Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

01/11/2020

21ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa ventunesima domenica dopo Pentecoste è preso dal Profeta Michea il quale ci dice: “O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?”. (Michea 6:8)


Saluto

Pace a voi da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, che rinnova di giorno in giorno le sue promesse e fa scendere la sua benedizione su ciascuno di noi. Amen.

 

Lode

Signore Dio nostro, ti ringraziamo perché possiamo stare insieme per invocarti e per ascoltare la tua parola di vita.

Vieni ora tu stesso in mezzo noi. Risvegliaci. Dacci la tua luce. Sii tu

il nostro maestro e il nostro consolatore. Parla tu con ciascuno di noi

in modo tale che ognuno oda e riconosca ciò che tu gli vuoi dire.

Concedi a noi, e a coloro che in tutti gli altri luoghi si riuniscono oggi

come tua comunità, conoscenza e speranza, una chiara testimonianza

e un cuore lieto. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore, tu hai trasformato in forza le cose deboli e disprezzate.

Il nostro mondo corre dietro a un attivismo sfrenato, insensibile e brutale, ma tu ci porti alla tua parola, che ci dona le basi per un ordine giusto.

Sì, questa è la nostra forza, Signore: la tua parola è certezza;

questa è la nostra guida: con la tua parola sappiamo dove andare;

questa è la nostra salvezza: la tua parola viene a noi e agisce,

crea tutto nuovo, dona senso alla nostra vita.

Signore, dacci un cuore nuovo, affinché ascoltiamo la tua parola con vero desiderio di ricevere ciò che promette e la volontà di praticare ciò che ordina.

Nel nome di Gesù il Cristo. Amen.

 

Testo biblico

Luca 5 , 12 – 16

Un giorno, in un certo villaggio che Gesù stava visitando c'era un uomo lebbroso da molti anni. Quando il poveretto vide Gesù, si gettò ai suoi piedi, supplicandolo perché lo guarisse. «Signore», disse, «se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!»
Gesù lo toccò, dicendo: «Certo che lo voglio. Sii guarito!» E la lebbra sparì. Allora Gesù gli ordinò di allontanarsi subito, senza dir niente a nessuno e di andare a farsi vedere dal sacerdote giudeo. Poi aggiunse: «Offri il sacrificio richiesto dalla legge di Mosè per i lebbrosi che sono guariti. Ciò proverà a tutti che ora stai bene». A questo punto, la notizia del suo dono si sparse a grande velocità e moltissime persone venivano per sentirlo predicare e per essere guariti dalle malattie. E Gesù si ritirava in luoghi deserti per pregare.

 

Esposizione del brano biblico

 

Sappiamo dai testi biblici, che Gesù…dopo essere stato battezzato da Giovanni, inizia a predicare, a guarire gli ammalati e i posseduti dai demoni, dando così loro un dono, già qui in terra, della gioia e della consolazione che caratterizzano il regno che è venuto a proclamare, e nel brano che abbiamo appena letto, troviamo appunto un uomo che era lebbroso ormai da molti anni, il quale, veduto Gesù, si gettò ai suoi piedi e supplicandolo perché lo guarisse gli disse: «Signore», «se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!».

 

Questo lebbroso…potremmo ben dire che è una persona particolare, sicuramente un uomo preparato e intelligente. Innanzitutto conosce molto bene la propria condizione. Sa che la lebbra che lo affligge non è solo una malattia, ma è qualcosa, anzi molto di più: è una “impurità”. Per questo, come abbiamo ascoltato, non chiede a Gesù che semplicemente lo guarisca. No…con molta precisione gli domanda di “purificarlo”.

   Ma che cosa significa che la lebbra è un’impurità e non solo una malattia?

 Già lo si può intuire dal libro del Levitico che è parte del cosiddetto “Codice di purità”, il quale occupa cinque capitoli di quel libro, ma questo particolare sulla malattia della lebbra lo possiamo trovare cfr. Le 14, 1-32 ove è menzionato come ci si deve comportare quando si ha la lebbra.

Questo Codice nasce dal fatto che per Israele e quindi per la Bibbia nel mondo c’è “l’impurità”. In particolare…è questo è tipico della mentalità ebraica, che tiene molto all’ordine e alla chiara divisione delle cose…che c’è impurità ogni volta che delle cose che dovrebbero restare separate, vengono invece mescolate fra loro; e anche ogni volta che c’è un disordine, un’anomalia nel normale andamento delle cose.

E se diventi impuro per il cibo, o per qualche altro motivo (e ce ne sono tanti), questo non resta senza gravi conseguenze: la persona colpita dall’impurità è tagliata via dalle relazioni con gli altri esseri umani e da ogni pratica religiosa, e il compito del “Codice di purità” era appunto quello di diagnosticare la presenza o meno dell’impurità e stabilire per l’interessato e per tutti gli altri cosa da quel momento è necessario fare: quali misure di restrizione prendere, e se poi lo stato di impurità finisce, a quali rituali far ricorso per attestare appunto quella fine.

