Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

10/08/2020

09 Agosto 2020 10^ Domenica dopo Pentecoste - 9^ Domenica dopo la Trinità

 

Accoglienza

Buongiorno a tutte e a tutti, il versetto che accompagna la decima domenica dopo Pentecoste è preso dall’evangelista Luca con questa frase: “A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà”. (Luca 12 : 48)

Saluto (Dietrich Bonhoeffer)

Spirito Santo, donami la fede, che dalla disperazione, dalle brame e dai vizi mi salva; donami l’amore per Dio e per gli uomini, che estirpa ogni odio ed amarezza; donami la speranza, che mi libera dal timore e dallo scoraggiamento. Insegnami a conoscere Gesù il Cristo e a fare il Suo volere. Amen.

Lode

Dio nostro, i tuoi benefici in nostro favore sono davvero innumerevoli ed è per questo che noi esultiamo alla Tua presenza, in quanto, non potremo mai descriverli in modo adeguato, eppure tu ci affidi i tuoi talenti proprio perché possiamo raccontare le tue opere meravigliose e, mediante il sostegno del tuo Spirito, possiamo proclamare la tua salvezza ed il soccorso che ci hai donato in Cristo. Tutto quello che tu compi suscita in noi fiducia, ci libera e ci aiuta ad affrontare le difficoltà ed i problemi che a noi sembrano insolubili. Per questo ti lodiamo e veniamo a te, che ci incontri nella tua parola. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore Dio nostro, Tu ci chiami al Tuo servizio e ci colmi dei Tuoi doni. Ci permetti di impegnare le nostre forze e di spendere noi stessi, e quando l’abbiamo fatto ci accorgiamo che quello che riceviamo da Te è sempre più di quello che Ti abbiamo dato. Così agisce la Tua grazia. Illuminaci anche oggi con la Tua parola, in modo che possiamo uscire da questo culto fortificati, per riprendere a camminare sui sentieri sicuri che Tu apri davanti a noi. Amen.

 

 

Testo biblico

Geremia 1,  11 – 19   

 Poi la parola del Signore mi fu rivolta in questi termini: «Geremia, che cosa vedi?» Io risposi: «Vedo un ramo di mandorlo». E il Signore mi disse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per mandarla ad effetto».

La parola del Signore mi fu rivolta per la seconda volta: «Che cosa vedi?» Io risposi: «Vedo una gran pentola che bolle e ha la bocca rivolta dal settentrione in qua». E il Signore mi disse: «Dal settentrione verrà fuori la calamità su tutti gli abitanti del paese. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i popoli dei regni del settentrione», dice il Signore; «essi verranno, e porranno ognuno il suo trono all’ingresso delle porte di Gerusalemme, contro tutte le sue mura all’intorno, e contro tutte le città di Giuda. Pronunzierò i miei giudizi contro di loro, a causa di tutta la loro malvagità, perché mi hanno abbandonato e hanno offerto il loro incenso ad altri dèi, e si sono prostrati davanti all’opera delle loro mani. Tu dunque, cingiti i fianchi, àlzati, e di’ loro tutto quello che io ti comanderò. Non lasciarti sgomentare da loro, affinché io non ti renda sgomento in loro presenza. Ecco, oggi io ti stabilisco come una città fortificata, come una colonna di ferro e come un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda, contro i suoi prìncipi, contro i suoi sacerdoti e contro il popolo del paese. Essi ti faranno la guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per liberarti», dice il Signore.

 

Esposizione del brano biblico

 Questi versetti sono il dialogo tra il Signore e Geremia, dialogo che riguarda l’inevitabile messaggio che Geremia dovrà dare al popolo ribelle sul giudizio di Dio nei loro confronti, a motivo che…hanno infranto il patto con Lui e hanno disatteso le leggi e le promesse date ad Israele, questo dialogo si contraddistingue perché per ben due volte in questo testo, il Signore interpella Geremia chiedendogli cosa egli vedesse, lo fa perché vuole trasmettere un preciso messaggio al suo profeta attraverso due visioni ben precise; questo era un metodo che Dio usava spesso nell’Antico Testamento, il metodo è costituito dalla visione e dalla spiegazione della visione, in effetti, abbiamo letto che la Parola del Signore rivolgendosi a Geremia gli domanda: “Cosa vedi, Geremia?”. Geremia non deve solo ascoltare ma deve anche guardarsi attorno e descrivere la realtà che lo circonda per il motivo che la potenza di Dio racchiude la materia di cui il mondo è formato. E la Parola che nei versetti precedenti all’undici si era fatta nutrimento del corpo del profeta, ora si fa corpo essa stessa, dice a Geremia di guardarsi intorno perché la Parola si trova anche negli oggetti concreti che servono da messaggio, insegnamento e rivelazione…Geremia parlando dice: “Vedo un ramo di mandorlo” (ebraico shaqed, che significa vigilare), il quale non è altro che un frammento ordinario di realtà, nulla di prodigioso e sconvolgente; ma in quel ramo e in quei fiori in sé così normali, Geremia può cogliere Dio, questa presenza viva di Dio, ora gli parla e si rivolge ai suoi dubbi: “Pensi che il tuo compito sia impossibile? che tu, un essere umano così fragile non possa parlare a nome mio, perché solo Dio può parlare di Dio? Sappi che, se ho affidato a te la mia Parola, ‘io vigilo su lei per mandarla ad effetto’. Non dipende da te che il fiore del mandorlo sbocci nella sua stagione prima di ogni altro fiore e nello stesso modo non dipende da te che la mia Parola trovi la sua realizzazione nella storia.

E proprio della storia parla l’altra visione: “la grande pentola che bolle ed ha la bocca rivolta dal settentrione in qui”. Come quella “pentola”…tutta la terra “bolle” e Geremia sarà scaraventato nel cuore stesso di questo ribollire. Sì, il dolce interprete del “mandorlo fiorito” sarà gettato nella mischia dei popoli. Questa è la sua missione, il suo destino: “profeta delle nazioni”, sarà la sentinella avanzata di Dio, dovrà vedere prima di ogni altro l’irrompere furioso dei popoli del nord addosso alla sua gente e soffrirne per primo, lacerato fra un Dio condannato a punire il suo popolo che ama e condannato a subire quella punizione. “Guardo la terra: “è deserta e vuota” – saranno di lì a poco le parole della sua desolazione – “il cielo: la luna è scomparsa da esso. Guardo le montagne: tremano; tutte le colline sono scosse. Guardo: non ci sono più uomini, e tutti gli uccelli sono fuggiti. Guardo: il paese dei frutteti è un deserto, tutte le città sono incendiate dal Signore, dalla sua ira ardente” (cfr. 4, 23 seguenti.).
Sarà proprio così: Geremia prenderà su di sé, fin nelle viscere, i frammenti spezzati della disgregazione del suo popolo.

