impegnarsi per evitare che la stessa tragedia accadesse in altre famiglie. Per suo figlio, che era morto, ormai non poteva fare più nulla; ciò che poteva fare per i figli, ancora vivi, degli altri israeliani (e anche dei palestinesi) era lavorare per la pace e la riconciliazione. Contribuì quindi a fondare questa associazione composta da genitori di entrambe le parti che avevano in comune il lutto per aver perso le creature che avevano messo al mondo. Questa associazione esiste tutt’ora e si chiama “Parents Circle – Families Forum” (Circolo dei genitori – Forum delle famiglie) e il suo sito web è in inglese, ebraico e arabo: https://www.theparentscircle.org/en                                           

Nella home page del loro sito è scritto: “Se avete perso un familiare a causa del conflitto e siete stanchi del ciclo infinito di perdite di vite umane, vorremmo avervi con noi. Insieme, continueremo a lavorare per prevenire ulteriori lutti, per creare dialogo, riconciliazione e pace”                                                   

La domanda che oggi tutti ci poniamo è se ora, dopo il terribile attacco del 7 ottobre, sia ancora possibile sognare una soluzione pacifica del conflitto, se sia ancora possibile perseguire la soluzione “due popoli – due Stati”. Ma del resto quale sarebbe l’alternativa? Forse una guerra senza fine?         

La radice da cui nasce la violenza è l’odio, e in questi decenni l’odio tra palestinesi e israeliani è stato da alcuni (da entrambe le parti) volontariamente coltivato, ed è cresciuto a dismisura.   

Ma non da tutti è stato coltivato l’odio: la testimonianza di quel padre da me ascoltato molti anni fa mi fa sperare che – non oggi probabilmente, ma prima o poi – qualcuno possa continuare a reagire al dolore non con l’odio e la vendetta, ma con la ricerca del dialogo e della riconciliazione.                         

Come cristiani condanniamo l’attacco violento e crudele del 7 ottobre e preghiamo per i parenti di tutte le vittime innocenti e per la liberazione degli ostaggi. Ma, oltre a questo, la cosa più importante che possiamo fare è quella di non smettere – anche e proprio quando sembra una cosa assurda – di predicare e vivere l’evangelo della riconciliazione.                       

Dall’odio nasce odio, la violenza chiama violenza. L’evangelo ci chiama invece a spezzare (come cercano di fare i genitori del Parents Circle) questa spirale mortale e mortifera e a scegliere un’altra strada, che è quella percorsa da Gesù: “Non rendete a nessuno male per male […]. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”.

Marco Gisola

 


NOVITÀ ORARIO del CULTO

CHIESE di INTRA e OMEGNA

Le assemblee delle chiese di Omegna (1 ottobre) e Intra (8 ottobre) hanno deciso di spostare l’orario del culto in modo che il pastore possa, almeno due domeniche al mese e quando sarà necessario, tenere il culto sia a Omegna, sia a Intra. I nuovi orari saranno validi a partire dal mese di novembre, mentre per le rimanenti domeniche di ottobre rimangono validi i vecchi orari delle ore 10,00 ad Omegna e delle ore 10,30 a Intra.

Quindi:

A PARTIRE DAL MESE DI NOVEMBRE

IL CULTO A OMEGNA SI TERRÀ ALLE ORE 9,00

IL CULTO A INTRA SI TERRÀ ALLE ORE 11,00

11/09/2023

 


1943. Sapremmo oggi avere quella sensibilità teologica?

 di Claudio Pasquet

 08 settembre 2023

Un video ricorda il Sinodo valdese che si svolse nei giorni dell'armistizio caratterizzato dall'"Ordine del giorno Subilia", una richiesta di peccato per le timidezze della chiesa di fronte al nazifascismo

In apertura dei lavori del Sinodo delle chiese valdesi e metodiste dello scorso agosto è stato trasmesso un video voluto dalla Tavola valdese, realizzato per raccontare l'importante Sinodo del 1943 che si svolse durante i giorni dell'armistizio con cui l'Italia sanciva la resa agli Alleati. In particolare il riferimento è al cosiddetto "ordine del giorno Subilia", dal nome del pastore Vittorio Subilia, fra i principali promotori. Un ordine del giorno che confessava i peccati di una chiesa troppo timida di fronte al regime fascista e che dopo ampia discussione venne ritirato per evitare dolorose spaccature. L'articolo che segue del pastore Claudio Pasquet ripercorre quelle vicende.

