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23/09/2024

 

Predicazione di domenica 22 settembre 2024 su Galati 3,26-29 a cura di Marco Gisola

  perché siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù. Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù. Se siete di Cristo, siete dunque discendenza di Abraamo, eredi secondo la promessa.



Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina… Una delle parole più belle, più rivoluzionarie e più citate della Bibbia.

Ma che cos’è questa parola? È un desiderio? È un sogno? È un’utopia?

No, è una realtà: qui non c'è né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina. Paolo usa verbo all’indicativo presente: non dice “non dovrebbe esserci”, non dice “non ci sarà”, magari riferendosi al regno di Dio. No, dice non c’è, qui, adesso.

Ma qui dove? Qui in Cristo. È di questo che sta parlando l’apostolo. In Cristo non c’è né Giudeo né greco, né italiano, né brasiliano, né svizzero, né inglese, né africano, né asiatico. Né schiavo, né libero. Né maschio né femmina, né etero, né omosessuale, né transessuale.

In Cristo questo è una realtà, cioè per Dio è veramente così, per Dio non c’è né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina. Per Dio le nostre differenze umane, sociali, culturali, etniche, di genere non contano.

Questo “non c’è” non significa che le differenze, cioè le diverse identità e le diverse situazioni non esistono più. Significa che non contano più, che in Cristo non contano più. Significa che le differenze ci sono, ovviamente, ma non sono più causa né di divisione, né di discriminazione.

E pensate a che tipo di differenze sta facendo riferimento Paolo! Quella tra giudei e greci – ovvero tra ebrei e non ebrei, tra ebrei e tutti gli altri popoli – è quella che da sempre distingue chi appartiene al popolo di Dio e chi no.

Quella tra schiavi e liberi è una differenza sociale su cui si è fondata tutta la società antica - i templi greci, il Colosseo o le piramidi egizie li hanno costruiti gli schiavi! - ma anche la società cosiddetta occidentale fino alla fine dell’ottocento.

Quella tra uomini e donne è tristemente attuale ancora oggi, anzi attualissima, e non solo nei paesi in cui per legge le donne sono ancora oggi considerate inferiori, ma anche qui nella nostra società dove le differenze nel carico del lavoro domestico e di cura e le differenze di paga sono evidenti.

Sono dunque enormi le differenze di cui parla Paolo e di cui dice: in Cristo non ci sono più.

Una parola talmente grande, talmente meravigliosa che dopo duemila anni che è stata scritta nero su bianco facciamo fatica a viverla davvero. Anche noi facciamo ancora fatica a viverla.

Ma prima di parlare di noi e di dire che tra noi differenze e discriminazioni ci sono eccome, è importante dire che invece, qui, in Cristo non c’è né giudeo né greco, né schiavo né libero, né maschi né femmina. È importante dire che questa è una realtà.

È importante dirlo perché questo è l’evangelo, questa è la rivoluzione dell’evangelo che è vera, che è già vera in Cristo anche quando non è vera nella nostra società o nelle nostre chiese.

In Cristo è così, in Cristo le differenze non sono discriminazioni, non comportano scale di valori, non danno vita a gerarchie.

È importante che – per usare le categorie di Paolo – greci, schiavi e femmine sappiano che in Cristo non sono più inferiori a giudei, liberi e maschi.

E se Paolo menziona queste tre enormi differenze che al suo tempo volevano dire che alcuni erano superiori e altri inferiori, noi possiamo estendere il discorso a tutte le differenze umane:

Le differenze esistono, ma non implicano differenze di valore e quindi superiorità degli uni e inferiorità degli altri. Siamo tutti uguali.

Potremmo dire: diversi ma uguali. Diversi nelle caratteristiche personali, nelle abitudini, nella cultura, nel modo di parlare, anche di pensare.

Ma uguali in Cristo, di ugual valore, perché uguale è l’amore che Dio ha manifestato a tutti e tutte noi, uguali sono le parole che Cristo ha detto per ciascuno e ciascuna di noi.

E uguale è la croce, la stessa e unica croce su cui Cristo è morto per ciascuno e ciascuna di noi.

E uguale è la parola dell’evangelo di Pasqua che a tutti e tutte dice “Cristo è risorto”: è risorto per te giudeo, per te greco, per te schiavo, per te libero, per te maschio, per te femmina.

