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LE 95 TESI:
UN’INTRODUZIONE AL CONTESTO STORICO
Possediamo un’inveterata, cattiva abitudine: quella di
isolare fatti storici rilevanti dal contesto che li ha ospitati, provocati e
permessi. È questo il caso dell’affissione delle 95 tesi del monaco agostiniano
Martin Luther sul portone della cattedrale di Wittemberg: se ignoriamo i
presupposti di questo gesto e le conseguenze a cui esso condusse, non possiamo
comprenderne realmente la portata. È per questo motivo che, nel corso
dell’incontro di quest’oggi, cercheremo di tratteggiare a grandi linee il
quadro storico, politico ed ecclesiale entro cui tale evento si colloca.
Nato il 10 novembre del 1483 ad Eisleben, in Sassonia, da una
famiglia contadina, Lutero studiò dapprima diritto presso l’università di
Erfurt: fu lì dove egli incontrò per la prima volta i monaci dell’ordine
agostiniano, ai quali si unì a soli 22 anni, prendendo dimora presso il
convento della città ed approfondendo, in particolare, lo studio
dell’epistolario paolino. A partire dal 1508 cominciò ad insegnare presso la
neonata università di teologia di Wittemberg, dove fu al contempo parroco della
chiesa locale: fu proprio qui dove, nove anni più tardi, affisse le celeberrime
95 tesi.
Ora: qual era la situazione politica, sociale, culturale e
religiosa dell’epoca? Ne stiliamo qui di seguito un breve quadro riassuntivo,
dividendo per praticità piani che sono in realtà reciprocamente intersecati, ma
che ragioni di chiarezza espositiva ci costringono a separare.
1. Il quadro politico
Sotto il profilo politico, la situazione era estremamente
complessa: la Germania si trovava difatti frammentata in una molteplicità di
Stati, formalmente legati all’istituzione del Sacro Romano Impero, ma in verità
in lotta continua e serrata con essa. Imperatore, all’epoca dell’affissione
delle tesi, era Massimiliano d’Asburgo, che, morto nel 1519, lascia vuoto un
trono che scatena lotte di potere tra la Francia di Francesco I e la Spagna di
Carlo V, nipote di Massimiliano. Alla fine, i principi elettori tedeschi si
inclinarono per quest’ultimo, che divenne in tal modo signore di un territorio
vastissimo che, oltre alle recentemente acquisite colonie centro e sud
americane, si estendeva dalla Spagna (di cui ha ereditato il trono, appena
sedicenne, nel 1516), alle Fiandre (di cui è principe ereditario) sino alla
attuale Germania. I suoi possedimenti, dunque, cingono letteralmente d’assedio
la Francia, che scatenerà contro Carlo V una guerra tanto lunga quanto
infruttuosa, cercando altresì di estendere la propria influenza sull’Italia,
anch’essa frammentata in una serie di Stati regionali, quasi tutti vassalli
della potenza di turno.
Carlo V ottenne una schiacciante vittoria in campo militare
nella battaglia di Pavia (1525), in cui fece persino prigioniero lo stesso
Francesco I, il quale fu costretto a sottoscrivere le dure condizioni di pace
del Trattato di Madrid (1526), attraverso cui il sovrano asburgico ottenne il
definitivo controllo del Ducato di Milano e del Regno di Napoli, assicurandosi
in tal modo un’influenza schiacciante sul frammentato territorio italiano. 2
Conferendo altresì un valore
simbolico determinante al gesto sancito dalla tradizione, nel 1530 Carlo V si
fece incoronare Imperatore del Sacro Romano Impero da papa Clemente VII, alleatosi
contro di lui con Francesco I di Francia, nel duomo di Bologna. Anche il
papato, difatti, rappresentava all’epoca uno degli attori principali della
scena politica, specie a motivo della profonda influenza che esso esercitava
sulle popolazioni rurali (produttrici dell’unica economia reale e non
monetaria, quella agricola), nonché della sua rilevanza in ambito
internazionale, datagli dai possedimenti e proprietà terriere che l’istituzione
pontificia poteva vantare in tutto l’occidente europeo, con annessi tributi.
Sarà proprio il desiderio congiunto di diversi territori ed aspiranti Stati
nazionali (come, ad esempio, i Paesi scandinavi) di affrancarsi dal giogo
pontificio a costituire uno dei motivi del progressivo affermarsi della Riforma
nel nord Europa.
