Culti

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Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

31/05/2020

DOMENICA 31 MAGGIO 2020 - PENTECOSTE -


Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, quest’oggi celebriamo la Pentecoste.

SALUTO e ACCOGLIENZA
“Spirito di Dio, che con sapienza hai plasmato questo mondo dalle cose più grandi a quelle più piccole in modo giusto ed equilibrato, illumina i nostri pensieri, rendi la nostra parola efficace e trasforma le nostre azioni in un segno del Tuo agire” Amen

ASCOLTO DELLA PAROLA
Preghiera di illuminazione
“Ti preghiamo, Signore, donaci il tuo Spirito di luce e di verità, perché illumini per noi la parola che ascolteremo e ci guidi nella verità; donaci il tuo Spirito di santità, perché trasformi i nostri cuori e ci renda ubbidienti alla tua volontà; donaci il tuo Spirito di amore, di gioia e di pace, perché brilli in noi come una fiamma che nulla possa spegnere.” Amen.
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TESTO PER LA MEDITAZIONE
Atti 2, 14 - 21
Discorso di Pietro alla Pentecoste
14 Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così:
«Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole. 15 Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; 16 ma questo è quanto fu annunciato per mezzo del profeta Gioele: 17 "Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. 18 Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno. 19 Farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra,
sangue e fuoco, e vapore di fumo.
20 Il sole sarà mutato in tenebre, la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore. 21 E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato".

MEDITAZIONE
 Carissime e carissimi, nel libro degli Atti degli Apostoli, l’apostolo Pietro dal versetto 16 fino al versetto 21 cita un profeta che è vissuto circa 800 anni prima della nascita di Gesù, questo profeta è Gioele, il cui testo inizia così: “io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona…”, dobbiamo constatare però, come una traduzione può far perdere forza al testo originale e…quasi …lo tradisca. Perché il testo ebraico non parla qui di “uomo”… ma dice: “basar”  cioè “carne”.
 “carne” è molto diversa dalla parola “persona” … perché carne dà un’idea di fragilità, l’essere umano è una creatura fatta di ossa, sangue, muscoli, di stimoli come la fame e la sete, ancora più che d’intelligenza e razionalità. Insomma, “basar”, “carne”, individua un homo sapiens, più homo che sapiens: una creatura attaccata alla vita, e tutta tesa a soddisfare i suoi bisogni più elementari… da quanto abbiamo detto, un uomo-bambino, perché…sono loro i bambini l’immagine del nostro essere “carne”, del nostro essere “basar”, quindi …per ricevere lo Spirito promesso dal Signore per mezzo della parola di Pietro, noi dobbiamo ridiventare bambini e bambine, dobbiamo cioè accettare di essere di nuovo messi al mondo, di nuovo ri-creati, quindi è come se dovessimo ridiventare dei neonati e a tal proposito vi propongo una riflessione sui neonati, vi è mai capitato di essere dinanzi ad un neonato? Non so voi, ma quando sono di fronte ad un neonato, rimango colpito dalla sete di vita che letteralmente emana quel corpicino, sete di vita che poi si manifesta come “sete di latte”. Quando il neonato ha fame, questo vale per tutti i neonati, non chiede “per piacere”lo esige col suo pianto, vuole il latte perché vuole vivere, e la mamma deve dargli da mangiare. Sì, un neonato è volontà assoluta di vita allo stato puro.
 Questa breve riflessione sui “bambini”, oggi ci tocca più direttamente del solito, perché il testo di Pentecoste dell’apostolo Pietro che oggi abbiamo letto, parla della promessa di Dio fatta al suo popolo, del dono dello Spirito, ed è anche una parola che ci considera tutti dei bambini e delle bambine al cospetto di Dio. come scritto nel vangelo di Luca 18,17: “In verità, in verità vi dico: chi non accoglierà il regno di Dio come un fanciullo, non entrerà in esso”, ed è proprio così: qui l’apostolo Pietro qualificando l’essere umano sul quale il Signore sta per spargere il suo Spirito, mediante l’uso della parola “carne”, ci descrive una nuova creazione, un nuovo inizio. In Genesi 2 vi è scritto come Dio prese un po’ di terra e la plasmò a formare una figura e poi  “gli soffiò nelle narici un alito vitale e l’uomo divenne un essere vivente”, così qui sparge il soffio del suo Spirito sulla materia umana, sull’uomo come “carne”, e gli fa dono di una nuova vita.
 Davvero una ri-creazione, che vede al primo posto le donne, gli uomini, le figlie e i figli di Israele, ma poi s’allarga all’intera umanità come dice Pietro al versetto 21: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”
 Ma allora, se si tratta di ritornare almeno un po’ bambini, dobbiamo imparare da loro. Ma i bambini… che cosa ci possono insegnare? Non l’innocenza… quella l’abbiamo persa da un bel pezzo e non la possiamo più riconquistare, piuttosto due altre cose: la voglia di vivere e la capacità di avere fantasia…
 Ci sono, nel testo di Gioele, due meravigliose promesse, che – mi sembra – vanno proprio in questo senso, ed è dove Dio afferma: “I vostri vecchi sogneranno sogni, i vostri giovani vedranno visioni”.
 Pensiamo alla condizione di tanti nostri anziani: ai loro acciacchi, alla loro solitudine, alla sostanziale perdita d’autonomia che debbono subire …e sovente si trovano a tirare avanti tra mille difficoltà a causa di problemi economici… perciò potremmo dire che una persona anziana, oggi, non sogna, e se sogna ha degli incubi…
 Dopo gli anziani, ora…pensiamo ai tanti giovani senza lavoro, senza prospettive… che studiano e già sanno che il loro studio servirà a ben poco… che vedono davanti a loro un non-futuro da spavento, in un mondo che anch’esso fa paura… che sono come giovani gabbiani senza più neanche un progetto di volo… destinati al massimo a zampettare da uno scoglio all’altro… giovani già costretti spesso a dire, quando sono così fortunati da trovare qualcosa da fare, quella frase che è l’esatto contrario della loro stessa giovinezza: “Bisogna accontentarsi!”. Se ti accontenti perché non hai scelta… che visioni puoi avere !?
 Ebbene, ai vecchi che non sognano più e hanno smarrito la voglia di vivere, Dio grida…attraverso il suo profeta: “Riprendete a sognare, fatelo ad occhi aperti, come sogna un bambino. E sognando, vincete le paure: voi potete e dovete liberarvi dall’angoscia che vi blocca, che è spesso quasi un anticipo di morte. Se gli altri, perché hanno troppo cose cui pensare, non pensano più a voi, io vi penso e vi parlo, e vi dono una promessa. Sì, sognate, e sperate, ritrovate la forza che oggi vi sembra di non avere più, la volontà che vi fa andare avanti!”.
 Ed anche ai tanti giovani già “vecchi”, perché già rassegnati, Dio dice: “No… fatevi un progetto… abbiate una visione…sognate e costruite un mondo capace di motivarvi ed entusiasmarvi, come un bambino si inventa la sua fiaba, voi metteteci l’anima per renderlo reale, perché sia il vostro mondo… nuovo e bello…e potete farcela, perché io sarò con voi, e vi darò la forza che vi manca…”.
 Davvero, se sapessimo imparare dai bambini e tornassimo ad esserlo come vuole Gesù, ci fideremmo di Dio, e ci affideremmo con gioia alla prospettiva che ci apre, e che ci chiama a vivere: sogneremmo, vedremmo … e saremmo rinnovati.
 Ma ci è difficile imparare dai bambini, e ci è ancora più difficile essere come loro. Siamo adulti da un pezzo, e della nostra infanzia non ci è rimasto più niente. La vita ci ha insegnato a riflettere, a esaminare, a diffidare delle promesse… Sì, siamo adulti, e anche abbastanza cinici. Ed allora ci viene da pensare che certo, tutto questo è molto bello… ma è troppo bello per essere vero… Che questo parlare di “sogni” e di “visioni” è anch’esso solo un sogno da cui poi ci si deve risvegliare, una visione che è soltanto illusione e non realtà…poi … però, alla luce della fede, noi ci possiamo dire che non stiamo sognando, perché questa del profeta Gioele descritta da Pietro è una parola forte, che non accetta d’essere ridotta ad un sogno o ad un’illusione, ma ha la pretesa della verità. Una parola che non a caso rivendica per sé la realtà di “Parola di Dio”, la quale è stata proclamata su di noi ed è esplosa in mezzo a noi, come un fulmine che irrompe e cambia tutto! È la parola portata dallo Spirito e che con lo Spirito dentro di noi, porta il “sogno” e la “visione” che ci fanno vedere e già gustare un mondo rinnovato.
Ed è proprio così: noi oggi abbiamo considerato la visione del mondo nuovo che Dio ha promesso nella sua Parola tramite il testo del profeta Gioele, questo testo è rivolto al futuro “Giorno del Signore” …per il fatto che il testo inizia così: “Dopo questo, avverrà” … purtroppo molti pensano sempre a quel Giorno come agli “ultimi tempi” della storia… Ma ci dimentichiamo di una cosa, che invece è fondamentale …noi … negli “ultimi tempi”, ci siamo già… e ci siamo da ben duemila anni. Dal giorno della morte di Gesù sulla sua croce. Quello è, infatti, l’intervento poderoso di Dio che ha cambiato le cose definitivamente, il mondo s’è fato vecchio in un momento, è tramontato per non tornare più; e un mondo nuovo è sorto, il mondo “dopo il Cristo”, cioè il mondo di Gesù e della sua signoria in cielo e sulla terra…ed è per questo che dobbiamo affidargli noi stessi, le nostre figlie/figli, glieli affidiamo proprio perché dobbiamo affidarci ad un’altra delle parole che oggi abbiamo ascoltato : “Io spargerò il mio Spirito su ogni carne… e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno”… Sì, questo è quello in cui noi vogliamo credere, ed è quello che crediamo… ed è quello in cui speriamo e per cui preghiamo: che venga il giorno in cui il Signore “spargerà su di loro il suo Spirito”, e così faccia di loro … come speriamo, anche di noi … “i suoi profeti e le sue profetesse”, che sappiano parlare con lui…e sappiano parlare di lui con la gioia di chi crede e per questo vive al cento per cento…per Lui, purtroppo però ad interferire con tutto questo, vi sono le tante paure delle realtà che ci circondano, ovunque vi sono realtà che ci spaventano…ci scuotono come foglie al vento dell’autunno, perché quando Pietro cita le parole di Gioele che parlano di “sangue, fuoco e colonne di fumo”, in fondo, parla di qualche cosa che c’è già… basta che ci guardiamo attorno e vediamo le immagini…di tanti esseri umani, di tante povere donne e bambini preda dell’ingiustizia, della violenza e della follia, “il sole s’è già cambiato in tenebre, e la luna in un grumo di sangue”!
 Ma se questo è già vero, allora è anche vero il resto: “E avverrà che io spargerò il mio Spirito e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi sogneranno sogni e i vostri giovani vedranno visioni”. Davvero…noi speriamo che tutti gli altri…le nostre “figlie e figli” possano essere, grazie a Gesù, profeti di un mondo diverso, finalmente umano perché è opera di Dio! In maniera che…i nostri “giovani” riprendano a “vedere” un futuro dinnanzi a loro, e i nostri “vecchi” ritornino a sognare, e in tutti ritorni la gioia della vita. Sì, nel cuore delle paure e dei dolori del tempo che viviamo, noi dobbiamo essere per la forza che viene dallo Spirito, tutti profeti e profetesse del Signore, perché questo è quello che senza ombra di dubbio, ci dice anche oggi il Signore tramite Gioele: “noi siamo i suoi profeti!”
Sembra incredibile…noialtre…noialtri…profeti? Ma perché?

