Culti
Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9
Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11
23/12/2010
16/12/2010
13/12/2010
Festa prenatalizia della comunità metodista di Omegna
Domenica 19 dicembre 2010
Presso i locali della Chiesa Evangelica Metodista di Omegna - Via Fratelli Di Dio 64.
Per l'occasione il Culto domenicale si terrà alle ore 10 con la recita dei bambini della Scuola domenicale dal titolo:
"Il Natale riciclato"
Seguirà il pranzo comunitario intorno alle ore 12,30. E' richiesta la prenotazione entro giovedì 16 dicembre.
Presso i locali della Chiesa Evangelica Metodista di Omegna - Via Fratelli Di Dio 64.
Per l'occasione il Culto domenicale si terrà alle ore 10 con la recita dei bambini della Scuola domenicale dal titolo:
"Il Natale riciclato"
Seguirà il pranzo comunitario intorno alle ore 12,30. E' richiesta la prenotazione entro giovedì 16 dicembre.
07/12/2010
Bioetica. La moderatora valdese Maria Bonafede interviene sul caso Fazio-Saviano
Quale par condicio è garantita a comunità di fede con un’idea della vita diversa da quella cattolica?
Roma (NEV), 1 dicembre 2010 - La pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, in seguito alla decisione del Consiglio di amministrazione della RAI di garantire la replica di alcune associazioni "per la vita" dopo gli interventi di Mina Welby e Beppino Englaro nella trasmissione di Fazio e Saviano, ha pubblicato il 26 novembre scorso un commento sul sito della Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste), del quale riportiamo un ampio stralcio.
"Quando il tema del 'fine vita', proprio in relazione ai casi Welby e Englaro, era assai più caldo, le reti televisive pubbliche e private hanno offerto a esponenti del mondo cattolico uno spazio pressoché esclusivo per spiegare come e perché quello che la moglie di Piergiorgio e il padre di Eluana chiedevano fosse, al fondo, libertà di omicidio: un atto violento e irresponsabile contrario all’etica naturale e al principio dell’assoluta sacralità della vita umana.
Dov’era, allora, la par condicio per i 'laici che credono', ovvero per coloro che sono mossi da una fede ma respingono l’idea che una chiesa o una religione possano imporre un’etica di stato? Dov’era lo spazio per i cattolici che la pensavano, al fondo, come Mina o Beppino? Quale par condicio è stata garantita alle altre comunità di fede che hanno un’idea della vita diversa da quella della Chiesa cattolica? Chi ha mai visto un pastore o un teologo protestante invitato in un talk show che abbia potuto spiegare che dal suo punto di vista la vita non è soltanto un cuore che batte grazie a una macchina ma è anche una relazione? Che proprio l’amore di Dio per le sue creature dovrebbe risparmiare inutili e artificiali sofferenze? Che proprio la dignità della persona a immagine di Dio impone di rispettare ciò che lei, lucidamente e in libertà, ha chiesto nel caso di una malattia che la costringesse a una vita artificiale?
No, queste testimonianze in televisione non sono arrivate perché quando si parla di bioetica nel nostro sistema della comunicazione c’è spazio solo per i casi umani, qualche anticlericale e per il monsignore di turno. Il dramma è che chi non c’è in televisione non c’è nella società. Ma un dramma ancora più grande è che, esclusione dopo esclusione, censura dopo censura, silenzio dopo silenzio, l’Italia diventa un paese più povero di idee e di libertà".
Roma (NEV), 1 dicembre 2010 - La pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, in seguito alla decisione del Consiglio di amministrazione della RAI di garantire la replica di alcune associazioni "per la vita" dopo gli interventi di Mina Welby e Beppino Englaro nella trasmissione di Fazio e Saviano, ha pubblicato il 26 novembre scorso un commento sul sito della Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste), del quale riportiamo un ampio stralcio.
"Quando il tema del 'fine vita', proprio in relazione ai casi Welby e Englaro, era assai più caldo, le reti televisive pubbliche e private hanno offerto a esponenti del mondo cattolico uno spazio pressoché esclusivo per spiegare come e perché quello che la moglie di Piergiorgio e il padre di Eluana chiedevano fosse, al fondo, libertà di omicidio: un atto violento e irresponsabile contrario all’etica naturale e al principio dell’assoluta sacralità della vita umana.
Dov’era, allora, la par condicio per i 'laici che credono', ovvero per coloro che sono mossi da una fede ma respingono l’idea che una chiesa o una religione possano imporre un’etica di stato? Dov’era lo spazio per i cattolici che la pensavano, al fondo, come Mina o Beppino? Quale par condicio è stata garantita alle altre comunità di fede che hanno un’idea della vita diversa da quella della Chiesa cattolica? Chi ha mai visto un pastore o un teologo protestante invitato in un talk show che abbia potuto spiegare che dal suo punto di vista la vita non è soltanto un cuore che batte grazie a una macchina ma è anche una relazione? Che proprio l’amore di Dio per le sue creature dovrebbe risparmiare inutili e artificiali sofferenze? Che proprio la dignità della persona a immagine di Dio impone di rispettare ciò che lei, lucidamente e in libertà, ha chiesto nel caso di una malattia che la costringesse a una vita artificiale?
No, queste testimonianze in televisione non sono arrivate perché quando si parla di bioetica nel nostro sistema della comunicazione c’è spazio solo per i casi umani, qualche anticlericale e per il monsignore di turno. Il dramma è che chi non c’è in televisione non c’è nella società. Ma un dramma ancora più grande è che, esclusione dopo esclusione, censura dopo censura, silenzio dopo silenzio, l’Italia diventa un paese più povero di idee e di libertà".
Scuola. Il TAR conferma il ricorso FCEI e annulla parte del regolamento sulla valutazione
La sentenza: "Discriminatorio il trattamento riservato ai docenti di attività alternative all'IRC”
Roma (NEV) 1 dicembre 2010 - A seguito del ricorso presentato da diverse associazioni laiche e religiose (la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Tavola valdese, l'Unione delle comunità ebraiche, il CIDI, la Consulta romana della laicità e altre) lo scorso 15 novembre il TAR del Lazio ha giudicato discriminatorio il regolamento di valutazione di cui al DPR n° 122/2009 in base al quale, a differenza dei docenti di religione cattolica che possono partecipare allo scrutinio finale, i docenti di attività alternative possono soltanto fornire preventivamente ai docenti del Consiglio di classe elementi conoscitivi sull'andamento didattico-disciplinare degli studenti. La sentenza ha messo in evidenza il trattamento diverso e quindi discriminatorio riservato ai docenti di attività alternative all'insegnamento della religione cattolica (IRC): "un conto è fornire preventivamente al Consiglio di classe elementi conoscitivi, un conto è presenziare e porsi in posizione dialettica nell'ambito dell'organo consiliare". Il peso del credito formativo a favore degli studenti che si avvalgono dell’IRC era stato riconosciuto da un decreto del ministro Fioroni e confermato successivamente dal ministro Gelmini. Il TAR del Lazio, con sentenza n° 33433 del 14 ottobre 2010, depositata il 15 novembre 2010, ha annullato il comma 2 dell'art. 4 e il comma 3 dell'art. 6 del regolamento sulla valutazione.
Roma (NEV) 1 dicembre 2010 - A seguito del ricorso presentato da diverse associazioni laiche e religiose (la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Tavola valdese, l'Unione delle comunità ebraiche, il CIDI, la Consulta romana della laicità e altre) lo scorso 15 novembre il TAR del Lazio ha giudicato discriminatorio il regolamento di valutazione di cui al DPR n° 122/2009 in base al quale, a differenza dei docenti di religione cattolica che possono partecipare allo scrutinio finale, i docenti di attività alternative possono soltanto fornire preventivamente ai docenti del Consiglio di classe elementi conoscitivi sull'andamento didattico-disciplinare degli studenti. La sentenza ha messo in evidenza il trattamento diverso e quindi discriminatorio riservato ai docenti di attività alternative all'insegnamento della religione cattolica (IRC): "un conto è fornire preventivamente al Consiglio di classe elementi conoscitivi, un conto è presenziare e porsi in posizione dialettica nell'ambito dell'organo consiliare". Il peso del credito formativo a favore degli studenti che si avvalgono dell’IRC era stato riconosciuto da un decreto del ministro Fioroni e confermato successivamente dal ministro Gelmini. Il TAR del Lazio, con sentenza n° 33433 del 14 ottobre 2010, depositata il 15 novembre 2010, ha annullato il comma 2 dell'art. 4 e il comma 3 dell'art. 6 del regolamento sulla valutazione.
06/12/2010
24/11/2010
21/11/2010
Festa prenatalizia della Comunità evangelica metodista di Verbania
20/11/2010
Veglia ecumenica di preghiera a Verbania
Insieme per Asia
Domenica 21 novembre,
dalle ore 21
sotto i portici di Palazzo di Città di Verbania Pallanza
Asia Bibi è una giovane donna e madre pakistana che le autorità del suo paese hanno condannato a morte perché rifiuta di convertirsi dal cristianesimo all'Islam. E' accusata di blasfemia nei confronti di Maometto, che in Pakistan è un reato penale che si punisce anche con la pena di morte
Per informazioni: tel. 339.6988170, E-mail: mari.canale@libero.it
18/11/2010
09/11/2010
08/11/2010
26/10/2010
19/10/2010
14/10/2010
12/10/2010
18 ottobre - Giornata Europea contro la Tratta degli esseri umani
ALCUNI RIFERIMENTI LEGISLATIVI IN MATERIA DI TRATTA DI ESSERI UMANI
Legislazione italiana.
Legge n. 228/2003 “Misure contro la tratta di persone”
L'articolo 13 di questa legge ha riaffermato al volontà di valorizzare strumenti giuridici di assistenza e sostegno alle vittime e prevede interventi portati avanti da Enti locali o soggetti privati che assicurino alle vittime condizioni di alloggio, vitto, assistenza sanitaria ed integrazione sociale.
Legge n. 108 del 2 luglio 2010 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Il 30 luglio 2010 è entrata in vigore la legge n. 108 del 2 Luglio 2010, con cui lo Stato italiano ha disposto la ratifica e l'esecuzione della Convenzione sulla Lotta contro la Tratta di Esseri Umani (Consiglio d'Europa, Varsavia, 2005)
La legge ha previsto l'introduzione dell'articolo 602ter riguardante le circostanze aggravanti e apporta delle modifiche al codice penale prevedendo l'aumento della pena da un terzo alla metà nel caso in cui:
• la persona offesa è minore di diciotto anni;
• i fatti sono diretti allo sfuttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi;
• se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
Lo stesso aumento della pena è previsto anche se i fatti criminali vengono commessi al finedi realizzare o agevolare i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602.
Legislazione italiana.
Legge n. 286/1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”.
L'articolo 18 dà la possibilità alle persone vittime di tratta di ottenere un permesso di soggiorno per “protezione sociale”.