Oltre al conflitto estenuante con la Francia ed alla ricerca
costante del placet pontificio che lo decretasse difensore del
cristianesimo, Carlo V dovette al contempo fronteggiare la minaccia ottomana
sul fronte orientale del suo impero: il sultano Solimano il Magnifico, salito
al trono nel 1520, era difatti giunto sino alle porte della città di Vienna,
assediandola nel 1529.
Guerra con la Francia e minaccia ottomana sul fronte
orientale impedirono a Carlo V di occuparsi debitamente dell’emergere, in seno
ai territori tedeschi, della Riforma: tale dispersione consentì pertanto al
neonato movimento di rinnovamento ecclesiale e dogmatico di propagarsi,
complice la volontà dei Principi Elettori tedeschi di sottrarsi
progressivamente all’egemonia imperiale.
L’Europa all’indomani della battaglia di Mühlberg (1547). In
scuro i domini asburgi 3
2. La chiesa
Anche la chiesa si trovava in una tappa di profondi
rivolgimenti: a partire dai concilî di Costanza (1415-1418) e di
Basilea-Ferrara-Firenze (1441-1445), era andata consolidandosi in seno al
cristianesimo occidentale una tendenza detta conciliarista, che,
rifacendosi a concezioni già proposte da Marsilio da Padova e Guglielmo da
Ockham (alla cui teologia, significativamente, lo stesso Lutero attinse) proponeva
la subordinazione del potere papale a quello conciliare, inteso quale ultima
istanza decisionale della vita ecclesiale. L’affermarsi di questo orientamento,
unitamente al propagarsi dell’umanesimo e del suo ritorno alle fonti, diede
vita ad un fervente movimento di rinnovamento, che aveva il proprio perno
nell’approccio filologico ai testi bilici, svolto in maniera analoga rispetto a
quanto, sino ad ora, era stato fatto solamente con i classici greci e latini.
Nel 1516 (dunque un anno prima dell’affissione delle 95 tesi) Erasmo da
Rotterdam pubblica la sua edizione critica del Nuovo Testamento, con testo
originale greco ed apparato critico con note di commento in latino. Il fine
umanista olandese propose la via di una riforma moderata e pacifica della
chiesa ed ebbe in questo uno stuolo significativo di compagni e seguaci, specie
nel (ristretto) ambito delle élites intellettuali europee: sorsero
circoli di cristiani umanisti in tutta Europa, tra i quali spiccarono quello
che si riunì a Napoli attorno all’ebreo spagnolo Juan de Valdés, quello che si
raccolse intorno al teologo fiorentino Pier Martire Vermigli, o quelli sorti
intorno a nobildonne quali Giulia Gonzaga a Mantova e Vittoria Colonna a Roma.
La corrente umanistica influenzò profondamente anche l’ambiente accademico di
Wittemberg, dove Lutero ebbe quali colleghi illustri esponenti di questo nuovo
movimento culturale, specie nell’ambito delle lingue antiche e della correlata
esegesi biblica. Si trattò di un aspetto fondamentale per l’affermarsi della
Riforma, sebbene, va rimarcato, l’autorità concessa da Lutero alla Scrittura
abbia perseguito, nelle intenzioni del riformatore, lo scopo di metterla al
riparo da quella soggettività interpretativa nella cui direzione si svilupperà
l’esegesi biblica moderna, la quale porrà al centro quella libera coscienza che
il monaco agostiniano riterrà sempre asservita al testo biblico inteso come
parola divina e per ciò stesso indiscutibile. Si tratta di un aspetto
attualissimo, poiché ancora oggi è qui che risiedono la differenza e la
divergenza (probabilmente non ricomponibile) tra l’approccio critico e quello
di stampo fondamentalista al testo biblico: in ultima istanza, difatti, va
compreso da un lato in che senso ci si riferisce alle scritture ebraico-cristiane
come “parola rivelata” e, dall’altro, quale ruolo spetti alla coscienza del
singolo ed alla sua libertà interpretativa.