Ma perché “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. Sì. Chi invoca il Signore, sarà a sua volta fra gli eletti “che il Signore chiama”.

Altrimenti… noi … cosa ci facciamo qui, oggi, raccolti attorno a questa sua parola!
Siamo qui proprio a fare questo: ad invocare insieme “il nome del Signore” per essere gli eletti e i salvati di Dio!
E possiamo essere felici, anche senza aver fatto dei “corsi di felicità”… anche questo capita di sentire nei tempi che viviamo…che non mi ricordo più dove si organizzano dei corsi per imparare ad essere felici…
 Sì, noi possiamo essere felici, senza fare dei corsi per esserlo, al di là di quello che poi siamo … delle nostre meschinerie … del nostro stesso peccato, perché in noi è stato sparso e opera…lo Spirito di Dio.
 Questo è il senso del nostro essere qui oggi, in questo Culto della Pentecoste 2020: testimoniare che Dio c’è, ed è il presente del mondo e della storia… un presente che spalanca il futuro … e dare gloria a lui che ci ha scelti e colmati del suo Spirito per essere i sognatori e i visionari di questo nostro tempo, che di visioni e sogni ne abbiamo un bisogno disperato… Uomini e donne che – col sorriso e lo sguardo dei bambini – vedono e sperano, per se stessi, per i loro figli e figlie, per tutti gli altri che non riescono più a sognare né a sperare, ma lo possono fare… e lo debbono fare:
 Dopo questo, avverrà che io spargerò il mio Spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi sogneranno sogni, i vostri giovani vedranno visioni”.