Come dicevo…i campi dell’esistenza in cui l’impurità può presentarsi sono molti e diversi, il Codice…per esempio tratta persino dell’impurità delle donne dopo il parto e di quelle legate all’ambito sessuale, dove c’è sempre una mescolanza di sangue e altri elementi. Ma in particolare, per ben due capitoli, tratta della “lebbra”, di questo morbo che, per il modo in cui si manifesta, cambiandoti il colore della pelle e deformandoti arti e lineamenti, è un disfacimento del corpo che inizia quando tu sei ancora vivo, e così mescola la sfera della vita e quella della morte, e questo rende quanto mai impuri gli ammalati di lebbra.

Ma non solo diventava impura la persona nelle quale apparivano i sintomi della lebbra; questo male era così spaventoso che chiunque toccasse un lebbroso, anche senza subirne alcuna conseguenza, si ritrovava impuro e, almeno fino alla sera del giorno del contatto, doveva anche lui restare separato dagli altri.

Proprio per questo, per evitare ogni rischio di contagio, il Codice di purità, stabilisce che “il lebbroso porterà le vesti strappate e il capo scoperto… se ne starà solo… abiterà fuori del campo (o della città o del villaggio) … e (per impedire alle persone di avvicinarsi troppo a lui) griderà: Impuro! Impuro!” (cfr. Levitico 13, 45-46)

  

Ma torniamo al nostro “lebbroso” “particolare, preparato e intelligente”.

Anzitutto è “preparato” perché, come abbiamo visto, conosce bene il male da cui è afflitto: sa che la lebbra è una impurità, anzi l’impurità delle impurità, e chiede allora a Gesù che lo purifichi.

Ma è anche “particolare”, questo lebbroso, perché nel nostro racconto fa qualcosa di particolare: si avvicina a Gesù ben di più di quanto non sarebbe consentito, e nemmeno si cura di prendere le precauzioni che il Codice gli impone: non grida: “Impuro! Impuro!” per farlo allontanare…in questo modo allora, si accolla anche il peccato di chi, impuro, si comporta come se invece non lo fosse, ma nella sua “disinvoltura” nei confronti di quella che è e resta la lettera della Legge divina, quest’uomo è pienamente consapevole di ciò che sta facendo, al punto che formula la sua preghiera a Gesù in un modo veramente speciale: in tutto il Nuovo Testamento, è questo il solo miracolo in cui la richiesta di colui che lo chiede è preceduta da un “Se vuoi”: “Se vuoi, tu puoi purificarmi!”.

Il lebbroso sa bene che, avendo osato trasgredire la Legge ed essendoglisi avvicinato solo a “un tiro di braccio”, fa correre a Gesù il rischio di diventare impuro anche lui. Così…ed è la prova che davvero è una persona “intelligente” e sensibile, gli lascia la libertà di scegliere: se Gesù accoglierà la sua richiesta, sarà perché l’avrà voluto… perché l’avrà deciso…e se diventerà anche lui impuro, non sarà per caso, ma, appunto, per una scelta consapevole.

Davanti a quest’uomo che ha messo in gioco tutto  e ha infranto anche la Legge per affidarsi a lui, Gesù…ci ha detto Luca“…..Stesa la mano, lo toccò, dicendo: «Lo voglio, sii purificato»”. Non so se vi rendete conto della portata di quello che qui accade: se quel lebbroso ha trasgredito il Codice di purità, Gesù fa esattamente la stessa cosa: “ha voluto” toccarlo, e così anche lui ha deliberatamente trasgredito la Legge di Dio. Adesso è impuro anche lui, insomma, noi siamo qui al cospetto di un Gesù disubbidiente, e questo…certamente è strano…è quasi qualche cosa che fa scandalo…e però…anche “disubbidiente, Gesù resta Gesù; la sua parola attua ciò che dice. Ha detto: “Sii purificato” e “subito” la purificazione si produce: “la lebbra sparì da lui”. È strano, quel verbo “sparì”. È come se la lebbra qui sia personificata e dotata di una propria volontà.

 Ma è molto meno strano di quanto non sembri a prima vista. Non è forse vero che quando noi o i nostri cari siamo colpiti da una grave malattia, quella malattia si personifica? Non la sentiamo come qualcosa che in fondo è naturale, che può anche capitare… è un vero e proprio nemico che ci ha aggrediti in maniera vigliacca e con la sua violenza bruta ci strazia ingiustamente.

 È da questa brutalità, da un vero e proprio carceriere e carnefice, che Gesù libera quell’uomo “particolare, preparato e intelligente”…

Ma ora che la lebbra è stata vinta ed “sparita”… adesso che il lebbroso “è stato purificato” e può guardarsi con uno sguardo nuovo, è necessario che anche gli altri lo guardino a loro volta con uno sguardo nuovo, e accettino di reintegrarlo in mezzo a loro.

Ecco perché Gesù comanda al lebbroso: “Ma va’…mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione ciò che Mosè ha prescritto”. Proprio le prescrizioni del Codice di purità che prima il lebbroso e poi lui hanno prima violato, rappresentano adesso per quell’uomo la via sicura per la reintegrazione: deve far constatare a un sacerdote la sparizione dei sintomi che lo rendevano impuro.