L’art. 18 rappresenta un'innovazione positiva nel panorama legslativo europeo ed internazionale in materia di tutela delle vittime della tratta. Il nostro legislatore è stato precursore nell'affermare
normativamente la centralità dei diritti umani e della dignità delle vittime, prevedendo per le vittime un
percorso sociale di reinserimento e riabilitazione oltre al percorso giudiziario.
La vittima ha due possibilità di accedere alla protezione:
- se accetta di entrare in un programma di riabilitazione ed integrazione sociale
- se accetta di testimoniare contro i suoi sfruttatori.
E’ una norma coraggiosa nella sua impostazione ma accidentata nella prassi, perché la sua corretta applicazione, compresa l’erogazione dei fondi destinati ai progetti di inserimento, è spesso disattesa ed arbitraria.
L'articolo 18 dà la possibilità alle persone vittime di tratta di ottenere un permesso di soggiorno per “protezione sociale”.
L’art. 18 rappresenta un'innovazione positiva nel panorama legslativo europeo ed internazionale in materia di tutela delle vittime della tratta. Il nostro legislatore è stato precursore nell'affermare
normativamente la centralità dei diritti umani e della dignità delle vittime, prevedendo per le vittime un
percorso sociale di reinserimento e riabilitazione oltre al percorso giudiziario.
La vittima ha due possibilità di accedere alla protezione:
- se accetta di entrare in un programma di riabilitazione ed integrazione sociale
- se accetta di testimoniare contro i suoi sfruttatori.
E’ una norma coraggiosa nella sua impostazione ma accidentata nella prassi, perché la sua corretta applicazione, compresa l’erogazione dei fondi destinati ai progetti di inserimento, è spesso disattesa ed arbitraria.
Legge n. 228/2003 “Misure contro la tratta di persone”
L'articolo 13 di questa legge ha riaffermato al volontà di valorizzare strumenti giuridici di assistenza e sostegno alle vittime e prevede interventi portati avanti da Enti locali o soggetti privati che assicurino alle vittime condizioni di alloggio, vitto, assistenza sanitaria ed integrazione sociale.
Legge n. 108 del 2 luglio 2010 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, nonche' norme di adeguamento dell'ordinamento interno.
Il 30 luglio 2010 è entrata in vigore la legge n. 108 del 2 Luglio 2010, con cui lo Stato italiano ha disposto la ratifica e l'esecuzione della Convenzione sulla Lotta contro la Tratta di Esseri Umani (Consiglio d'Europa, Varsavia, 2005)
La legge ha previsto l'introduzione dell'articolo 602ter riguardante le circostanze aggravanti e apporta delle modifiche al codice penale prevedendo l'aumento della pena da un terzo alla metà nel caso in cui:
• la persona offesa è minore di diciotto anni;
• i fatti sono diretti allo sfuttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi;
• se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
Lo stesso aumento della pena è previsto anche se i fatti criminali vengono commessi al finedi realizzare o agevolare i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602.
Appello della IX Giornata ecumenica del Dialogo cristiano-islamico del 27 ottobre 2010
Amare la Terra e tutti gli esseri viventi!
Testo dell'appello.
«Ecco, al Signore tuo Dio appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene».(Bibbia Deuteronomio 10,14)
«Certamente appartiene ad Allah tutto ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra. Cosa seguono coloro che invocano consoci all'infuori di Allah? Non inseguono che vane congetture, e non fanno che supposizioni.
Egli ha fatto per voi la notte affinché riposiate e il giorno affinché vi rischiari. In verità in ciò vi sono segni per la gente che ascolta».
(Corano Sura X,66-67)
L’emergenza ambientale è oramai una costante dei nostri tempi. Le catastrofi naturali sono ingigantite dalle responsabilità umane e dai disastri causati dall’uomo e dalle tecnologie che spesso gli stessi uomini che le hanno realizzate non riescono a controllare. La nostra Terra è ferita profondamente e sanguina, come ha scritto recentemente, con riferimento al gravissimo incidente petrolifero del Golfo del Messico, un Capo spirituale cheyenne in un appello a tutte le religioni del mondo alla preghiera per la Terra ferita e per tutti gli esseri viventi che la abitano.
Ma più la situazione diventa grave, più si moltiplicano gli appelli al rispetto dell’ambiente, più acuti e violenti diventano gli atteggiamenti di quanti rifiutano il cambiamento di uno stile di vita irrispettoso della Terra che ci ospita che nessun essere umano ha creato e che nessun essere umano dovrebbe poter impunemente distruggere.
La violenza, come è scritto nel documento finale del Convegno “Chiese strumento di pace?” - svoltosi a Milano il 2 giugno 2010, «è diventata parte del nostro quotidiano e ci siamo abituati a considerarla inevitabile». E le religioni l’hanno spesso giustificata e ancora spesso continuano a farlo.
La produzione di strumenti di morte continua inarrestabile. Neppure la crisi economica ha prodotto alcun taglio nei fondi destinati all’acquisto di armi di distruzione di massa. Mentre non si trovano soldi per i servizi sociali di base, per la scuola, per la sanità, i fondi per la partecipazione alle guerre sono sempre disponibili ed anzi sono aumentati. Pur di non mettere in discussione l’idolo del mercato e del massimo profitto si sceglie di continuare a produrre prodotti che aumentano all’infinto l’inquinamento atmosferico attaccando allo stesso tempo anche i diritti fondamentali della persona umana e le stesse libertà democratiche delle persone che quei prodotti sono chiamati a produrre.
Cristiani e musulmani sono interpellati nel profondo della loro fede da questi che sono i segni dei nostri tempi. Oggi come nel corso della storia dell’umanità in discussione è l’idolatria che si manifesta nel mancato rispetto per la nostra Terra attraverso il perpetrarsi di distruzioni della natura, di guerre devastanti e violenze disumane, di divisione profonda dell’umanità in oppressi e oppressori.
Forze politiche miopi che agitano la paura del diverso e di ciò che non si conosce e che per aumentare questa paura mistificano la realtà con l’uso di menzogne sempre più spudorate, vorrebbero che cristiani e musulmani continuassero a fare guerre fra loro come ai tempi delle Crociate. Si vorrebbe irreggimentare il grande spirito di pace, che pervade queste due grandi religioni della storia dell’umanità, in congreghe religiose di Stato, asservite a logiche politiche che contribuiscano a prolungare all’infinito quello stile di vita insostenibile che sta portando l’umanità sul baratro della propria autodistruzione.
Crediamo invece sia necessario che cristiani e musulmani, insieme a tutte le altre religioni, assumano posizioni e comportamenti all’altezza dei tempi che viviamo e delle sfide che ci pongono i nemici dell’umanità e della sua riconciliazione con l’unico Dio che insieme adoriamo.
Per questo le associazioni cristiane e musulmane che da 9 anni promuovono ed insieme celebrano la giornata del dialogo cristiano-islamico, vogliono mettere al centro del prossimo incontro del 27 ottobre 2010 i temi della salvaguardia del creato, del rispetto e dell’amore per la nostra Terra e per tutto ciò che essa contiene e a cui da vita. E vogliamo farlo nel nome dell’unico Dio che insieme adoriamo e a cui insieme, ognuno per la propria strada, vogliamo ricondurre questa umanità, verso quel Regno di Dio dove non ci saranno più lacrime, né lutto ne lamento ne affanno e dove l’amore trionferà.
Amare la Terra e tutti gli esseri viventi!
Il comitato organizzatore
Roma 22 giugno 2010
«Ecco, al Signore tuo Dio appartengono i cieli, i cieli dei cieli, la terra e quanto essa contiene».(Bibbia Deuteronomio 10,14)
«Certamente appartiene ad Allah tutto ciò che è nei cieli e ciò che è sulla terra. Cosa seguono coloro che invocano consoci all'infuori di Allah? Non inseguono che vane congetture, e non fanno che supposizioni.
Egli ha fatto per voi la notte affinché riposiate e il giorno affinché vi rischiari. In verità in ciò vi sono segni per la gente che ascolta».
(Corano Sura X,66-67)
L’emergenza ambientale è oramai una costante dei nostri tempi. Le catastrofi naturali sono ingigantite dalle responsabilità umane e dai disastri causati dall’uomo e dalle tecnologie che spesso gli stessi uomini che le hanno realizzate non riescono a controllare. La nostra Terra è ferita profondamente e sanguina, come ha scritto recentemente, con riferimento al gravissimo incidente petrolifero del Golfo del Messico, un Capo spirituale cheyenne in un appello a tutte le religioni del mondo alla preghiera per la Terra ferita e per tutti gli esseri viventi che la abitano.
Ma più la situazione diventa grave, più si moltiplicano gli appelli al rispetto dell’ambiente, più acuti e violenti diventano gli atteggiamenti di quanti rifiutano il cambiamento di uno stile di vita irrispettoso della Terra che ci ospita che nessun essere umano ha creato e che nessun essere umano dovrebbe poter impunemente distruggere.
La violenza, come è scritto nel documento finale del Convegno “Chiese strumento di pace?” - svoltosi a Milano il 2 giugno 2010, «è diventata parte del nostro quotidiano e ci siamo abituati a considerarla inevitabile». E le religioni l’hanno spesso giustificata e ancora spesso continuano a farlo.
La produzione di strumenti di morte continua inarrestabile. Neppure la crisi economica ha prodotto alcun taglio nei fondi destinati all’acquisto di armi di distruzione di massa. Mentre non si trovano soldi per i servizi sociali di base, per la scuola, per la sanità, i fondi per la partecipazione alle guerre sono sempre disponibili ed anzi sono aumentati. Pur di non mettere in discussione l’idolo del mercato e del massimo profitto si sceglie di continuare a produrre prodotti che aumentano all’infinto l’inquinamento atmosferico attaccando allo stesso tempo anche i diritti fondamentali della persona umana e le stesse libertà democratiche delle persone che quei prodotti sono chiamati a produrre.
Cristiani e musulmani sono interpellati nel profondo della loro fede da questi che sono i segni dei nostri tempi. Oggi come nel corso della storia dell’umanità in discussione è l’idolatria che si manifesta nel mancato rispetto per la nostra Terra attraverso il perpetrarsi di distruzioni della natura, di guerre devastanti e violenze disumane, di divisione profonda dell’umanità in oppressi e oppressori.
Forze politiche miopi che agitano la paura del diverso e di ciò che non si conosce e che per aumentare questa paura mistificano la realtà con l’uso di menzogne sempre più spudorate, vorrebbero che cristiani e musulmani continuassero a fare guerre fra loro come ai tempi delle Crociate. Si vorrebbe irreggimentare il grande spirito di pace, che pervade queste due grandi religioni della storia dell’umanità, in congreghe religiose di Stato, asservite a logiche politiche che contribuiscano a prolungare all’infinito quello stile di vita insostenibile che sta portando l’umanità sul baratro della propria autodistruzione.
Crediamo invece sia necessario che cristiani e musulmani, insieme a tutte le altre religioni, assumano posizioni e comportamenti all’altezza dei tempi che viviamo e delle sfide che ci pongono i nemici dell’umanità e della sua riconciliazione con l’unico Dio che insieme adoriamo.