Un Sinodo che fa memoria di un altro, ottanta anni dopo. È quanto è successo a Torre Pellice proprio in apertura dei lavori sinodali che si sono svolti dal 20 al 25 agosto scorsi. Un bel video ci ha aiutato a ricordare quel tragico settembre del 1943 in cui la nostra chiesa si ritrovava nella sua massima assise, tra la guerra che sembrava dover continuare e le assolute incertezze del futuro.

In quel momento venne presentato alla discussione un atto che viene ricordato come ordine del giorno “Subilia”, in nome del pastore che ne ispirò le linee teologiche. Ma in realtà i suoi presentatori erano i membri della Commissione d’esame che, allora come oggi, ispira i lavori dell’assemblea. Il dibattito fu subito accesissimo tra quanti temevano di coinvolgere la chiesa in una querelle piena di incertezze per il futuro e coloro che chiedevano una maggior decisione nel confessare il peccato di una chiesa troppo timida verso il potere nazi-fascista.

Infatti si trattava proprio di una vera confessione di peccato che val la pena di esaminare da vicino. Innanzitutto le parole in cui il Sinodo «si umilia davanti a Dio di non aver saputo proclamare in ogni contingenza ed a costo di qualsiasi rischio il messaggio di Cristo il Signore in tutte le sue implicazioni». Rischio che da quel settembre seppero però correre molti, e molte, giovani valdesi abbracciando gli ideali della Resistenza, e in tanti lo fecero anche sulla base della loro fede.

Ma si tratta anche di un ordine del giorno profetico che, in tempi anteriori all’ecumenismo, afferma la sua «solidarietà di fede, di preghiera, di sofferenza e di combattimento con le Chiese in distretta per fedeltà a Cristo (...) si sente parte viva della Chiesa universale». La memoria va subito a quanti nelle Chiese tedesche, seppur in minoranza, avevano saputo opporsi alla follia nazista e a coloro che si apprestavano ovunque a combattere per opporvisi negli anni successivi. Infatti troviamo anche parole che parlano di una scelta «al di sopra di ogni barriera di nazione e di razza», e dire queste cose quando erano ancora in vigore le leggi razziali e nazionaliste significava una decisa scelta di campo.

Sapendo che tale ordine del giorno avrebbe provocato una spaccatura, i proponenti decisero, pur a malincuore, di ritirarlo. Sarebbe passato, magari con una risicata maggioranza? Nessuno può dirlo. Oggi non avremmo dubbi su come schierarci, ma credo sarebbe ingiusto pronunciare a posteriori inutili condanne su persone che, nell’incertezza e senza informazioni sull’evoluzione delle cose, non seppero dare un giudizio più netto.

Oggi il nostro Sinodo non ha trovato il tempo di discutere sull’argomento, ma ha voluto comunque ricordare… e in un tempo in cui gli italiani tendono a non imparare nulla dalla storia, non è poco. Mi resta una domanda: di fronte alle mille problematiche del mondo attuale, saremmo ancora capaci di scrivere un pronunciamento teologico di tale forza? Non parlo di valutazioni politiche, economiche, etiche o sociali, di quelle ne facciamo pure troppe, ma proprio della capacità di fare teologia partendo dal contesto, riaffermando la fede in Gesù Cristo, il Signore della storia che giudica anche le nostre incertezze.

28/04/2023

 GIORNATA COMUNITARIA DELLE CHIESE METODISTE DEI LAGHI 

chiese metodiste di Intra, Luino ed Omegna 

domenica 30 aprile 2023 presso la Chiesa metodista di Intra ore 10,30 

Culto Unificato delle chiese di Intra, Omegna e Luino.