Ed il Signore porta un altro assalto, eccoci al terzo ruolo che Geremia è chiamato a vivere: dopo essere stato scelto come il predestinato a portare alle genti la Parola, dopo il veggente che guarda la realtà per capirla e farla capire, ecco il guerriero destinato ad affrontare il potere politico, quello religioso e l’opinione comune del suo popolo. Questo “ragazzo” timido, dovrà levarsi in piedi e fare della sua vita un fatto pubblico: “Tu dunque” – così gli viene detto – “cingiti i fianchi, alzati, e dì loro tutto quello che ti comanderò”.
Dopo l’autorità con cui l’ha costituito “sorvegliante dei popoli e dei re”, ora il Signore comunica a Geremia la libertà interiore ed esteriore che solo lui può dare. Così, il colloquio di Dio con Geremia non si chiude nell’interiorità ma, appunto, “in piedi!”, per annunciare a tutti la parola.
“Ti faranno la guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per liberarti”. Le parole finali della vocazione che Dio rivolge al suo giovane profeta ci dicono che la missione che gli viene affidata è fondamentalmente un “mandato a lottare ed a vincere”. Geremia non è chiamato a essere debole, ma forte; non ad essere un vinto, bensì un vincitore; non a morire ma a sopravvivere ad una dura guerra. Come abbiamo letto, Dio lo chiama a “cingersi i fianchi”, a fare il gesto di chi s’appresta a partire per un viaggio, o s’appresta a combattere… E ancora, e di più! Geremia è “stabilito come una città fortificata, come una colonna di ferro e come un muro di bronzo contro tutto il paese”! Davvero saldo e solido, dritto in piedi al cospetto della casa reale, nel tempio e nella strada.

Certo, quest’immagine forte e in qualche modo rude di Geremia contrasta con l’idea che abitualmente abbiamo di lui, come “il profeta delle lamentazioni e delle lacrime”. Ma appunto, è quest’idea che è sbagliata, così com’è sbagliato un’esaltazione malsana della sofferenza cristiana (o pseudo cristiana), che si compiace di vedere prima nei profeti, poi in Gesù stesso e nei suoi apostoli dei miti sconfitti e sofferenti…
Per Geremia in particolare si usa a volte la parola “passione”, la stessa che usiamo pensando alle sofferenze e alla morte di Gesù. Dobbiamo stare attenti ad evitare di introdurre in questa parola una nota di passività che invece non dev’esserci: “passione” ha in sé anche un significato forte, si riferisce all’essere “appassionati”. E Gesù e Geremia prima di lui, sono stati trascinati a lottare dalla loro passione per Dio. Sì, la loro passione è stata una lotta, una lotta all’ultimo sangue! E questa lotta, e la sofferenza che è legata alla lotta, questo (e qui chiaramente pensiamo soprattutto a Gesù) ha prodotto la salvezza! Noi non siamo salvati perché Gesù ha sofferto, ma perché ha lottato e per questo anche sofferto per salvarci!
In termini diversi, questo vale anche per Geremia. Dovrà gridare “contro tutto il paese” per far conoscere a “tutto il popolo” le decisioni che Dio ha preso “a causa di tutta la loro malvagità” e così, ancora una volta posto fra queste due totalità: da un lato “tutto il paese” e dall’altro tutto il peso dei “giudizi di Dio contro di loro”, così da trovarsi fatalmente al centro dello scontro. Per evitare questo, occorrerebbe infatti un compromesso che elimini qualcosa della drasticità della Parola, o qualcosa della drasticità del peccato degli uomini a cui la Parola è indirizzata. Ma questo “smussamento degli spigoli” non fa parte del progetto di Dio per il profeta. E allora, “i re di Giuda, i suoi principi, i suoi sacerdoti e il popolo del paese”, tutti, nessuno escluso, combatteranno contro Geremia e i quarant’anni del suo ministero saranno tempestosi e pieni di dolore.
Ma ciò non ci autorizza a parlare di lui in modo sbrigativo come del “profeta sofferente”. Qui si parla di un uomo assegnato a un progetto, il progetto di Dio, con la serena certezza (che certo avrà le sue incrinature, ma saprà superarle) che proprio lui, il suo Dio, lo aiuterà: “Io sono con te per liberarti, dice il Signore”. È la parola che chiude la sua vocazione… la parola che Geremia non dimenticherà mai, e sarà la sua forza nella sua debolezza…

Geremia disse: “La parola del Signore fu su di me…”.

Noi oggi potremmo ben dire: “La parola del Signore è su di noi”,

perché oggi quella Parola afferra anche noi e tutta la chiesa, e ci dice che anche noi possiamo essere profeti del Signore.
Sì, noi siamo affidati a questa Parola forte e scomoda, e chiamati a farla risuonare in tutta la sua scomodità. Se Geremia è stato un profeta per un tempo di crisi, il tempo della fine della libertà del suo popolo, anche noi siamo una chiesa in un tempo difficile, in questi ultimi anni abbiamo avuto molti segni del tramonto della nostra civiltà occidentale, e se bisogna dire tutto quello che Dio ci comanda di dire al “paese tutto intero”, dovremo anche noi affrontare dei conflitti.
A causa della sua predicazione, Geremia ha trascorso venti anni della sua vita da prigioniero, perché non ha voluto e nemmeno potuto camuffare nulla sia della Parola che annunciava, sia della realtà del mondo a cui l’annunciava. C’erano quei verbi: “sradicare, demolire, abbattere, distruggere”, che non potevano non suscitare le reazioni più dure, ma che andavano detti, perché solo così potevano diventare realtà gli altri due verbi “costruire e piantare”…
Ed è solo perché ha saputo proclamare con coraggio quei primi quattro verbi negativi che Geremia s’è mostrato concorde fino in fondo con coloro che per averli uditi dalla sua bocca gli si rivoltavano contro, l’odiavano e lo legarono con catene: solo così ha potuto creare le condizioni per la loro conversione e la loro ripartenza andando incontro al tempo in cui si può “costruire” e “piantare” il nuovo…
Così, quest’antico profeta solidale col suo mondo, chiama anche noi oggi alla solidarietà col nostro mondo: come è toccato a lui, così invita anche noi a vivere in tensione tra Dio e le sue esigenze…che poi sono le esigenze dell’amore…le esigenze del popolo a cui noi apparteniamo e le sue infedeltà.
E anche la nostra missione ha i suoi verbi negativi e i suoi verbi positivi. E che cos’è per noi oggi “distruggere” e “demolire”? E che cos’è per noi “piantare” e “costruire”?
Abbiamo tutti avvertito dentro di noi, e l’avvertiamo ancora, la crisi economica di questi ultimi mesi nonché questi ultimi anni che ci ha portato sino a questo punto: “un sistema che non funziona più”, ed è per questo motivo che dovremmo forse dire col coraggio che ci viene da Dio, che la sua Parola può contribuire a “demolire” la corsa al profitto e all’arricchimento più sfrenato per “costruirne” uno nuovo, più giusto e solidale, che abbracci il mondo intero e non pensi solo a rilanciare i paesi più ricchi.
Ma come possiamo portare noi questa Parola?