Per questo le associazioni cristiane e musulmane che da 9 anni promuovono ed insieme celebrano la giornata del dialogo cristiano-islamico, vogliono mettere al centro del prossimo incontro del 27 ottobre 2010 i temi della salvaguardia del creato, del rispetto e dell’amore per la nostra Terra e per tutto ciò che essa contiene e a cui da vita. E vogliamo farlo nel nome dell’unico Dio che insieme adoriamo e a cui insieme, ognuno per la propria strada, vogliamo ricondurre questa umanità, verso quel Regno di Dio dove non ci saranno più lacrime, né lutto ne lamento ne affanno e dove l’amore trionferà.
Amare la Terra e tutti gli esseri viventi!
Il comitato organizzatore
Roma 22 giugno 2010
N.B. E' possibile aderire all'appello sul sito: www.ildialogo.org
11/10/2010
08/10/2010
30/09/2010
23/09/2010
Scuola. La Bibbia entra in aula. Ma “è cultura, non religione”
Al via le prime sperimentazioni coordinate dall'Associazione Biblia in accordo con il MIUR
Roma (NEV), 22 settembre 2010 - Nelle scuole secondarie di secondo grado partono le prime sperimentazioni per promuovere "la conoscenza della Bibbia in un'ottica laica". Dopo il varo nel maggio scorso del protocollo d’intesa tra il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca (MIUR) e l'Associazione Biblia (www.biblia.it), le singole scuole, in autonomia, possono avviare dentro il normale curricolo scolastico, percorsi, approfondimenti e lavori didattici attorno al "libro dei libri". L’iniziativa, promossa da una associazione laica e aconfessionale, ha un carattere squisitamente culturale e non interferisce con l’insegnamento della religione cattolica (IRC).
“Ancora non esiste un piano sistematico di intervento su scala nazionale – spiega Paolo Naso, docente alla “Sapienza” di Roma e membro della commissione paritetica per l’applicazione del protocollo composta da rappresentanti di Biblia e del MIUR – ma abbiamo costituito due gruppi di lavoro che registrano quello che si sta facendo e che promuovono alcune iniziative pilota. Il protocollo non implica un impegno finanziario da parte del Ministero, né per le docenze, né per la preparazione delle unità didattiche: partiamo quindi grazie alla disponibilità e alla competenza professionale di docenti convinti che la conoscenza della Bibbia costituisca una chiave fondamentale e irrinunciabile per la comprensione della cultura dell’Occidente e dell’area euromediterranea. In questo senso le sperimentazioni che si stanno avviando ben poco hanno a che fare con l’IRC – puntualizza ancora Naso – o con la bandiera della presunta identità cristiana dell’Europa: portare la Bibbia nella scuola significa colmare un grave deficit culturale per passare, secondo l’espressione del filosofo francese Regis Debray, dalla ‘laicità dell’ignoranza’ a quella della ‘competenza’”.
Tra le iniziative in cantiere per la promozione del protocollo d’intesa anche un convegno di studi promosso in collaborazione con il Dipartimento Storia, culture, religioni della “Sapienza”, programmato per il prossimo 18 novembre.
Roma (NEV), 22 settembre 2010 - Nelle scuole secondarie di secondo grado partono le prime sperimentazioni per promuovere "la conoscenza della Bibbia in un'ottica laica". Dopo il varo nel maggio scorso del protocollo d’intesa tra il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca (MIUR) e l'Associazione Biblia (www.biblia.it), le singole scuole, in autonomia, possono avviare dentro il normale curricolo scolastico, percorsi, approfondimenti e lavori didattici attorno al "libro dei libri". L’iniziativa, promossa da una associazione laica e aconfessionale, ha un carattere squisitamente culturale e non interferisce con l’insegnamento della religione cattolica (IRC).
“Ancora non esiste un piano sistematico di intervento su scala nazionale – spiega Paolo Naso, docente alla “Sapienza” di Roma e membro della commissione paritetica per l’applicazione del protocollo composta da rappresentanti di Biblia e del MIUR – ma abbiamo costituito due gruppi di lavoro che registrano quello che si sta facendo e che promuovono alcune iniziative pilota. Il protocollo non implica un impegno finanziario da parte del Ministero, né per le docenze, né per la preparazione delle unità didattiche: partiamo quindi grazie alla disponibilità e alla competenza professionale di docenti convinti che la conoscenza della Bibbia costituisca una chiave fondamentale e irrinunciabile per la comprensione della cultura dell’Occidente e dell’area euromediterranea. In questo senso le sperimentazioni che si stanno avviando ben poco hanno a che fare con l’IRC – puntualizza ancora Naso – o con la bandiera della presunta identità cristiana dell’Europa: portare la Bibbia nella scuola significa colmare un grave deficit culturale per passare, secondo l’espressione del filosofo francese Regis Debray, dalla ‘laicità dell’ignoranza’ a quella della ‘competenza’”.
Tra le iniziative in cantiere per la promozione del protocollo d’intesa anche un convegno di studi promosso in collaborazione con il Dipartimento Storia, culture, religioni della “Sapienza”, programmato per il prossimo 18 novembre.
Il presidente e il cardinale alla Breccia di Porta Pia
di Paolo Naso, politologo, Università La Sapienza di Roma
Strana coppia sulla breccia più famosa d’Italia, quella aperta a cannonate nel 1870 dai bersaglieri del generale Cadorna per entrare a Roma e conquistare la più importante roccaforte dello Stato pontificio. Lo scorso 20 settembre, la presenza congiunta del presidente Napolitano e del Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone proprio in quel diaframma che costituì il massimo punto di frattura tra lo stato nazionale e la chiesa cattolica ha giustamente posto alcuni interrogativi sul significato di questo anniversario.
Per qualcuno è la memoria della fine del potere temporale della Chiesa, una fine salutare per essa stessa, finalmente liberata dall’onere di esercitare un governo civile incoerente con la sua missione eminentemente spirituale. Per altri è invece la data in cui celebrare un’Italia laica – per qualcuno anticlericale - negli altri giorni dell’anno destinata a finire in un cono d’ombra, costretta in un angolo dal conformismo di un confessionalismo cattolico accettato e riconosciuto anche da chi cattolico non è. Per altri ancora è il giorno che segnò l’inizio di un decadimento morale e civile del paese che, distruggendo il potere della Chiesa cattolica, in realtà combatté la sua stesa anima e si perse in quel modernismo di valori e di comportamento che, nei decenni, ha portato l’Italia a un livello di secolarizzazione tra i più acuti del mondo.
Per i protestanti italiani, il XX settembre segnò l’apertura di uno spazio di presenza e di testimonianza sino ad allora assolutamente precluso: attraverso quella breccia essi provarono a introdurre a Roma e in Italia la Bibbia, la loro cultura della libertà e della responsabilità, l’idea della separazione tra lo Stato e le confessioni religiose, il sogno di un’Italia moralmente e spiritualmente rigenerata.
Ma oggi, che cosa significa andare a Porta Pia il 20 settembre? L’inedita compresenza, pochi giorni fa, del presidente Napolitano e del cardinale Bertone, che significato ha avuto e che messaggio ha inteso lanciare al paese?
Secondo la lettura più accreditata, è stata l’occasione per chiudere una guerra dei simboli che per anni ha fatto di Porta Pia il tempio dell’anticlericalismo e dello scontro tra lo Stato unitario e la Chiesa cattolica. Con la sua presenza sul “luogo del delitto”, il cardinale Bertone avrebbe insomma lanciato un messaggio, prontamente raccolto, di concordia ed unità nazionale: la Chiesa di Roma – avrebbe inteso affermare – non è contro lo Stato e riconosce che lo Stato non è contro la Chiesa di Roma.
Lettura condivisa ma ovvia almeno dal 1929 e cioè dalla “conciliazione” sancita nel Concordato tra il regime fascista e la Santa sede. Parlare di “svolta” dopo l’incontro a Porta Pia tra il Presidente e il Cardinale ci pare enfaticamente banale.
Il messaggio è un altro: la Chiesa cattolica certamente riconosce lo Stato nazionale, la sua laicità e il nuovo pluralismo che si esprime nella società italiana. Ma nel momento in cui riconosce questa palese realtà ribadisce la sua presenza, rivendica il suo ruolo e la sua funzione civile. I tempi della sdegnata assenza vaticana dai momenti in cui lo stato laico celebra la sua religione civile sono finiti e, entrato in ombra il sogno ruiniano di un’Italia unita nei simboli e nella tradizione della chiesa maggioritaria, un nuovo corso mostra di accettare la sfida di una presenza cattolica in un contesto fortemente laicizzato, secolarizzato e sempre più pluralista. E’ una svolta, da considerare con attenzione ed interesse, ma che nella sostanza non invalida ciò che il protestantesimo italiano ha spesso affermato in occasione del XX settembre, e cioè la rivendicazione di quello stato laico che per credenti e non credenti costituisce la migliore garanzia a tutela della libertà di espressione e di coscienza di ciascuno. Valeva nella Roma del papa re, crediamo abbia senso anche nell’Italia che non sa garantire il diritto ai musulmani di aprire una moschea, che non riconosce una chiesa di immigrati pentecostali africani, che non mostra alcuna intenzione di approvare un’Intesa con i testimoni di Geova o con i buddisti. Porta Pia non ci rimanda allo scontro medievale tra Guelfi e Ghibellini ma alle sfide dell’Italia multireligiosa e multiculturale di oggi.
(NEV-Notizie evangeliche 38/2010)
Strana coppia sulla breccia più famosa d’Italia, quella aperta a cannonate nel 1870 dai bersaglieri del generale Cadorna per entrare a Roma e conquistare la più importante roccaforte dello Stato pontificio. Lo scorso 20 settembre, la presenza congiunta del presidente Napolitano e del Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone proprio in quel diaframma che costituì il massimo punto di frattura tra lo stato nazionale e la chiesa cattolica ha giustamente posto alcuni interrogativi sul significato di questo anniversario.
Per qualcuno è la memoria della fine del potere temporale della Chiesa, una fine salutare per essa stessa, finalmente liberata dall’onere di esercitare un governo civile incoerente con la sua missione eminentemente spirituale. Per altri è invece la data in cui celebrare un’Italia laica – per qualcuno anticlericale - negli altri giorni dell’anno destinata a finire in un cono d’ombra, costretta in un angolo dal conformismo di un confessionalismo cattolico accettato e riconosciuto anche da chi cattolico non è. Per altri ancora è il giorno che segnò l’inizio di un decadimento morale e civile del paese che, distruggendo il potere della Chiesa cattolica, in realtà combatté la sua stesa anima e si perse in quel modernismo di valori e di comportamento che, nei decenni, ha portato l’Italia a un livello di secolarizzazione tra i più acuti del mondo.