BENEDIZIONE
“Venga lo Spirito di Dio su ognuno di noi, per metterci in movimento e liberarci dalla paura. Soffi su di noi lo Spirito di Dio per darci la forza del vento e la gioia e la speranza di chi opera per il Regno. Venga lo Spirito di Dio su di noi per guidarci all’unità e donarci la pace.”
Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 31 maggio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994)



24/05/2020

DOMENICA 24 MAGGIO 2020 TESTO E PREDICAZIONE SU GIOVANNI 7, 1-2 . 37-39


Buona domenica a tutte e a tutti, quest’oggi celebriamo la sesta domenica dopo Pasqua, denominata: “EXAUDI” che tradotta dal latino significa “Ascoltare, Prestare ascolto, Esaudire” e derivante dal testo biblico del Salmo 27:7 “O SIGNORE, ascolta la mia voce quando t'invoco; abbi pietà di me, e rispondimi.”

SALUTO DI ACCOGLIENZA
“Sorelle e fratelli, siamo alla presenza di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale ci incontra e ci chiama a servirlo. La Sua presenza ci guida, la Sua Parola ci libera, il Suo amore ci illumina.” Amen

ASCOLTO DELLA PAROLA

PREGHIERA DI ILLUMINAZIONE 
     “Padre, ti lodiamo perché nel Tuo amore ci invii lo Spirito per difenderci e guidarci. Conferma in ciascuno di noi la Tua vocazione. La Parola di Gesù ci conduca nella via che egli ha percorso per noi: il cammino dell’ubbidienza, dell’amore fraterno, della testimonianza resa alla verità. Sciogli i legami che ci vincolano al nostro orgoglio, perché riceviamo la Tua Parola e ubbidiamo al comandamento dell’amore.” Amen.

TESTO BIBLICO  DELLA MEDITAZIONE

GIOVANNI 7, 1-2 . 37-39
1 Dopo queste cose, Gesù se ne andava per la Galilea, non volendo fare altrettanto in Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo. 2 Or la festa dei Giudei, detta delle Capanne, era vicina . 37 Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. 38 Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno». 39 Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.

