14/12/2021

 

17ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Accoglienza

Gli occhi di tutti sono rivolti a te, e tu dai loro il cibo a suo tempo” (Salmo 145,15)

 Il nostro aiuto è in Dio, che ci ha creati, che ci salva in Gesù Cristo e che ci convoca per mezzo del suo Spirito. Amen.

 Saluto

Nel nome del Padre, che viene in cerca di noi quando lo sconforto ci invade, del Figlio che questo sconforto, così come noi, lo ha vissuto nella carne e nel petto, e dello Spirito Santo che nel turbamento ci accompagna e ci sostiene, silenziosa impronta di Dio nel segreto dei nostri cuori. Amen 

 Vogliamo ora immergerci in una Preghiera di Invocazione

Nostro creatore, che chiami alla vita le cose che non sono e in Cristo manifesti la forza della risurrezione, rinnova la nostra vita, perché in essa si rifletta la luce del tuo evangelo. La tua parola ci raggiunge anche nell’abisso del dolore e della morte e ci dona la forte consolazione, come è vero che Cristo Gesù ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità. Così risplenda in noi questa luce, mediante il tuo Spirito consolatore. Amen.

 Confessione di peccato (Marco 4: 40)

Fratelli e sorelle, la domanda che Gesù ha fatto ai discepoli, scossi dalla tempesta, si rivolge anche a noi: Egli disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”

Preghiamo:

Dio onnipotente, noi imploriamo il tuo perdono. Ti confessiamo la nostra paura di fronte alle incertezze e ai pericoli, la facilità con cui ci affidiamo a cose che non possono salvare. Perdona il nostro correre dietro a vanità e menzogna; perdona lo scetticismo con cui a volte ascoltiamo la tua parola. Perdona la nostra mancanza di fede e soccorrici nella nostra incredulità. Ti supplichiamo, consola i nostri cuori e ristabilisci in noi l’equilibrio della fede: abbassaci quando siamo arroganti, innalzaci quando siamo dimessi, inquietaci quando siamo troppo sicuri, rivelati quando non ti scorgiamo. Signore di misericordia, rinnovaci il conforto del tuo Spirito. Amen.

 Annuncio del perdono ((Lamentazioni 3, 25-26. 31-32)

 “Il SIGNORE è buono con quelli che sperano in lui, con chi lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del SIGNORE. Il Signore infatti non respinge per sempre; ma, se affligge, ha pure compassione, secondo la sua immensa bontà.”

Preghiamo

Se sperate nel Signore e lo cercate, questa parola è per voi. Nella sua immensa bontà, egli in Cristo ci incontra, ci prende per mano e ci salva. Sia questa la nostra consolazione, in modo che possiamo vivere alla sua gloria, con libertà e riconoscenza. Amen.

 Confessione di Fede dalla Chiesa Riformata di Francia

Con Gesù di Nazareth ecco apparire una vita libera: donata agli altri, fino alla morte, eppure totalmente sovrana. Quella vita è il mistero che devo comprendere; questa è la vita a cui sono chiamato. Per questo, guidato dal popolo ebraico che ha preparato la sua venuta, illuminato dalla testimonianza dei discepoli che l’hanno seguito, portato dalla comunione dei miei fratelli e sorelle in fede, credo in Lui e con loro lo chiamo il Cristo, Figlio di Colui che mi chiama, malgrado ciò che sono, a condividere questa vita.

 Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signoretu ci parli, le tue parole sono preziose, ogni giorno ci rallegrano, ci interpellanoci disturbano e ci sorprendono. Le tue parole ci meravigliano e vorremmo accoglierle come tu accogli noi, prenderle sul serio come tu prendi sul serio noi. Vorremmo ascoltarti come tu ci ascolti: con attenzione, con sollecitudine. Signore…tu ci parli: le parole che tu ci rivolgi sono preziose, ti chiediamo che ci facciano vivere mediante il tuo Santo Spirito. Amen

 LETTURA BIBLICA

 Ascoltiamo la Parola di Dio, leggendo il brano biblico di :

 Isaia 5, 1 – 7

Io voglio cantare per il mio amico il cantico del mio amico per la sua vigna.

Il mio amico aveva una vigna sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti scelte, vi costruì in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio per pigiare l'uva. Egli si aspettava che facesse uva, invece fece uva selvatica. Ora, abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia vigna! Che cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna più di quanto ho fatto per essa? Perché, mentre mi aspettavo che facesse uva, ha fatto uva selvatica? Ebbene, ora vi farò conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: le toglierò la siepe e vi pascoleranno le bestie; abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpestata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia. Infatti la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda sono la sua piantagione prediletta; egli si aspettava rettitudine, ed ecco spargimento di sangue; giustizia, ed ecco grida d'angoscia!”

