Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

27/01/2025

 

Isaia 61, 1-11. Testo biblico e predicazione tenuta durante il culto di domenica 5 gennaio 2025 in Omegna e Intra durante il Culto di Rinnovamento del Patto.


"Lo spirito del Signore, di Dio, è su di me, perché il Signore mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti; per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati terebinti di giustizia, la piantagione del Signore per mostrare la sua gloria. Essi ricostruiranno sulle antiche rovine, rialzeranno i luoghi desolati nel passato, rinnoveranno le città devastate, i luoghi desolati delle trascorse generazioni. Là gli stranieri pascoleranno le vostre greggi, i figli dello straniero saranno i vostri agricoltori e i vostri viticultori. Ma voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, la gente vi chiamerà ministri del nostro Dio; voi mangerete le ricchezze delle nazioni, a voi toccherà la loro gloria. Invece della vostra vergogna, avrete una parte doppia; invece di infamia, esulterete della vostra sorte. Sì, nel loro paese possederanno il doppio e avranno felicità eterna. Poiché io, il Signore, amo la giustizia, odio la rapina, frutto d’iniquità; io darò loro fedelmente la ricompensa e stabilirò con loro un patto. Eterno. La loro razza sarà conosciuta fra le nazioni, la loro discendenza, fra i popoli; tutti quelli che li vedranno riconosceranno che sono una razza benedetta dal Signore. Io mi rallegrerò grandemente nel Signore, l’anima mia esulterà nel mio Dio; poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli. Sì, come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare le sue semenze, così il Signore, Dio, farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni."

Cosa pensate che possa provare un uomo che si scopre scelto da Dio e afferrato da lui per diventare il suo portavoce, un suo profeta? Senz’altro proverà spavento, stupore, incredulità e anche riconoscenza, ma soprattutto, la consapevolezza di essere ancora sé stesso, e anzi forse, più che mai sé stesso – cioè, la consapevolezza di vivere con molta più intensità, libertà e profondità di prima i pensieri, i sentimenti, gli affetti e le azioni – ma anche, nello stesso tempo, la consapevolezza di non possedersi più come prima, perché un profeta è sempre anche posseduto da Dio, dalla sua forza invisibile e irresistibile.

 Questo spavento, questa incredulità, assieme allo stupore e alla riconoscenza, è il senso acuto della forza di Dio che ha afferrato Isaia per essere il Suo Profeta, e nel nostro testo di oggi è presente tutto questo, che non è altro che il proclama di un uomo che sa d’essere stato inviato da Dio ad annunciare un messaggio di salvezza, e sa anche che Dio lo ha reso idoneo, lo ha messo in condizione di realizzare quello che deve annunciare.

   “Lo spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto”.   Lo “spirito” è la forza di Dio, il “vento di Dio” che può accarezzare con dolcezza i fiori e farli dondolare, ma che sa anche scuotere le montagne. Questo vento – dice adesso il profeta – ora “è sopra di me”, e mi ha fatto suo. E così non mi appartengo più. Sono di Dio! Sono il suo “consacrato”, che vive non per sé, ma per il servizio che gli è stato affidato. Davvero…Dio mi ha riempito col Suo soffio, e “mi ha mandato ad annunciare…a proclamare e curare…a consolare…a dare…”.

Sì, Isaia “annuncia”. Solo questo può fare, e solo questo fa. Ma ora…nel suo annunciare…c’è in lui una scintilla della forza di Dio…un soffio di quello stesso “spirito divino” che…nel caos primordiale…aleggiava sulle acque (cfr. Genesi 1:2). E come allora…lo Spirito di Dio diede alla Sua Parola un potere creatore…per cui…in quei sette giorni…“Dio disse”…e l’universo fu…così adesso…la parola che Isaia annuncia…trasforma chi lo ascolta, in quanto Isaia annuncia la salvezza, e la dona realmente a coloro a cui parla: perchè parla di libertà, i prigionieri sono liberati, gli schiavi riscattati; predica un lieto annuncio, e consola gli afflitti, dona gioia a chi è triste, cura i cuori mortificati e li fà esultare…e non soltanto questo…con Isaia irrompe un tempo tutto nuovo: “l’anno della benevolenza del Signore”.