Il Culto sarà a cura della scuola domenicale di Luino; a seguire: Agape comunitaria e pomeriggio con il fratello Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della FCEI 

Il fratello Libero Ciuffreda è membro della chiesa valdese di Chivasso e membro del Consiglio della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI). 

Nel pomeriggio, il fratello Libero Ciuffreda, ci parlerà dei progetti che la FCEI sta portando avanti con Mediterranean Hope e Medical Hope.                                                    Con lui parleremo di accoglienza dei profughi e dei corridoi umanitari a Lampedusa, Scicli e Bihać (BosniaErzegovina); contro il caporalato e a fianco dei braccianti a Rosarno; vicino a chi soffre ed è vittima della guerra in Ucraina e in Siria.

24/02/2023

PREDICAZIONE DI DOMENICA 19 FEBBRAIO 2023 tenuta nel Tempio di OMEGNA

 

Isaia 55,  6 – 12a

 

6 Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino. 7 Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.
8 «Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il SIGNORE. 9 «Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri. 10 Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, 11 così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata. 12 Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace;

 

“Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie” v.8

 

Questo versetto 8, è di una straordinaria suggestione e molto incisivo, come è incisivo questo bellissimo libro di Isaia da cui oggi…al Cap. 55 ne abbiamo letto alcuni versetti.

Tema centrale di questo testo, è l’affermazione del ruolo decisivo della Parola di Dio, che è tutto quanto resta al popolo esiliato, anzi, la Parola è l’unica cosa che conta, perché è l’unica cosa che sussiste in eterno.

E questa è anche l’esperienza di tutto il popolo di Dio attraverso i secoli, la Parola di Dio è l’unico tesoro che ci permette di andare avanti anche ai giorni nostri, la Parola di un Dio che è sempre vicino agli esiliati e a noi e che ci dice: “cercate il Signore mentre lo si può trovare”, questa è l’esortazione rivolta all’epoca agli esiliati a Babilonia, perché non pensassero che loro erano in esilio e Dio invece se ne stava nella terra promessa. Questo ci fa capire che, Dio non è legato a una terra, ma è legato al popolo anche quando è in esilio, e Dio è vicino a tutti gli esiliati; quindi, è vicino anche a noi quando ci sentiamo lontani da Lui, abbandonati da Lui, esiliati appunto. Ma siamo sempre noi alla fine, che ci allontaniamo da Dio, a volte per stanchezza spirituale, per sfiducia, così che rinunciamo a cercarlo, ma Dio non si allontana mai da noi…dato che è il Dio “che non si stanca mai di perdonare”, quindi non abbandona mai il suo popolo, anche se talvolta segue vie che noi facciamo fatica a riconoscere, a decifrare, perché sono le Sue vie e non le nostre vie.

E il segno più forte di vicinanza che Dio offre al suo popolo è il dono continuo, inesauribile, della Sua Parola.

Nell’immagine agricola di questo brano, il valore della Parola divina, viene evidenziato al massimo, proprio perché essa, è paragonata alla realtà più desiderata e attesa in una terra assolata come è quella palestinese: “l’acqua”.

E come la pioggia o la neve, la Parola non resta nei cieli della fantasia, ma penetra nel terreno arido della storia, raggiungendone anche le pieghe più oscure. Dopo averci fecondato, essa, ritorna a Dio fatta carne e sangue, cioè fede, preghiera e amore dell’essere umano verso il suo Signore.

È un’immagine, dicevo, legata al mondo agricolo, un mondo nel quale noi che viviamo in una società urbana, facciamo fatica a riconoscerci; eppure, nonostante tutto, è un’immagine che tocca corde molto sensibili del nostro cuore, perché i nostri tempi sono spesso tempi di deserto dello spirito, che ci fanno desiderare, come la cerva del Salmo 42: 1, a quell’acqua che è la Parola di Dio, il principio stesso della sopravvivenza spirituale in questa steppa arida nella quale tante volte abbiamo l’impressione di vivere.