E potremmo aggiungere tutti i “per te” che ci vengono in mente, potremmo aggiungere l’elenco di tutte le umane differenze che ci vengono in mente, di età, di genere, di luogo di provenienza, di istruzione, di ricchezza, di orientamento sessuale, di cultura…

Diversi, in tutte le nostre umanissime differenze, ma uguali, perché ugualmente amati e redenti in Cristo.

Umanamente parlando, io sono diverso da te, forse in alcune cose diversissimo. In Cristo invece sono uguale a te e tu sei uguale a me. Perché siamo ugualmente amati e salvati in Cristo.

E quindi: umanamente per te io sono un maschio di una certa età, con le mie idee e la mia cultura, le mie abitudini, i miei pregi e i miei difetti.

E in Cristo? In Cristo tutto ciò passa in secondo piano, in Cristo tutto ciò non conta, in Cristo siamo semplicemente figli e figlie di Dio: “siete tutti figli di Dio per la fede in Cristo Gesù”, dice Paolo.

In Cristo siamo semplicemente figli e dunque sorelle e fratelli, che non è un titolo, non è un appellativo, non è una formula di cortesia: è la conseguenza del fatto che in Cristo tutte le nostre differenze passano in secondo piano e siamo prima di tutto figli e figlie di Dio e quindi sorelle e fratelli.

Lo siamo non per nostra decisione, ma “per la fede in Cristo Gesù”, che ha reso possibile questo.

Non siamo più nient’altro che sorelle e fratelli. Siamo semplicemente sorelle e fratelli.

Semplicemente” per modo di dire. Perché non è affatto facile essere sorelle e fratelli gli uni delle altre. Perché la croce di Cristo ha cancellato i miei peccati, ma non i miei difetti, non il mio carattere, non il mio modo di essere. E lo stesso vale per te.

E quindi se l’essere figli di Dio e l’essere uguali in Cristo è una realtà, è evangelo, è dono, vivere la fratellanza e la sorellanza invece è un compito, è la nostra vocazione, è il nostro lavoro quotidiano.

Che inizia dal credere a questa parola, inizia dal prenderla sul serio e quindi dal nostro modo di guardare l’altra persona.

Nell’altra persona vedo il giudeo, il greco, il maschio, la femmina? O prima di questo, e prima di tutto, vedo il mio fratello e la mia sorella?

Il mio sguardo ha bisogno di essere convertito da questa Parola e liberato da tutti i pregiudizi.

E poi è necessario lavorare su se stessi e sulla relazione, vuol dire imparare cose che non sempre vengono spontanee, come ascoltarsi, cercare di comprendersi e di mettersi nei panni dell’altro – cosa molto difficile – vuol dire qualche volta perdonare e qualche altra volta saper chiedere scusa.

Questo lavoro ricomincia ogni giorno, ad ogni incontro che facciamo, in ogni relazione che intessiamo, per provare a vivere nella nostra vita quello che in Cristo è una realtà che lui stesso ha realizzato e ci ha donato: l’essere figli e figlie di Dio e quindi sorelle e fratelli, uguali in lui.

Il segno di questo essere uno in Cristo, di essere uguali in Cristo è il battesimo: “Infatti voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo”.

Il battesimo è il segno dell’appartenenza a Cristo. Non alla chiesa, a Cristo. Questa è la ragione per cui il battesimo è unico e le nostre chiese non lo ripetono.

Il battesimo è il segno che ci lega a Cristo nella sua morte e resurrezione. In Cristo muore il giudeo, il greco, lo schiavo, il libero, il maschio e la femmina e risorge il figlio di Dio, la figlia di Dio, ovvero la sorella, il fratello.

Questo ovviamente non accade nel battesimo, ma accade – anzi è accaduto – in Cristo, nella sua morte e resurrezione. Ma il battesimo né è il segno, il battesimo significa questo.

Significa che chi viene battezzato non è né giudeo, né greco, né schiavo, né libero, né maschio, né femmina. È solo più figlio e figlia di Dio. È solo più tuo fratello e tua sorella.

Ogni volta che celebriamo un battesimo, o che abbiamo celebrato un battesimo - anche il nostro battesimo, quello che abbiamo ricevuto ciascuno e ciascuna di noi – affermiamo una cosa molto importante:

affermiamo che quello che è vero in Cristo è vero anche per noi, che non solo in Cristo, ma anche per noi non vi è più né giudeo né greco, né altra differenza che ci impedisca di essere tutti uguali e di essere uno in Cristo.

Vivere questo è la nostra sfida e il nostro compito. Saperlo e crederlo è la nostra gioia e la nostra speranza.



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