 

Esposizione del brano biblico

Che cos'è l'amore? Chi di noi lo sa dire?...

È difficile da spiegare, l'amore è amore, e basta. E quel sentimento, quella forza che ti mette in subbuglio e che ti afferra tutto, e ti fa fare cose che, se non ci fosse lui, tu non faresti mai.

Così, può capitare che sei col cuore a pezzi, perché colei che ami s'è dimostrata indegna del tuo amore, e però l'ami ancora più che mai, e vuoi riconquistarla, e hai pensato di farlo con il canto, perché solo col canto, volando sulle note, il tuo amore può effondersi e toccare il suo cuore per farlo nuovamente palpitare col tuo. Ma hai la voce incrinata dal dolore, ed il canto non esce. Per fortuna hai un amico sincero che può darti la voce che non hai, può cantare per te. Così t'affidi a lui, che canti lui il tuo amore al posto tuo...quest'esperienza del cuore innamorato e della voce incrinata – ci dice oggi Isaia, ed è  semplicemente straordinario – è capitata a Dio.

In effetti…in Osea è scritto: “Io ti unirò a me per sempre...ti unirò a me nella fedeltà... Gli dirò: -Tu sei il mio popolo -, e mi risponderà: - Mio Dio -” (cfr Isaia 2: 19). Da sempre Dio è innamorato di Israele e da sempre Israele gli è infedele.

Adesso…è giunto il momento…che Dio, vuole farglielo sapere, vuole fargli conoscere quello che prova per Israele e quanto stia sbagliando cercando altrove quella felicità che solo lui può dargli, che già gli ha dato, se riesce a ricordarselo. Ma ha la gola serrata, non ce la fa a cantare. E lo chiede a Isaia, il suo profeta, che qui è solo meravigliosamente il suo amico. Ed Isaia è felice di cantare per lui, per il Dio innamorato: “Io voglio cantare per il mio amico il cantico del mio amico per la sua vigna”.

La vigna allora, è l'amata che - come leggiamo alla fine del canto – simboleggia “la casa d'Israele”. È un'immagine strana, ma fino a un certo punto.

Nella Bibbia infatti “la vigna” è una pianta speciale. Anzitutto dà il vino, che è ebbrezza e gioia, e spesso coi suoi grappoli ricolmi simboleggia una sposa feconda e tutta l'attenzione che le va dedicata. E proprio perché richiede tante cure, una vigna è preziosa, ed è segno di pace e di prosperità, è una benedizione! Ebbene, gioia, ebbrezza, cura, fecondità, benedizione: un amore felice non è forse tutto questo?

Il canto inizia proprio affidando alle note e alle parole il ricordo dell'amore felice fra il Signore e il suo popolo.

Era una relazione molto forte; uno di quegli amori che, anche solo a guardarlo da lontano, non ti poteva lasciare indifferente...Dio, in quell'amore, s'è impegnato tutto.

Per curare la “casa d'Israele” e renderla feconda e farle fare frutti buoni e belli, ha innanzitutto scelto il posto adatto: le morbide pendici, esposte al sole, di una “fertile collina”. E poi l'ha “dissodata”, ha “tolto via le pietre” ed ha piantato con cura i vitigni migliori; e, come se tutto questo non bastasse, ha “costruito una torre” proprio in mezzo alla vigna, ed ha anche “scavato uno strettoio” in cui “pigiare l'uva” appena vendemmiata.

La torre e lo strettoio non erano usuali nelle vigne. E in questo modo il canto sottolinea da un lato la ricchezza di questo vignaiolo così particolare, e dall'altro le cure e l'attenzione di cui egli ha colmato la sua vigna. Insomma, quella vigna aveva proprio tutto, e anche di più! Non le mancava niente per essere rigogliosa e produrre dell'uva saporita ed un vino eccellente.

Queste immagini di cura e d'abbondanza che Isaia canta nel nome del suo Dio, hanno una risonanza più profonda.