A questo punto…credo…noi possiamo comprendere il perché della disubbidienza di Gesù. Possiamo superare, se l’abbiamo mai provato, il nostro scandalo…

La trasgressione di Gesù non era diretta contro la Legge in sé, ma contro ciò che le sue interpretazioni e le conseguenti applicazioni possono avere di alienante e crudele per gli esseri umani. Il fine di questo miracolo, non a caso “di purificazione” è…l’abbiamo appena visto…permettere la reintegrazione del lebbroso nella comunità, quando la stessa legge che Gesù ha trasgredito diventa lo strumento di questa reintegrazione, indicando la procedura necessaria per reintrodurre l’uomo nella normalità, Gesù non ha alcun problema a comandare all’ex lebbroso di fare quello che la Legge prescrive, perché in quel momento la Legge è in funzione della sua rinascita ad una vita piena, serve all’accoglienza di chi fino a un momento prima era un escluso.

Ma c’è ancora qualcos’altro da dire…per ora però…è bene, ed anzi…è urgente, che l’ex lebbroso si allontani da lui e vada a presentarsi al sacerdote, senza far sapere ad anima viva da chi e come e stato purificato: “Gli disse: – Guarda di non dire nulla a nessuno”, e anche questo fatto non è senza conseguenze, adesso tutti sanno che Gesù “l’ha toccato” mentre ancora era impuro, e che perciò è rimasto “contagiato” dalla sua impurità, così, si verifica qualcosa di davvero paradossale: il purificato adesso è puro e può tornare a vivere in mezzo all’altra gente, mentre il suo purificatore ora è lui impuro e così, ci dice Luca: “Ma egli si ritirava nei luoghi deserti e pregava”, si…Gesù non poteva più entrare apertamente in città, ma se ne stata fuori in luoghi deserti”. Deve “starsene fuori” almeno fino a sera, perché è impuro!

La “predicazione” del lebbroso purificato, di quell’uomo che…abbiamo detto…è una persona “particolare, preparata e intelligente”, ha aiutato la gente a capire che con Gesù e grazie a lui, la vecchia distinzione “puro e impuro” adesso è superata. E così…è la conclusione del nostro passo d’oggi dice: “Però la fama di lui si spandeva sempre più; e grandi folle si radunavano per udirlo ed essere guarite dalle loro infermità”, dall’ “impuro” Gesù…

 Noi siamo pronti a prendere dei rischi come quello che il Gesù ha qui preso su di sé? Ricordate la preghiera del lebbroso: Se vuoi, tu puoi purificarmi!”? E ricordate la sua risposta: Lo voglio, sii purificato”? Noi, fratelli e sorelle “vogliamo o no” ascoltare l’appello, spesso silenzioso…eppure ugualmente lacerante, delle persone che si trovano “ai margini” a motivo della loro salute, della loro non-produttività, della loro dipendenza?

Là dove questo “volere” si gioca su due fronti. C’è infatti un fronte esterno: le chiese debbono saper interpellare con una forza profetica il mondo in cui vivono, nel nome di una visione dell’umanità che rifiuti come anti-umani, e perciò anti-cristiani, i criteri di esclusione oggi in voga. Questo anche a costo di essere a nostra volta esclusi e dichiarati in qualche modo “impuri” alla luce dei valori dominanti della nostra società. Ma l’ha fatto Gesù…figuriamoci se non possiamo, e dobbiamo, correre anche noi questo rischio.

E però non basta soltanto essere profetici. C’è anche un fronte interno, e lì dobbiamo volere darci i mezzi per permettere alle persone marginalizzate di partecipare pienamente alla vita sociale e spirituale delle nostre comunità. I nostri locali sono facilmente accessibili per persone ad autonomia ridotta (e qui, benedetto il togliere la barriera architettonica dell’entrata della nostra Chiesa, che davvero speriamo arrivi presto…), e le aiutiamo a poter prender parte ai nostri culti e alle nostre attività? Offriamo aiuto e sostegno alle famiglie delle persone ammalate oppure anziane, in modo tale da consentire loro di tirare un po’ il fiato e trovare nuove forze per andare avanti nel loro impegno?

 

Sì, “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Vedete? Dipende da noi…

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro, agisci in noi e trasformaci. Le nostre mani rimangono

prive di forza se tu non ci sostieni; le nostre azioni, i nostri progetti e

i nostri intenti si perdono nel vuoto senza la tua presenza.

Ti preghiamo: usa le nostre mani, le nostre gambe e le nostre bocche

per essere accanto a quanti soffrono la solitudine, il dolore del lutto,

l’angoscia dell’ingiustizia.

Usaci per portare conforto ai malati e alle persone sole, a coloro che

non sanno più quale strada intraprendere, quali scelte fare.

Usaci per ridare coraggio agli sconfitti e speranza ai delusi, per portare

il tuo amore a quanti non sanno più trovare la via della riconciliazione.

Usaci, Signore nostro, perché possiamo essere gli uni per gli altri

messaggeri del tuo amore. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato:

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

 

BENEDIZIONE   

Il Dio della pace vi renda perfetti in ogni bene,

affinché facciate la sua volontà,

e operi in voi ciò che è gradito davanti a lui, per mezzo di Gesù Cristo;

a lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Ebrei 13, 20a.21)

(Giampaolo Castelletti, domenica 25 ottobre 2020.                                                 Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994.Tranne il brano di Luca 5, 12-16).