MEDITAZIONE

Come prima percezione, verrebbe da chiedersi cosa hanno a che fare i versetti 1 e 2 con i successivi versetti da 37 a 39.
Ebbene, per capire meglio il brano sarà utile capire che i primi due versetti servono per introdurci nel contesto della festa delle capanne a cui Gesù partecipò e che ebbe l’epilogo proprio nell’ultimo giorno di questa festa ed è importante soffermarsi sul versetto 37, il quale, letto così può lasciarci spiazzati a causa del fatto che, forse questo versetto rischia di lasciarci un’immagine fine a sé stessa, invece, si riferisce come scritto prima al tempo della “festa delle Capanne” (Sukot in ebraico) che abbiamo letto al versetto 2, soffermiamoci quindi un’istante sulla “festa delle Capanne”; buona parte del Cap.7 del Vangelo di Giovanni è dedicato alla presenza di Gesù a questa “festa”, che troviamo scritto dal versetto 10 in avanti, una festa molto sentita e partecipata dal popolo ebraico,…a motivo che,…questa festa, era una rievocazione storica del tempo in cui Israele era stato nel deserto abitando in tende, ma era anche la festa autunnale con la quale si concludeva il ciclo agricolo dell’anno, subito dopo la raccolta dell’uva e delle olive. Era quindi una festa di gioia e ringraziamento a Dio. (Pasqua – Pentecoste – Capanne).
Dobbiamo sapere che, nelle tradizioni ebraiche, l’acqua aveva un ruolo importante, in quanto era fondamentale per il ciclo agricolo, quindi, durante la festa si ringraziava Dio anche per la pioggia che aveva prodotto il raccolto e si pregava per la pioggia nei mesi successivi. Ad esempio, era usanza che un sacerdote portasse una brocca d’oro con acqua prelevata dalla vasca di Siloe guidando una processione in cui, la popolazione in festa seguiva cantando e ballando fino al tempio, dove il sommo sacerdote la versava sull’altare dentro due vasi d’argento. Questa cerimonia legata all’acqua faceva pensare anche al futuro spargimento dello Spirito Santo che gli Ebrei si aspettavano alla venuta del Messia con l’instaurazione del nuovo patto, ed era caratteristico che i rabbini leggessero e commentassero vari brani con riferimento all’acqua, come Isaia 12:3 “Voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza” oppure Ezechiele 36:25 “v’aspergerò d’acqua pura, e sarete puri”.
Le fonti della salvezza a cui Isaia si riferiva, l’acqua pura di cui essi sarebbero stati aspersi secondo Ezechiele, avrebbero trovato il loro adempimento proprio in Gesù e nello Spirito Santo che Egli avrebbe sparso dopo la sua morte e la sua risurrezione. Egli promise che, dopo la sua ascensione al Padre, avrebbe donato lo Spirito Santo ai suoi discepoli e a tutti coloro che in seguito avrebbero confidato in lui per la loro salvezza. Alla prima Pentecoste dopo la sua risurrezione la promessa si realizzò.
Ma, ritorniamo allo scenario della “festa”, al versetto 37, l’evangelista Giovanni sembra presentarci Gesù salito su qualche sommità, forse, nelle vicinanze del tempio, da dove poteva vedere tutti i passanti ed attrarre ad alta voce la loro attenzione su di sé esclamando: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.”
Uno scenario eccezionale per Giovanni!                                                                         
Infatti, non ci deve sfuggire come Giovanni inserisca queste parole di Gesù proprio in questa occasione e ci dia un’indicazione temporale (nell’ultimo giorno, il giorno più solenne) proprio a sottolineare che il culmine e la realizzazione di quelle attese di salvezza sono in Gesù, Colui dal quale andare per essere veramente dissetati.       Nel giorno più solenne in cui si ricorda e si invoca nuovamente la freschezza dell’acqua che disseta, rinfresca e dona nuove forze, Gesù esclamando Chi ha sete venga a me e beva, attirò l’attenzione su una verità fondamentale: egli era la vera sorgente d’acqua viva a cui gli Israeliti dovevano abbeverarsi.
Non è la prima né l’ultima volta che sentiamo parole simili nello stesso vangelo di Giovanni: chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:14);      
Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” (Giovanni 6:35). Ma anche in altri episodi biblici. (Matteo 11:28)
Ora che abbiamo inquadrato meglio la scena, diciamo la verità: la situazione è quasi imbarazzante!
Come se la gente radunata a questa festa si chiedesse: “Ma chi è questo? Cosa vuole?” Tutti stanno festeggiando e questo si alza e dice a gran voce: “quella salvezza che state chiedendo a Dio…ecco, sono io!”. Pensate se durante la Festa della Repubblica alla presenza del capo dello Stato Mattarella qualcuno dicesse: “il vero capo dello Stato sono io!”
Non è per nulla una posizione semplice, anzi, è molto provocatoria! Eppure…Giovanni, come un regista, lo mette lì, proprio per comunicare che Gesù è la “fonte” dell’acqua viva, quella vera. E che per riceverla, per dissetarsi, bisogna accostarsi a lui, bisogna credere in lui.
Le parole di Gesù, se proprio vogliamo dirla tutta, non sono solo scioccanti, ma sembrano anche poco chiare. A prima lettura, forse, ci è venuta in mente una immagine: “Gesù-fontana e tutti a bere”, ma da chi sgorgano effettivamente questi fiumi? Da Gesù o da chi crede? Fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno?
Forse volutamente c’è un po’ di ambiguità in questa immagine tra la fonte e i fiumi…tra chi genera l’acqua.
Noi ci possiamo certamente immedesimare negli assetati…ma, secondo le parole di Gesù, siamo anche i “rubinetti” di quell’acqua, ricordiamoci che dopo Pentecoste la responsabilità della missione è in mano alla Chiesa, e che i credenti stessi sono coloro dai quali sgorgano fiumi d’acqua viva. Se siamo chiamati ad accostarci a Lui in preghiera per essere dissetati, siamo anche chiamati ad accostarci gli uni gli altri nel servizio reciproco poiché da noi stessi sgorgheranno fiumi di acqua viva.
Il rapporto Gesù/fonte e credente/fiume ci chiama ad interrogarci sulla nostra azione missionaria di discepoli e discepole.
La fonte a cui andare per essere dissetati è Gesù, ma il fiume sgorga da chi crede. Il credente non è passivo, non si affida solo con fiducia per bere nell’incontro con Dio, ma viene trasformato da quella bevuta. Trasformato, possiamo dirlo senza essere irriverenti, in una specie di idrante!
Perché questa è l’immagine delle parole di Gesù. Un idrante che non riesce a fermarsi e che offre…“quasi senza poterla controllare” …acqua a chi incontra, e questa potrebbe essere una bella domanda da farci: cosa offriamo a chi incontriamo, cosa offriamo a chi sa che noi, con tutte le nostre difficoltà e i nostri dubbi, cerchiamo di bere a quella fontana di salvezza? Offriamo dell’acqua stagnante in tristi bicchieri di plastica oh…qualcosa di più copioso e travolgente?
Allora essere testimoni di ciò che Gesù fa per noi non è un esercizio solo razionale…la nostra passione…la nostra capacità di dare nuova vita sono messi in campo! Il getto d’acqua viva che passa dalle nostre anime deve essere talmente forte, vivo e inarrestabile da contagiare chi ci sta intorno e farlo diventare un getto d’acqua viva anche lui.
Non so voi, ma io ho la sensazione che invece spesso noi agiamo come idraulici improvvisati e chiudiamo o controlliamo quei rubinetti. Ci confondiamo con l’educazione ecologica al risparmio e vogliamo risparmiare l’acqua, contenere quella fuoriuscita di acqua viva perché ai nostri occhi sembra una falla da riparare o una perdita d’acqua esagerata che rischia di sprecarsi, eppure…Gesù usa parole chiare, non parla di cisterne né di pozzi, che pure possono contenere molta acqua ma parla di acqua VIVA! Quest’acqua VIVA non è semplice acqua. Non è solo acqua che disseta per qualche tempo, quindi, questa parola non deve farci pensare sicuramente ad una pozzanghera, ad uno stagno, ma nemmeno ad un bicchiere d’acqua fresca (graditissimo quando sei assetato!), anzi deve farci pensare a delle fontane di montagna con un getto potente, ruscelli che non si esauriscono, fiumi nei quali vivono pesci e altre creature…a degli idranti!
La promessa non è che diventiamo delle fontanelle. Il rapporto non è: Gesù è una fontana e noi siamo le fontanelle, ma...Gesù è una fontana che disseta e noi siamo i fiumi di acqua viva!
Perciò, devono risuonarci in mente, per poi metterle in pratica, le stesse parole di Gesù quando dice: “In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch'egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori” (Giovanni 14:12).
Una promessa quindi per chi crede di non essere all’altezza, per i timidi e le timide, Gesù ci dice: “tu farai cose maggiori di me!”.
Quindi, questo testo forse è anche un monito alla nostra indolenza…ed alla nostra ritualità. Come la processione della festa delle capanne viene spiazzata dalle parole provocatorie di Gesù, anche le nostre abitudini, le nostre ritualità, le cose fatte per inerzia…Gesù le smuove, le provoca, rimescolando le acque stagnanti e annunciano fiumi d’acqua viva.                                                                                                           Il vero senso di questa promessa è che, ogni credente in Cristo riceverà abbondantemente tramite lo Spirito Santo quanto occorre per i suoi bisogni spirituali, e diverrà sorgente di benedizioni per altri, mediante la sua parola, le sue opere e il suo esempio, le grazie vivificanti dello Spirito sgorgheranno come acque di vita per il bene eterno dei suoi simili.
Questa promessa di Gesù si estende anche a noi. Forse anche noi siamo legati a tradizioni religiose ma ci manca un vero rapporto con Dio, per questo Gesù ci invita ad andare a lui per abbeverarci alla vera sorgente, ricevere lo Spirito Santo e cominciare un cammino del quale non ci pentiremo. Egli non vuole che siamo una cisterna d’acqua stagnante, ma una sorgente d’acqua viva che ci trasforma. Al punto che noi stessi, possiamo diventare un idrante incontenibile che annuncia la luce che rischiara, l’amore che perdona, la vittoria della vita.
Amen

BENEDIZIONE  (Hermann Von Bezzel)
“Signore, lasciati trovare da chi Ti cerca. E a tutti coloro che Ti hanno trovato, dona la grazia di cercarti di nuovo”    
Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 24 maggio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

23/05/2020

Verbania, sabato 23 Maggio 2020




Buongiorno a tutte e a tutti.