Innanzitutto con la predicazione…a tal riguardo, uno dei più rilevanti teologi del Protestantesimo del XVI secolo Heinrich Bullinger disse: “La predicazione della parola divina è Parola di Dio”(…) una predicazione deve essere insieme una critica dell’opera umana e un’apertura all’opera di Dio; che sia portatrice di un fuoco che distrugge…che sia cioè la “pentola bollente”…e sia anche ricca della promessa del Dio che veglia…cioè sia “ramo di mandorlo”…
Una predicazione così non può lasciarci indenni. Dobbiamo anche noi accettare la sfida di ritrovarci inevitabilmente al centro dello scontro tra la Parola scomoda di Dio che per costruire deve prima criticare ed abbattere, ed i nostri fratelli e sorelle in umanità che da questa parola sono criticati, giudicati, abbattuti, e perciò la contestano e perciò ci contestano, spesso ignorandoci… e non è affatto facile per una chiesa essere ignorata, e quanta frustrazione, quanto scoraggiamento tutto questo ci provoca!

In sostanza…predicare ci rimette continuamente in questione, e però al tempo stesso, il nostro lasciarci investire dalla Parola per poterla annunciare accresce la nostra fiducia… ci rinnova l’esperienza che “non ci vinceranno, perché il Signore è con noi per liberarci”…
Sconforto e fiducia… frustrazione ed impegno… è la nostra lotta al servizio di Dio, la nostra partecipazione alle sofferenze di chi subisce la distruzione e alla realizzazione di ciò che la Parola a cui siamo affidati, dopo avere distrutto, costruirà. Amen

 

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Padre nostro, tu non dimentichi i deboli e i miseri; per loro vogliamo pregarti. Nel mondo vi sono tante vittime perché i doni che ci affidi per l’utile comune e per una giusta convivenza umana sono dimenticati o ignorati.

Dono tuo è la riconciliazione fra gli esseri umani. Ti preghiamo per le vittime dei conflitti; in particolare per le persone che sopravvivono con gravi mutilazioni, per le donne stuprate, per i bambini che crescono in un mare di odio e di violenza. Sostieni coloro che si adoperano per la riconciliazione, perché le vittime possano sperimentare che l’odio non ha l’ultima parola in questo mondo.

Dono tuo è la dignità degli esseri umani. Ti preghiamo per coloro cui viene negata questa dignità; in particolare per chi è costretto a vivere nei campi profughi, per chi è costretto a lavorare senza garanzie e senza protezioni. Sostieni le persone e i gruppi che si impegnano per ridare dignità a chi ha perso terra, casa, lavoro, salute.

Nella nostra attività quotidiana donaci fiducia e iniziativa, perché mettiamo a profitto i doni che ci hai affidato, per la testimonianza al tuo evangelo e per il servizio al nostro prossimo.

E poiché il nostro impegno ha la sua forza soltanto in te e nella tua azione, ti preghiamo come Gesù ci ha insegnato:

“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO  (2° Corinzi 4,  13 – 14)

Noi parliamo con franchezza di ciò che crediamo (fiduciosi che Dio agisce per noi), proprio come dice il Salmo: «Ho creduto, perciò ho parlato». Noi pure crediamo e perciò parliamo. Siamo convinti infatti che lo stesso Dio che resuscitò il Signore Gesù, resusciterà anche noi insieme con Gesù, e con voi ci farà comparire alla sua presenza”.

 

BENEDIZIONE   (Filippesi 4,  19 – 20)

Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù. 20 Al Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli”. Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 9 agosto 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo il testo biblico di Invio, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

 

 

08/08/2020

Riflessione tratta da Atti 20:35

 

“Vi sono stato continuamente d'esempio, aiutando i bisognosi, perché ricordavo le parole del Signore Gesù: "C'è più felicità nel dare che nel ricevere".

 

Dobbiamo confessare una cosa che riguarda il testo ed è questa, a chi di noi non piace ricevere regali o attenzioni particolari dalle persone che noi amiamo, persone a noi care o dagli amici. Questo è normale, ma la nostra vita verrebbe a mancare di significato se non mettessimo in pratica l’insegnamento di Gesù il Cristo che disse: "C'è più felicità nel dare che nel ricevere", perché in pratica è come se non conoscessimo il piacere di vedere il sorriso sul volto di una persona cara o sconosciuta a cui abbiamo offerto un pasto nel momento del bisogno, oppure l’emozione scaturita da un momento passato ad ascoltare e confortare un nostro familiare, un nostro conoscente, un nostro amico o addirittura uno sconosciuto in difficoltà.

Ebbene, quando offriamo una parola di sostegno, un incoraggiamento, un complimento, un pasto, un aiuto economico (nel limite del possibile) o quando offriamo in dono un libro, impariamo a capire l’altra o l’altro, in pratica diventiamo più maturi, più sensibili e meno egoisti per il semplice motivo che vediamo la vita da un punto di vista più ampio. Pensiamoci, io compreso! Quando doniamo e diamo noi stessi per il prossimo, diventiamo un poco più simili a Gesù il Cristo, e questo non è affatto male, anche per il motivo che tutto questo ci dà la carica e l’adrenalina per continuare ad assomigliarGli sempre più!

P.L. Giampaolo Castelletti

29/07/2020

OTTAVA DOMENICA DOPO PENTECOSTE


Il versetto abbinato a questa ottava domenica dopo Pentecoste è preso dalla lettera dell’apostolo Paolo con questa frase: “Così, dunque, non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio”. (Efesini 2:19)


Saluto (Paul Ricoeur)

“Il significato di un testo può essere dato pienamente soltanto se viene attualizzato dal vissuto dei lettori che se ne appropriano (…) La conoscenza biblica, infatti, non deve fermarsi al linguaggio, ma cercare di raggiungere la realtà di cui parla il testo. Il linguaggio biblico è un linguaggio simbolico, che fa pensare, un linguaggio di cui non si cessa mai di scoprire le ricchezze del significato”. 
[Tratto da : “La logica di Gesù”, Qiqajon, Magnano (Bi), 2009]

Lode

Ci raccogliamo in preghiera: Dio d’amore eterno, quando i nostri passi nella vita sono incerti, quando la strada che dobbiamo percorrere non è chiara, guidaci Tu lungo il sentiero. Quando la vita ci gioca dei brutti scherzi, quando le cose ci appaiono cupe, donaci la forza. Quando siamo circondati da troppe cose, quando vogliamo fare sempre di più per trovare soddisfazione, guida i nostri cuori a Te. Quando abbiamo perso la nostra speranza e siamo sempre più pieni di dolore, portaci nelle tue braccia. Amen!