 

27/10/2020

20ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Accoglienza

Buongiorno a tutte e tutti voi, il versetto che ha accompagnato la ventesima domenica dopo Pentecoste è stato preso dal libro del profeta Geremia, il quale invocando il Signore dice: “Guariscimi Signore e sarò guarito; salvami, e sarò salvo; poiché tu sei la mia lode”. (Geremia 17: 14)

Saluto (Christian de Chergé, martire)

Se mi capitasse un giorno – e potrebbe essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a questo paese. […] Potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam così come li vede Lui.

 

Lode

Dio nostro, fonte della nostra vita, come un albero si nutre dell’acqua

noi abbiamo bisogno della tua parola per vivere.

Le nostre radici sono la tua grazia e il nostro fogliame è il tuo amore.

Come un albero ha bisogno del vento per essere mosso, noi abbiamo bisogno del tuo Spirito.

Nutrici con la tua parola, Signore, rialzaci tramite il tuo perdono e rafforzaci con la tua benedizione affinché possiamo portare frutto

e diventare un rifugio per chi lo cerca.

Nel nome di Gesù il Cristo. Amen

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore, ti chiediamo di mandare su di noi il tuo Spirito perché ci aiuti ad accostarci alla tua parola svegli, attenti, presenti a noi stessi, con tutto il nostro essere proteso all’ascolto, disposto e desideroso di ricevere una parola nuova, inattesa, che ci apra la possibilità di cambiare. Signore, ti chiediamo di mandare su di noi il tuo Spirito perché, come un vento leggero, soffi tra le parole che ascoltiamo e le lasci vibrare nei nostri cuori e nelle nostre menti, così che vive e attuali ci rivelino la tua volontà. Signore, noi ascoltiamo, tu parla. Amen.

 

Testo biblico

Giacomo 5 , 13 – 16

 

C’è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi.

C’è qualcuno d’animo lieto? Canti degli inni.

C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore: la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati.

Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.

 

Esposizione del brano biblico

 

La lettera di Giacomo, di cui oggi abbiamo letto solo pochi versetti, fu scritta per incoraggiare i credenti di origine ebraica che, all’epoca, subivano persecuzioni e che perciò ne metteva a dura prova la loro fede, queste parole servivano per esortare, incoraggiare e istruire i credenti sugli aspetti pratici della fede, ma soprattutto, Giacomo, pone enfasi sulla preghiera e sul sostegno che deve esserci fra i credenti, affinché rinnovino la loro fede in Cristo, ma fa capire altresì che in qualsiasi circostanza, nel bene e nel male, dobbiamo guardare a Dio e onorarlo attraverso l’adorazione e la preghiera, soprattutto quando affrontiamo dei problemi, delle necessità o delle afflizioni, poiché la Parola di Dio ci invita a cercare la forza in lui per mezzo della preghiera, di sicuro qualcuno di noi, nell’ascoltare queste poche righe  del capitolo 5 e i versetti che vanno dal 13 al 16, si sarà forse fatto una strana impressione, in quanto possiamo ben dire che queste parole, le sentiamo vicine come se fossero parole nostre, in quanto…in queste poche righe potremmo senz’altro dire che c’è qui una fede che è anche la nostra fede, però, una fede così, indubbiamente come ce la mostra Giacomo, noi non l’abbiamo quasi mai vissuta, guardiamo per esempio a queste parole: “C’è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Canti degli inni”, nel senso che“Hai avuto un insuccesso personale (questo è il significato preciso del verbo greco qui tradotto con “soffrire”) e ti senti un fallito? Prega…e vedrai che Dio ti ascolterà e ti darà la forza che ti serve per uscire dalla tua infelicità”…“o al contrario ti senti di buon umore…stai bene di salute e sei sereno d’animo? Allora…canta a Dio, innalza la tua lode perché questo momento di benessere è un grande dono della sua bontà!”.

 Ma per far questo…per poterlo supplicare nel dolore e lodarlo cantando nella gioia…bisogna che Dio…sia per noi…davvero Dio, che sia davvero il nostro Signore, solo allora lo sentiremo presente e presenteremo noi stessi a Lui, come presenteremo sempre a Lui ogni caso ed ogni avvenimento che coinvolga il nostro corpo e la nostra vita, perché sappiamo di essere sotto la sua costante e paterna protezione.

Sì. Solo allora faremo nostre le parole consolanti e gioiose che troveremo nei salmi, perché le sentiamo nostre…perché è nostra la promessa che dice: “Invocami nel giorno della sventura, e io ti salverò” (Salmo 50,15); e deve essere altresì nostra l’esclamazione: “Io salmeggerò a te, senza tacere. Signore, mio Dio, ti celebrerò per sempre” (Salmo 30,12).

Sorelle e fratelli, chi di noi prega Dio nel dolore e lo canta nella gioia…col fervore di Giacomo…e…con il pieno abbandono di chi ha la convinzione che Dio ascolta davvero e vuole e può esaudire le nostre richieste?

Diciamocelo chiaramente, questa fede di cui parla Giacomo, ci fa capire che oltre a pregare Dio quando siamo nel bisogno, dobbiamo pregarlo anche quando le cose ci vanno bene.