Non vi è alcuna realtà, probabilmente, che in seno alla complessa e contraddittoria storia umana abbia incontrato più difficoltà a prender forma della libertà. In questo la fede e le chiese non fanno eccezione e, a più riprese, hanno cercato di mettersi al riparo da ciò che è sempre parso come un elemento indomito e, per ciò stesso, potenzialmente pericoloso. I testi biblici, al contrario, ne sono attraversati a più riprese e dalle loro pagine la libertà spicca ogni volta di nuovo il suo volo per ricevere inatteso, anelato asilo presso il nido di cuori audaci. Ed è al cuore – come il nostro incerto – di Nicodemo che Gesù si rivolge quando, al versetto 8 del capitolo 3 dell’evangelo giovanneo, pronuncia parole al contempo semplici e inafferrabili:

«Il vento soffia dove vuole e tu ne ascolti canto, ma non sai da dove provenga né dove si ritiri: così è anche ognuno che del vento sia figlia o figlio»

Noi e Dio, come nel racconto delle origini narrato nella Genesi, siamo accomunati dal vento, in cui si intrecciano, senza poter mai davvero attecchire, le instabili radici Sue e nostre. In quella pagina antica, difatti, noi prendiamo vita quando un soffio che da Dio proviene ci attraversa e ci vivifica, mettendo ogni cosa, dentro di noi, in subbuglio: e di questo alito perennemente inquieto rechiamo per tutta la vita l’indelebile impronta tatuata sottopelle. Ma è questa irrequietezza lo specchio della nostra somiglianza con Dio, la traccia di una similitudine che è intessuta di indomita, irrevocabile libertà.
Non ho mai compreso perché, nelle traduzioni di cui disponiamo, la medesima parola venga prima, per ben due volte, resa con il termine vento, per poi, nell’ultima occorrenza, diventare improvvisamente “spirito”.
In realtà, nelle parole che Gesù rivolge a Nicodemo, il termine che ricorre è sempre lo stesso: per questo io preferisco mantenerlo. Il Dio di Gesù odora di vento e ne possiede la stessa incontenibile effervescenza, che ne fa, di volta in volta, lieve carezza o soffio impetuoso.
E la sua è fragranza di libertà, di cui, come del vento, siamo figlie e figli e che rappresenta il cuore pulsante ed eternamente inquieto di quella fede che, ogni giorno, siamo chiamate e chiamati ad apprendere, trasformandola in volo.
In questo nessuno come i bimbi può esserci maestro, come ci ricorda, con la sua consueta leggerezza, lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano:

I prigionieri politici, in Uruguay, non possono parlare senza permesso, né fischiettare, sorridere, cantare, accelerare il passo o salutare un altro prigioniero. Allo stesso modo, non possono disegnare né ricevere disegni che ritraggano farfalle, stelle o uccellini. Didaskò Perez, maestro di scuola, imprigionato e torturato, riceve una domenica la visita della figlia Milay, di cinque anni, che porta con sé, per fargliene dono, il disegno di un uccellino. Gli inflessibili censori lo strappano all’ingresso del carcere davanti ai suoi occhi. La domenica successiva, Milay ha con sé il disegno di un albero: le permettono di portarlo all’interno, gli alberi non sono proibiti. Didaskò elogia quell’opera d’arte e domanda a Milay che cosa siano quei cerchietti variopinti che fanno capolino tra la chioma fitta dei rami: “Sono arance? Che frutti sono?”. La bimba gli fa segno di tacere. E in segreto gli sussurra: “Non vedi che sono occhi? Gli occhi degli uccellini che ti ho portato di nascosto”.[1]

Una volta ancora
Incerti, titubanti
Osiamo il volo
A cui – ridestàti –
Ci inviti
E in questo eterno
Inesausto ondeggiare
Ci riscopriamo
– Con Te, come Te –
Intessuti
Di vento


[1] Galeano, Eduardo «Pajaros prohibidos», in: Memorias del fuego, Siglo XXI, Buenos Aires, 1990.

Pastore Alessandro Esposito

17/05/2020

Domenica 17 Maggio - quinta dopo Pasqua


Care amiche, amici, sorelle e fratelli, quest’oggi celebriamo la quinta domenica dopo Pasqua, denominata: “Rogate” che tradotta dal latino significa “Pregate” e derivante dal testo biblico del Salmo 66:20 “Benedetto sia Dio, che non ha respinto la mia preghiera e non mi ha negato la sua grazia.”,
SALUTO
“Benedetto sia il Signore, rendiamo grazie a Dio. A noi sia data la pace e l’amore con la fede da parte di Dio nostro padre e del Signore nostro, Gesù Cristo. Amen

ASCOLTO DELLA PAROLA
Signore Dio Padre, la tua parola è una lampada al nostro piede, una luce sul nostro sentiero. Noi ti diamo lode e ti ringraziamo, perché oggi ancora ci doni la parola che illumina e salva. A te, che non ti riveli ai savi e agli intelligenti, ma ai piccoli fanciulli, chiediamo che le nostre parole umane non oscurino la tua parola, ma essa sola resti nella nostra bocca e nel nostro cuore, operi in noi e ci trasformi, ci dia la
forza di testimoniare il tuo amore ai vicini e ai lontani. Te lo chiediamo
nel nome di Gesù, la parola che si è fatta carne. Amen.

TESTO PER LA MEDITAZIONE
Giovanni 20, 19 – 23

La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato.
I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi».
Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti».