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione di Alessandro Esposito

Anche oggi, Padre, vogliamo sederci accanto a Te, per ascoltare quella Parola che Tu stesso hai voluto che fosse intrisa di umanità, come noi, come Te. Rendi permeabili i nostri cuori ed elastiche le nostre menti, per evitare che gli interrogativi che ci rivolgi diventino presunzione di certezza. Insegnaci che le Scritture sono la testimonianza viva ed inesauribile di quel dialogo tra Te e noi che rende la fede il luogo dell’incontro e del cambiamento, della ricerca sempre in atto, del cammino mai concluso. Amen

Testo biblico

Salmo 137
1 Là, presso i fiumi di Babilonia,
sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion.
2 Ai salici delle sponde avevamo appeso le nostre cetre.
3 Là ci chiedevano delle canzoni quelli che ci avevano deportati,
dei canti di gioia
quelli che ci opprimevano, dicendo:
«Cantateci canzoni di Sion!»
4 Come potremmo cantare i canti del SIGNORE
in terra straniera?
5 Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
6 resti la mia lingua attaccata al palato,
se io non mi ricordo di te,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
7 Ricòrdati, SIGNORE, dei figli di Edom,
che nel giorno di Gerusalemme
dicevano: «Spianatela, spianatela,
fin dalle fondamenta!»
8 Figlia di Babilonia, che devi essere distrutta,
beato chi ti darà la retribuzione del male che ci hai fatto!
9 Beato chi afferrerà i tuoi bambini
e li sbatterà contro la roccia!

Predicazione

Il Salmo 137 è un Salmo  poco affrontato, soprattutto perché a detta di tanti vi sono “le parole più scandalose di tutta la Bibbia”, in effetti…il finale può lasciarci senza fiato, la causa di tutto ciò è che negli ultimi due versetti si parla della tremenda maledizione per Edom e per Babilonia con queste frasi: “Come tu hai fatto ai nostri piccoli, altri sfracellino sulle rupi i tuoi bambini” (per la giustizia biblica del taglione). Parole raccapriccianti, tanto più che sono “mascherate” da beatitudine…detto ciò… non dimentichiamocelo mai…questo Salmo è…e resta…“Parola della Bibbia”, più di ogni altra cosa è una composizione poetica tra le più drammatiche che siano state mai scritte, quindi…a tal proposito…come possiamo allora reagire e cosa possiamo pensare del Salmo 137?…

