Culti
Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9
Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11
27/11/2014
24/11/2014
18/11/2014
15/11/2014
La speranza del ritorno di Cristo deve stimolare il nostro impegno quotidiano
"Quanto poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno abbia a sorprendervi come un ladro; perché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri". (1Tessalonicesi 5,1-6)
Meditazione del past.Jean-Félix Kamba Nzolo
Quando ritornerà il Signore?
La storia del Cristianesimo potrebbe essere riassunta attraverso la storia del rapporto con l’attesa del Regno di Dio. I cristiani dei tempi apostolici erano convinti che dopo la sua ascensione in cielo, Gesù sarebbe ritornato di lì a poco. Nella comunità cristiana di Tessalonica molti, infatti, pensando che il ritorno di Cristo (parusia) fosse imminente, s’erano abbandonati a isterismi, lasciando la loro vita professionale e gli impegni quotidiani. Alla domanda quando ritornerà il Signore, si aggiungeva un’altra domanda: Cosa ne sarà di chi muore nel frattempo, prima che Gesù ritorni?
L’apostolo Paolo risponde a queste domande e a queste preoccupazioni che egli prende molto sul serio, orientandole, tuttavia, in un’altra direzione: il problema non è quando il Signore verrà, ma come viviamo noi l’attesa. Il ritorno di Gesù trionfante, oggetto della speranza cristiana, non ci esime dall’impegnarci nel quotidiano per costruire un mondo più umano e più fraterno.
L’invito che l’apostolo rivolge ai Tessalonicesi e a noi, è di vivere ogni istante del tempo di attesa in modo consapevole e responsabile, sapendo che verrà un giorno in cui ciascuno dovrà rendere conto di ciò che ha fatto durante il tempo concessogli da Dio.
Il tempo che Dio ci dà non va usato egoisticamente per appagare i propri desideri di potere e di ricchezza, ma è un tempo di grazia (kairos), un tempo favorevole per convertirci a Dio, per camminare nella luce della Sua Parola, per vivere nell’amore per Lui e per il nostro prossimo.
Alla domanda su che cosa avrebbe fatto se il mondo fosse finito il giorno dopo, il riformatore Martin Lutero rispose :“Oggi pianterei comunque ancora un melo”, Con questa risposta “strana” Lutero intendeva dire che, ciò che conta non è temere un avvenire incerto, ma lavorare già da oggi nella vigna del Signore e vivere fin d’ora il Regno di Dio nella nostra vita di tutti i giorni.
Ai Tessalonicesi desiderosi di sapere quando verrà il giorno del Signore, Paolo risponde con un immagine che non ha bisogno di spiegazioni: <<il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte>>. L’importante, dunque, è tenersi pronto, vegliare per non cadere nel sonno ingannatore; per non rinchiudersi nella conchiglia della propria vita privata, in altre parole, nell’egoismo e nell’indifferenza di fronte agli altri e tutto ciò che succede nel mondo.
Essere cristiani significa, non solo essere portatori del nome di Cristo, (cristiani a parole), ma significa essere portatori di una parola da ascoltare, da vivere e da trasmettere: la Parola dell’amore di Dio testimoniato da Gesù in parole e azioni. La responsabilità dei figli e delle figlie della luce a cui siamo invitati consiste nel trarre l’ispirazione dall’esempio di Gesù Cristo, nel seguire le sue orme e nel diventare a nostra volta delle piccole luci che manifestano l’amore di Dio nel mondo dell’odio, dell’ ignoranza, dell’egoismo e dell’indifferenza.
Il credere in Gesù si realizza in una vita del discepolato (sequela). Non c’è nulla da inventare, perché tutto è già stato fatto da Gesù; per noi è sufficiente ripetere ciò che egli ha fatto: predicato il Regno di Dio; amato il proprio prossimo; accompagnato gli ultimi; curato i malati; sostenuto i deboli; liberato gli oppressi.