Arrivano nel cuore di chi ascolta, e ogni immagine ha un'eco, esprime una realtà. La “terra dissodata”, girata e rovesciata su se stessa, evoca tutto il “nuovo” di un amore che ti illumina gli occhi e ti rende diverso; le “pietre tolte via” sono altrettanti ostacoli a un amore totale, che vengono rimossi uno ad uno da chi non solo t'ama, ma sa amarti, sa quello che ti piace e te lo dona; la “torre” posta al centro della vigna è un luogo di riparo e protezione: un amore prezioso va protetto, salvato da ogni insidia, mantenuto sereno; infine, lo “strettoio” scavato nella vigna permette di trar fuori dall'amore tutto il gusto che ha, senza perderne niente...il Dio innamorato di Israele ha fatto tutto questo: ha circondato di cure la sua vigna e ha creato per lei le condizioni migliori per farle portar frutto. Ma è rimasto deluso: “Si aspettava che facesse uva (buona), invece fece uva selvatica”...qui…l'incanto si spezza, il canto si fa stridulo e si smorza su una nota stonata. Isaia adesso tace. E si leva, alta e forte, la voce di Dio stesso, dell'amante deluso: “Ora, abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia vigna!”. È davvero deluso qui il Signore, al punto che diventa anche sarcastico. Convoca a sé il popolo e domanda agli “uomini di Giuda” di assumere il ruolo di giudice nella causa che vuole intentare alla sua vigna; chiede loro di farsi giudici di se stessi...e subito inizia il processo, subito lancia l'accusa: “Che cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna più di quanto ho fatto per essa? Perché, mentre mi aspettavo che facesse uva buona, ha fatto uva selvatica?”.

Già…“perché”? E questo è un terribile “perché”, dietro al quale c'è un grande smarrimento e una grande tristezza; c'è tutta la vulnerabilità di Dio (perché Dio ci ama al punto di farsi vulnerabile per noi) al cospetto della nostra ingratitudine. Non dimentichiamolo, questo “perché” sulla bocca di Dio, che non è un rimprovero, ma lo sconcerto di chi non può capire tanta mancanza di riconoscenza...Poi, a questo “perché” segue un “ebbene”: “Ebbene io vi farò conoscere tutto quello che sto per fare alla mia vigna”. Qui si fa chiara tutta l'ironia dell'invito di prima agli “uomini di Giuda” a farsi giudici: in questa causa Dio è il solo vero giudice, e Dio giudicherà! Anzi, già ha giudicato e annuncia la sentenza: “Le toglierò la siepe e vi pascoleranno le bestie; abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpestata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia”.

Se non accetti l'amore del Signore, se lo disprezzi e ti doni ad altri amanti, tu fai la tua rovina, ti riduci a un “deserto”. Quel che ti proteggeva, ora è abbattuto: niente più siepe e torre, niente muri! E tutti ti calpestano, e strappano i tuoi tralci. Hai snobbato l'amore, non sarai più amato: colui che si prendeva cura di te, adesso non c'è più, la pioggia stessa non cade più dal cielo a portarti la gioia della vita...A questo punto, emessa la sentenza, Dio tace, fa silenzio. E ritorna a parlare il suo profeta. E da vero profeta parla chiaro, leva di mezzo ogni ambiguità. “La vigna” - come già abbiamo visto - “è la casa d'Israele” che Dio ha insediato nella terra promessa dopo averla svuotata da tutti i suoi nemici, e “la sua piantagione prediletta sono gli uomini di Giuda” che, così amati e colmati di premure, avrebbero dovuto portare frutti buoni: “rettitudine e giustizia”. Non basta infatti dire “Sono il popolo eletto”: proprio perché lo sei devi essere diverso da tutti gli altri popoli. Ed in particolare non è possibile pretendere di appartenere a Dio senza che quest'appartenenza sia “misurata” al vaglio del tuo comportamento verso il vicino, verso chi ti sta accanto.

Quest'affermazione è sorprendente: il Dio così innamorato del suo popolo da non riuscire a cantare e da dover far ricorso all' “amico” Isaia, non rimprovera ad Israele le mancanze che ha commesso verso di lui, ma quelle contro gli altri, è verso il tuo fratello e la tua sorella che devi esercitare “rettitudine e giustizia”, e nel tuo impegno a vivere l'amore per, il prossimo, che Dio valuta il tuo amore per lui. Ricordate 1 Corinzi 13,5: “L'amore non cerca il proprio interesse”? “Dio è amore”, affermerà l'apostolo Giovanni (1 Giovanni 4: 8); lo è già qui in Isaia; “non cerca il proprio interesse”: ci ama facendo un passo indietro, facendoci incontrare gli uni gli altri...E “aspettava”, ed “aspetta”. Per questo fa parlare il suo profeta, per dirci che, con lui, non è mai troppo tardi!