Ebbene, ho trovato due tipi di reazione su questo Salmo che voglio condividere con voi.
C’è la reazione di chi, soprattutto nelle file delle chiese che si attengono per così dire al significato più ovvio ed esterno delle parole della Scrittura, le quali, provano a difendere la Bibbia dall’accusa di ospitare un testo che si chiude così ferocemente, ed iniziano domandandosi se è proprio così impossibile o immorale cercare di comprendere lo stato d’animo di chi invoca giustizia, e continuano dicendo: “Dovremmo forse pretendere da queste persone un atteggiamento “severo” solo perché appartenenti al popolo di Dio? O possiamo invece comprendere che il loro dolore è così grande da arrivare al desiderio di vedere abbattersi su chi ne è stato la causa…lo stesso male causato a loro? Certo, la richiesta del Salmo non è condivisibile, ma dovremmo anche considerare seriamente qual era la situazione da cui è nata. E poi è importante anche ricordare che il pensiero del giudaismo dell’epoca, radicato nella Legge di Mosè, era governato dal principio dell’ “occhio per occhio, dente per dente, vita per vita”. Lo sfogo di quest’uomo va allora letto tenendo conto del suo ambiente culturale, che pretendeva una retribuzione uguale al danno patito: questo, e solo questo, avrebbe rappresentato l’applicazione completa della giustizia”.
Se si possono accettare…o…non si possono accettare…questi versetti, ciascuno è libero di decidere in piena libertà.
E poi ci sono quelli come Enrico Peyretti, un intellettuale impegnato nel movimento per la pace e per la non violenza, che è stato anche presidente centrale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) dal 1959 al 1961, il quale, non riuscendo ad accettare che le tante pagine della Bibbia che definisce “grondanti di violenza” possano essere considerate anche alla lontana “parola di Dio”, ha deciso – appoggiato da diversi “valenti monaci, teologi e filosofi” – di riformulare il canone biblico. “Più – dice – leggo i libri della conquista, delle guerre, e più li detesto, li rifiuto. Il peggio è che la Bibbia mi presenta questi orrori non come fatti umani, ma come azioni di Dio, quando invece sono delle bestemmie”. Così, Enrico Peyretti ha deciso di rigettare gran parte dell’Antico Testamento: via il patriarca Abramo, che impugnò le armi anche lui, via Mosè, via Davide; perché – spiega: “Se leggerò ancora certi libri biblici di teologia guerriera, finirò per disprezzare l’ebraismo che li ha prodotti e trasmessi, e questo non lo voglio; Terrò cari i libri della sapienza e dell’amore universale. Gli altri li chiuderò”.
Fra le varie adesioni che Peyretti ha ricevuto, una in particolare riguarda il nostro Salmo: una studiosa, d’intesa con un prete, gli ha infatti scritto: “Quando nello splendido Salmo 137 leggo i versetti finali mi viene da vomitare e urlo: no!”. Un “no” certo comprensibile…
Ma veramente allora bisognerebbe eliminare dalla Bibbia tutte le parti che emanano violenza, ed in particolare…sopprimere gli ultimi versetti, che la studiosa di cui abbiamo parlato adesso, definisce “lo splendido Salmo 137”?
Del resto, c’è già chi l’ha fatto: dopo il Concilio Vaticano II la chiesa cattolico-romana ha eliminato, nel libro della Liturgia delle ore che scandisce la preghiera quotidiana del suo clero, gli ultimi due versetti del Salmo 137 e parecchi altri versetti “troppo forti” da altri salmi.
Vi è poi, anche la reazione di un noto Pastore, nonché teologo, il professor Paolo Ricca, il quale, in un suo articolo di qualche tempo fa, ha svolto e scritto una bella…articolata…riflessione…sul Salmo 137, partendo proprio dalla soppressione della sua parte finale nel testo “ufficiale” di preghiera della chiesa cattolica.
Ve ne riassumo alcuni parti con le quali sono pienamente d’accordo.
Ricca inizia affermando che la parte finale del Salmo 137 è probabilmente la parola più scandalosa di tutta la Bibbia; la definisce “orribile, inammissibile e letteralmente irripetibile”. E aggiunge: “Non è solo lontana dalla nostra sensibilità, è lontana dall’Evangelo, ed è anche, nella sua violenza disperata e omicida, lontana da Dio stesso. Ma, anche se quella frase non possiamo e non vogliamo neppure ripeterla, non la dobbiamo per nessun motivo cancellare”, dicendo anche che…questo vale anche per tante altre pagine “violente” della Bibbia, dalla Genesi fino all’Apocalisse, Paolo Ricca quindi si domanda: “Ma perché i versetti 7 e 8 del Salmo 137 (e tutti i passi analoghi) non devono essere cancellati? Per alcune ragioni”. E ne indica tre.
La prima è che: versetti come questi ci ricordano con un’evidenza inconfutabile che la Bibbia è stata scritta da uomini, e non da angeli, né da Dio. Essa quindi porta, insieme al suo messaggio divino, anche il peso della nostra umanità, citando il titolo di un libro del filosofo Nietzsche, la Bibbia è “umana, troppo umana”, con le sue ingenuità, le sue contraddizioni, le sue discutibili ricostruzioni storiche, i suoi spropositi scientifici, il suo modo così fisico di parlare di Dio descrivendocelo con tanto di braccia, mani, dita, volto, occhi, cuore, e così via; e come un Dio che parla, si commuove, si adira e si pente; anche se sa bene – come dice in Giobbe 9:32 – che “Dio non è un uomo come me”. Ma perché allora…la Bibbia è così umana? Perché “umano, troppo umano” è il Dio della Bibbia, che ha voluto legare il suo destino all’uomo tanto da farsi egli stesso un essere umano, un rabbi di provincia, cresciuto alla periferia della terra promessa in un villaggio semipagano, dal quale si pensava che non potesse venire “qualcosa di buono” (cfr. Giovanni 1:46). Sì, umano fino in fondo è il Dio di Gesù il Cristo, che non soltanto è diventato un uomo come noi, ma – come cantavano i primi cristiani in uno dei loro inni: ”Ha preso forma di servo, e s’è fatto obbediente fino alla morte, e la morte di croce” (cfr. Filippesi 2:7), cioè s’è calato giù…giù…fino all’ultimo gradino dell’umanità. Per questo, Dio è così umano nella Sua Parola, la Bibbia, la quale parla e testimonia di lui, dove vi è un’“overdose” di umanità.
Ma proprio perché la Bibbia è realmente umana, è bene che anche gli aspetti negativi dell’umanità siano presenti in essa e non vengano rimossi. Ricca osserva che noi chiamiamo la Scrittura “Sacra”, e facciamo bene perché lo è, ma non dobbiamo dimenticare che la Bibbia è anche profana, come lo siamo noi, perché l’hanno scritta persone come noi, certo…sono state scelte istruite e ispirate da Dio, certo con una fede incomparabilmente superiore alla nostra, ma pur sempre uomini e donne come noi, radicalmente umani, terrestri e fallibili come noi.
Per tornare al nostro salmo, i suoi versetti finali documentano in modo inequivocabile proprio questo: che la Bibbia è anche un documento umano, legato ad una storia, con tutto il peso che la storia comporta. L’umanità della Bibbia è il vaso d’argilla nel quale Dio ha posto e nascosto il tesoro dell’Evangelo.
C’è poi per Ricca una seconda ragione per non cancellare quei versetti.
Essi documentano dove può portare un amore sviscerato, com’era comprensibilmente quello dell’ebreo deportato a Babilonia per Gerusalemme, la “città di Dio” (cfr. Salmo 87:3), ormai rasa al suolo, e per il tempio, nel quale Dio doveva “dimorare in perpetuo” (cfr. 1° Re 8:13) ed invece ridotto in macerie: un amore talmente smisurato da tramutarsi in odio altrettanto smisurato per Babilonia la Devastatrice, che non soltanto aveva tolto agli ebrei la libertà, ma aveva distrutto le cose più preziose e più sacre che avevano: “Gerusalemme ed il suo tempio”.
Un amore che diventa “odio perfetto”, talmente perfetto da diventare omicida. Così possono essere o diventare i nostri amori: “trasformarsi in amori che producono odio”. Nel caso dell’autore del Salmo 137, oltre al dolore per la patria perduta, c’è il rancore verso il nemico che, dopo avergli tolto le cose più preziose, si prende gioco di lui chiedendogli di cantare “le canzoni di Sion”. Tutto questo è molto umano: l’amore ferito e calpestato, il dolore, lo scherno, l’odio perfetto, il desiderio di vendetta. Quei due versetti sono, purtroppo, il nostro ritratto segreto, il volto che non osiamo far vedere a nessuno.
Siamo stati capaci (e lo siamo ancora) di sbattere i bambini contro la roccia. Ricca ricorda che l’hanno fatto i soldati dei Savoia ai bambini valdesi durante le persecuzioni; l’hanno fatto innumerevoli altri uomini alle donne incinte, sventrandole e uccidendo con loro anche il frutto del loro grembo; l’hanno fatto i nazisti mandando innumerevoli bambini ebrei nelle camere a gas. Insomma, quello che gli ebrei avrebbero voluto fare, ma probabilmente non hanno mai fatto (sbattere contro la roccia i bambini babilonesi), l’abbiamo fatto noi, in tante occasioni. Insomma, non scandalizziamoci troppo per quel terribile versetto: siamo più terribili noi, con i nostri amori che producono odio.
C’è infine un terzo motivo – dice Ricca – per non cancellare quei versetti: ci fanno toccare con mano la novità di Gesù, che ci chiede di amare i nostri nemici e di pregare per quelli che ci perseguitano (cfr. Matteo 5:44). Ci fanno cioè apprezzare più che mai, per contrasto, la novità dell’Evangelo, che del resto è presente già nell’Antico Testamento: “Se il tuo nemico ha fame, dagli del pane da mangiare; se ha sete, dagli dell’acqua da bere…”. È una parola di Proverbi 25:21, citata dall’apostolo Paolo in Romani 12:20.
Fin qui Paolo Ricca mi sembra sia tanto apprezzabile, ma alla luce però di quanto sta accadendo a Gaza e in Israele, che è la ripetizione di quanto è già accaduto tante volte, vorrei rifarmi ancora al secondo motivo di cui parlava Ricca, dicendo che davvero quell’immagine tremenda dei bambini massacrati dai guerrieri è la “nostra immagine”, e un’immagine di terribile attualità. Non dimentichiamo che questa guerra è iniziata con quattro giovanissime vittime (quasi i “bambini” del salmo): i tre studenti ebrei sequestrati e sgozzati, e il ragazzo palestinese bruciato vivo per vendetta. E poi i tanti bambini e bambine vittime dei bombardamenti, forse anche perché usati come scudi umani…
Tutto questo è inaccettabile! Eppure c’è, e dobbiamo farci i conti. La presenza, nel Salmo 137 di quei terribili versetti finali ci ricorda proprio questo, che dobbiamo fare i conti con la nostra violenza che, da un certo punto in poi, non controlliamo più. Forse possiamo anche dire così: Dio, accettando quei versetti nella Bibbia e accettando così anche di essere accusato di essere un Dio violento o che comunque accetta la violenza, ci impedisce di chiudere gli occhi davanti alla violenza, che da Caino e da Lamech – ricordate il suo cantico: “Ho ucciso un ragazzo per una scalfittura” (cfr. Genesi 4:23)? – continua ad essere la nostra realtà.
La Bibbia non censura niente, ed è bene così, anzi ci obbliga a guardarci in faccia per quello che siamo, a riflettere sul nostro vederci riflessi in questo specchio dell’umanità. E così ci aiuta a stare in guardia, con gli occhi spalancati, contro la belva che sta dentro di noi.
Non siamo buoni come sovente ci illudiamo di essere. Dio lo sa bene. E ci aiuta a evitare le illusioni.
In questa prospettiva, i versetti finali del Salmo 137proprio per lo sgomento ed il senso d’orrore che suscitano in noi, possono aprire il cuore a una preghiera di confessione di peccato e di pentimento, di cui tutti abbiamo un gran bisogno, ricordiamoci che pregare…è disarmare il cuore…è placare e vincere anche i più infernali furori, liberandoci dalle beatitudini nere della vendetta e della morte che invoca altra morte. Pregando allora con la voce disperata del salmista, facciamoci voce di tutti i disperati, di tutte le vittime della violenza…della guerra, di tutte le vittime del mediterraneo, di tutte le vittime da qualunque parte siano e preghiamo sentendoci uniti a Gesù (all’ebreo Gesù, all’uomo Gesù) sulla croce, per gemere con lui ogni gemito del mondo.