Per i protestanti italiani, il XX settembre segnò l’apertura di uno spazio di presenza e di testimonianza sino ad allora assolutamente precluso: attraverso quella breccia essi provarono a introdurre a Roma e in Italia la Bibbia, la loro cultura della libertà e della responsabilità, l’idea della separazione tra lo Stato e le confessioni religiose, il sogno di un’Italia moralmente e spiritualmente rigenerata.
Ma oggi, che cosa significa andare a Porta Pia il 20 settembre? L’inedita compresenza, pochi giorni fa, del presidente Napolitano e del cardinale Bertone, che significato ha avuto e che messaggio ha inteso lanciare al paese?
Secondo la lettura più accreditata, è stata l’occasione per chiudere una guerra dei simboli che per anni ha fatto di Porta Pia il tempio dell’anticlericalismo e dello scontro tra lo Stato unitario e la Chiesa cattolica. Con la sua presenza sul “luogo del delitto”, il cardinale Bertone avrebbe insomma lanciato un messaggio, prontamente raccolto, di concordia ed unità nazionale: la Chiesa di Roma – avrebbe inteso affermare – non è contro lo Stato e riconosce che lo Stato non è contro la Chiesa di Roma.
Lettura condivisa ma ovvia almeno dal 1929 e cioè dalla “conciliazione” sancita nel Concordato tra il regime fascista e la Santa sede. Parlare di “svolta” dopo l’incontro a Porta Pia tra il Presidente e il Cardinale ci pare enfaticamente banale.
Il messaggio è un altro: la Chiesa cattolica certamente riconosce lo Stato nazionale, la sua laicità e il nuovo pluralismo che si esprime nella società italiana. Ma nel momento in cui riconosce questa palese realtà ribadisce la sua presenza, rivendica il suo ruolo e la sua funzione civile. I tempi della sdegnata assenza vaticana dai momenti in cui lo stato laico celebra la sua religione civile sono finiti e, entrato in ombra il sogno ruiniano di un’Italia unita nei simboli e nella tradizione della chiesa maggioritaria, un nuovo corso mostra di accettare la sfida di una presenza cattolica in un contesto fortemente laicizzato, secolarizzato e sempre più pluralista. E’ una svolta, da considerare con attenzione ed interesse, ma che nella sostanza non invalida ciò che il protestantesimo italiano ha spesso affermato in occasione del XX settembre, e cioè la rivendicazione di quello stato laico che per credenti e non credenti costituisce la migliore garanzia a tutela della libertà di espressione e di coscienza di ciascuno. Valeva nella Roma del papa re, crediamo abbia senso anche nell’Italia che non sa garantire il diritto ai musulmani di aprire una moschea, che non riconosce una chiesa di immigrati pentecostali africani, che non mostra alcuna intenzione di approvare un’Intesa con i testimoni di Geova o con i buddisti. Porta Pia non ci rimanda allo scontro medievale tra Guelfi e Ghibellini ma alle sfide dell’Italia multireligiosa e multiculturale di oggi.
(NEV-Notizie evangeliche 38/2010)
18/09/2010
16/09/2010
Estremismo religioso e leggi della comunicazione
di Paolo Naso, docente di scienza politica all'Università "La Sapienza" di Roma
La provocazione razzista del predicatore americano che l’11 settembre avrebbe voluto bruciare in pubblico un Corano sembra avere raggiunto il suo scopo. A poche ore dal nono anniversario dell’attentato di Al Qaeda contro le Torri gemelle, infatti, in India si sono contati oltre dieci morti – tutti cristiani – uccisi nel corso di un “pogrom” col quale gruppi di musulmani estremisti avrebbero inteso vendicare l’offesa al loro libro sacro.
Nonostante l’esecrazione unanime della comunità internazionale e la netta condanna espressa dal presidente Obama nei confronti di questo “annuncio”, il fuoco della violenza nel nome di Dio ha fatto nuove vittime e rischia di incendiare altri territori in Medio Oriente, in Africa ed in Asia. Tristemente, in questo delirio dei fondamentalismi non sembra esserci nulla di nuovo: da tempo gli estremismi religiosi sembrano infatti costituire uno dei frutti avvelenati della società “postsecolare”. Entrati in crisi i grandi orizzonti di pensiero laico, le religioni sembrano prendersi un’ambigua “rivincita” che porta con sé anche fanatismi, settarismi ed intolleranza.
Ma la vicenda di questi giorni è spia di un altro problema, che non rimanda alle religioni quanto al sistema della comunicazione: il fatto che un anonimo, isolato e screditato predicatore della Florida possa accendere la miccia di una bomba che esplode a grappolo nei punti più remoti del mondo, ci dice della forza dei simboli e del ruolo che in talune circostanze possono svolgere i mezzi di comunicazione di massa.
Lo sconosciuto predicatore è riuscito a porsi per qualche ora al centro dell’attenzione mondiale, è il frutto di una logica del sistema mediatico alla disperata ricerca di personaggi e di eventi, tanto più rilevanti quanto più “straordinari”, distanti o contrari cioè all’ordine prevedibile delle cose. Se fa notizia un albero che brucia e non una foresta che cresce, è ovvio che sulle prime pagine dei giornali finirà un pastore che predica l’odio e non uno che invece parla di amore e di riconciliazione.
In assenza di un’etica condivisa della comunicazione, casi di questo genere sono destinati a moltiplicarsi e a dare l’impressione all’opinione pubblica di una escalation degli estremismi religiosi. Etica della comunicazione significa che blasfeme provocazioni razziste come tali vanno presentate e ridimensionate; se invece le si assume come espressione dello scontro tra culture e religioni su scala globale, le si ammanta di una dignità che non possono meritare.
In un sistema della comunicazione così condizionato dalle logiche commerciali e talvolta politiche, l’azione positiva di credenti musulmani e cristiani che dialogano, convivono pacificamente e lavorano insieme per la pace non troverà mai spazio.
In un sistema così fragile ed incapace di proteggere la sua stessa credibilità, dovremo prepararci ad altri annunci deliranti e ad altri gesti provocatori facilmente vendibili al mercato dello scoop globale.
Per chi crede che ben altro sia il ruolo delle religioni nel nostro tempo, il gioco è truccato, inutile sedersi al tavolo. La tragedia è che la posta di questa partita è la pace tra credenti e popoli di diverse tradizioni in intere aree del pianeta (NEV-notizie evangeliche 36-37/10).
La provocazione razzista del predicatore americano che l’11 settembre avrebbe voluto bruciare in pubblico un Corano sembra avere raggiunto il suo scopo. A poche ore dal nono anniversario dell’attentato di Al Qaeda contro le Torri gemelle, infatti, in India si sono contati oltre dieci morti – tutti cristiani – uccisi nel corso di un “pogrom” col quale gruppi di musulmani estremisti avrebbero inteso vendicare l’offesa al loro libro sacro.
Nonostante l’esecrazione unanime della comunità internazionale e la netta condanna espressa dal presidente Obama nei confronti di questo “annuncio”, il fuoco della violenza nel nome di Dio ha fatto nuove vittime e rischia di incendiare altri territori in Medio Oriente, in Africa ed in Asia. Tristemente, in questo delirio dei fondamentalismi non sembra esserci nulla di nuovo: da tempo gli estremismi religiosi sembrano infatti costituire uno dei frutti avvelenati della società “postsecolare”. Entrati in crisi i grandi orizzonti di pensiero laico, le religioni sembrano prendersi un’ambigua “rivincita” che porta con sé anche fanatismi, settarismi ed intolleranza.
Ma la vicenda di questi giorni è spia di un altro problema, che non rimanda alle religioni quanto al sistema della comunicazione: il fatto che un anonimo, isolato e screditato predicatore della Florida possa accendere la miccia di una bomba che esplode a grappolo nei punti più remoti del mondo, ci dice della forza dei simboli e del ruolo che in talune circostanze possono svolgere i mezzi di comunicazione di massa.
Lo sconosciuto predicatore è riuscito a porsi per qualche ora al centro dell’attenzione mondiale, è il frutto di una logica del sistema mediatico alla disperata ricerca di personaggi e di eventi, tanto più rilevanti quanto più “straordinari”, distanti o contrari cioè all’ordine prevedibile delle cose. Se fa notizia un albero che brucia e non una foresta che cresce, è ovvio che sulle prime pagine dei giornali finirà un pastore che predica l’odio e non uno che invece parla di amore e di riconciliazione.
In assenza di un’etica condivisa della comunicazione, casi di questo genere sono destinati a moltiplicarsi e a dare l’impressione all’opinione pubblica di una escalation degli estremismi religiosi. Etica della comunicazione significa che blasfeme provocazioni razziste come tali vanno presentate e ridimensionate; se invece le si assume come espressione dello scontro tra culture e religioni su scala globale, le si ammanta di una dignità che non possono meritare.
In un sistema della comunicazione così condizionato dalle logiche commerciali e talvolta politiche, l’azione positiva di credenti musulmani e cristiani che dialogano, convivono pacificamente e lavorano insieme per la pace non troverà mai spazio.
In un sistema così fragile ed incapace di proteggere la sua stessa credibilità, dovremo prepararci ad altri annunci deliranti e ad altri gesti provocatori facilmente vendibili al mercato dello scoop globale.
Per chi crede che ben altro sia il ruolo delle religioni nel nostro tempo, il gioco è truccato, inutile sedersi al tavolo. La tragedia è che la posta di questa partita è la pace tra credenti e popoli di diverse tradizioni in intere aree del pianeta (NEV-notizie evangeliche 36-37/10).
10/09/2010
19/08/2010
Maria Bonafede: “Ci preoccupa la condizione morale e civile del paese”
a cura di Gaëlle Courtens
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - A pochi giorni dall'apertura del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi (Torre Pellice, 22-27 agosto) – importante appuntamento della più antica chiesa protestante italiana che ha le sue radici storiche nelle valli Pellice e Germanasca dell’area pinerolese – l’Agenzia stampa NEV ha intervistato la pastora Maria Bonafede, al quinto mandato di moderatora della Tavola valdese, organo esecutivo dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi.
Moderatora Bonafede, guardando all'Italia di oggi - in qualità di esponente di una storica minoranza religiosa italiana – quali sono le maggiori sue preoccupazioni?
Mi preoccupa la condizione morale e civile del Paese. Nel corso dell’anno la cronaca ci ha svelato un “sistema della corruzione” che opera non solo nella società ma anche nelle organizzazioni della politica. Un sistema di questa natura corrode le basi stesse della democrazia e contribuisce al degrado civile. Siamo insomma di fronte a una crisi che non è solo finanziaria ma che arriva all’anima stessa della comunità nazionale. Come Chiesa sentiamo il dovere di denunciarlo e di essere testimoni e operai di un’altra città, fondata sul senso di responsabilità, sullo spirito di servizio alla comunità civile, sulla solidarietà. La relazione della Tavola Valdese al Sinodo si apre con la citazione di una parola dell’apostolo Paolo che invita a “non conformarsi a questo mondo ma ad essere trasformati e rinnovati dalla misericordia di Dio per compiere la sua volontà” (Romani 12,1-2).