   E questo è ancora poco, perché se poi andiamo avanti a rileggere il testo, il senso di estraneità che stiamo ora avvertendo si fa ancora più forte: “C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della comunità”…e anche in queste parole ce una grande differenza con la chiesa del tempo di Giacomo: “Il malato chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore”.

Gli “anziani della chiesa”, che…tra parentesi…non sono dei carismatici dotati del dono della guarigione, che pure erano presenti nelle comunità, ma sono i ministri della chiesa locale che vanno chiamati dal malato perché preghino per lui…cioè…costoro…debbono intercedere in suo favore presso Dio…e non si tratta di dire lunghe formule, ma di andare all’essenziale: attraverso di loro è la comunità che, un po’ come Giacobbe nel passo della Genesi, in modo commovente quasi lotta con Dio in favore di un suo membro.

E ancora, quasi per dare consistenza a questa lotta, la preghiera va accompagnata da un gesto particolare: mentre gli anziani pregano sul malato, debbono “ungerlo d’olio nel nome del Signore”.

Come mai questa unzione?

Giacomo non inventa qualche cosa di nuovo: nel suo vangelo, Marco riferisce che i Dodici mandati da Gesù lungo le strade della Galilea, “scacciavano molti demoni e ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (cfr. Marco 6,13).

Questo avveniva, perché nell’Israele dell’epoca di Gesù, l’olio, che nella vita di tutti i giorni era sovente usato come farmaco, era anche diventato il simbolo dell’avvento del tempo della salvezza. Così leggiamo nel profeta Isaia: “Il Signore darà agli afflitti in Sion…olio di gioia invece di dolore” (cfr. Isaia 61,3); e in un’apocalisse ebraica del primo secolo si parla di due alberi presenti in paradiso: l’albero della vita e l’albero dell’olio, che cosparso sulla pelle dei giusti li rende splendenti e così li glorifica.

In questa prospettiva, sia i discepoli inviati da Gesù che gli anziani della chiesa di Giacomo “ungono d’olio” i malati come segno dell’irruzione della signoria salvifica e gloriosa di Dio nel mondo, nella persona e negli atti di Gesù.

Ma qual è la conseguenza di questa preghiera e del gesto simbolico che l’accompagna?

E qui davvero ci sentiamo più estraniati che mai. Con una sicurezza per noi tutti…sconcertante…Giacomo aggiunge: “La preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà”. 

Vedete? Senza nemmeno un “forse”… senza un “se” e senza un “ma”. Se si prega e si ha fede nel Signore, quella preghiera non resterà inascoltata: “il Signore” interverrà e “salverà il malato”.

Naturalmente, lui, “il Signore”,” salverà e ristabilirà”. E questo dev’essere chiaro dall’inizio: gli anziani della comunità compiono la loro opera di risanamento sul malato, non grazie alla loro forza o a una loro particolare convinzione, ma nella forza del “nome del Signore”: è lui e soltanto lui che agisce attraverso i ministri della chiesa.

Ma poiché Dio, quando agisce, non lo fa mai in maniera parziale od incompleta, anche qui il “ristabilimento” del malato non si ferma al suo corpo, non riguarda soltanto la sua salute fisica: “Se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati”.

Anche qui, come per l’“unzione d’olio”, alla preghiera s’accompagna un gesto esterno: “Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti”.

Quando una persona è malata, il suo male si mostra all’esterno: tu lo vedi, lo cogli, lo puoi diagnosticare…così è per il peccato: deve venire fuori… essere confessato ai fratelli di fede…così essi sapranno per cosa precisamente è necessario che preghino…e nella preghiera comune ognuno già avrà modo di sperimentare il sollievo del perdono che, certo è del Signore…solo lui ce lo può dare…eppure passa (e questo è molto bello, ed è un peccato che noi l’abbiamo perso) attraverso l’intercessione, il sorriso, l’abbraccio del fratello che ti ascolta e ti dice: “Puoi star tranquillo: Dio ti ha perdonato!”.

Ecco allora che, questo breve ma intenso testo dell’epistola di Giacomo, che ci assicura che davvero “la preghiera della fede” sale a Dio ed intercede per tutta la persona per cui è detta, ci deve far capire che, è grazie alla preghiera, che tutta la persona è restituita ad un giusto rapporto con la vita e col Signore della vita: la guarigione esterna diventa il segno dell’avvenuta guarigione interna.

Ma tutto questo è grazie a Dio e a tutta la chiesa, in questa comunità fraterna in cui puoi condividere la vita, le gioie e le sofferenze della vita… in cui…e anche questo è molto bello…non c’è un fratello innalzato sopra agli altri come se uno fosse il debole e l’altro il più forte, uno il colpevole e l’altro il giudice, per il motivo che il tutto deve essere fatto nella preghiera comune degli uni per gli altri, cioè, preghiera che si fa intercessione, si fa esaudimento e sale fino a Dio, così che diventa salvezza.

Sì, davvero…ed è la conclusione del nostro testo d’oggi: “la preghiera del giusto ha una grande efficacia”.

La nostra chiesa, sorelle e fratelli, somiglia almeno un po’ alla chiesa di Giacomo, che prega, canta, intercede…che è comunità di vita, sofferenze e gioie?

