Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

05/04/2017

Testo relativo all'incontro di venerdì 31 marzo sulle 95 tesi di Lutero




 1

 LE 95 TESI: UN’INTRODUZIONE AL CONTESTO STORICO
Possediamo un’inveterata, cattiva abitudine: quella di isolare fatti storici rilevanti dal contesto che li ha ospitati, provocati e permessi. È questo il caso dell’affissione delle 95 tesi del monaco agostiniano Martin Luther sul portone della cattedrale di Wittemberg: se ignoriamo i presupposti di questo gesto e le conseguenze a cui esso condusse, non possiamo comprenderne realmente la portata. È per questo motivo che, nel corso dell’incontro di quest’oggi, cercheremo di tratteggiare a grandi linee il quadro storico, politico ed ecclesiale entro cui tale evento si colloca.
Nato il 10 novembre del 1483 ad Eisleben, in Sassonia, da una famiglia contadina, Lutero studiò dapprima diritto presso l’università di Erfurt: fu lì dove egli incontrò per la prima volta i monaci dell’ordine agostiniano, ai quali si unì a soli 22 anni, prendendo dimora presso il convento della città ed approfondendo, in particolare, lo studio dell’epistolario paolino. A partire dal 1508 cominciò ad insegnare presso la neonata università di teologia di Wittemberg, dove fu al contempo parroco della chiesa locale: fu proprio qui dove, nove anni più tardi, affisse le celeberrime 95 tesi.
Ora: qual era la situazione politica, sociale, culturale e religiosa dell’epoca? Ne stiliamo qui di seguito un breve quadro riassuntivo, dividendo per praticità piani che sono in realtà reciprocamente intersecati, ma che ragioni di chiarezza espositiva ci costringono a separare.
1. Il quadro politico

Sotto il profilo politico, la situazione era estremamente complessa: la Germania si trovava difatti frammentata in una molteplicità di Stati, formalmente legati all’istituzione del Sacro Romano Impero, ma in verità in lotta continua e serrata con essa. Imperatore, all’epoca dell’affissione delle tesi, era Massimiliano d’Asburgo, che, morto nel 1519, lascia vuoto un trono che scatena lotte di potere tra la Francia di Francesco I e la Spagna di Carlo V, nipote di Massimiliano. Alla fine, i principi elettori tedeschi si inclinarono per quest’ultimo, che divenne in tal modo signore di un territorio vastissimo che, oltre alle recentemente acquisite colonie centro e sud americane, si estendeva dalla Spagna (di cui ha ereditato il trono, appena sedicenne, nel 1516), alle Fiandre (di cui è principe ereditario) sino alla attuale Germania. I suoi possedimenti, dunque, cingono letteralmente d’assedio la Francia, che scatenerà contro Carlo V una guerra tanto lunga quanto infruttuosa, cercando altresì di estendere la propria influenza sull’Italia, anch’essa frammentata in una serie di Stati regionali, quasi tutti vassalli della potenza di turno.
Carlo V ottenne una schiacciante vittoria in campo militare nella battaglia di Pavia (1525), in cui fece persino prigioniero lo stesso Francesco I, il quale fu costretto a sottoscrivere le dure condizioni di pace del Trattato di Madrid (1526), attraverso cui il sovrano asburgico ottenne il definitivo controllo del Ducato di Milano e del Regno di Napoli, assicurandosi in tal modo un’influenza schiacciante sul frammentato territorio italiano. 2