La minoranza valdese e metodista ha sempre saputo dire parole importanti sui temi della democrazia, della laicità, del pluralismo, dei diritti. Quali saranno le priorità del prossimo Sinodo?
Il Sinodo è sovrano e sarà esso stesso a definire le sue priorità. Certamente quello della laicità è un tema al quale siamo costantemente richiamati dalla particolare situazione italiana: è sconsolante, infatti, vedere come tanta parte dell’opinione pubblica e della classe politica continuino a pensare al cattolicesimo come la naturale religione degli italiani, ignorando o negando i diritti di altre componenti religiose. Ma vorremmo che il nostro contributo alla laicità dello Stato fosse non solo in negativo, teso cioè a contenere le spinte confessionalistiche. Laicità è per noi anche possibilità di contribuire al dibattito pubblico nel Paese, nel quadro di uguali opportunità offerte ai credenti e ai non credenti, ai cattolici come ai musulmani, ai protestanti come ai mormoni. Laicità è anche libertà religiosa e, mentre auspichiamo che il Parlamento possa finalmente approvare le sei Intese, alcune delle quali in stand by da almeno dieci anni (la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, la Chiesa apostolica, i mormoni, i Testimoni di Geova, l’Unione induista, l’Unione buddista, n.d.r.), speriamo si apra anche la trattativa per il riconoscimento della comunità islamica. Per numero di aderenti è la seconda in Italia: difficile capire come possa resistere una pregiudiziale negativa priva di fondamenti giuridici e che comunque lede fondamentali principi costituzionali.
Il Sinodo negli anni scorsi si è pronunciato a più riprese contro l'omofobia. Questa volta la Tavola valdese chiederà al Sinodo un orientamento sull'opportunità o meno di benedire le coppie omosessuali. Come mai questa accelerazione?
E’ un tema molto delicato che ha lacerato e talvolta diviso diverse chiese protestanti in Europa come negli Stati Uniti. Io mi limito a rilevare che nasce da domande concrete, di fratelli e sorelle membri delle nostre chiese che chiedono la benedizione della loro unione: non è insomma un dibattito teorico o astratto ma un confronto con uomini e donne che condividono la nostra fede in Gesù Cristo. Una seconda considerazione è di metodo: un dibattito su temi così delicati e rilevanti implica disponibilità all’ascolto, impegno al discernimento, spirito di preghiera. Infine dobbiamo essere molto chiari sul problema che vogliamo affrontare: non è quello dell’accoglienza degli omosessuali nelle nostre chiese che mi sembra superato da tempo: è quello della benedizione dell’unione di persone che vogliono testimoniare di fronte a Dio e alla loro comunità di fede il loro impegno a un percorso di vita insieme. Dobbiamo quindi innanzitutto capire che cosa significa “benedizione”, nella Bibbia e nella chiesa. Con ogni evidenza non significa matrimonio, che per altro per noi protestanti non è un sacramento ed è un fatto eminentemente civile.
Il Sinodo già l'anno scorso ha istituito una commissione ad hoc per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Quale valore dare a questo anniversario?
L’Unità d’Italia ha costituito il quadro storico nel quale il protestantesimo e le altre componenti religiose del nostro paese hanno acquisito progressivi diritti di libertà religiosa. Ma se questa è la prima ragione che ci impegna a essere convintamente partecipi delle celebrazioni, intendiamo anche contribuirvi da cittadini italiani. Tanto più se, come auspichiamo, non si tratterà di eventi ingessati e retrospettivi ma capaci di guardare all’Italia di oggi e di domani.
Il progressivo aumento dei fondi destinati all'Otto per mille valdese ha fatto sì che in pochi anni la Tavola valdese si sia ritrovata a gestire una significativa responsabilità. Come far fronte a queste esigenze?
Anche in questo caso sarà il Sinodo a decidere. Come moderatora della Tavola valdese mi sono limitata a segnalare il fatto che il costante aumento delle somme ricevute in questi anni, e il prevedibile raddoppio che registreremo fra tre anni accedendo anche alle quote non esplicitamente destinate, ci suggerisce di elaborare una “strategia” per perseguire alcune grandi finalità: la presumibile disponibilità di quindici o di venti milioni all’anno potrà davvero fare la differenza e incidere nella realtà di alcune persone o di alcune associazioni o di alcuni paesi. Insomma auspico la definizione di linee strategiche per l’utilizzo dei fondi. Fermo restando il principio che non un euro andrà a finalità di culto o di sostegno della Chiesa.
Sul fronte del dialogo con la chiesa cattolica? Un anno ecumenicamente piatto?
Difficile misurare la temperatura ecumenica e personalmente credo che non sia un esercizio utile né costruttivo. Le chiese valdesi e metodiste hanno fatto dell’ecumenismo una scelta strategica fondata su considerazioni di ordine teologico. Detto questo ci sono dei momenti più vibranti ed altri più statici o faticosi. Mi pare evidente che per Benedetto XVI l’ecumenismo con le chiese della Riforma non costituisca una priorità e che egli punti piuttosto al dialogo con l’ortodossia e con il mondo evangelical con il quale registra un’intesa almeno sui temi etici. Ma se questo è il quadro generale, anche in Italia registriamo importanti esperienze di incontro ecumenico, non solo di base, che continuiamo a sostenere con convinzione. Insomma più che discutere di ecumenismo credo lo si debba vivere nella testimonianza comune e nell’apertura all’azione dello Spirito.
L’Agenzia stampa NEV–notizie evangeliche, sarà presente come Ufficio stampa del Sinodo sin da sabato 21 agosto presso la "Casa Valdese" di Torre Pellice in via Beckwith 2 (tel. 0121.950035, fax 0121.91604), e sarà a disposizione dei giornalisti fornendo informazioni e contatti per interviste, distribuendo comunicati stampa quotidiani ed organizzando, a partire da lunedì 23 agosto alle 12.30, conferenze stampa quotidiane sui principali argomenti in discussione (da sabato 21 sarà attivo il numero: 339 30 48 448). Per approfondimenti: www.chiesavaldese.org.
Alluvioni in Pakistan. La Federazione delle chiese evangeliche lancia una sottoscrizione
Solidarietà alla popolazione da parte del presidente Massimo Aquilante
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - In seguito alle piogge che hanno devastato il Pakistan, colpito da una delle peggiori alluvioni mai registrate nella storia, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha lanciato una sottoscrizione per l'aiuto alle vittime.
"La popolazione così duramente colpita da questa catastrofe è al centro delle nostre preghiere, rivolte specialmente a coloro che hanno perso i loro cari e a chi è rimasto senza abitazione, né mezzi di sussistenza -, ha dichiarato il presidente della FCEI, il pastore Massimo Aquilante -. La FCEI estende la sua solidarietà anche alle migliaia di persone che in queste ore drammatiche stanno portando soccorso nelle zone alluvionate".
Nei primi giorni di agosto 2,5 milioni di persone sono state colpite dalle peggiori inondazioni mai registrate nella storia del Pakistan. La catastrofe, che ha devastato i raccolti, ha causato oltre 1.600 vittime mentre gli sfollati superano i 14 milioni. Su un'area di 133.000 chilometri quadrati sono state distrutte più di 700.000 case, oltre a strade, ponti e bestiame. Per la mancanza di acqua potabile si teme ora il diffondersi di epidemie. Ci vorranno miliardi di dollari per la ricostruzione delle case e per il recupero del vitale settore dell'agricoltura.
Tra le tante organizzazioni umanitarie al lavoro anche quelle di ACT-Action by Churches Together, l'Esercito della Salvezza, l’Aiuto delle chiese evangeliche in Svizzera (HEKS-ACES), l'Agenzia avventista per lo sviluppo e il soccorso (ADRA), che stanno faticosamente portando i primi aiuti alla popolazione: coperte, kit igienici, cibo, acqua, assistenza medica e ripari.
La FCEI promuove campagne e raccolte di fondi in casi di emergenze umanitarie, che confluiscono nel fondo dell'Action by Churches Together (ACT) International, agenzia umanitaria promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dalla Federazione luterana mondiale (FLM). (nev/sts)
Chi volesse inviare delle donazioni può farlo utilizzando il seguente conto corrente postale specificando la causale "Alluvione Pakistan": ccp n. 38016002 - IBAN: IT 54 S 07601 03200 000038016002, intestato a: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, via Firenze 38, 00184 Roma.
Valdesi e metodisti. Al via l'annuale Sinodo di Torre Pellice
Si apre domenica prossima con un culto solenne
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pellice (TO), capoluogo delle “Valli Valdesi” del Piemonte, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, significativo appuntamento nell’ambito del protestantesimo storico italiano.
A dare il via al consueto appuntamento sarà un culto solenne che si terrà nel pomeriggio del 22 agosto nel tempio di Torre Pellice, durante il quale sarà consacrato al ministero pastorale Michel Charbonnier che concluderà il suo periodo di prova sottoscrivendo l’antica confessione di fede del 1655. La predicazione del culto di apertura è affidata alla pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Il sermone prenderà spunto da Luca 10, 17-24, per interrogarsi su come leggere la Bibbia, su come annunciare il Regno di Dio.
Tra i temi all'attenzione del Sinodo quest'anno figureranno la crisi economica e morale, le politiche migratorie, la crescente presenza di migranti nelle comunità, le benedizioni di coppie omosessuali, la laicità dello Stato, il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Ampio spazio sarà dedicato anche alla vita delle chiese locali e all'esame della gestione delle numerose opere sociali inserite nell'ordinamento dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi. Inoltre il Sinodo approverà la ripartizione dell'Otto per mille che nell'anno in corso ha registrato un significativo incremento grazie all'aumento delle firme alla Chiesa valdese da parte dei contribuenti. Come di consueto il dibattito assembleare si svolgerà secondo le priorità indicate dalla cosiddetta Commissione d'esame, composta da due pastori e due laici, che ha il compito di esaminare l'operato della Tavola valdese (organo esecutivo dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi). La sua relazione introdurrà il dibattito sinodale.
L’Assemblea sinodale, massimo organo decisionale dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi cui partecipano 180 membri con diritto di voto - pastori e “laici” in numero uguale - si concluderà venerdì 28 agosto con l’elezione delle varie cariche amministrative. (nev/gc)
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - A pochi giorni dall'apertura del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi (Torre Pellice, 22-27 agosto) – importante appuntamento della più antica chiesa protestante italiana che ha le sue radici storiche nelle valli Pellice e Germanasca dell’area pinerolese – l’Agenzia stampa NEV ha intervistato la pastora Maria Bonafede, al quinto mandato di moderatora della Tavola valdese, organo esecutivo dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi.
Moderatora Bonafede, guardando all'Italia di oggi - in qualità di esponente di una storica minoranza religiosa italiana – quali sono le maggiori sue preoccupazioni?