“Nelle tue mani, Cristo, affidiamo,
questo grido di oppressi e uccisi,
perché tu dalla croce converta
ogni gemito in canto d’amore,
e per te venga il Regno del Padre”.
(David Maria Turoldo)
Amen

Preghiera di Intercessione
Padre, tu sei colui che ha a cuore i tormenti umani e tu solo puoi porvi rimedio.
Abbi misericordia di coloro che sono malati nel corpo e nello spirito, di
coloro che soffrono smarriti e tormentati, per responsabilità propria o per responsabilità altrui.
Abbi misericordia di coloro che non hanno amici né soccorso umano, di
coloro che nelle loro giornate non trovano ascolto e né gesti di solidarietà: da te solo viene l’aiuto.
Abbi misericordia dei prigionieri, degli sradicati, dei violentati; tu hai la sola cosa che può veramente aiutarli: la verità della tua Parola e l’azione silenziosa del tuo Spirito.
Grazie, Signore, perché non abbandoni la tua creazione, non abbandoni
la tua chiesa. Serviti di noi, perché il tuo evangelo sia predicato, il tuo regno testimoniato e di dire con lieta e fiduciosa semplicità: Non apparteniamo a noi stessi, ma al Signore, al Padre di Gesù il Cristo e per questo ti diciamo tutti insieme: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

BENEDIZIONE  (2 Corinzi 13:13)

“La grazia del Signore Gesù Cristo e l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 26 luglio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).


21/07/2020

19 LUGLIO 2020 SETTIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

SALUTO

Buongiorno a tutte e a tutti, domenica 19 Luglio 202, si è celebrata la settima domenica dopo Pentecoste, la quale era caratterizzata da questo versetto: “Ma ora così parla il SIGNORE, il tuo Creatore, o Giacobbe, colui che ti ha formato, o Israele! Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!”. (Isaia 43:1)

Proclamazione della grazia di Dio
Care sorelle, fratelli, amiche e amici vogliate ricevere il saluto, la grazia e la pace che ci sono date da Dio, nostro Padre, e dal Signore Gesù il Cristo. Amen.

Lode
Signore nostro, ci raccogliamo anche questa mattina col bagaglio delle nostre esperienze, non tutte positive. Nel nostro cuore, insieme a tanti altri sentimenti, ci sono ansie, preoccupazioni, paure.  Noi veniamo a te perché Tu sei vicino a noi, apri i nostri cuori perché riconosciamo la tua presenza, Se possiamo avvicinarci a te, non è perché siamo buoni, ma perché tu sei il Dio misericordioso, che ci aiuti a guardare non alle nostre ansie e paure, ma ai tuoi doni, a cominciare dal privilegio di poterci raccogliere nella presenza Tua e di Tuo Figlio il Cristo, nostro Signore benedetto in ogni tempo che ci ama e ci rinnova. Amen.

Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Sì, Dio nostro, siamo qui gioiosi alla tua presenza: non siamo soli, siamo tuoi, ci vuoi con te. Non siamo soli davanti al male e al nonsenso ed alla morte, non siamo soli davanti all’incertezza della vita, davanti ai nostri fallimenti e alle nostre colpe, non siamo soli davanti agli altri, non siamo soli con noi stessi. Siamo tuoi: ti siamo costati e ti costiamo cari, ti siamo cari infinitamente, come sconfinato è il tuo amore. Lo abbiamo pur visto nella vita appassionata e nella passione d’amore di Gesù. Il più solo fra noi è così amato da te. Dal profondo del cuore, con tutta la fiducia e la gratitudine di cui siamo capaci, in questo momento ti diciamo esultanti: Siamo tuoi! Sono tuo! Fa’ che possiamo continuare a dirlo, e a viverlo, nei giorni che vengono: sia questa la nostra lode viva e attiva, oggi e domani e finché ci dai vita. Amen.

Testo biblico

Romani 6:1-11   “Morire con Cristo per rinascere in Cristo”

1 Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? 2 No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso?
3 O ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 4 Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita. 5 Perché se siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua. 6 Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato; 7 infatti colui che è morto è libero dal peccato. 8 Ora, se siamo morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui, 9 sapendo che Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. 10 Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio. 11 Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù.