Permettetemi di parlarvi con un po’ di libertà.

Nel senso che, la nostra  preghiera deve essere una preghiera che aiuti segretamente l’altro a migliorare, a crescere, a cambiare…

Se preghi per una sorella, per un fratello…e questo non nello slancio di un momento, ma con perseveranza…non puoi più parlare male di lui o di lei, o avere un atteggiamento duro, insensibile, indifferente. Perfino il tuo modo di guardarla o guardarlo, di darle o dargli la mano, di salutarla o salutarlo, si trasforma, se tu preghi per lei…se tu preghi per lui.

Insomma, una comunità è autentica ed è viva solo quando sa diventare una comunità di preghiera.

Fratelli e sorelle, aiutiamoci l’un l’altro, pregando l’uno per l’altro.

Se preghiamo soltanto per noi, perché le nostre cose vadano bene, allora dovremmo rivedere il nostro modo di pregare.

Portiamo in preghiera i pesi gli uni degli altri, come Cristo porta i nostri peccati e i nostri pesi intercedendo per noi davanti al Padre!

Se sappiamo che nelle comunità vi sono delle persone che hanno dei pesi sul cuore, come ci dice Giacomo, dobbiamo pregare per loro.

Se vi sono delle persone che sono sole, oltre che farle visita, dobbiamo circondarle con la nostra preghiera.

 Perché poi, alla fine, se ci chiediamo cosa sia mai una chiesa cristiana, ci accorgiamo che possiamo dare tante varie risposte, ma una risposta che dobbiamo dare è questa: “una chiesa cristiana è una comunità di donne e uomini che hanno imparato a pregare gli uni per gli altri, e hanno scoperto nella preghiera il segreto per superare le divisioni umane e creare invece una nuova, a volte paradossale, meravigliosa comunione”.

   Sì…!!! davvero, ricordiamolo sempre quello che oggi Giacomo ci ha insegnato: “La preghiera dei giusti (dei credenti giustificati per la pura grazia di Dio) ha una grande efficacia”. AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Signore, ti vogliamo pregare per tutte le persone che oggi non possono partecipare ad un culto comunitario. Pensiamo agli anziani e ai malati che non riescono a venire in chiesa. Signore, sii particolarmente vicino a queste sorelle e a questi fratelli. Noi ci impegniamo perché sentano la presenza della comunità. Pensiamo anche a quelle persone, a quelle intere comunità cristiane a cui viene impedito di riunirsi per il culto. Sappiamo che si incontrano in segreto anche a costo della vita. Signore, fa sentire a queste chiese sorelle la tua presenza, in modo che si sentano sempre parte della Chiesa universale. Dà a noi la capacità di essere solidali con loro. In ultimo, ti preghiamo per chi non osa decidersi a confessare la propria fede in te; per chi pensa a te ogni giorno ma non sente il bisogno di una comunità; per chi è membro di chiesa ma se ne sta ai margini. Signore, sii con loro, e sii con noi quando incontriamo questi fratelli e queste sorelle. Ci impegniamo a parlare con loro di te, della loro e della nostra ricerca, e a fare in modo che la comunità diventi uno spazio nel quale la loro ricerca possa svolgersi in modo più efficace. Signore, pensando a tutte queste sorelle e fratelli, per tutti loro e con tutte loro, noi ti preghiamo come Gesù ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO

“Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia”. (Giacomo 5: 16)

 

BENEDIZIONE   

Il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro, lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù il Cristo. (1 Tessalonicesi 5,23)

Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 18 ottobre 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

15/10/2020

19ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti voi, il versetto che accompagna questa diciannovesima domenica dopo Pentecoste è preso dalla prima lettera di Giovanni che dice: “Questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello”. (1° Giovanni 4: 21)

Saluto (SØREN KIERKEGAARD)

Dio nostro, dona a noi esseri umani, mentre siamo in attesa di Te, la consolazione che concede al cuore il capire che tu taci per amore, così come parli per amore: così che, sia che tu taccia, sia che Tu parli, sei sempre il medesimo Padre, che ci guida con la Sua voce e ci educa con il suo silenzio. Amen.

Lode

Dio nostro, fonte della nostra vita, come un albero si nutre dell’acqua,         noi abbiamo bisogno della tua parola per vivere.

Le nostre radici sono la tua grazia e il nostro fogliame è il tuo amore.

Come un albero ha bisogno del vento per essere mosso, noi abbiamo bisogno del tuo Spirito.

Nutrici con la tua parola, Signore, rialzaci tramite il tuo perdono e rafforzaci con la tua benedizione affinché possiamo portare frutto e diventare un rifugio per chi lo cerca.