Mi preoccupa la condizione morale e civile del Paese. Nel corso dell’anno la cronaca ci ha svelato un “sistema della corruzione” che opera non solo nella società ma anche nelle organizzazioni della politica. Un sistema di questa natura corrode le basi stesse della democrazia e contribuisce al degrado civile. Siamo insomma di fronte a una crisi che non è solo finanziaria ma che arriva all’anima stessa della comunità nazionale. Come Chiesa sentiamo il dovere di denunciarlo e di essere testimoni e operai di un’altra città, fondata sul senso di responsabilità, sullo spirito di servizio alla comunità civile, sulla solidarietà. La relazione della Tavola Valdese al Sinodo si apre con la citazione di una parola dell’apostolo Paolo che invita a “non conformarsi a questo mondo ma ad essere trasformati e rinnovati dalla misericordia di Dio per compiere la sua volontà” (Romani 12,1-2).
La minoranza valdese e metodista ha sempre saputo dire parole importanti sui temi della democrazia, della laicità, del pluralismo, dei diritti. Quali saranno le priorità del prossimo Sinodo?
Il Sinodo è sovrano e sarà esso stesso a definire le sue priorità. Certamente quello della laicità è un tema al quale siamo costantemente richiamati dalla particolare situazione italiana: è sconsolante, infatti, vedere come tanta parte dell’opinione pubblica e della classe politica continuino a pensare al cattolicesimo come la naturale religione degli italiani, ignorando o negando i diritti di altre componenti religiose. Ma vorremmo che il nostro contributo alla laicità dello Stato fosse non solo in negativo, teso cioè a contenere le spinte confessionalistiche. Laicità è per noi anche possibilità di contribuire al dibattito pubblico nel Paese, nel quadro di uguali opportunità offerte ai credenti e ai non credenti, ai cattolici come ai musulmani, ai protestanti come ai mormoni. Laicità è anche libertà religiosa e, mentre auspichiamo che il Parlamento possa finalmente approvare le sei Intese, alcune delle quali in stand by da almeno dieci anni (la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, la Chiesa apostolica, i mormoni, i Testimoni di Geova, l’Unione induista, l’Unione buddista, n.d.r.), speriamo si apra anche la trattativa per il riconoscimento della comunità islamica. Per numero di aderenti è la seconda in Italia: difficile capire come possa resistere una pregiudiziale negativa priva di fondamenti giuridici e che comunque lede fondamentali principi costituzionali.
Il Sinodo negli anni scorsi si è pronunciato a più riprese contro l'omofobia. Questa volta la Tavola valdese chiederà al Sinodo un orientamento sull'opportunità o meno di benedire le coppie omosessuali. Come mai questa accelerazione?
E’ un tema molto delicato che ha lacerato e talvolta diviso diverse chiese protestanti in Europa come negli Stati Uniti. Io mi limito a rilevare che nasce da domande concrete, di fratelli e sorelle membri delle nostre chiese che chiedono la benedizione della loro unione: non è insomma un dibattito teorico o astratto ma un confronto con uomini e donne che condividono la nostra fede in Gesù Cristo. Una seconda considerazione è di metodo: un dibattito su temi così delicati e rilevanti implica disponibilità all’ascolto, impegno al discernimento, spirito di preghiera. Infine dobbiamo essere molto chiari sul problema che vogliamo affrontare: non è quello dell’accoglienza degli omosessuali nelle nostre chiese che mi sembra superato da tempo: è quello della benedizione dell’unione di persone che vogliono testimoniare di fronte a Dio e alla loro comunità di fede il loro impegno a un percorso di vita insieme. Dobbiamo quindi innanzitutto capire che cosa significa “benedizione”, nella Bibbia e nella chiesa. Con ogni evidenza non significa matrimonio, che per altro per noi protestanti non è un sacramento ed è un fatto eminentemente civile.
Il Sinodo già l'anno scorso ha istituito una commissione ad hoc per i 150 anni dell'Unità d'Italia. Quale valore dare a questo anniversario?
L’Unità d’Italia ha costituito il quadro storico nel quale il protestantesimo e le altre componenti religiose del nostro paese hanno acquisito progressivi diritti di libertà religiosa. Ma se questa è la prima ragione che ci impegna a essere convintamente partecipi delle celebrazioni, intendiamo anche contribuirvi da cittadini italiani. Tanto più se, come auspichiamo, non si tratterà di eventi ingessati e retrospettivi ma capaci di guardare all’Italia di oggi e di domani.
Il progressivo aumento dei fondi destinati all'Otto per mille valdese ha fatto sì che in pochi anni la Tavola valdese si sia ritrovata a gestire una significativa responsabilità. Come far fronte a queste esigenze?
Anche in questo caso sarà il Sinodo a decidere. Come moderatora della Tavola valdese mi sono limitata a segnalare il fatto che il costante aumento delle somme ricevute in questi anni, e il prevedibile raddoppio che registreremo fra tre anni accedendo anche alle quote non esplicitamente destinate, ci suggerisce di elaborare una “strategia” per perseguire alcune grandi finalità: la presumibile disponibilità di quindici o di venti milioni all’anno potrà davvero fare la differenza e incidere nella realtà di alcune persone o di alcune associazioni o di alcuni paesi. Insomma auspico la definizione di linee strategiche per l’utilizzo dei fondi. Fermo restando il principio che non un euro andrà a finalità di culto o di sostegno della Chiesa.
Sul fronte del dialogo con la chiesa cattolica? Un anno ecumenicamente piatto?
Difficile misurare la temperatura ecumenica e personalmente credo che non sia un esercizio utile né costruttivo. Le chiese valdesi e metodiste hanno fatto dell’ecumenismo una scelta strategica fondata su considerazioni di ordine teologico. Detto questo ci sono dei momenti più vibranti ed altri più statici o faticosi. Mi pare evidente che per Benedetto XVI l’ecumenismo con le chiese della Riforma non costituisca una priorità e che egli punti piuttosto al dialogo con l’ortodossia e con il mondo evangelical con il quale registra un’intesa almeno sui temi etici. Ma se questo è il quadro generale, anche in Italia registriamo importanti esperienze di incontro ecumenico, non solo di base, che continuiamo a sostenere con convinzione. Insomma più che discutere di ecumenismo credo lo si debba vivere nella testimonianza comune e nell’apertura all’azione dello Spirito.
L’Agenzia stampa NEV–notizie evangeliche, sarà presente come Ufficio stampa del Sinodo sin da sabato 21 agosto presso la "Casa Valdese" di Torre Pellice in via Beckwith 2 (tel. 0121.950035, fax 0121.91604), e sarà a disposizione dei giornalisti fornendo informazioni e contatti per interviste, distribuendo comunicati stampa quotidiani ed organizzando, a partire da lunedì 23 agosto alle 12.30, conferenze stampa quotidiane sui principali argomenti in discussione (da sabato 21 sarà attivo il numero: 339 30 48 448). Per approfondimenti: www.chiesavaldese.org.
Alluvioni in Pakistan. La Federazione delle chiese evangeliche lancia una sottoscrizione
Solidarietà alla popolazione da parte del presidente Massimo Aquilante
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - In seguito alle piogge che hanno devastato il Pakistan, colpito da una delle peggiori alluvioni mai registrate nella storia, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) ha lanciato una sottoscrizione per l'aiuto alle vittime.
"La popolazione così duramente colpita da questa catastrofe è al centro delle nostre preghiere, rivolte specialmente a coloro che hanno perso i loro cari e a chi è rimasto senza abitazione, né mezzi di sussistenza -, ha dichiarato il presidente della FCEI, il pastore Massimo Aquilante -. La FCEI estende la sua solidarietà anche alle migliaia di persone che in queste ore drammatiche stanno portando soccorso nelle zone alluvionate".
Nei primi giorni di agosto 2,5 milioni di persone sono state colpite dalle peggiori inondazioni mai registrate nella storia del Pakistan. La catastrofe, che ha devastato i raccolti, ha causato oltre 1.600 vittime mentre gli sfollati superano i 14 milioni. Su un'area di 133.000 chilometri quadrati sono state distrutte più di 700.000 case, oltre a strade, ponti e bestiame. Per la mancanza di acqua potabile si teme ora il diffondersi di epidemie. Ci vorranno miliardi di dollari per la ricostruzione delle case e per il recupero del vitale settore dell'agricoltura.
Tra le tante organizzazioni umanitarie al lavoro anche quelle di ACT-Action by Churches Together, l'Esercito della Salvezza, l’Aiuto delle chiese evangeliche in Svizzera (HEKS-ACES), l'Agenzia avventista per lo sviluppo e il soccorso (ADRA), che stanno faticosamente portando i primi aiuti alla popolazione: coperte, kit igienici, cibo, acqua, assistenza medica e ripari.
La FCEI promuove campagne e raccolte di fondi in casi di emergenze umanitarie, che confluiscono nel fondo dell'Action by Churches Together (ACT) International, agenzia umanitaria promossa dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e dalla Federazione luterana mondiale (FLM). (nev/sts)
Chi volesse inviare delle donazioni può farlo utilizzando il seguente conto corrente postale specificando la causale "Alluvione Pakistan": ccp n. 38016002 - IBAN: IT 54 S 07601 03200 000038016002, intestato a: Federazione delle chiese evangeliche in Italia, via Firenze 38, 00184 Roma.
Valdesi e metodisti. Al via l'annuale Sinodo di Torre Pellice
Si apre domenica prossima con un culto solenne
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pellice (TO), capoluogo delle “Valli Valdesi” del Piemonte, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, significativo appuntamento nell’ambito del protestantesimo storico italiano.
A dare il via al consueto appuntamento sarà un culto solenne che si terrà nel pomeriggio del 22 agosto nel tempio di Torre Pellice, durante il quale sarà consacrato al ministero pastorale Michel Charbonnier che concluderà il suo periodo di prova sottoscrivendo l’antica confessione di fede del 1655. La predicazione del culto di apertura è affidata alla pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Il sermone prenderà spunto da Luca 10, 17-24, per interrogarsi su come leggere la Bibbia, su come annunciare il Regno di Dio.
Tra i temi all'attenzione del Sinodo quest'anno figureranno la crisi economica e morale, le politiche migratorie, la crescente presenza di migranti nelle comunità, le benedizioni di coppie omosessuali, la laicità dello Stato, il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Ampio spazio sarà dedicato anche alla vita delle chiese locali e all'esame della gestione delle numerose opere sociali inserite nell'ordinamento dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi. Inoltre il Sinodo approverà la ripartizione dell'Otto per mille che nell'anno in corso ha registrato un significativo incremento grazie all'aumento delle firme alla Chiesa valdese da parte dei contribuenti. Come di consueto il dibattito assembleare si svolgerà secondo le priorità indicate dalla cosiddetta Commissione d'esame, composta da due pastori e due laici, che ha il compito di esaminare l'operato della Tavola valdese (organo esecutivo dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi). La sua relazione introdurrà il dibattito sinodale.
L’Assemblea sinodale, massimo organo decisionale dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi cui partecipano 180 membri con diritto di voto - pastori e “laici” in numero uguale - si concluderà venerdì 28 agosto con l’elezione delle varie cariche amministrative. (nev/gc)
Valdesi e metodisti. Al via l'annuale Sinodo di Torre Pellice
Si apre domenica prossima con un culto solenne .