MEDITAZIONE
Un giorno, guardando una trasmissione televisiva che si chiama “Geo & Geo”, ho avuto modo di vedere varie chiese sparse per la Francia, ebbene, mi colpì molto una vetrata di una chiesa medievale francese, dove vi si raffiguravano due grandi figure…da una parte il Signore glorioso uscito dal sepolcro e dall’altra Sansone…che…secondo un racconto del libro biblico dei Giudici 16,1-3, sale in cima ad un monte portando su di sé le grandi porte della città che aveva scardinato dopo che i Filistei le avevano serrate per imprigionarlo all’interno della città di Gaza, nella quale si era recato (questo è meglio dirlo sottovoce) per “entrare da una prostituta”.
Comunque sia, il significato di quell’accostamento era molto chiaro: come Sansone ha frantumato le porte della nemica città filistea, così Gesù, uscendo dal sepolcro, ha frantumato le porte del potere della morte.
In questa apparizione ai suoi discepoli nel vangelo di Giovanni, Gesù risorto…deve abbattere altre porte, che non sono le “porte chiuse del luogo dove si trovavano i discepoli”… come abbiamo letto, quelle le ha già sovranamente superate. No, le porte che Gesù adesso deve abbattere…sono le barriere più dure della pietra che serrano l’animo dei discepoli.
Sì, Cristo deve abbattere gli sbarramenti della paura che ha afferrato i discepoli in un modo così forte che non hanno nemmeno osato credere alla testimonianza di Maria Maddalena, che era corsa da loro e aveva detto loro di aver visto il Signore risorto; e anche dopo che “Simone e il discepolo che Gesù amava” sono corsi alla tomba e l’hanno trovata vuota proprio come Maria aveva detto e sono tornati indietro a riferirlo, se ne stanno ben chiusi “per timore dei Giudei” …chi ha catturato e messo a morte Gesù, potrebbe benissimo, ora…prendersela anche con loro…
Ma poi, c’è anche, a serrare il loro cuore, “la paura della paura”. I discepoli sono pienamente coscienti di essere stati dei vigliacchi… ricordano benissimo il panico che li ha colti nel momento della cattura di Gesù, quando sono scappati a gambe levate, e l’hanno abbandonato. E adesso, appunto, c’è in loro la paura che provano per aver avuto paura: una “paura al quadrato” che non avrebbero mai pensato di provare e che li fa star male: la paura di fronte all’eventualità di incontrare Gesù… È così: se faticano a credere che il Signore è risorto è anche perché quasi preferirebbero che non fosse così: “Se Gesù è vivo, non potrà non rimproverarci, non rinfacciarci il nostro abbandono… E cosa ci dirà? E che volto farà? E, soprattutto…come ci punirà? …  No, forse è davvero meglio non incontrarlo più” …
Questa è la paura…il rimorso e la cattiva coscienza dei suoi discepoli: questi…sono i veri e duri ostacoli, cioè le solide porte sbarrate che Gesù deve infrangere.
E le infrange. Ma le infrange senza fare uso della forza… potremmo dire… con la potenza della sua misericordia proprio verso coloro che, nell’affidare a Maria Maddalena l’evangelo della sua risurrezione, ha per la prima volta chiamato i suoi “fratelli”.
Così…quando alla sera della Pasqua… “viene e si presenta” …non fa quello che essi giustamente temevano…non li rimprovera…non minaccia…non dà alcuna punizione, invece…dice loro: “Pace a voi”. e “detto questo, mostrò loro le mani e il costato”.
Se uniamo insieme le parole e il gesto di Gesù, noi capiamo quello che ha voluto dire a quel gruppetto angosciato: “Non abbiate paura! É vero: voi mi avete abbandonato. Sono rimasto solo, ho subito il processo, la condanna, e sono morto tutto solo sulla croce. Guardate: ecco nelle mie mani il segno dei chiodi…ecco quei buchi nella carne che non avete ancora visto mai, perché non c’eravate accanto al mio patibolo. Guardateli bene, ma non per ricordare in che brutta maniera mi avete abbandonato: adesso questi segni che porto nella carne sono segni di trionfo, di vittoria! Ricordate quando dissi: «Ora avviene il giudizio di questo mondo; ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo; e io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”» (Giovanni 12, 31-32). Con la mia croce ho giudicato il mondo ed ho sconfitto il male una volta per tutte. E da lì… “innalzato da terra”, ho cominciato ad “attirare a me” tutti quelli che in me hanno creduto…credono e crederanno. Eh…primi fra tutti… voglio attirare voi…voi che per primi avete creduto in me…voi…che nonostante le vostre paure, siete ancora i miei discepoli…i miei amici e…di più…ora siete i miei “fratelli” …
E il fatto che io sia qui davanti a voi… questa è la vostra pace. È la vittoria sulle vostre paure e sui vostri rimorsi. Sì…davvero e per sempre «Pace a voi!». Il passato è passato… conta solo il presente…conta solo il futuro…il vostro futuro…che poi è il mio futuro…perché voi siete miei…e “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” …
In questo modo e con queste parole, il Signore Risorto…trasforma i suoi discepoli in “apostoli”. Saranno i suoi inviati per annunciare al mondo l’evangelo, la notizia gioiosa che il male è vinto e la morte è sconfitta, ed inizia un mondo nuovo…il mondo di Gesù.
Ma saranno capaci quegli uomini che…(non dimentichiamolo)…sono ancora dentro la casa in cui li ha serrati la paura, di uscirne fuori e di affrontare il mondo?
Sì!!  Lo potranno fare…perché Gesù…diversamente da quello che hanno fatto loro…non li abbandonerà, rimarrà assieme a loro e… di più!!… sarà dentro di loro.
Siamo al momento decisivo del racconto: “Soffiò su di loro” e disse: “Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti”.
Vi ricordate…nel libro della Genesi?  Dio che soffia nell’uomo da lui appena plasmato “un alito vitale”, “e l’uomo” – dice il testo – “divenne un’anima vivente”? (cfr. Genesi 2:7)  Qui è in azione la stessa potenza creatrice.
Come il Dio della vita ha dato col suo soffio…vita all’uomo…così Gesù…risorto a vita nuova…dà…col suo soffio…vita nuova ai suoi; dà loro quel coraggio che non hanno; mette sulle loro labbra una parola che da sé non potrebbero mai dire; li rende portatori di quel perdono che hanno appena ricevuto, testimoni e strumenti della grazia…
Il nostro testo di oggi ci ha fatto contemplare Gesù che “soffia” sui discepoli il suo Spirito. E nella lettera dell’apostolo Paolo ai Romani 12, 9-18, Paolo ci parla della vita cristiana e vi è lì un’espressione che si riaggancia a quel soffio del Signore della sera di Pasqua: è l’invito ad essere “ferventi nello Spirito”, che si può anche tradurre “lasciate soffiare lo Spirito”.
Questo è importante…perché ci dice che lo Spirito del Signore…non opera soltanto in un contesto religioso, né soltanto per operare miracoli e prodigi, ma opera anche nella vita di ogni giorno.
Non c’è nulla di più concreto e di più quotidiano di quella pagina dell’apostolo Paolo: essere “gioiosi nella speranza”, “perseveranti nella preghiera”, attenti ai bisogni degli altri, esercitare l’accoglienza, non lasciarsi afferrare dal gusto della grandiosità… Cosa c’è di più semplice e concreto di questa serie di atteggiamenti con cui Paolo descrive la vita di coloro che “lasciano soffiare lo Spirito”?
Certo, lo sappiamo anche troppo bene: chi fra tutte/tutti noi può vantarsi di rispettare questo programma pure così semplice?
Però…vivere l’amore come credenti…non è questione di rispettare un programma, vuol dire invece, “lasciare soffiare lo Spirito”, che ci rende migliori di quanto siamo…ci consente e ci ha consentito in tutti questi anni di essere tutto sommato… “gioiosi nella speranza”, “perseveranti nella preghiera”, attenti ai bisogni degli altri, accoglienti con chi ha bisogno di accoglienza…
Poi certo…si può sempre far di meglio… ma a questo ci pensa lui, lo Spirito che soffia dove vuole e come vuole…
Ma adesso…sulle ali del soffio dello Spirito, pensiamo anche al futuro.
Nella pagina dell’apostolo Paolo…possiamo trovare…un’altra sua parola che può valere per tutte/tutti noi che dice: “Quanto all’onore, fate a gara nel rendervelo a vicenda”… considerando che…al posto di “onore” potremmo anche dire: “rispetto”.
Questo “onore” o “rispetto” non vuol dire “buona educazione”. Ci si può anche mandare a quel paese conservando il rispetto per l’altro, perché il rispetto è essenzialmente quello sguardo…che…posato sull’altro…coglie la sua importanza…edireila sua grandezza, che l’altro neanche immagina di avere e gli dà il tempo e il modo di manifestarla.
Sì…“rispettare”…vuol dire: “lasciare all’altro il tempo di crescere (e di crescere…non si finisce mai), accettandolo intanto per quello che è…anche coi suoi difetti”. Per questo…si può anche litigare…non perché “L’amore non è bello se non è litigarello” - che è una brutta frase fatta -  ma perché spesso…proprio la lite…se chiaramente è tra due persone che fondamentalmente si rispettano… segnala all’altro che si è creato uno squilibrio che va riequilibrato…una distanza che bisogna colmare.
Non che vi auguri di litigare, beninteso… voglio solo ricordare a voi…a me stesso…e a tutti che…è poi vero…che sovente i momenti di confronto chiaro ed esplicito fanno crescere…perché se ti parlo, vuol dire che, nei tuoi confronti, nutro un certo rispetto e se ti parlo anche a voce un po’ troppo alta…è perché ti considero in grado di ascoltarmi… se non ti parlassi, se facessi finta di niente…vorrebbe dire che non ti considererei… ma credo proprio che…noi…questo pericolo di “far finta di niente” non lo abbiamo mai corso e non lo correremo nel futuro…
Siamo dei caratteri forti…e se…siamo ancora qui…è perché abbiamo saputo confrontarci quando occorreva sempre in maniera costruttiva…sempre accettando e rispettando l’altro…e questo…è l’amore CRISTIANO…quello vero… non quello romantico…che alla fine regge poco… basta che non ci sia la luna piena…e l’incanto sfuma via…
Però c’è anche bisogno di un pizzico di romanticismo…ed è per questo che finisco con una poesia (penso che finire così è romantico…). È una poesia di Virginia Satir (francese), che tocca proprio la nozione evangelica del “rispetto”…e dell’“onore da rendersi a vicenda”:
“Io voglio amarti senza avvinghiarmi a te,
voglio apprezzarti senza giudicarti,
raggiungerti senza invaderti,
invitarti senza insistere troppo,
criticarti senza biasimarti,
aiutarti senza sminuirti.
Se tu mi vuoi concedere la medesima cosa,
allora noi potremo veramente incontrarci sempre e sempre di nuovo
e arricchirci l’un l’altro”.