Nel nome di Gesù il Cristo. Amen

 

Ascolto della parola di dio


Preghiera di illuminazione

Dio di misericordia, ti lodiamo e ti benediciamo per l’amore con il quale ci circondi, con il quale ci hai amati ancora prima che ti conoscessimo.           Per questo amore ci hai riscattati dalle nostre colpe. Il nostro cuore ti cerca. La tua parola di vita è dolce ai nostri orecchi. La nostra bocca rende grazie per la tua benevolenza. Sii sempre con noi, e aiutaci a crescere vicino alla sorgente della tua parola. Amen

 

Testo biblico

Marco 10:17-27

Mentre stava per rimettersi in cammino, arrivò un uomo correndo, s'inginocchiò davanti a lui e gli chiese: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?” Gesù rispose “Perché mi chiami buono? Solo Dio è veramente buono. Ma in quanto alla tua domanda, tu conosci i comandamenti di Dio: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire il falso contro nessuno, non ingannare, rispetta tuo padre e tua madre”. “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di questi comandamenti”, rispose l'uomo. Gesù, guardandolo, provò affetto per lui e gli disse: “Ti manca solo una cosa: vai a vendere tutto ciò che hai, dà il denaro ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e seguimi”. L'uomo si rabbuiò in viso e se ne andò via tristemente, perché era molto ricco. Gesù, guardandosi attorno, disse rivolto ai discepoli: “È quasi impossibile che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questa affermazione li lasciò stupiti. E Gesù aggiunse: “È davvero difficile entrare nel Regno di Dio per quelli che confidano nelle ricchezze! È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno di Dio!” I discepoli erano piuttosto scettici e cominciarono a chiedersi fra loro: “Ma allora chi potrà mai essere salvato?” Gesù li guardò attentamente, poi disse: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio. Perché a Dio tutto è possibile”.

 

Esposizione del brano biblico

 Abbiamo letto la storia dell’incontro tra Gesù e un uomo, ebbene, quest’uomo rivolge a Gesù una domanda: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?”.

Potremmo senz’altro dire che la domanda di quell’uomo è anche la nostra domanda. La domanda che ognuno e ognuna di noi, nella sua preghiera personale, nell’ascolto individuale o comunitario della Scrittura, nella partecipazione al culto della chiesa, rivolge al Signore.

Il “tale” di questa storia, più avanti, si scopre essere un uomo “ricco”, e parla a Gesù anche a nome nostro. In lui insomma siamo noi che ci avviciniamo a Cristo e parliamo con lui. Ed è anche a noi che il “maestro” risponde chiamandoci…all’osservanza dei comandamenti che Dio tra squilli, lampi, terremoti, ha donato nell’esodo a Israele, nella nube del Sinai.
Sì: “se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ma i comandamenti sono tanti… E così la risposta di Gesù suona come un po’ generica… ed il giovane allora non esita a dare a Gesù una risposta con queste parole precise:
“Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di questi comandamenti”
E Gesù sta al gioco e dà la spiegazione che gli è stata chiesta. La dà in maniera forse inaspettata, e forse addirittura deludente. Non parla infatti al suo interlocutore della grande esigenza dell’amore di Dio, né gli prescrive di osservare con rigore ed impegno le norme di purità e quelle legate al culto e alla preghiera… No, come avrebbe fatto un qualsiasi maestro in Israele, cita il decalogo, e precisamente quella seconda parte delle “dieci parole” che riguarda il nostro rapporto con gli altri, e così dice al giovane che se vuole “avere la vita eterna” deve “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre”.
Insomma…una risposta quasi scontata…e…per questo, davvero anche un po’ deludente… Ma come? Uno ha il dono di incontrare Gesù, va da lui aspettandosi chissà quali rivelazioni, quali meravigliosi nuovi insegnamenti, e si sente ripetere per l’ennesima volta il catechismo?… Veramente c’è da dire : “Tutto qui?”.
E infatti il nostro giovane ci rimane un po’ male, e con lui anche noi. E se come lui anche noi siamo dei credenti impegnati, noi diciamo con lui: “Ma tutte queste cose io le ho già osservate; che mi manca ancora?”.

E a questo punto, c’è la grande impennata: Gesù fa il Gesù, ed ecco uno sconvolgente salto di qualità. No! Non è affatto “tutto qui”! Non basta “osservare tutte queste cose”. Non basta comportarsi da persone per bene… da credenti rispettabili…se davvero vuoi imparare da Gesù…ci vuole ben altro…serve qualcosa di vertiginosamente meno rispettabile: “Va’, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi”.

“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Questa serie serrata di quattro imperativi ha un senso molto chiaro…anzi, come vedremo, persino troppo chiaro…
Finora il discorso era stato impostato dal giovane sul piano del fare, dell’osservanza concreta delle regole. Ricordate la sua domanda iniziale:
che devo fare per vivere per sempre?, e poi, ancora: “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di questi comandamenti”. E Gesù aveva rispettato quell’impostazione: a lui che gli aveva domandato “cosa doveva fare”, aveva risposto appunto con il “fare”: doveva “non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onorare suo padre e sua madre”.
Ma poi il giovane stesso ha commesso la bellissima imprudenza di voler andare oltre quel volere e dover fare: “Cosa mi manca ancora?”, così ha chiesto. Ed ha scatenato l’uragano. Se davvero non s’accontenta di essere un pio israelita… “se vuole essere perfetto” della perfezione che solo Gesù può dare, deve mandare all’aria tutta la sua vita, e diventare un altro. Sinora il nostro giovane è vissuto in modo irreprensibile, e adesso questo maestro unico e sconcertante gli chiede di spogliarsi di tutto e di seguirlo (qui noi Valdesi non possiamo non ricordare come, secondo le cronache del tempo, Valdo di Lione si sia convertito proprio ascoltando questa stessa parola “Va’, vendi, vieni, seguimi”, e come, stando alla testimonianza dello scrittore inglese Walter Map abbia, assieme ai fratelli del suo gruppo, “seguito nudo un Cristo nudo”).
Davvero, con Gesù non si tratta di fare i bravi e i buoni, ma di mettere in gioco la vita, di rinnegare se stessi ed i propri legami. Vengono qui alla mente quelle altre sue parole sulle quali cerchiamo quasi sempre di non fermarci troppo, perché le sentiamo troppo dure, quasi inumane e pressoché impossibili da vivere in concreto: “Chi ama suo padre o sua madre più di me, non è degno di me; e chi ama suo figlio o sua figlia più di me, non è degno di me… chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Matteo 10, 37ss.).