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pellice (TO), capoluogo delle “Valli Valdesi” del Piemonte, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, significativo appuntamento nell’ambito del protestantesimo storico italiano.
A dare il via al consueto appuntamento sarà un culto solenne che si terrà nel pomeriggio del 22 agosto nel tempio di Torre Pellice, durante il quale sarà consacrato al ministero pastorale Michel Charbonnier che concluderà il suo periodo di prova sottoscrivendo l’antica confessione di fede del 1655. La predicazione del culto di apertura è affidata alla pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Il sermone prenderà spunto da Luca 10, 17-24, per interrogarsi su come leggere la Bibbia, su come annunciare il Regno di Dio.
Tra i temi all'attenzione del Sinodo quest'anno figureranno la crisi economica e morale, le politiche migratorie, la crescente presenza di migranti nelle comunità, le benedizioni di coppie omosessuali, la laicità dello Stato, il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Ampio spazio sarà dedicato anche alla vita delle chiese locali e all'esame della gestione delle numerose opere sociali inserite nell'ordinamento dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi. Inoltre il Sinodo approverà la ripartizione dell'Otto per mille che nell'anno in corso ha registrato un significativo incremento grazie all'aumento delle firme alla Chiesa valdese da parte dei contribuenti. Come di consueto il dibattito assembleare si svolgerà secondo le priorità indicate dalla cosiddetta Commissione d'esame, composta da due pastori e due laici, che ha il compito di esaminare l'operato della Tavola valdese (organo esecutivo dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi). La sua relazione introdurrà il dibattito sinodale.
L’Assemblea sinodale, massimo organo decisionale dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi cui partecipano 180 membri con diritto di voto - pastori e “laici” in numero uguale - si concluderà venerdì 28 agosto con l’elezione delle varie cariche amministrative. (nev/gc)
Roma (NEV), 18 agosto 2010 - Dal 22 al 27 agosto si svolgerà a Torre Pellice (TO), capoluogo delle “Valli Valdesi” del Piemonte, il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, significativo appuntamento nell’ambito del protestantesimo storico italiano.
A dare il via al consueto appuntamento sarà un culto solenne che si terrà nel pomeriggio del 22 agosto nel tempio di Torre Pellice, durante il quale sarà consacrato al ministero pastorale Michel Charbonnier che concluderà il suo periodo di prova sottoscrivendo l’antica confessione di fede del 1655. La predicazione del culto di apertura è affidata alla pastora Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Il sermone prenderà spunto da Luca 10, 17-24, per interrogarsi su come leggere la Bibbia, su come annunciare il Regno di Dio.
Tra i temi all'attenzione del Sinodo quest'anno figureranno la crisi economica e morale, le politiche migratorie, la crescente presenza di migranti nelle comunità, le benedizioni di coppie omosessuali, la laicità dello Stato, il 150° anniversario dell'Unità d'Italia. Ampio spazio sarà dedicato anche alla vita delle chiese locali e all'esame della gestione delle numerose opere sociali inserite nell'ordinamento dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi. Inoltre il Sinodo approverà la ripartizione dell'Otto per mille che nell'anno in corso ha registrato un significativo incremento grazie all'aumento delle firme alla Chiesa valdese da parte dei contribuenti. Come di consueto il dibattito assembleare si svolgerà secondo le priorità indicate dalla cosiddetta Commissione d'esame, composta da due pastori e due laici, che ha il compito di esaminare l'operato della Tavola valdese (organo esecutivo dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi). La sua relazione introdurrà il dibattito sinodale.
L’Assemblea sinodale, massimo organo decisionale dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi cui partecipano 180 membri con diritto di voto - pastori e “laici” in numero uguale - si concluderà venerdì 28 agosto con l’elezione delle varie cariche amministrative. (nev/gc)
07/08/2010
21/07/2010
03/07/2010
23/06/2010
Otto per mille. Aumentano le firme a favore dei valdesi e metodisti (+ 14,8%)
Bonafede: “Soddisfazione e grande responsabilità”
Roma (NEV), 23 giugno 2010 - Ricevuti i dati di sua competenza relativi alla ripartizione dell'otto per mille del 2007, la Tavola valdese ha comunicato che nel corso di quest'anno riceverà la somma di 10.248.788 euro, circa due milioni in più rispetto all'anno precedente. Il significativo dato è determinato sia dall'incremento del fondo generale IRPEF che dall'ulteriore aumento delle firme che i contribuenti hanno destinato alla Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste) arrivati nel 2007 ad oltre 357.000, il 14,8% in più rispetto all'anno precedente. Ancora la Chiesa valdese non partecipa alla ripartizione delle quote non esplicitamente destinate dal contribuente: sulla base della revisione d'Intesa approvata dal Parlamento lo scorso anno, infatti, tali fondi saranno disponibili solo nel 2012.
“Di nuovo quest'anno registriamo un significativo aumento delle firme e delle quote del fondo otto per mille a nostro favore: vogliamo quindi ringraziare quanti ci hanno rinnovato la loro fiducia o ce l'hanno concessa per la prima volta. Vogliamo anche ribadire a loro e a tutti i contribuenti italiani che continueremo a gestire i fondi ricevuti con lo stesso rigore e la stessa trasparenza con cui l'abbiamo fatto in tutti questi anni”, ha dichiarato Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese.
Nel corso di tutte le sue campagne informative sull'otto per mille, infatti, la Chiesa valdese pubblica un dettagliato resoconto sull'utilizzo delle somme ricevute ed esplicita il suo impegno a non utilizzare tali fondi per il culto, la costruzione o la ristrutturazione delle chiese, gli stipendi dei pastori o qualsiasi attività evangelistica.
Al momento il 70% delle somme ricevute va a finanziare progetti sociali, culturali e assistenziali realizzati in Italia, mentre il 30% viene destinato ad analoghe iniziative all'estero.
Roma (NEV), 23 giugno 2010 - Ricevuti i dati di sua competenza relativi alla ripartizione dell'otto per mille del 2007, la Tavola valdese ha comunicato che nel corso di quest'anno riceverà la somma di 10.248.788 euro, circa due milioni in più rispetto all'anno precedente. Il significativo dato è determinato sia dall'incremento del fondo generale IRPEF che dall'ulteriore aumento delle firme che i contribuenti hanno destinato alla Chiesa valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste) arrivati nel 2007 ad oltre 357.000, il 14,8% in più rispetto all'anno precedente. Ancora la Chiesa valdese non partecipa alla ripartizione delle quote non esplicitamente destinate dal contribuente: sulla base della revisione d'Intesa approvata dal Parlamento lo scorso anno, infatti, tali fondi saranno disponibili solo nel 2012.
“Di nuovo quest'anno registriamo un significativo aumento delle firme e delle quote del fondo otto per mille a nostro favore: vogliamo quindi ringraziare quanti ci hanno rinnovato la loro fiducia o ce l'hanno concessa per la prima volta. Vogliamo anche ribadire a loro e a tutti i contribuenti italiani che continueremo a gestire i fondi ricevuti con lo stesso rigore e la stessa trasparenza con cui l'abbiamo fatto in tutti questi anni”, ha dichiarato Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese.
Nel corso di tutte le sue campagne informative sull'otto per mille, infatti, la Chiesa valdese pubblica un dettagliato resoconto sull'utilizzo delle somme ricevute ed esplicita il suo impegno a non utilizzare tali fondi per il culto, la costruzione o la ristrutturazione delle chiese, gli stipendi dei pastori o qualsiasi attività evangelistica.
Al momento il 70% delle somme ricevute va a finanziare progetti sociali, culturali e assistenziali realizzati in Italia, mentre il 30% viene destinato ad analoghe iniziative all'estero.
Maggiori informazioni sull'otto per mille alla Chiesa valdese sono disponibili ai siti www.chiesavaldese.org e www.ottopermillevaldese.it
16/06/2010
15/06/2010
10/06/2010
03/06/2010
31/05/2010
29/05/2010
21/05/2010
Pentecoste
di Giorgio Tourn
L’ultima data dell’anno liturgico cristiano è la Pentecoste. Mentre l’Ascensione segnava la fine della vicenda storica di Gesù Cristo, iniziata con la nascita a Natale, la Pentecoste apre una nuova pagina nella storia della rivelazione con la manifestazione dello Spirito Santo. Questo avvenimento ha avuto luogo secondo il racconto del libro degli Atti a Gerusalemme il giorno della festa ebraica della mietitura.
L’ultima data dell’anno liturgico cristiano è la Pentecoste. Mentre l’Ascensione segnava la fine della vicenda storica di Gesù Cristo, iniziata con la nascita a Natale, la Pentecoste apre una nuova pagina nella storia della rivelazione con la manifestazione dello Spirito Santo. Questo avvenimento ha avuto luogo secondo il racconto del libro degli Atti a Gerusalemme il giorno della festa ebraica della mietitura.
Né la circostanza né il luogo sono casuali: in tutta la Bibbia ebraica Gerusalemme è il simbolo della presenza di Dio, della sua Parola, della rivelazione; la mietitura è la festa del raccolto, del frutto dell’amore e della benedizione divina sul suo popolo, ed è simbolo biblico anche il fuoco che scende dal cielo, è l’azione di Dio. Vi è però un’altra lettura della Pentecoste: è la nascita della chiesa, è proprio così? Riflettiamo paragonando due opere d’arte di grande fascino e molto significative.
Giotto raffigura la scena nel suo stile sobrio, essenziale, i discepoli sono raccolti in cerchio; nel capitolo precedente si narra che Giuda suicida è stato sostituito con sorteggio da Mattia, sono dunque nuovamente 12, il numero voluto da Gesù a rappresentare tutto il popolo di Dio, come erano le tribù di Israele. Lo Spirito di Dio è rappresentato, come dice il passo biblico, da lingue di fuoco: il fuoco è la presenza, la forza, il calore, la dinamica dell’opera di Dio. Le lingue è la comunicazione, con la Parola Dio ha creato il mondo, ha dato a Mosé le leggi, ha ispirato la predicazione dei profeti.
Alla gente che manifesta il suo stupore Pietro spiega che sta realizzando la profezia di Gioele e lo Spirito divino non è più monopolio dei sacerdoti e dei profeti ma è dono a tutti i credenti; e spiega quello che è accaduto nelle ultime settimane a Gesù "il nazareno". È il primo discorso missionario della chiesa, qui comincia la testimonianza dei cristiani nel mondo.
Tutto questo Giotto lo sa molto bene e raffigura il gruppo nel momento del suo passaggio da discepoli ad apostoli, lo Spirito è la forza divina che li trasforma da uomini impauriti a testimoni coraggiosi. Lo Spirito è la forza divina che fonda la missione, la predicazione, l’annunzio del Vangelo. Quello che nasce alla Pentecoste è l’Evangelo di Cristo morto e risorto per l’umanità.
Con Giotto siamo nell’Europa cristiana del Duecento, con il secondo dipinto, la miniatura delle "Riches Heures" siamo due secoli più tardi, alla fine del Medio Evo. Qui la scena della Pentecoste è profondamente modificata.