PREDICAZIONE
Paolo invita i suoi interlocutori a guardare nel concreto della loro esistenza, all’evento anch’esso concreto che ha segnato l’inizio della loro comunione di vita con Gesù. Noi, perché anche noi siamo nel novero degli interlocutori dell’Apostolo, siamo tutti quanti rimandati al giorno e all’ora del nostro battesimo: “…ignorate forse che tutti noi, che siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita”.
    Forse condizionati dal fatto che, per secoli…nelle nostre chiese…siamo stati abituati a presentare al battesimo i nostri figli quasi appena nati e quindi leghiamo normalmente, appunto, alla nascita, all’esistenza umana questo segno della vita cristiana. Così per noi il battesimo è quasi solo un inizio; il rito e la proclamazione dell’inizio di una nuova vita che speriamo e preghiamo sarà vissuta nella fede.
   Paolo invece ci dice che il battesimo, prima ancora di essere un inizio e proprio per poter essere un inizio, è anzitutto una fine, è la fine, cioè la morte da cui deve sgorgare un’esistenza completamente nuova, di tutta un’esistenza invecchiata e superata, è per questo che Paolo può dire a sé stesso e ai suoi fratelli ai quali si rivolge, queste parole altrimenti senza senso: “Siamo morti”.
   Sì, nel giorno del nostro battesimo noi “siamo morti con Cristo”; più precisamente, “siamo stati crocifissi con lui”. Perché solo così, solo dopo essere “stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua”, saremo uniti “anche in una risurrezione simile alla sua”, saremo cioè sottratti al dominio del peccato e vivremo con lui nella gloria di Dio.
   Ma come può Paolo proclamare tutto questo? E noi, come sappiamo noi, sempre alle prese con le nostre debolezze e le nostre infedeltà e col male che sentiamo forte in noi…sì, come sappiamo “che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato” e così “non serviamo più al peccato”, perché “colui che è morto, è libero dal peccato”?
   Prima della pagina di oggi, Paolo, in un linguaggio insuperabile per bellezza e profondità, ha presentato la Croce di Gesù come la manifestazione per eccellenza dell’amore di Dio: “Mentre noi eravamo ancora immersi nella nostra debolezza” – così a scritto in Romani 5:6 – “Cristo, al tempo stabilito, è morto per gli empi”. La storia di Gesù, e al vertice di questa storia la sua morte, è stata fin dall’inizio orientata verso destinatari ben precisi : non è venuto a vivere e a morire per i giusti, ma per i deboli, per i peccatori, per gli empi e le persone ribelli, ed è per questo motivo allora che la storia di Gesù ci riguarda: è la storia che si è svolta per noi, e per questo è anche direttamente la nostra storia.
   Ed il momento del battesimo è importante, perché annuncia e applica “ufficialmente” a me stesso e a tutte e tutti noi questa storia, quello che il Cristo ha fatto per tutte e tutti noi.
   Quando cioè tutte e tutti noi riceviamo il battesimo, nelle parole che ci vengono dette e nel segno dell’immersione nell’acqua, la storia di Gesù ci viene presentata dal ministero della Chiesa come una storia destinata a tutte e tutti noi, e noi confessiamo la nostra fede in colui che ha vissuto quella storia per tutte e tutti noi. Dichiariamo cioè di riconoscere che quegli eventi di duemila anni fa non sono per noi qualche cosa di remoto nelle brume del tempo e nella vastità dello spazio, ma che la storia di Gesù di Nazareth è la nostra storia, perché noi, in quella storia, ci ritroviamo implicati, afferrati, perdonati e salvati: “Siamo morti con lui” e “vivremo con lui, che, risuscitato dai morti, non muore più”. E come “il suo vivere” anche il nostro sarà “un vivere a Dio”. Amen

PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Dio nostro, prima di separarci, ti preghiamo per coloro che, fra noi, stentano a riconoscere i tuoi benefici, i segni del tuo amore: per quelli che sono e si sentono più soli; per quelli che non trovano un lavoro, o che ne hanno trovato e devono svolgerne uno nel quale non si sentono contenti e interessati; per i malati, e per le famiglie che sono in ansia per i loro malati.  Rafforza in noi, Padre nostro, il senso saldo e profondo che siamo tuoi, la tua Parola ce lo ridica sempre, il tuo Spirito ci guidi e ci aiuti a viverlo. E fa’ che, di fronte a coloro con i quali viviamo, a casa, sul posto di lavoro o nel tempo libero, possiamo sempre pensare: questa donna, quest’uomo, queste persone sono tuoi; forse non lo sanno, come anch’io tante volte non lo so, o lo dimentico, ma sono tuoi, e valgono il prezzo immenso del tuo amore, valgono la vita di Gesù Cristo. Per coloro che ancora non lo sanno, che ignorano la loro vera identità, ti chiediamo che giungano a riconoscerla: che qualcuno la dica loro da parte tua e con la forza profonda del tuo Spirito. E quando capiterà a noi di essere quel qualcuno, ci sia dato di esserti testimoni e di dire con lieta e fiduciosa semplicità: Non apparteniamo a noi stessi, ma al Signore, al Padre di Gesù Cristo. Per questo ti diciamo tutti insieme: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

BENEDIZIONE  (1Pietro 5, 10 - 11)
“Il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. A lui sia la potenza, nei secoli dei secoli”. Amen.
(Giampaolo Castelletti, domenica 19 luglio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

16/07/2020

Giovanni 4:14


“ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna”.

“Come l’acqua per il corpo, le Sue parole sono necessarie per il corpo, ma anche per l’integrità della persona. L’insegnamento di Gesù dà benessere all’intera persona: al suo rapporto con Dio, con sé stesso, con gli altri, vicini e più lontani, con l’intero creato. Chi ha sete, risponda all’invito di Gesù”.
Domenico Tomasetto

12/07/2020

DOMENICA 12 LUGLIO 2020

Buona domenica a tutte e a tutti, quest’oggi celebriamo la sesta domenica dopo Pentecoste caratterizzata da questo versetto: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio”. (Efesini 2:8)


Invocazione
A voi tutti, fratelli e sorelle, grazia e pace da Dio nostro Padre che ci ha creati,
ci ha salvati in Gesù il Cristo il quale ci chiama e ci guida per mezzo dello Spirito Santo. A lui vogliamo innalzare la nostra preghiera, a lui sia la lode, in ogni età. Amen.


Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione
"Ti lodiamo, o Signore, per la tua parola di verità e di vita. Siamo certi che oggi ancora la tua forza è all’opera, per rinnovare continuamente il mondo per mezzo di Cristo. Rendici attenti alla tua opera nel nostro tempo; fa’ che non rimaniamo attaccati al passato, che non ti cerchiamo là dove tu non sei. Cammina davanti a noi, tu che sei il nostro futuro. Facci ricercare delle vie nuove e aiutaci a rimanere saldi.
Permettici sempre di ascoltare la tua voce, di distinguerla dalle altre voci e dal rumore del mondo. La tua parola scenda nei nostri cuori e produca in noi il frutto che non marcisce. La tua chiamata ci svegli dal torpore e ci spinga al cammino. Nel nome di Gesù il Cristo". Amen.

Testo biblico
Luca 21,  20 – 36  
20 «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. 21 Allora quelli che sono in Giudea, fuggano sui monti; e quelli che sono in città, se ne allontanino; e quelli che sono nella campagna non entrino nella città. 22 Perché quelli sono giorni di vendetta, affinché si adempia tutto quello che è stato scritto. 23 Guai alle donne che saranno incinte, e a quelle che allatteranno in quei giorni! Perché vi sarà grande calamità nel paese e ira su questo popolo. 24 Cadranno sotto il taglio della spada, e saranno condotti prigionieri fra tutti i popoli; e Gerusalemme sarà calpestata dai popoli, finché i tempi delle nazioni siano compiuti. 25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; 26 gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. 27 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. 28 Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina». 29 Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; 30 quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l'estate è ormai vicina. 31 Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32 In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 34 Badate a voi stessi, perché i vostri cuori non siano intorpiditi da stravizio, da ubriachezza, dalle ansiose preoccupazioni di questa vita e che quel giorno non vi venga addosso all'improvviso come un laccio; 35 perché verrà sopra tutti quelli che abitano su tutta la terra. 36 Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose che stanno per venire, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».