“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Davanti a quest’abisso che gli si è spalancato sotto i piedi, il giovane (ancora una volta anche qui “uno di noi”), non se la sente di fare il grande salto. Così…esce malinconicamente dalla scena: “L'uomo si rabbuiò in viso e se ne andò via tristemente, perché era molto ricco”…
Come noi, “aveva molti beni” a cui era molto attaccato. E non necessariamente solo beni materiali. Era amato da tanti…era stimato per la sua onestà…era apprezzato per la sua pietà…come si fa a lasciare tutto questo…così…di punto in bianco?…

Ma al colloquio tra Gesù ed il giovane ricco, erano presenti coloro che quel salto l’avevano fatto. Come sempre, infatti, Gesù non era solo, con lui c’erano “i discepoli”. E qui, ricordate: “Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini». Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui.” (cfr. Marco 1, 16 ss.). Sì, “Simone”, “Andrea”, “Giacomo”, “Giovanni”, e tutti quanti gli altri…loro hanno abbandonato tutto e hanno seguito Gesù.

E se noi questo adesso l’abbiamo ricordato, loro non c’è pericolo che l’abbiano mai dimenticato. Così, dopo il primo momento di “sbigottimento” di fronte alle parole del “maestro” sull’impossibilità che “un ricco entri nel regno dei cieli” (sbigottimento che è dovuto al fatto che…come tutti gli Israeliti…i discepoli erano cresciuti nella convinzione che le ricchezze fossero il segno della benedizione di Dio per i giusti), sono subito passati, dal chiedere a Gesù: “Ma allora chi potrà mai essere salvato?”” e Gesù udito questa domanda risponde loro con una risposta tutta intessuta di misericordia: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio. Perché a Dio tutto è possibile”, questa risposta serve a fare il confronto fra loro ed il giovane che se ne è appena andato “tutto triste”. E come sono orgogliosi di quello che hanno sentito! Come subito, per la bocca di Pietro, lo ricordano a Gesù: “Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?”.
Gesù li rassicura: “Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita”. E però, mentre conferma ai discepoli la piena fedeltà alle sue promesse, pensa a quel giovane che era venuto lieto e sicuro all’incontro con lui e se ne è andato via in crisi…pensa alla sua tristezza e spera che si muti in coraggio e poi in gioia…spera che quell’uomo buono e pio possa un giorno “andare, vendere, venire e seguirlo”…
Sì…è certo che Gesù vuole bene ai suoi discepoli, così contenti e fieri della loro sequela…ma forse in quel momento si sente più vicino a quel giovane che s’è allontanato a capo chino che non a Pietro che sta lì tutto fiero davanti a lui.
E così, lo ammonisce, come ammonisce tutti gli altri: “Voi ora vi sentite superiori a quel giovane, e lo siete: siete “i primi” al cospetto di Dio. E però, state attenti!, perché vi ho appena detto che “a Dio tutto è possibile”, e allora può capitare che Dio rovesci tutte le carte in tavola, e allora “molti che ora sono primi saranno ultimi, e molti che ora sono ultimi, saranno primi”…“Sì…Dio può dare a quel giovane la forza che non ha avuto di lasciare i propri beni e di seguirmi. Così che quando mi seguirà potrà ricevere anche lui il “centuplo” e la “vita”. E magari li riceverà prima anche di tutte e tutti noi. E se sarà così, non potremo dire niente”.

AMEN

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Padre, il tuo comandamento ci chiede di amare il nostro prossimo. Davanti a te ci ricordiamo di chi è nel bisogno, di chi si sente rifiutato. Preghiamo per coloro ai quali mancano le cose più elementari della vita: cibo, acqua pulita, un posto sicuro per vivere, l’opportunità di sognare. Aiutaci a essere solidali, con la forza della tua giustizia e del tuo amore. Preghiamo per coloro che vorrebbero stare bene, ma che soffrono nel corpo o nell’anima. Aiutaci a servire gli altri con la forza della tua guarigione e della tua consolazione.        Preghiamo per coloro che vorrebbero essere amati e stimati, ma sono  disprezzati e rifiutati Aiutaci ad accogliere e ad amare gli altri con la forza del tuo regno che viene. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

 

BENEDIZIONE   

Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati;

e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati.

(Efesini 5,1-2a)

La grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio

e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi

(2 Corinzi 13,13)

Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 11 ottobre 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994, tranne il testo di Marco 10:17-27).