Giotto raffigura la scena nel suo stile sobrio, essenziale, i discepoli sono raccolti in cerchio; nel capitolo precedente si narra che Giuda suicida è stato sostituito con sorteggio da Mattia, sono dunque nuovamente 12, il numero voluto da Gesù a rappresentare tutto il popolo di Dio, come erano le tribù di Israele. Lo Spirito di Dio è rappresentato, come dice il passo biblico, da lingue di fuoco: il fuoco è la presenza, la forza, il calore, la dinamica dell’opera di Dio. Le lingue è la comunicazione, con la Parola Dio ha creato il mondo, ha dato a Mosé le leggi, ha ispirato la predicazione dei profeti.
Alla gente che manifesta il suo stupore Pietro spiega che sta realizzando la profezia di Gioele e lo Spirito divino non è più monopolio dei sacerdoti e dei profeti ma è dono a tutti i credenti; e spiega quello che è accaduto nelle ultime settimane a Gesù "il nazareno". È il primo discorso missionario della chiesa, qui comincia la testimonianza dei cristiani nel mondo.
Tutto questo Giotto lo sa molto bene e raffigura il gruppo nel momento del suo passaggio da discepoli ad apostoli, lo Spirito è la forza divina che li trasforma da uomini impauriti a testimoni coraggiosi. Lo Spirito è la forza divina che fonda la missione, la predicazione, l’annunzio del Vangelo. Quello che nasce alla Pentecoste è l’Evangelo di Cristo morto e risorto per l’umanità.
Con Giotto siamo nell’Europa cristiana del Duecento, con il secondo dipinto, la miniatura delle "Riches Heures" siamo due secoli più tardi, alla fine del Medio Evo. Qui la scena della Pentecoste è profondamente modificata.
Le persone che si trovano radunate formano un’assemblea molto composita: vi sono naturalmente gli apostoli ma ci sono anche altre persone attorno a loro e c’è Maria, la madre di Gesù. Corrisponde a realtà questa nuova presentazione dell’avvenimento? Il testo di Atti 2,1 dice: "come giunse il giorno della pentecoste erano tutti insieme nel medesimo luogo". Chi sono i tutti e dove è il luogo? Al capitolo 1 si narra che gli apostoli dal monte dell’ascensione tornano a Gerusalemme e si ritrovano "nella sala di sopra" dove solevano trattenersi tutti con le donne e Maria e i fratelli di Gesù. Il tutti è dunque il gruppo dei dodici discepoli con altri, la famiglia di Gesù, le donne che lo hanno accompagnato, è la comunità credente che si trova in preghiera. Il luogo è "la sala di sopra", che viene generalmente inteso come la stanza dove Gesù e i suoi avevano celebrato la Pasqua, l’ultima cena, messa a loro disposizione da un discepolo della città. Il pittore quattrocentesco ha dunque raffigurato un’altra scena, la comunità dei seguaci del maestro galileo, su cui scende lo Spirito che la trasforma e ne fa la prima comunità cristiana.
Ma legge il passo biblico alla luce della sua esperienza e introduce due elementi che non sono biblici: il luogo, non è più una stanza ma una chiesa, al centro del gruppo sta Maria. Questa non è la chiesa del primo giorno a Gerusalemme è la chiesa cattolica del Quattrocento. Maria al centro non è solo la Vergine, attorno alla quale stanno nascendo nuovi dogmi (non è però ancora né concepita immacolata né assunta!) è l’immagine simbolica della chiesa stessa.
Lo Spirito scende sulla chiesa o nella chiesa? Nel primo caso ne è solo beneficiaria, lo ha ricevuto e lo trasmette nella predicazione del Vangelo per bocca degli apostoli. Nel secondo ne è depositaria, lo cultodisce e amministra nella istituzione chiesa, di cui è immagine il locale, qui lo Spirito risiede e di qui passa al mondo grazie al ministero.
I due dipinti raffigurano la stessa scena, lo stesso testo biblico ma lo interpretano in due modi diversi, Giotto è fedele al testo evangelico, il pittore fiammingo si ispira alla chiesa dei papi rinascimentali, dice quello che dice il testo ma in un’ottica che lo contraddice. Nel primo caso lo Spirito determina la missione nel secondo fonda l’istituzione.
Ma legge il passo biblico alla luce della sua esperienza e introduce due elementi che non sono biblici: il luogo, non è più una stanza ma una chiesa, al centro del gruppo sta Maria. Questa non è la chiesa del primo giorno a Gerusalemme è la chiesa cattolica del Quattrocento. Maria al centro non è solo la Vergine, attorno alla quale stanno nascendo nuovi dogmi (non è però ancora né concepita immacolata né assunta!) è l’immagine simbolica della chiesa stessa.
Lo Spirito scende sulla chiesa o nella chiesa? Nel primo caso ne è solo beneficiaria, lo ha ricevuto e lo trasmette nella predicazione del Vangelo per bocca degli apostoli. Nel secondo ne è depositaria, lo cultodisce e amministra nella istituzione chiesa, di cui è immagine il locale, qui lo Spirito risiede e di qui passa al mondo grazie al ministero.
I due dipinti raffigurano la stessa scena, lo stesso testo biblico ma lo interpretano in due modi diversi, Giotto è fedele al testo evangelico, il pittore fiammingo si ispira alla chiesa dei papi rinascimentali, dice quello che dice il testo ma in un’ottica che lo contraddice. Nel primo caso lo Spirito determina la missione nel secondo fonda l’istituzione.
Dal sito: http://www.chiesavaldese.org/
20/05/2010
Incontro ecumenico di preghiera di Pentecoste
13/05/2010
Ascensione
di Giorgio Tourn
L’Italia cristiana ha cancellato dal suo calendario l’Ascensione di Gesù Cristo. Si tratta di una scelta grave che dimostra quanto sia superficiale il suo cristianesimo; vede nel crocifisso appeso ai muri delle scuole e degli uffici la trincea della sua religione, ridotta a simbolo generico di umanità quando non è degradato a espressione di una identità poco più che tribale.
Cancellato il Cristo innalzato lo ha sostituito con Maria assunta, dogma mariano privo di qualsiasi fondamento evangelico. È questo il processo inarrestabile avviato da Pio IX: la concentrazione del fatto cristiano sulla chiesa: immacolata in Maria, infallibile nel papa, di cui Cristo rappresenta poco più che l’aureola luminosa che la circonda e garantisce.
Cosa afferma un cristiano quando recitando il Credo dice: Credo in Gesù Cristo... Signore nostro... salito in cielo?
A questa domanda dà risposta uno dei testi più semplici e caratteristici della Riforma protestante, il Catechismo di Calvino. Suddiviso in 52 sezioni commenta il Credo, il Padre Nostro e i Dieci Comandamenti. Nel culto pomeridiano della domenica veniva commentata una sezione, iniziando dalla prima domenica dell’anno. L’insegnante poneva poi le domande e gli alunni rispondevano. Nella 12° domenica si commentava il messaggio dell’Ascensione in questi termini:
L’insegnante: Cristo non è dunque più in terra?
L’alunno: No, perché avendo compiuto tutto quello che gli era stato prescritto dal Padre per la nostra salvezza, non era più necessario restasse in terra.
L’insegnante: In che ci giova la sua ascensione?
L’alunno: Reca un duplice vantaggio. Essendo salito in cielo in nome nostro, come ne era disceso per noi, ce ne dà l’accesso; ci assicura che ora è aperta la porta che era chiusa a motivo del nostro peccato (Romani 6,8-11).
In secondo luogo Egli ci appare là, alla presenza del Padre, per essere nostro intercessore e avvocato (Ebrei 7,26).
L’insegnante: Allontanato dal mondo Gesù Cristo non è più con noi?
L’alunno: No. Al contrario dice che sarà con noi sino alla fine.
L’insegnante: Cosa si intende dire con: siede alla destra di Dio Padre?
L’alunno: Ha ricevuto il dominio del cielo e della terra per guidare e governare tutto (Matteo 28,18).
Il messaggio dell’Ascensione di Cristo è qui definito nella sua essenzialità: se Egli è mediatore fra Dio e noi, come afferma il Vangelo, dove Egli è siamo anche noi, dunque in cielo, immagine per dire in presenza di Dio, in comunione con lui. Il nostro destino è dunque assicurato ed è garantito dal fatto che Cristo intercede per i credenti per quel che riguarda la loro vita. Questo significa che non abbiamo da meritare la nostra salvezza e da cercare intercessori.
Cancellato il Cristo innalzato lo ha sostituito con Maria assunta, dogma mariano privo di qualsiasi fondamento evangelico. È questo il processo inarrestabile avviato da Pio IX: la concentrazione del fatto cristiano sulla chiesa: immacolata in Maria, infallibile nel papa, di cui Cristo rappresenta poco più che l’aureola luminosa che la circonda e garantisce.
Cosa afferma un cristiano quando recitando il Credo dice: Credo in Gesù Cristo... Signore nostro... salito in cielo?
A questa domanda dà risposta uno dei testi più semplici e caratteristici della Riforma protestante, il Catechismo di Calvino. Suddiviso in 52 sezioni commenta il Credo, il Padre Nostro e i Dieci Comandamenti. Nel culto pomeridiano della domenica veniva commentata una sezione, iniziando dalla prima domenica dell’anno. L’insegnante poneva poi le domande e gli alunni rispondevano. Nella 12° domenica si commentava il messaggio dell’Ascensione in questi termini:
L’insegnante: Cristo non è dunque più in terra?
L’alunno: No, perché avendo compiuto tutto quello che gli era stato prescritto dal Padre per la nostra salvezza, non era più necessario restasse in terra.
L’insegnante: In che ci giova la sua ascensione?
L’alunno: Reca un duplice vantaggio. Essendo salito in cielo in nome nostro, come ne era disceso per noi, ce ne dà l’accesso; ci assicura che ora è aperta la porta che era chiusa a motivo del nostro peccato (Romani 6,8-11).
In secondo luogo Egli ci appare là, alla presenza del Padre, per essere nostro intercessore e avvocato (Ebrei 7,26).
L’insegnante: Allontanato dal mondo Gesù Cristo non è più con noi?
L’alunno: No. Al contrario dice che sarà con noi sino alla fine.
L’insegnante: Cosa si intende dire con: siede alla destra di Dio Padre?
L’alunno: Ha ricevuto il dominio del cielo e della terra per guidare e governare tutto (Matteo 28,18).
Il messaggio dell’Ascensione di Cristo è qui definito nella sua essenzialità: se Egli è mediatore fra Dio e noi, come afferma il Vangelo, dove Egli è siamo anche noi, dunque in cielo, immagine per dire in presenza di Dio, in comunione con lui. Il nostro destino è dunque assicurato ed è garantito dal fatto che Cristo intercede per i credenti per quel che riguarda la loro vita. Questo significa che non abbiamo da meritare la nostra salvezza e da cercare intercessori.
11/05/2010
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