Che il Signore continui a far soffiare il suo Spirito concreto e quotidiano sul nostro voler continuare ad amarci e che lo lasci soffiare su tutte e tutti noi. Amen

BENEDIZIONE
“Il Dio della pazienza e della consolazione ci conceda di vivere gli uni accanto agli altri in buona armonia, affinché unanimi e con una sola bocca noi rendiamo gloria a Dio, Padre di Gesù Cristo.”    
Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 17 maggio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

10/05/2020

DOMENICA 10 MAGGIO 2020


Care amiche, amici, sorelle e fratelli, oggi è la quarta domenica dopo Pasqua, denominata: “Cantate” derivante dal testo biblico del Salmo 98:1 “Cantate al Signore un cantico nuovo, perché egli ha operato prodigi”, oggi lascerei che siano le parole di Hans Küng a salutarci: “In tutte le chiese si incontrano oggi molte persone che vogliono andare al di là di una fede infantile, credenti che non si attendono solo un mazzetto di citazioni bibliche, cristiani che non vedono più l’ultima istanza in formule infallibili della scrittura (protestanti), della tradizione (ortodossi) o del magistero (cattolici). Tutti costoro non vogliono un cristianesimo a prezzi di liquidazione ma cercano la via verso la verità integrale dell’essere cristiani, poiché l’essere o il non essere cristiano rientra per ciascuno di noi entro una sfera rigorosamente personale”. Amen [Hans Küng, “Essere cristiani”, Mondadori, pp. 7-8]

ASCOLTO DELLA PAROLA
Signore, che sei lo stesso oggi come ieri, e sempre, non immobile e immutabile ma vivo e fedele, noi Ti ringraziamo di poterci ancora riunire e leggere quanto hai da dirci anche oggi tramite la Tua Parola che ci interpella e che dà un senso alla nostra vita di cristiani, la quale rianima la nostra speranza e ci riempie di pace senza per questo addormentarci, sii benedetto per tutto questo e fa che la Tua Parola sia rettamente annunciata, che la riceviamo e la viviamo. Amen