Conferendo altresì un valore simbolico determinante al gesto sancito dalla tradizione, nel 1530 Carlo V si fece incoronare Imperatore del Sacro Romano Impero da papa Clemente VII, alleatosi contro di lui con Francesco I di Francia, nel duomo di Bologna. Anche il papato, difatti, rappresentava all’epoca uno degli attori principali della scena politica, specie a motivo della profonda influenza che esso esercitava sulle popolazioni rurali (produttrici dell’unica economia reale e non monetaria, quella agricola), nonché della sua rilevanza in ambito internazionale, datagli dai possedimenti e proprietà terriere che l’istituzione pontificia poteva vantare in tutto l’occidente europeo, con annessi tributi. Sarà proprio il desiderio congiunto di diversi territori ed aspiranti Stati nazionali (come, ad esempio, i Paesi scandinavi) di affrancarsi dal giogo pontificio a costituire uno dei motivi del progressivo affermarsi della Riforma nel nord Europa.
Oltre al conflitto estenuante con la Francia ed alla ricerca costante del placet pontificio che lo decretasse difensore del cristianesimo, Carlo V dovette al contempo fronteggiare la minaccia ottomana sul fronte orientale del suo impero: il sultano Solimano il Magnifico, salito al trono nel 1520, era difatti giunto sino alle porte della città di Vienna, assediandola nel 1529.
Guerra con la Francia e minaccia ottomana sul fronte orientale impedirono a Carlo V di occuparsi debitamente dell’emergere, in seno ai territori tedeschi, della Riforma: tale dispersione consentì pertanto al neonato movimento di rinnovamento ecclesiale e dogmatico di propagarsi, complice la volontà dei Principi Elettori tedeschi di sottrarsi progressivamente all’egemonia imperiale.

L’Europa all’indomani della battaglia di Mühlberg (1547). In scuro i domini asburgi 3


2. La chiesa

Anche la chiesa si trovava in una tappa di profondi rivolgimenti: a partire dai concilî di Costanza (1415-1418) e di Basilea-Ferrara-Firenze (1441-1445), era andata consolidandosi in seno al cristianesimo occidentale una tendenza detta conciliarista, che, rifacendosi a concezioni già proposte da Marsilio da Padova e Guglielmo da Ockham (alla cui teologia, significativamente, lo stesso Lutero attinse) proponeva la subordinazione del potere papale a quello conciliare, inteso quale ultima istanza decisionale della vita ecclesiale. L’affermarsi di questo orientamento, unitamente al propagarsi dell’umanesimo e del suo ritorno alle fonti, diede vita ad un fervente movimento di rinnovamento, che aveva il proprio perno nell’approccio filologico ai testi bilici, svolto in maniera analoga rispetto a quanto, sino ad ora, era stato fatto solamente con i classici greci e latini. Nel 1516 (dunque un anno prima dell’affissione delle 95 tesi) Erasmo da Rotterdam pubblica la sua edizione critica del Nuovo Testamento, con testo originale greco ed apparato critico con note di commento in latino. Il fine umanista olandese propose la via di una riforma moderata e pacifica della chiesa ed ebbe in questo uno stuolo significativo di compagni e seguaci, specie nel (ristretto) ambito delle élites intellettuali europee: sorsero circoli di cristiani umanisti in tutta Europa, tra i quali spiccarono quello che si riunì a Napoli attorno all’ebreo spagnolo Juan de Valdés, quello che si raccolse intorno al teologo fiorentino Pier Martire Vermigli, o quelli sorti intorno a nobildonne quali Giulia Gonzaga a Mantova e Vittoria Colonna a Roma. La corrente umanistica influenzò profondamente anche l’ambiente accademico di Wittemberg, dove Lutero ebbe quali colleghi illustri esponenti di questo nuovo movimento culturale, specie nell’ambito delle lingue antiche e della correlata esegesi biblica. Si trattò di un aspetto fondamentale per l’affermarsi della Riforma, sebbene, va rimarcato, l’autorità concessa da Lutero alla Scrittura abbia perseguito, nelle intenzioni del riformatore, lo scopo di metterla al riparo da quella soggettività interpretativa nella cui direzione si svilupperà l’esegesi biblica moderna, la quale porrà al centro quella libera coscienza che il monaco agostiniano riterrà sempre asservita al testo biblico inteso come parola divina e per ciò stesso indiscutibile. Si tratta di un aspetto attualissimo, poiché ancora oggi è qui che risiedono la differenza e la divergenza (probabilmente non ricomponibile) tra l’approccio critico e quello di stampo fondamentalista al testo biblico: in ultima istanza, difatti, va compreso da un lato in che senso ci si riferisce alle scritture ebraico-cristiane come “parola rivelata” e, dall’altro, quale ruolo spetti alla coscienza del singolo ed alla sua libertà interpretativa.
Passando ora ad occuparci più da vicino del papato romano inteso come istituzione, va premesso che si trattava in tutto e per tutto di un attore di primo piano sulla scena politica, ragion per cui il ruolo del pontefice era in prima istanza un ruolo di natura politico-economica, assai più che ecclesiastica. La cattedra petrina, in questo periodo, fu occupata da membri delle più rinomate famiglie dell’aristocrazia italica, come i Piccolomini, i Della Rovere e, naturalmente, i De Medici. Specie i pontificati medicei (ovverosia quello di Leone X, responsabile della scomunica di Lutero, e quello di Clemente VII) furono caratterizzati da una notevole apertura della sede romana agli influssi rinascimentali, che determinarono la costruzione della basilica in Vaticano e la presenza nella città eterna di artisti del calibro di Raffaello e di Michelangelo. 4