La Parola di Dio, è per noi qualcosa di cui abbiamo bisogno come dell’ossigeno per respirare, così come abbiamo bisogno del pane, un cibo che, per l’antico Israele, come per noi, era alla base del suo sostentamento, ma che, come disse Gesù, non era così importante per la sopravvivenza come invece lo è la Parola di Dio, così come ci viene descritta nel brano di Matteo 4, 1-4. Questo perché la Parola autentica di Dio non si limita a informare, a far conoscere la volontà del Signore, ma è anche operativa; non per nulla, il vocabolo ebraico dabar (Davàr) designa contemporaneamente “parola” e “atto”, “detto” ed “evento”. La Parola di Dio, dunque, produce vita, genera vita, feconda e fa germogliare come dice Isaia, e questo risultato, lo ottiene in primo luogo, imponendo, a chi la riceve, a guardarsi allo specchio, a mettersi a nudo…a lasciar cadere le maschere e le illusioni, a capire chi veramente si è.

“La Parola di Dio è vivente ed efficace”, dice Paolo nella lettera agli Ebrei, perché è spada affilata e penetrante, perché separa, perché giudica, perché distingue inesorabilmente il vero dal falso, perché ci dice la verità su noi stessi, perché rivela noi stessi a noi stessi.

Ecco perché ne abbiamo tanto bisogno, ne abbiamo bisogno come abbiamo bisogno del pane materiale.

Ne abbiamo bisogno della Parola, l’ho ripetuto ormai tante volte. Ma è davvero così?

Lo vediamo davvero intorno a noi questo bisogno disperato, questa fame, questa sete della Parola?

Ognuno di noi, in cuor suo, sa già la risposta. Direi che questa pioggia benefica che Dio continua, per sola grazia, a riversare quotidianamente su di noi, viene molto spesso, anche da coloro che hanno scelto di appartenere ad una chiesa, nella migliore delle ipotesi, accettata come “acqua fresca” insignificante, insipida, che scorre senza lasciar traccia; tanto è, che spesso,  notiamo che nei confronti della Parola vi è disattenzione e noia, quando non vi è un radicale rigetto.

Che cosa significa questo? Rappresenta una smentita della necessità della Parola? Rappresenta la conferma che l’uomo può vivere benissimo di solo pane?

Certamente no !

L’essere umano ha bisogno della Parola, ne ha un bisogno estremo.

Il problema, è che non sa di averne bisogno, pensa di avere bisogno di tutt’altro, di potersi sfamare solamente col pane del Fornaio, di potersi dissetare con l’acqua dei rubinetti o delle bottiglie.

E la Parola non può svolgere il suo compito se non le si offre un terreno pronto a riceverla, come ci ha spiegato Gesù nella parabola del seminatore (Lc 8, 4-15).

Che cosa significa terreno pronto, terreno disponibile a ricevere la Parola?

Può significare varie cose. C’è un passo molto suggestivo del Talmud ebraico che dice: “La parola di Dio è come l’acqua. Come l’acqua, essa discende dal cielo. Come l’acqua, rinfresca l’anima. Come l’acqua non si conserva in vasi d’oro o d’argento, ma nella povertà dei recipienti di terracotta, così la parola divina si conserva solo in chi rende sé stesso umile come un vaso di terracotta”.

Sì! per accogliere quest’acqua “che scaturisce in vita eterna”, dobbiamo avere un cuore simile a un vaso di terracotta. In pratica, ci viene proposto un atteggiamento che ai nostri giorni nel migliore dei casi è passato di moda, nel peggiore viene sbeffeggiato, ed è l'umiltà, oh se si vuole dirla in parole povere, è la semplicità, e “umiltà” significa anche, in molti casi, saper fare silenzio.

Perché allora, non tentare di creare nel deserto dell’esistenza quotidiana due piccole oasi di silenzio, una al mattino e l’altra alla sera?