TESTO PER LA MEDITAZIONE
Colossesi 3,  12 – 17
"12 Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. 13 Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. 14 Al di sopra di tutte queste cose, rivestitevi dell'amore che è il vincolo della perfezione. 15 E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. 16 La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali. 17 Qualunque cosa facciate, in parole o in opere fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui."
MEDITAZIONE
Care sorelle/fratelli, in questo contenuto della lettera scritta dall’Apostolo Paolo ai Colossesi  mentre era in prigione (e quindi databile con ogni probabilità tra il 60 e il 62 d.C. a Roma), ci troviamo di fronte ad esortazioni per confutare degli insegnamenti errati, il brano che vorrei sottoporre alla vostra attenzione oggi, pone l’accento in modo particolare su una frase: “Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio”, l’apostolo con la parola “Rivestitevi” è come se usasse un’immagine, questa immagine potremmo paragonarla ad un abito che dobbiamo indossare, il quale, è fatto del seguente "materiale": Sentimenti di misericordia, benevolenza, umiltà, mansuetudine, pazienza, tolleranza, disposizione al perdono.
Qualcuno si chiederà come possono nascere in noi tutte queste virtù.                                                                            
Queste virtù possono nascere attraverso i mezzi che Dio ci ha messo a disposizione quali: lo Spirito Santo, la Sua Parola (Bibbia), il governo della Chiesa, i Culti (funzioni religiose) e la Preghiera.
Sì, lo Spirito Santo e la Parola di Dio sono lo strumento fondamentale dell'opera del Signore in tutte/tutti noi, insieme ci rigenerano, ci convertono e ci aprono la mente, trasmettendo dentro di noi vita spirituale, rinnovando in noi volontà e facoltà per ubbidire ai Suoi comandi e per usufruire della Redenzione che è in Cristo Gesù.
La Parola di Dio, però, non è limitata alla "fase iniziale" della conversione, essa, in tutta la sua ricchezza, deve abitare, dimorare, essere sempre presente in noi con abbondanza, per poter avere autorevole sapienza ed essere in grado tramite noi stessi di istruire e di esortare gli altri.
Un’altra esortazione è quella descritta al v.16 che dice: 16 La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali.
L'esigenza che la Parola di Dio dimori in noi abbondantemente non è una qualche verità specializzata o ristretta, accordata nella comunità cristiana ad alcune persone soltanto, perché tutto ciò che Cristo ci ha comandato deve essere fedelmente creduto ed eseguito da ogni cristiano degno di questo nome, ecco allora che, oltre alla quotidiana lettura e meditazione della Parola di Dio, dobbiamo cantare salmi, inni e cantici che esprimano la verità rivelata, testi ispirati in grado di "parlare al cuore". Dobbiamo cantare volentieri, di tutto cuore, con gratitudine, riconoscenza, e "sotto l'impulso della grazia", cioè, consapevoli della grazia di Dio che ci è stata fatta, così che la Parola di Dio letta, meditata, ed anche cantata, diventa un mezzo per condizionare ed influenzare noi stessi ed altri a pensare, parlare ed agire nello spirito di Cristo, conformando così le nostre vite alla Sua volontà, perché se noi non ci lasciamo condizionare e determinare dalla Parola di Cristo che, secondo le Sue stesse parole, ci dona autentica libertà, saranno "altri spiriti", altre idee, altre "canzoni" a sviarci su altre strade che non sono dettate dal seguire la volontà del Signore, questo è il motivo per cui Iddio, ha ritenuto importante che noi, nel culto che a Lui è dovuto, usassimo il mezzo della musica e del canto; un canto il cui contenuto fosse la Parola ispirata da Lui, in particolare, quella dei Salmi, le cui parole sono espressione di lode e di riconoscenza verso Dio e non sarà mai una melodia agli orecchi di Dio, tutto ciò che non è cantato di tutto cuore e sospinto dalla grazia di Dio in noi. Non è questione di essere stonati o non saper cantare. Una stonatura fatta di tutto cuore è meglio di un "Pavarotti" che canta in modo ipocrita!
L'importanza del canto nel culto della Chiesa delle origini è illustrata in una lettera scritta dallo storico Plinio all'imperatore Traiano nell'anno 112 circa. Plinio, storico pagano, riferisce che i cristiani della sua provincia si raccoglievano regolarmente in un giorno fissato, prima dell'alba per cantare, per antifone, "un inno a Cristo come a un Dio". L'antifona, dal greco "che suona in risposta" è l'alternarsi di due voci o di due gruppi di strumenti. È il sistema per il quale il celebrante canta una strofa del Salmo e la comunità canta la seconda strofa come risposta, e così via, oppure lo stesso salmo cantato da due gruppi della comunità riunita.
Qualcuno potrebbe anche chiedersi come mai l’apostolo Paolo dice: "cantate di cuore a Dio, sotto l’impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali."  per il  fatto che per molti non è chiara la differenza che c’è tra: Salmi, Inni e Cantici spirituali, quindi cercherò di spiegare di che cosa si tratta.
La parola "Salmi", può indicare il fatto che la Chiesa cristiana praticasse l'usanza israelita di cantare i Salmi della Bibbia. La cosa è evidente anche dalla storia della Chiesa. I cristiani di ogni tipo hanno sempre cantato i Salmi della Bibbia, in quanto ci sono stati dati da Dio come il nostro libro di canto per eccellenza. Canzoni ispirate da Dio! Che ci potrebbe essere di meglio?
Gli "inni" erano probabilmente simili agli esempi di lode cristiana che sembrano essere stati incorporati nel Nuovo Testamento (ad es. Efesini 5:14; 1°Timoteo 3:16), certamente anche questi li aveva ispirati Iddio e desidera che noi li utilizziamo preferendoli ad altre parole. Oltre ai Salmi, mi sembra evidente che Dio vuole che noi cantiamo le parole più vibranti, ed a questo adatte, del resto delle Scritture.
I "cantici spirituali" vengono così designati per mostrare la fonte della loro ispirazione: spesso degli autori cristiani hanno composto dei canti per esprimere la loro fede, il loro amore per Dio, la loro lode e la loro adorazione per la meravigliosa grazia di cui sono stati fatti oggetto da Dio…e possono essere spirituali solo quando esprimono esperienze autentiche e riflettono fedelmente ciò che la Scrittura afferma. In ogni caso l'aggettivo "spirituali" può essere attribuito a tutt'e tre: Salmi, inni e cantici.
L'opera redentrice di Cristo ha sempre prodotto una grande diffusione, da parte del Suo popolo, di inni di lode, spesso tratti da frasi dell'Antico Testamento (1).                               
Lo stesso Paolo usava la musica nel suo culto personale (2).                                          
Anche i "cantici nuovi" dell'Apocalisse sono essi stessi un’evidenza di quanto vibrante fosse il culto della Chiesa delle origini (3).
 In Conclusione, possiamo dire che…il canto è parte integrante del culto che Dio ha stabilito, e, da parte nostra, dovremmo renderlo sempre più ricco e significativo; sarà significativo quando noi cantiamo con gioia e riconoscenza, ma soprattutto quando questo rifletterà la Parola di Dio che è stata messa in musica nel corso dei secoli da tanti credenti, a tal proposito, vi è un disco di Fabrizio De Andrè (che non si professava cristiano nel senso dell'appartenenza ecclesiale) intitolato "La buona novella", il quale è ispirato ai vangeli apocrifi (dunque non riconosciuti come Scrittura sacra dalle chiese) che è una vera e propria miniera, sia dal punto di vista musicale che sotto l'aspetto di una spiritualità libera da qualsivoglia direttiva ecclesiastica. Il canto è infatti uno degli strumenti che Iddio ci ha donato affinché si radichi in noi la Sua verità rivelata in grado di "parlare al cuore".   
Che il Signore dunque ci benedica quando noi canteremo canti dedicati a Lui, per il motivo che, tramite il canto, Dio vuole toccare il nostro cuore con il Suo tocco di guarigione.
AMEN
(1)   Luca 2:13-14; 29-32  (2) Atti degli Apostoli 16:25  (3) Apocalisse 5:9.10; 11:15; 15:3,4.
(Giampaolo Castelletti, domenica 10 maggio 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

BENEDIZIONE
“Al di sopra di tutte queste cose vestitevi dell’amore, che è il vincolo                      della perfezione. E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere        un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti.”    
(Colossesi 3,  14-15)
Amen