Passando ora ad occuparci più da vicino del papato romano
inteso come istituzione, va premesso che si trattava in tutto e per tutto di un
attore di primo piano sulla scena politica, ragion per cui il ruolo del
pontefice era in prima istanza un ruolo di natura politico-economica, assai più
che ecclesiastica. La cattedra petrina, in questo periodo, fu occupata da
membri delle più rinomate famiglie dell’aristocrazia italica, come i
Piccolomini, i Della Rovere e, naturalmente, i De Medici. Specie i pontificati
medicei (ovverosia quello di Leone X, responsabile della scomunica di Lutero, e
quello di Clemente VII) furono caratterizzati da una notevole apertura della
sede romana agli influssi rinascimentali, che determinarono la costruzione
della basilica in Vaticano e la presenza nella città eterna di artisti del
calibro di Raffaello e di Michelangelo. 4
Ciò, insieme ad un’apertura
culturale ed artistica d’eccezione, comportò anche spese faraoniche, per
coprire le quali i pontefici, oltre a ricorrere a prestiti contratti con i
neonati istituti di credito bancario (in mano a famiglie come i Fugger di
Augusta o gli Strozzi di Firenze, solamente per citare due tra le famiglie più
note ed influenti), mettevano mano alle ingenti risorse provenienti dalla
vendita delle indulgenze, una sorta di abbreviazione delle pene post mortem,
acquistabile in moneta sonante. Fu questo abuso, non l’istituzione dell’indulgenza
come tale, ciò che scatenò la protesta che condusse Lutero ad affiggere le
celeberrime 95 tesi sul portone della sua chiesa di Wittemberg.
3. Lutero: o la Riforma imprevista
Quando il giovane professore e parroco agostiniano affisse al
portone della sua chiesa le tesi che denunciavano l’abuso dell’istituzione
penitenziale delle indulgenze, peraltro già fatta oggetto di denuncia dai
riformati moderati come lo stesso Erasmo, egli non sospettò nemmeno
lontanamente l’effetto dirompente che tale gesto avrebbe avuto nella (allora
assai convulsa ed intricata, come abbiamo avuto modo di accennare) storia
europea. Quella da lui inaugurata era, inizialmente, una abituale “disputa
universitaria”, dove il banditore delle tesi invitava altri esponenti del mondo
accademico a discuterne insieme con lui. La recente diffusione della stampa,
però, contribuì a produrre ripercussioni insperate, anche grazie
all’interessamento che la pubblicazione delle tesi generò nell’ambiente dei
riformatori moderati, che aiutarono non poco a propagarle. Ciò portò Lutero a
redigere e a dare alle stampe, appena un anno dopo, un’edizione commentata
delle 95 tesi, denominata Resolutiones. Questo ebbe come conseguenza la
convocazione, nel 1519, di una disputa pubblica nella città di Lipsia, dove
Lutero si trovò a fronteggiare il teologo Eck, che difendeva le posizioni
dell’ortodossia cattolica fedele al papato ed alla prassi delle indulgenze. Una
volta ancora emersero le tesi conciliariste, in opposizione all’assolutismo
papale: ad ogni modo, nessuno dei due contendenti uscì vincitore ed il
conflitto si protrasse negli anni a venire.
Il 15 giugno del 1520 il papa mediceo Leone X scomunica il
giovane professore e monaco agostiniano attraverso la bolla Exsurge Domine,
nella quale viene condannata come eretica la dottrina della giustificazione
sostenuta da Lutero sulla scorta dell’interpretazione dei corrispondenti
scritti paolini (in particolare, l’epistola ai Galati e quella ai Romani);
Lutero reagirà bruciando pubblicamente la bolla, scatenando l’ira pontificia ed
entrando in una situazione di conflitto aperto e frontale. In seguito alla
pubblicazione dei suoi primi scritti programmatici giovanili (La cattività
babilonese della chiesa, Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca e La
libertà del cristiano, dedicata, quest’ultima, proprio a Leone X) il
pontefice risponderà con un’ulteriore bolla, la Decet romanum pontificem,
mediante cui la rottura tra la chiesa di Roma ed il monaco agostiniano è
definitivamente sancita e ritenuta ormai insanabile. 5
Allo scopo di comporre un conflitto
che poteva arrivare a minare seriamente l’unità confessionale dell’Impero,
Carlo V convocò nel 1521 una Dieta a Worms (ovverosia una assise dei Principi
tedeschi presieduta dall’imperatore, la quale aveva funzioni precipuamente
legislative), che si concluse con la promulgazione di un editto (l’Editto di
Worms, per l’appunto) mediante cui Lutero era bandito dall’Impero.