Ciò, insieme ad un’apertura culturale ed artistica d’eccezione, comportò anche spese faraoniche, per coprire le quali i pontefici, oltre a ricorrere a prestiti contratti con i neonati istituti di credito bancario (in mano a famiglie come i Fugger di Augusta o gli Strozzi di Firenze, solamente per citare due tra le famiglie più note ed influenti), mettevano mano alle ingenti risorse provenienti dalla vendita delle indulgenze, una sorta di abbreviazione delle pene post mortem, acquistabile in moneta sonante. Fu questo abuso, non l’istituzione dell’indulgenza come tale, ciò che scatenò la protesta che condusse Lutero ad affiggere le celeberrime 95 tesi sul portone della sua chiesa di Wittemberg.
3. Lutero: o la Riforma imprevista

Quando il giovane professore e parroco agostiniano affisse al portone della sua chiesa le tesi che denunciavano l’abuso dell’istituzione penitenziale delle indulgenze, peraltro già fatta oggetto di denuncia dai riformati moderati come lo stesso Erasmo, egli non sospettò nemmeno lontanamente l’effetto dirompente che tale gesto avrebbe avuto nella (allora assai convulsa ed intricata, come abbiamo avuto modo di accennare) storia europea. Quella da lui inaugurata era, inizialmente, una abituale “disputa universitaria”, dove il banditore delle tesi invitava altri esponenti del mondo accademico a discuterne insieme con lui. La recente diffusione della stampa, però, contribuì a produrre ripercussioni insperate, anche grazie all’interessamento che la pubblicazione delle tesi generò nell’ambiente dei riformatori moderati, che aiutarono non poco a propagarle. Ciò portò Lutero a redigere e a dare alle stampe, appena un anno dopo, un’edizione commentata delle 95 tesi, denominata Resolutiones. Questo ebbe come conseguenza la convocazione, nel 1519, di una disputa pubblica nella città di Lipsia, dove Lutero si trovò a fronteggiare il teologo Eck, che difendeva le posizioni dell’ortodossia cattolica fedele al papato ed alla prassi delle indulgenze. Una volta ancora emersero le tesi conciliariste, in opposizione all’assolutismo papale: ad ogni modo, nessuno dei due contendenti uscì vincitore ed il conflitto si protrasse negli anni a venire.
Il 15 giugno del 1520 il papa mediceo Leone X scomunica il giovane professore e monaco agostiniano attraverso la bolla Exsurge Domine, nella quale viene condannata come eretica la dottrina della giustificazione sostenuta da Lutero sulla scorta dell’interpretazione dei corrispondenti scritti paolini (in particolare, l’epistola ai Galati e quella ai Romani); Lutero reagirà bruciando pubblicamente la bolla, scatenando l’ira pontificia ed entrando in una situazione di conflitto aperto e frontale. In seguito alla pubblicazione dei suoi primi scritti programmatici giovanili (La cattività babilonese della chiesa, Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca e La libertà del cristiano, dedicata, quest’ultima, proprio a Leone X) il pontefice risponderà con un’ulteriore bolla, la Decet romanum pontificem, mediante cui la rottura tra la chiesa di Roma ed il monaco agostiniano è definitivamente sancita e ritenuta ormai insanabile. 5