In pratica 2 modesti orizzonti di silenzio in cui ascoltare la Parola di Dio che si rivolge a noi attraverso le parole umane della Scrittura, a tal proposito, ascoltiamo l’appello bellissimo di Dietrich Bonhoeffer: “Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola di Dio, perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola. Facciamo silenzio dopo l’ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi. Facciamo silenzio la mattina presto, perché Dio deve avere la prima parola. Facciamo silenzio prima di coricarci, perché l’ultima parola deve appartenere a Dio”.

Ma “umiltà”, significa anche lasciare che la Parola di Dio, operi in noi quella funzione enunciata nella lettera agli Ebrei, ma anche in tanti passi della Bibbia ebraica, quella di contestarci radicalmente. E a molti non piace essere contestati, non piace che si cerchi di renderci diversi, nuovi, ecco perché, spesso, la Parola di Dio è respinta, perché seguire la Parola di Dio porta alla croce ed è crocifissa, basti pensare a come sono finiti i primi testimoni della Parola di Dio dell’epoca di Gesù, Giovanni il battista; Gesù stesso, abbandonato da tutti o Paolo, ma perché tutto ciò? Perché la Parola di Dio non è amata, e perché Dio non è popolare, Dio è sempre in minoranza in mezzo agli dei ed agli idoli che vanno dallo Star System, dallo sport fino ai cantanti. Questa purtroppo è la situazione.

Ma dobbiamo domandarci, è proprio solo colpa dei destinatari della Parola o molta responsabilità non ricade anche sugli interpreti della Parola, sui Ministri di Culto, come il sottoscritto, che abbiamo la splendida e terribile responsabilità di trasmettere agli altri la Parola di Dio, così di permettere a questa pioggia di cadere, di distribuire questo pane della vita, di trasmettere anche una Parola buona, una Parola di fede, di speranza e di amore?                                                                                                         Perché vedete, è anche responsabilità dei Ministri di Culto di trasmettere questa Parola buona, la buona notizia, che sappiamo essere così infinitamente difficile da accogliere, perché spesso i pensieri della gente…non sono le vie e i pensieri di Dio!                 

E poi, diciamocelo chiaramente, senza una conversione alla Parola di Dio, non si va da nessuna parte, e per far ciò, si debbono lasciare le proprie vie, lasciare i propri pensieri, i propri piani e i propri progetti, perché vedete, cercare Dio, non è cercare di tirare Dio dentro le nostre vie e i nostri pensieri, ma di seguire le sue vie e i suoi progetti che troviamo nella sua Parola e credo che il problema sia, anche forse e soprattutto questo, che spesso si continua a preferire i discorsi mielosi e consolanti, piuttosto che il pensiero del Dio potente e alla spada della sua Parola, per il fatto che, noi esseri umani, istintivamente, scappiamo da una Parola che ci contesta e quindi, il più delle volte, cerchiamo di ignorarla; eppure io mi domando, anzi no, non userò formule retoriche, io sono certo che una predicazione che ci indica la croce, una predicazione, cioè, nella quale, la Parola di Dio, prevale sulle parole umane, questo tipo di predicazione è capace di riscuotere attenzione, di coinvolgere anche un uditorio religiosamente piuttosto tiepido, assai più di quanto possa farlo una predicazione che addomestica la Parola, che cerca di addolcirla, che trasforma in inefficace “acqua fresca”, la pioggia potente del Signore, sono altrettanto convinto, che la predicazione di una Parola inefficace, imbalsamata, risponde non solo alla ricerca di facili consensi da parte del predicatore, ma anche e forse soprattutto, al fatto che è il predicatore stesso, il primo a non volersi lasciar disturbare e scuotere dalla presenza di Dio.

Solo se cominceremo, noi predicatori, ad imparare a lasciar filtrare, quasi in una trasparenza luminosa, la Parola, che permane per sempre e che scende dall’eterno e dall’infinito di Dio, potremo far comprendere alle nostre sorelle e ai nostri fratelli che ci ascoltano in ricerca di Dio, che il pane di cui sono affamati, è la “Parola che proviene dalla bocca di Dio”.

AMEN

Giampaolo Castelletti