Così noi contribuiamo a costruire un mondo nuovo secondo la volontà di Dio e rendiamo testimonianza al Suo Regno, in parte, già presente in mezzo a noi.
11/11/2014
"Ponti non barriere". Tredicesima Giornata del Dialogo Cristiano-Islamico a Verbania
Durante
le celebrazioni della XIII° Giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico, 27 ottobre 2014, è
stata collocata sul ponte del torrente San Bernardino tra quartiere
di Sant’Anna e Sassonia riportante il testo: “Costruiamo
ponti non barriere per un cammino di pace”. Un simbolo permanente e un messaggio inequivocabile rivolto alla cittadinanza verbanese per costruire insieme una città aperta
al dialogo e al rispetto delle diversità.
La cerimonia dell’inaugurazione è stata
presenziata dall’Amministrazione comunale di Verbania, per la quale era
presente il vicesindaco, da rappresentanti nonché da membri delle chiese
cristiane (Chiesa Evangelica Metodista, Parrocchie
Cattoliche del Verbano) e della Comunità Musulmana del VCO.
06/11/2014
20/10/2014
16/10/2014
Riforma: lasciarsi ri-formare dall'Evangelo
Riflessioni in vista dell'anniversario della Riforma
di Giorgio Tourn

Gli storici cattolici del XX secolo hanno obiettato che il profondo rinnovamento ad opera del concilio di Trento non era tanto una presa di distanza dalle posizioni evangeliche (anche se aveva sotto alcuni aspetti anche quel carattere) quanto l’attuazione di una vera riforma per cui, storicamente parlando, si deve usare l’espressione «riforma cattolica» più che Controriforma. E di fatto è così per due motivi.
Anzitutto perché la riforma della chiesa era un progetto coltivato da tempo in tutti gli ambienti del cattolicesimo dell’epoca. Alessandro VI aveva già nominato una commissione per questo, i camaldolesi la chiedevano al papa Leone X, la auspicano i cardinali al quinto concilio del Laterano, la prevede Paolo III, formando una apposita commissione con il fior fiore del collegio cardinalizio, e sarà lui che convocherà il concilio nel 1545.
Tutto questo è perfettamente coerente perché la riforma è un programma di lavoro che accompagna la cristianità dal Medioevo, la chiesa cattolica si è sempre riformata, aggiornata, riassestata, ha sempre revisionato le sue posizioni, non ci è forse accaduto di recente di udire un autorevole prelato usare l’espressione sempre reformanda», che appartiene in realtà alla tradizione calvinista?
Parlare di Riforma cattolica è pertinente per un secondo motivo, complementare. Né Lutero né i suoi amici dello schieramento evangelico avevano come progetto la riforma della chiesa, volevano altro, molto altro. Lo dice molto bene una immagine di Lutero: lo Spirito passa nella storia come un temporale d’estate, bisogna saperlo vedere, dopo è troppo tardi e non torna più.
Alla base di questo paradosso sta l’idea che il rinnovamento della chiesa non è opera del popolo credente e tanto meno dei suoi vertici, ma dello Spirito di Cristo, l’Evangelo che riforma la chiesa quando lo si lascia parlare, e quando non lo si ascolta c’è il rischio che sia come il temporale quando è passato, resti a zappare il campo ma non piove più.
Non è certo un caso che, proprio mentre il papa Paolo III affidava a quattro cardinali integerrimi il compito di mettere ordine nella Dataria (l’ufficio finanziario della curia), Lutero traducesse la Bibbia. Egli e i suoi amici però, in Sassonia, a Zurigo, a Ginevra, hanno dato alla comunità dei credenti una nuova forma; non era quella una ri-forma? Certo, ma in gioco non era la «forma», cioè il modo più rispondente per essere chiesa nel mondo, ma il «ri» cioè la richiesta di fedeltà formulata dall’Evangelo.
Come protestanti dovremo forse riflettere su tutto questo il 31 ottobre prossimo, specie in vista del 2017, anniversario di quel 1517.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)