Allo scopo di comporre un conflitto che poteva arrivare a minare seriamente l’unità confessionale dell’Impero, Carlo V convocò nel 1521 una Dieta a Worms (ovverosia una assise dei Principi tedeschi presieduta dall’imperatore, la quale aveva funzioni precipuamente legislative), che si concluse con la promulgazione di un editto (l’Editto di Worms, per l’appunto) mediante cui Lutero era bandito dall’Impero.
Un intervento provvidenziale del Principe Elettore di Sassonia, Federico il Saggio, che simulò un rapimento, mise in salvo Lutero, che venne ospitato nel castello della Wartburg. I progetti di indipendenza dei principati tedeschi dal potere imperiale cominciano in tal modo a profilarsi, utilizzando la Riforma iniziata da Lutero come espediente e propulsore.
4. Ripercussioni sociali

Nel rifugio sassone Lutero attese alla traduzione del Nuovo Testamento: a differenza di Erasmo, però, egli decise di redigerne una versione in lingua tedesca, dando così inizio a quel processo di alfabetizzazione popolare che ebbe in Lutero e nella sua infaticabile opera di traduttore uno dei suoi principali fautori.
Ciononostante, come dovrebbe risultare chiaro dallo stesso titolo di uno dei già citati scritti giovanili, mano a mano che procedeva la Riforma iniziata in maniera quasi inconsapevole da Lutero si svolse con l’avallo ed il sostegno (anche militare) della “nobiltà tedesca”, alla quale del resto il monaco doveva la vita. La radice teologica di questo atteggiamento è riscontrabile, una volta ancora, nell’epistolario paolino e deutero-paolino, dal quale i richiami all’obbedienza dovuta all’autorità civile, sebbene svolti in tutt’altro contesto, vengono ripresi e ribaditi (si veda in particolare, a questo riguardo, il passo contenuto in Romani 13:1). La verità è che la riforma instaurata da Lutero fu, se ci si passa il termine, più “paolina” che “gesuana”: i capisaldi teologici posti da Lutero a fondamento della sua riflessione sono tutti riconducibili alla (frammentaria) teologia dell’apostolo e non alla predicazione (di certo assai meno “sistematizzabile”) del maestro itinerante di Galilea.
I nodi, come è risaputo, non tardano a venire al pettine: nel 1524, al termine del suo periodo di “reclusione preventiva”, Lutero si affaccia su un mondo che non riconosce più: alcuni riformatori più radicali, come il suo amico e collega Carlostadio, hanno preso provvedimenti estremamente drastici, provocando la comprensibile preoccupazione dell’aristocrazia feudale tedesca; contemporaneamente, guidati dal giovane prete Thomas Müntzer, i contadini della Foresta Nera si sollevano e, il 7 maggio del 1525, vengono massacrati da truppe mercenarie al soldo dei principi.
Lutero non nascose mai il suo appoggio esplicito a questo sterminio, poiché temeva le conseguenze a cui poteva portare una Riforma in seno alla quale avesse prevalso l’ala radicale, che egli, in maniera dispregiativa, definiva degli “entusiasti” o “fanatici”. In realtà la cosiddetta Riforma radicale contemplò al proprio interno diversi orientamenti, alcuni dei quali (sorti in particolare in Olanda) improntati ad un misurato razionalismo e ad un pacifismo ad oltranza e tutt’altro che espressioni di un fanatismo brutale ed incolto. 6

Una prima conclusione provvisoria di un processo storico che culminerà nei bagni di sangue delle guerre confessionali è rappresentata dalla Dieta di Spira del 1526, in cui il reggente del Sacro Romano Impero Ferdinando I, fratello dell’imperatore, consentirà diritto di cittadinanza e di espressione all’emergente professione di fede luterana entro i confini imperiali. Lutero ottiene così un primo, fondamentale riconoscimento delle sue tesi da parte di quell’autorità civile che egli non mise mai in questione.
Appendice: breve prospetto cronologico Suggerimenti Bibliografici

 SPINI, G. Storia dell’età moderna – Vol. I (1515-1598), Einaudi, Torino, 1965
 LUTHER BLISSETT, Q, Einaudi, Torino, 1999
 BAINTON, R. Lutero, Einaudi, Torino, 2005
SHILLING, H. Lutero. Ribelle in un’epoca di cambiamenti, Claudiana, Torino, 2016



Nessun commento: