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13/02/2013

Perseverare nella libertà in Cristo.

Meditazione per la Settimana evangelica della libertà.
Festa del 17 febbraio 2013 - ricorrenza della pubblicazione delle Lettere Patenti del re Carlo Alberto di Savoia (17 febbraio 1848) con le quali concedeva i diritti civili e politici alla minoranza protestante valdese.

di Jean-Félix Kamba Nzolo, pastore valdese

"Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù. Perché, fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri; poiché tutta la legge è adempiuta in quest'unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso»". Galati 5,1.13-14

"Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Essi gli risposero: «Noi siamo discendenti d'Abraamo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: "Voi diverrete liberi"?»  Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non dimora per sempre nella casa: il figlio vi dimora per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi". Giovanni 8,31-35

La libertà è spesso intessa come facoltà di disporre se stesso, nel senso del libero arbitrio condannato da Lutero. Siamo sempre convinti oggi che tutti gli esseri umani nascono liberi e tali rimangono, ma se ci guardiamo intorno vediamo persone schiave di ogni sorta di schiavitù!
Ai tempi dell’apostolo Paolo si poteva nascere schiavi o diventarlo, insomma, la schiavitù era legalizzata. La libertà di cui parla Paolo nella sua lettera alle comunità cristiane della Galazia, non è evidentemente una libertà naturale, possesso inalienabile; è una libertà donata a chi per natura non la possedeva, appunto una libertà di schiavi liberati. Paragonando la condizione dei cristiani della Galazia a quella di schiavi per i quali è stato pagato il riscatto, come difatti succedeva a quei tempi, Paolo invita i suoi fratelli e sorelle nella fede a perseverare nella libertà ricevuta con la fede in Cristo. Il Cristo, prosegue l’apostolo, ci ha liberati dal peccato e dalla morte suo salario (Rm 6,23). Cristo ci ha liberati prendendo su di sé la maledizione della legge, inchiodandola sulla croce per sé e per noi che, partecipando alla sua morte nel battesimo siamo sottratti all’intero sistema della legge-peccato – maledizione - morte. L’ appello accorato di Paolo è rivolto alle persone che hanno ricevuto il vangelo di Cristo e ne hanno sperimentato la forza liberatrice, ma si sono sviati in buona coscienza dalla strada indicata dall’apostolo e con ciò si sono messi di nuovo sotto il giogo delle pratiche legali.
Il punto di partenza è una chiamata a libertà. Un punto comune a tutta la tradizione biblica del Nuovo Testamento sulla libertà è che essa è legata alla filiazione in Cristo. Avete ricevuto lo Spirito di adozione, scrive Paolo, in virtù del quale ci rivolgiamo a Dio come al nostro Padre. Questa adozione a figli e figlie di Dio resa possibile dalla liberazione avvenuta nell'opera di Cristo è il fondamento della libertà cristiana. Per l’apostolo non c’è libertà che non sia legata a una certezza e a una speranza: Gesù Cristo ha cambiato le regole del gioco di questo mondo per cui non ci sono più distinzioni sociali, religiosi e sessuali. Per questo i credenti non sono più condannati a divorarsi a vicenda, ma sono invitati a mettersi al servizio gli uni degli altri nella libertà dell’amore.
La libertà cristiana è una vocazione : <>. Siamo chiamati a ricevere, a vivere la libertà che ci è donata, una libertà-dono che solo Cristo può dare. L’opera di Cristo culminante nella morte sulla croce è un’opera di liberazione: <>. Per Paolo la vocazione cristiana si riassume in questo <> a una libertà che riceviamo come dono nella fede. La libertà cristiana è la stessa vita di fede nella sua essenza più profonda o natura. In altri termini, è nella vita di fede vissuta ogni giorno che ciascuno, ciascuna, sperimenta la libertà dell’essere figlio e figlia di Dio. Questo avviene attraverso scelte responsabili dettate dalla forza dell’amore. La vita cristiana è l'opposto del moralismo. Non siamo chiamati a osservare una legge impostaci dall'esterno, ma alla legge di Cristo che è legge della grazia, scritta nel nostro cuore per ispirarvi spontaneità e fervore. Il credente agisce in modo libero e responsabile perché lo sente dentro e non semplicemente per salvare le apparenze.
Per perseverare nella libertà bisogna vivere l’agape. Invitando i credenti a perseverare nella libertà offerta da Cristo, Paolo afferma che in Cristo Gesù<< quello che vale è la fede che opera per mezzo dell’amore>> (Galati 5,6). L’agape è il fondamento per una libertà autentica. Vi è la vera libertà solo nell’amore di Dio. I Galati si erano sviati dalla via indicata da Paolo che era la via dell’agape per dedicarsi all’osservanza delle prescrizioni di una legge disconnessa, sganciata dalla sua fonte che è appunto l’amore per Dio e per l’essere umano. Una legge che divide là dove Cristo ha unito tutti i credenti nell’unica famiglia di Dio.
Per perseverare nella libertà che ci è donata in Cristo, dobbiamo combattere l’egoismo oggi dilagante. Intendere la libertà semplicemente come possibilità di fare ciò che si vuole, dimenticando che ogni libertà ha i suoi limiti, apre facilmente la strada all’egoismo e all’individualismo che sono i mali di cui soffre la nostra società. L’individualismo oltre a togliere all’essere umano la sua peculiarità di <>, cioè un essere chiamato alla socievolezza e alla solidarietà, fa dimenticare che non si è liberi, se non si è responsabili nelle proprie scelte; non si è liberi, quando si confonde il buono, il vero, il giusto con ciò che mi piace, mi pare, mi rende (non solo in termini di denaro …).
Tutta la vicenda di Gesù, vista in tutto il suo svolgimento, dagli inizi sino al culmine della Passione, morte e risurrezione, si è rivelata una scelta di libertà da ogni priorità egoistica.
L’apostolo Pietro mette in guardia i cristiani contro il reale rischio di servirsi della libertà come di un velo per coprire la malizia (1Pietro 2,16). Paolo ci invita a vivere il grande paradosso della libertà in Cristo: essere liberi significa essere nell'amore di Cristo, schiavi, cioè servi gli uni degli altri. Mettersi al servizio gli uni degli altri è rendere possibile un altro modo di vivere, un altro tipo di società, più giusta e più fraterna. Qui sta la forza trasformatrice del messaggio evangelico come messaggio di liberazione. L'Evangelo non è una dottrina o un insegnamento ma una forza vitale che cambia l'essere umano rendendolo responsabile nei confronti degli altri. Una forza che ci mette a contatto con la persona viva di Gesù Cristo, il Liberatore. Secondo l'evangelista Giovanni, la verità che rende liberi è Gesù stesso, è l'incontro con Gesù, il totalmente degno di fiducia che donna la vera libertà. Non nasciamo liberi ma lo diventiamo grazie a un incontro personale con Cristo, incontro che le Scritture identificano con la chiamata che Dio ci rivolge.

Il 17 febbraio è per noi un giorno di festa della libertà, in ricordo della concessione dei diritti civili e politici alla minoranza protestante valdese da parte del re Carlo Alberto di Savoia. Celebrare questa festa della libertà è rendere testimonianza della nostra liberazione in Cristo. E’ riconoscere che i cristiani valdesi, sono stati chiamati a libertà, sono stati liberati non da un sovrano umano ma dal Signore della loro fede. Il popolo valdese era libero spiritualmente e interiormente, ancor prima dell’avvenimento del 17 febbraio 1848 e della conseguente libertà di Culto.
La tentazione dei Galati è la stessa a cui siamo anche noi esposti. Anche noi siamo tentati di abbandonare la corsa o rischiamo di fare una cattiva corsa legando le nostre azioni ad una realizzazione ipotetica della legge, invece di accogliere la grazia liberante di Dio e lasciarci trasformare da essa. Da protestanti mettiamo sempre la fede davanti a qualsiasi opera del credente, ma il rischio sempre presente è che le nostre tradizioni e organizzazioni ecclesiastiche diventino in un certo senso delle leggi che ci offrono una falsa sicurezza di fronte a Dio; non siamo salvati perché manteniamo la chiesa con le nostre risorse o perché vi apparteniamo da generazioni, no! Ai Galati, Paolo ricorda che, una vita giusta, giustificata, una vita approvata da Dio non può essere meritata mediante le pratiche della Legge, solo la fede nella liberazione del Cristo vissuta nell’amore è decisiva. La fragile libertà che ci è donata in Cristo reclama la fermezza della fede per non ricadere nella ricerca della giustizia con i propri sforzi e mezzi.

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