PREDICAZIONE
La conclusione del capitolo 21 di Luca finisce con questi diciassette versetti che abbiamo letto e che potremmo definire la “piccola apocalisse”, anche se per molti la parola “apocalisse” starebbe a significare la distruzione di ogni cosa in un clima di panico e terrore, ma ad una lettura attenta, tutto questo capitolo si rivela – questa è la sorpresa – non un' “apocalisse” ma un'“anti-apocalisse”.
Se cioè in tutta la prima parte di Luca, dal versetto 20 al versetto 24, abbiamo letto che Gesù si sofferma a descrivere la “devastazione di Gerusalemme” , e poi addirittura, con una sorta di salto di qualità, di “segni nel sole, nella luna e nelle stelle”, non lo fa per metterci paura perché “la fine arriva e ormai non c'è più tempo”. È proprio il contrario. Qui tutto va visto nella luce dell'invito che egli, quasi all'inizio del suo discorso, rivolge ai suoi discepoli: “Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”.
   Sì, “rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”, con queste parole, Gesù vuole dirci “siate lucidi!” È difficile essere più “anti-apocalittici” di così. È vero (e Gesù lo dice a chiare lettere) che la storia del nostro vecchio mondo sta andando incontro al suo compimento: è il progetto di Dio per il suo universo. Ma è inutile far calcoli, è inutile aspettare con il naso per aria o cercare di cogliere qua e là segni premonitori: quando sarà il momento, ce ne accorgeremo, perché sarà semplicemente impossibile non accorgersene: “Allora si vedrà il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande”! Sì, solo allora, solo quando vedremo “il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole” sapremo che “ci siamo!”. Non un minuto prima!
Del resto, anche in Marco (13:32) vi è scritto chiaramente che: “quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre”. Se “gli angeli del cielo” non lo sanno... se nemmeno “il Figlio”, cioè Gesù, che pure della fine sarà il protagonista, conosce “quel giorno e quell'ora” perché Dio se li è riservati per sé, come potremo pensare di conoscerli noi, o di dar retta a chi pretende di conoscerli come fanno alcuni ?...
Ma andiamo avanti, ne vale la pena, perché c'è ancora qualcosa di luminoso e consolante da vedere e da dire, ed è la parabola che al versetto 29 inizia così: “Guardate il fico e tutti gli alberi”.
Nella Bibbia può anche capitare che un fico insegni. Ma cosa mai ci può insegnare un fico?
A differenza di quasi tutti gli alberi della Palestina, esso perde le foglie nel periodo invernale.
Per questo, quando con l'arrivo del caldo il fico rimette le foglie, la sua trasformazione è particolarmente spettacolare e fa l’annuncio della bella stagione: “riconoscete da voi stessi che l'estate è ormai vicina…”.
Imparare dal fico vuol dire allora fare come lui: non restare vincolati al presente, ma trovare il coraggio di rinnovarsi e di farsi promessa dell’estate, coi suoi frutti abbondanti, coi suoi doni gustosi.
Avere fede in quello che ci dice la Parola del Signore, vuol dire capire che il futuro non sarà la terribile fine delle cose, ma il loro compimento. Perché il futuro avrà il volto di Gesù: è lui che viene e, se è lui, può mai essere “morte e distruzione”?          
   No, Gesù che viene non sarà “Armagheddon”, ma sarà “l'estate”: sole, caldo, profumi, luce, colori, frutti, in un'abbondanza vertiginosa. È proprio così: la venuta di Gesù non è una minaccia (e come potrebbe esserlo?), ma il fulgido compimento delle promesse di Dio! È folle allora avere paura del futuro, perché Gesù è il futuro che ci attende.
E proprio la fiducia nel futuro, ci consente di “vivere” il presente non come il tempo in cui cercare di tirare avanti un'esistenza per molti versi vuota e senza senso, ma nella libertà di chi sa di essere il signore del presente, e non il suo schiavo.
C’è qui allora, vedete, una dialettica fra il nostro tempo e quello del Signore, che è esattamente il contrario del nostro modo corrente di vivere (o meglio, di non vivere) il presente e il futuro. Il tempo del Signore che verrà, è chiaramente il futuro,
il nostro tempo invece è il nostro esserci, il presente che viviamo. Ma dal suo tempo che sta davanti a noi – se non chiudiamo gli occhi, il cuore e tutto il resto - il Signore dà luce al nostro tempo: il presente che abbiamo lo dobbiamo organizzare e vivere
in funzione del suo futuro… Ma, appunto lo dobbiamo organizzare, e lo dobbiamo vivere, perché ora ha un senso e noi non ne siamo più le vittime passive: ne siamo i responsabili!
Possiamo e dobbiamo davvero superare le nostre paure del tempo che passa, smetterla di aggrapparci a un presente che ci fa infelici…
Per questo, senza le esagerazioni di alcuni gruppi che a forza di aspettare e proclamare la fine del mondo che non è avvenuta e non avviene…noi dobbiamo recuperare la speranza nel ritorno glorioso del Signore, così importante per la chiesa dell’inizio e invece così assente nel nostro modo di essere cristiani oggi.
Dobbiamo credere che verrà, e in questa prospettiva, accogliere il forte invito a “vegliare” che ha chiuso il nostro testo, infatti, dobbiamo vivere confidando che…tutto il nostro agire, impegnarci e patire, troverà proprio in Gesù che viene coi colori dell’estate, il suo compimento e quel significato che oggi stentiamo a cogliere. Davvero una buona domenica a tutte e tutti!  AMEN

PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Signore, tu conosci i nostri cuori, ascolti l’invocazione di ognuno di noi.
Sostienici e parlaci quando ci sentiamo soli nelle decisioni da prendere, quelle grandi e quelle piccole, perché nulla ci possa mai allontanare dal progetto che hai per noi.
Aiutaci a ricordare e a scoprire la solitudine ed il dolore degli altri, perché insieme a loro possiamo invocare il tuo nome e il tuo intervento.
Non lasciarci smarriti e impotenti neanche di fronte a quello che ci appare irreparabile; insegnaci invece, di volta in volta, gesti e parole che vincano il dolore, la sofferenza, il bisogno.
Te lo chiediamo nel nome del Tuo figlio Gesù. Amen

BENEDIZIONE  (Matteo 28:18-20  C.E.I./Gerusalemme)
E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 12 luglio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).