   In effetti…all’epoca di Isaia…vigeva in Israele…il “giubileo”…che ogni cinquant’anni…cioè…quando erano passati “sette volte sette anni”, al suonare del corno (del jobel), si annunciava a gran voce che tutti i debiti contratti in quei cinquant’anni erano rimessi e che ogni debitore ridotto in schiavitù veniva liberato. Ora il profeta è il nuovo “giubileo”, l’araldo della grazia che dona libertà ai poveri che incontra. Dà loro “gloria invece di cenere…olio di letizia invece di lutto…canto di lode invece di sconforto”.  

Noi quindi…ci rendiamo conto, a questo punto, della continuità e anche della distanza che c’è tra questo profeta di Isaia 61 e gli altri grandi profeti di Israele.

   In effetti…il primo Isaia, Geremia, Osea, Amos, avevano dovuto minacciare il giudizio di Dio sui peccati del popolo, annunciare la catastrofe immane che avrebbe posto fino al regno della casa di Davide. Il giudizio c’è stato, la catastrofe è arrivata. E adesso c’è bisogno della grazia! Adesso, sul popolo sconfitto, punito e deportato, sul piccolo e spaurito “resto d’Israele”, è ora che risuoni l’annuncio della salvezza. Per questo…per ridare speranza a chi non spera più…e coraggio a chi trema…Dio ha unto ed ha mandato il Suo profeta! Che allora…da profeta diventa “evangelista”…cioè portatore del lieto annuncio della “volontà buona” del Signore, strumento del cambiamento che la proclamazione di questa “volontà” già opera nei cuori e negli sguardi di coloro che ascoltano, della trasformazione con cui, trasformando gli esseri umani, Dio rinnova il Suo popolo ed il mondo.

   Sì, qui c’è davvero il “nuovo”, mai visto prima e mai sentito fino ad allora, nella parte iniziale dell’oracolo, in mezzo a tante espressioni luminose, c’è una parola che ci fa paura, è la parola “vendetta”. In effetti…nella parte centrale del V.2…Isaia dice: “…..un giorno di vendetta del nostro Dio”.

In realtà questo “giorno della vendetta” è piuttosto il “giorno della consolazione”; in effetti…nella parte finale del V.2 e nel V.3 abbiamo letto che…chi ha dovuto subire violenza e schiavitù…all’irrompere del tempo della salvezza annunciato dal profeta…vedrà il suo pianto trasformato in sorriso e la loro sofferenza farsi gioia. Sì!...Al profeta sembra quasi di vedere gli esuli “non più esuli”, ma rientrati in Israele dopo la deportazione a Babilonia, impegnati al lavoro per ricostruire quello che la guerra, nella sua furia cieca, aveva demolito: “Costruiscono le antiche rovine, rialzano ciò che era prima distrutto; rinnovano le città desolate, ciò che da generazioni era in rovina, risorge”. E la consolazione dei poveri rientrati sarà tanto più piena in quanto i loro oppressori saranno i loro servi: “Degli stranieri pascolano i loro greggi, gente d’altre terre saranno vostri contadini e vignaioli …Gusterete la ricchezza delle nazioni e vi adornerete con il loro splendore…”. Tutto questo – davvero – non è un semplice canto di vendetta, cioè il grido di rancore degli oppressi che si leva ad ammettere l’oppressione degli oppressori. E’…come dicevo prima…una questione di consolazione…e soprattutto è la rivelazione dell’onnipotenza di Dio, il Suo intervento a “rovesciare i potenti dai troni e a innalzare gli umili” e, in questo modo, a manifestare al mondo la Sua gloria. “Voi vi chiamerete sacerdoti del Signore, vi chiameranno servi del nostro Dio” che “ama il diritto e odia la rapina, e ricompensa con fedeltà e conclude con i suoi un patto eterno”, un’alleanza che non verrà mai meno.