Se per la vigna la sentenza è stata già emessa, se verranno i Caldei e il popolo infedele subirà la sconfitta e dovrà abbandonare la sua terra, pure rimarrà “un resto”. Israele vivrà ancora! Per lui ci sarà sempre una speranza, la possibilità di un cambiamento. Ed ancora Isaia se ne ricorderà, in un altro nuovo “canto della vigna”: “In quel giorno, cantate la vigna del vino vermiglio! Io, il Signore, ne sono il guardiano, io la irrigo a ogni istante; la custodisco notte e giorno, affinché nessuno la danneggi... Israele fiorirà e germoglierà e copriranno di frutta la faccia del mondo...” (cfr Isaia 27, 2-3. 6).

 

Il canto dell'amore deluso. E poi l'accusa, la sentenza, la condanna. E alla fine, l'attesa, il dono di un'opportunità che non si chiude, la speranza incrollabile di un cambiamento, della fedeltà finalmente vissuta.

È molto complicato...forse troppo. Noi preferiamo la semplicità, le scelte chiare fra libertà e costrizione, salvezza e condanna, amore e punizione. Ma nella vita il “bianco e nero” non lo trovi quasi mai. La vita è anch'essa complicata, complessa, intessuta di mille sfumature.

Ed Isaia lo sa. Soprattutto, Dio lo sa. Per questo proprio loro, i due “amici” di questa pagina, ci sorprendono con una storia d'amore finita male e che però non è ancora finita, non finisce, forse continua oggi, forse è la “nostra” storia, la storia dell'amore fra Dio e noi.

E in questa storia, al tempo del profeta e in ogni tempo, non c'è da un lato il buon popolo credente e dall'altro i cattivi miscredenti. Qui, chi doveva produrre buoni frutti, perché amato, curato, colmato di attenzioni, alla fine dà solo “uva selvatica”, che non è buona da mangiare a tavola ne per fare del vino. E sempre ancora qui, chi pensava che la sua religione e la sua fede si giocassero solo nel rapporto con Dio, scopre che invece si giocano nel rapporto con l'altro. In ogni caso, scopre un Dio “complicato”, che è amore, ed è anche sarcasmo, ed è anche punizione. Un Dio che spera e rimane deluso. E questa delusione gli fa male: lo sorprende (e chi di noi pensa mai a un Dio “sorpreso”!) e lo amareggia. E il Dio di questa pagina è anche il Dio che dona, il Dio che aspetta…Questa “complessità” ci dice che anche noi siamo complicati, nel rapporto con Dio e nelle relazioni che intrecciamo fra noi. Quante volte le nostre attese rimangono deluse: speravamo che l'altro ci capisse, e non accade; che facesse quel gesto, che avesse per noi quell'attenzione, e quel gesto non c'è, quell'attenzione manca. E quante volte invece siamo noi a deludere gli altri, a vanificare le loro attese, e quante volte deludiamo noi stessi!

Cosa possiamo fare davanti a tutto questo?

Possiamo riascoltare il canto della vigna. Il canto che racconta come Dio si prende cura di noi: sceglie il luogo migliore, ne rovescia il terreno, semina con cura i vitigni migliori. Ed edifica una torre e scava lo strettoio per il vino. Poi ci aspetta. Aspetta che portiamo il nostro frutto, senza privarci della nostra libertà.

Chi di noi non vorrebbe avere qualcuno che l'ami con questa premura? e chi di noi non vorrebbe con la stessa premura saper prendersi cura di chi ama? Sarebbe una relazione meravigliosa: si pone un fondamento che sostenga l'amore e lo preservi nei momenti difficili; ci si confronta insieme per scegliere i valori che nutrano davvero la relazione stessa; non ci si affida più solo alle proprie idee e al proprio istinto, ma si fa spazio al parere dell'altro, alla sua sensibilità. Legati insieme perché l'amore vincola, ma non imprigionati; liberi, nella cornice dell'amore, ed insieme impegnati a fare esistere e resistere la relazione d'amore, curarla, alimentarla...Sarebbe bello, vero? Purtroppo, non è sempre così. Le nostre scelte d'amore sovente sono tanto problematiche.

E qualche volta (e più di qualche volta) danno “uva selvatica”: diventano ingiustizie, provocano “grida d'angoscia”.

