“E il padre
e la madre di Gesù erano meravigliati per le cose che si dicevano di lui. E
Simeone li benedisse e disse a Maria, la madre di Gesù: «Ecco, questo [tuo
figlio] è posto per la caduta ed il rialzarsi di molti in Israele e come segno
di contraddizione (e una spada, poi, trapasserà la tua stessa anima) di modo
che vengano rivelati pensieri da molti cuori»” (Luca 2,33-35)
Ci troviamo
all’inizio del vangelo secondo Luca, in mezzo a quelle pagine che narrano
dell’infanzia di Gesù. L’episodio inizia facendo riferimento alla meraviglia di
Maria e di Giuseppe, sorpresi dalle parole che hanno ascoltate da Simeone,
attraverso le quali il loro figlioletto appena nato era stato definito «luce
che illumina le genti e gloria del Tuo popolo Israele». Ma chi è Simeone?
Quando lo presenta, Luca lo descrive semplicemente ma significativamente come
«un uomo giusto»: vive in Gerusalemme e, da uomo retto qual è, si tratta della
persona più indicata per riconoscere Gesù come colui nel quale e attraverso il
quale questa giustizia si compie.
L’elemento
più sorprendente e più dirompente però, in questa confessione, è un altro e
consiste nel fatto che chi pronuncia queste parole è un laico, ovverosia,
letteralmente parlando, un «uomo del popolo». Non si tratta, infatti, di un
sacerdote, di un uomo che, per così dire, “per mestiere” si occupa di
amministrare il sacro: Luca, con buona pace di quanti, allora come oggi,
rimangono perplessi e scandalizzati da questa scelta, pone sin dall’inizio la
vicenda umana e divina di Gesù sotto il segno della laicità. Simeone, uomo
retto e laico, viene però incontro a Gesù e ai suoi genitori proprio dentro il
tempio, per annunciare che, in verità, con quel tempio e con il suo sacerdozio
la predicazione e la vita di quel bimbo, un giorno non lontano, entreranno
inevitabilmente in contrasto. Profeta di questa notizia è, come quasi sempre
sono i profeti biblici, un uomo del popolo, che agli occhi di Dio è affidabile
più di qualsiasi uomo religioso per il semplice fatto che si tratta di un uomo
giusto. E persino lo stesso nome che porta non è figlio del caso: Simeone,
infatti, vuol dire, letteralmente, «colui che dà ascolto»; ed è questa stessa
capacità, il suo saper volgere l’orecchio così come il cuore a Dio, ciò che lo
rende, in ultima istanza, un uomo giusto.
Ma le
sorprese legate a quest’uomo semplice ed integro non sono ancora finite, al
contrario, hanno appena avuto inizio. Simeone, infatti, contro ogni
consuetudine propria del suo tempo e della sua cultura, sceglie di rivolgere le
sue parole non al padre del bambino, ma alla madre. Nella religiosità
sacerdotale, ieri come oggi, la donna non è considerata come possibile
interlocutrice: la parola circola da maschio a maschio, perché i maschi
custodiscono e circoscrivono lo spazio inviolabile del sacro. Il Dio delle
istituzioni religiose parla ai soli maschi, i quali poi, sovente, si elevano al
rango di depositari del vero. I vangeli, al contrario, sono storia di una
rivelazione che, in modo assai significativo, si apre e si chiude al
femminile.
Ed è con un
riferimento all’intimità che Simeone si rivolge, con una confidenza commovente
e sorprendente, a Maria. Le dice, infatti: «Una spada, poi, trapasserà la tua
stessa anima». Simeone annuncia a Maria
il suo dolore di madre, la ferita da cui dovrà imparare a germogliare la sua
fede di donna: il suo Gesù infatti, e lei lo sa, appartiene a Dio, e lei dovrà
riscoprirsi madre nel lasciarlo andare, nel rinunciare alla spontaneità del
sentimento che tende a trattenere l’amato. Quel figlio suo e non suo, dono
dell’amore come lo è ogni figlio, ogni figlia, sarà trafitto a morte e
straziato, e con lui il suo cuore di madre. Ma in questo squarcio che verrà a
dilaniarle il petto Dio, per bocca di Simeone, promette di gettare un seme: e
da quel dolore muto e inconsolabile qual è il dolore della madre che veda
morire il figlio, da quel solco che le si scaverà nell’anima e nei sensi, gli
ultimi di questa terra riceveranno speranza e nuova vita.
[NATALE 2019
– Pastore Alessandro Esposito]
Nessun commento:
Posta un commento