Un intervento provvidenziale del Principe Elettore di
Sassonia, Federico il Saggio, che simulò un rapimento, mise in salvo Lutero,
che venne ospitato nel castello della Wartburg. I progetti di indipendenza dei
principati tedeschi dal potere imperiale cominciano in tal modo a profilarsi,
utilizzando la Riforma iniziata da Lutero come espediente e propulsore.
4. Ripercussioni sociali
Nel rifugio sassone Lutero attese alla traduzione del Nuovo
Testamento: a differenza di Erasmo, però, egli decise di redigerne una versione
in lingua tedesca, dando così inizio a quel processo di alfabetizzazione
popolare che ebbe in Lutero e nella sua infaticabile opera di traduttore uno
dei suoi principali fautori.
Ciononostante, come dovrebbe risultare chiaro dallo stesso titolo
di uno dei già citati scritti giovanili, mano a mano che procedeva la Riforma
iniziata in maniera quasi inconsapevole da Lutero si svolse con l’avallo ed il
sostegno (anche militare) della “nobiltà tedesca”, alla quale del resto il
monaco doveva la vita. La radice teologica di questo atteggiamento è
riscontrabile, una volta ancora, nell’epistolario paolino e deutero-paolino,
dal quale i richiami all’obbedienza dovuta all’autorità civile, sebbene svolti
in tutt’altro contesto, vengono ripresi e ribaditi (si veda in particolare, a
questo riguardo, il passo contenuto in Romani 13:1). La verità è che la riforma
instaurata da Lutero fu, se ci si passa il termine, più “paolina” che
“gesuana”: i capisaldi teologici posti da Lutero a fondamento della sua riflessione
sono tutti riconducibili alla (frammentaria) teologia dell’apostolo e non alla
predicazione (di certo assai meno “sistematizzabile”) del maestro itinerante di
Galilea.
I nodi, come è risaputo, non tardano a venire al pettine: nel
1524, al termine del suo periodo di “reclusione preventiva”, Lutero si affaccia
su un mondo che non riconosce più: alcuni riformatori più radicali, come il suo
amico e collega Carlostadio, hanno preso provvedimenti estremamente drastici,
provocando la comprensibile preoccupazione dell’aristocrazia feudale tedesca;
contemporaneamente, guidati dal giovane prete Thomas Müntzer, i contadini della
Foresta Nera si sollevano e, il 7 maggio del 1525, vengono massacrati da truppe
mercenarie al soldo dei principi.
Lutero non nascose mai il suo appoggio esplicito a questo
sterminio, poiché temeva le conseguenze a cui poteva portare una Riforma in
seno alla quale avesse prevalso l’ala radicale, che egli, in maniera
dispregiativa, definiva degli “entusiasti” o “fanatici”. In realtà la cosiddetta
Riforma radicale contemplò al proprio interno diversi orientamenti,
alcuni dei quali (sorti in particolare in Olanda) improntati ad un misurato
razionalismo e ad un pacifismo ad oltranza e tutt’altro che espressioni di un
fanatismo brutale ed incolto. 6
Una prima conclusione provvisoria
di un processo storico che culminerà nei bagni di sangue delle guerre
confessionali è rappresentata dalla Dieta di Spira del 1526, in cui il reggente
del Sacro Romano Impero Ferdinando I, fratello dell’imperatore, consentirà
diritto di cittadinanza e di espressione all’emergente professione di fede
luterana entro i confini imperiali. Lutero ottiene così un primo, fondamentale
riconoscimento delle sue tesi da parte di quell’autorità civile che egli non
mise mai in questione.
Appendice: breve prospetto cronologico Suggerimenti Bibliografici
SPINI, G. Storia dell’età
moderna – Vol. I (1515-1598), Einaudi, Torino, 1965
LUTHER BLISSETT, Q, Einaudi,
Torino, 1999
BAINTON, R. Lutero,
Einaudi, Torino, 2005
SHILLING, H. Lutero. Ribelle in
un’epoca di cambiamenti, Claudiana, Torino, 2016
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