Se non “spargiamo sangue”, spesso “spargiamo lacrime” sui volti attorno a noi...Ma possiamo cambiare. Dio vuole che cambiamo. E aspetta che cambiamo. Come se lo aspettava da Israele: se avete fatto caso, proprio quando lo accusa e lo condanna, lo chiama per tre volte consecutive “la mia vigna”, a indicare un amore che non passa. Come se lo aspetta da noi, il suo popolo “nuovo”, la sua vigna “nuova”.

Sì, Dio aspetta il cambiamento, e aspetta i nostri frutti.

Aspetta “rettitudine e giustizia”. Aspetta che ci amiamo gli uni gli altri, nella complessità, che rimane invariata perché è parte di noi, dei nostri rapporti, del nostro “modo di funzionare”...Ma allora, fare parte delle nostre chiese, di queste piccole “vigne del Signore”, con le loro tensioni, le loro infedeltà, il loro non essere mai all'altezza dell'amore di Dio, e dunque sempre esposte al pericolo di dover ascoltare quell' “ebbene” divino che nessuno vorrebbe udire mai: “Ebbene, ora vi farò conoscere quello che sto per fare alla mia vigna”, è pericoloso, è qualcosa da evitare...No, è una benedizione! Perché se questo testo mette in scena la storia di un amore deluso, se proclama una parola esigente che a nessuno è concesso attenuare, però questa storia è e resta una storia d'amore, e queste parole esigenti sono anch'esse parole d'amore!

La storia e le parole dell'amore di Dio che non viene mai meno, che non ti molla mai, e che ti mette in crisi e che t'aspetta. E con un Dio così, la redenzione è sempre possibile! E l'avvenire rimane sempre aperto.

Così, messi di fronte alla nostra responsabilità in questa storia d'amore, scopriamo che c'è sempre un nuovo cammino che possiamo percorrere, affidati alle mani di Dio evocate dal canto di Isaia: le mani di un amore appassionato, di una cura attenta, di un lavoro instancabile che permetta alla vita di sbocciare, ai frutti d'essere buoni e saporosi.

Certo poi c'è anche il “perché” amaro della delusione.

Ma chi dice quel “perché” è il Dio che ama e si coinvolge nella vita del suo popolo, e quel “perché” lo dice proprio perché ama, si coinvolge, prende parte. La delusione è grande, perché è all'altezza dell'amore offerto. Ma l'amore ha il primo posto. Isaia apre il suo canto nel segno dell'amore. E così ci dice che è l'amore che conta, è fondamentale.

Ed è su quest'amore che possiamo appoggiarci per procedere oltre, per cambiare.

AMEN

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro, notizie cattive e storie di disperazione ci giungono incessantemente

da ogni parte del mondo. Vediamo immagini di persone uccise dalle guerre, dalla miseria. Vediamo i visi dei bambini sottoposti ad abusi e distrutti dall’avidità e dall’egoismo degli adulti. Sentiamo il lamento degli anziani abbandonati a se stessi. Sentiamo e vediamo queste persone e riconosciamo noi stessi nei loro visi, nel loro silenzio, nel loro gridare. Tu sei colei che, come una madre, consola. Per questo ti chiediamo: aiutaci a circondare di affetto le persone sole; insegnaci a cercare i perduti, a sfamare gli affamati, ad aprire le porte ai rifugiati, a soccorrere i feriti nel corpo o nell’anima; insegnaci a incontrare le persone colpevoli come fratelli e sorelle e a dar loro la certezza di non aver perso la loro dignità. Signore, quando noi non riusciamo a procedere, ad aiutare come dovremmo, porta tu a termine l’opera che hai iniziato con noi. Consola per mezzo nostro, e consola anche noi: rendici forti nelle difficoltà, e aiutaci a dare sfogo al nostro dolore quando il lutto rischia di soffocarci. Rendici riconoscenti nei momenti di gioia, e conservaci il dono del sorriso liberante. Tutto questo te lo chiediamo nel nome di Gesù che ci ha insegnato a pregare così:    Padre nostro che sei nei cieli,               sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà, in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti    come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

BENEDIZIONE

“Il Signore ci guidi con benevola mano attraverso i tempi difficili che viviamo, ma soprattutto ci guidi a sé.” (D. Bonhoeffer)

“Ci benedica e Ci protegga, faccia risplendere il suo volto su di Noi e Ci dia la pace.”   (Numeri 6,24-26)


(Giampaolo Castelletti, domenica 19 settembre 2021. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994 )

 

 


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