   Come…di fronte a tutto questo…non dar spazio alla gioia? Come non sciogliere il canto della lode? E così…il profeta Isaia canta. E con lui canta tutto il popolo redento: “Sì, voglio rallegrarmi nel Signore, e l’anima mia esultare nel mio Dio, perché mi ha rivestito di abiti di salvezza, mi ha ricoperto con il manto della giustizia. Come uno sposo che cinge il suo turbante, come la sposa che si adorna di monili”.

Ma ora…ritorniamo ai giorni nostri con quanto abbiamo letto in Luca, lì nella Sinagoga di Nazareth, in cui era cresciuto, Gesù ha applicato a sé stesso l’oracolo di Isaia 61…s’è alzato dal suo posto, s’è fatto dare il libro del profeta e ha letto il nostro testo di oggi. Poi, “mentre gli occhi di tutti nella Sinagoga erano fissi su di lui”, ha esclamato: “Oggi questa scrittura, che voi udite, si è compiuta” (cfr Luca 4:16).

Sì!...Gesù è “l’unto del Signore”…è il profeta ed è l’evangelista che “porta il lieto annuncio dell’amore di Dio per tutti i poveri…che fascia gli affranti di cuore e annuncia la libertà ai prigionieri”. E fa questo non solo per un tempo, e non solo per un popolo, non solo per alcuni…ma per sempre, e per tutti! Gesù è “l’anno della benevolenza di Dio” che non ha fine!    Con lui…i sogni…le speranze degli “ultimi” del mondo…di quelli che egli stesso chiama “i minimi di questi miei fratelli”…non sono più illusioni…né la vita è soltanto una breve sequenza di sconfitte e dolori. Perché Gesù è la “vendetta” e la “consolazione” di Dio! È la giustizia che denuncia il disordine ingiusto dell’ordine creato dei più forti…la forza dell’amore che vince la violenza subendola su di sé stesso, la verità che mette in luce e smaschera la menzogna dei compromessi e delle vigliaccherie umane.

Là a Nazareth, Gesù nella Sinagoga, ha fatto sue le parole del profeta, e oggi le passa a noi. E adesso sono nostre, sono le nostre parole: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché Egli mi ha unto. Mi ha mandato ad annunciare la buona novella ai poveri, a fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, ad annunciare la libertà ai prigionieri e la liberazione ai detenuti …A proclamare un anno di benevolenza del Signore”. Questo è il programma, il senso del nostro essere al mondo. Essere per gli altri “la buona novella, la liberazione, la benevolenza del Signore”…

A questo punto, già conosco l’obiezione: “Chi di noi può farcela ad essere tutto questo?”.

Certamente noi da soli e senza l’aiuto dello Spirito di Dio, non possiamo farcela…ma qualcuno di voi, forse conosce l’album “Sono solo canzonette”  del compianto Pierangelo Bertoli e la bellissima canzone di cui ne fa parte: “Il vento soffia ancora”? Ebbene…potremmo dire: “Sì!”…“Il vento soffia ancora”! Per il motivo che lo spirito di Dio continua a soffiare e ci rinnova. Ci mette in grado di fare quello che non sappiamo fare, d’essere quello che in realtà non siamo. Copre le nostre piccole miserie con l’abito splendente della festa di nozze.

Come l’antico profeta, come l’antico Israele e come Gesù il Vivente, noi possiamo cantare: “Voglio rallegrarmi nel Signore, e l’anima mia esultare nel mio Dio, perché mi ha rivestito di abiti di salvezza, mi ha ricoperto con il manto della giustizia”.

AMEN

Giampaolo Castelletti. Tutte le citazioni bibliche, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994

Nessun commento: