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06/10/2020

18ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa diciottesima domenica dopo Pentecoste è preso dal Salmo il quale dice: “Gli occhi di tutti sono rivolti a te, e tu dai loro il cibo a suo tempo.”  (Salmo 145:5)

Saluto

Care sorelle, fratelli, amiche e amici, vogliamo tutte e tutti insieme ricevere il saluto che ci sono dati da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo, unico Signore della Chiesa, pronto a spalancare le porte della Sua dimora per accoglierci e incontrarci, la Grazia, la misericordia e la pace da Dio Padre e da Cristo Gesù nostro Signore sia con tutti noi. Amen.

Lode

Signore nostro, ci riuniamo anche questa mattina col bagaglio delle nostre esperienze, non tutte positive. Nel nostro cuore, insieme a tanti altri sentimenti, ci sono ansie, preoccupazioni, paure.  Noi veniamo a te perché Tu sei vicino a noi, apri i nostri cuori perché riconosciamo la tua presenza, Se possiamo avvicinarci a te, non è perché siamo buoni, ma perché tu sei il Dio misericordioso, che ci aiuti a guardare non alle nostre ansie e paure, ma ai tuoi doni, a cominciare dal privilegio di poterci riunire nella presenza tua e del Cristo, nostro Signore benedetto in ogni tempo che ci ama e ci rinnova. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Dio nostro, i tuoi sentieri sono bontà e verità. La verità è che la nostra vita non è fine a sé stessa, perché in Cristo la vita vince sulla morte, su tutto ciò che ci allontana da te e dal nostro prossimo. I motivi per esserti riconoscenti sono infiniti e non troviamo le parole adeguate a esprimere la nostra riconoscenza. Per questo ti chiediamo che solo la tua parola risuoni nei nostri cuori e nelle nostre menti. Guidaci verso la tua giustizia. Rafforza la nostra fede perché la nostra testimonianza possa rendere a te e a te solo la gloria che ti è dovuta.

 

Testo biblico

Luca 4, 31 – 44

Poi discese a Capernaum, città della Galilea, e qui insegnava alla gente nei giorni di sabato. Ed essi si stupivano del suo insegnamento perché parlava con autorità. Or nella sinagoga si trovava un uomo che aveva uno spirito di demonio impuro, il quale gridò a gran voce: «Ahi! Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: il Santo di Dio!» Gesù lo sgridò, dicendo: «Taci, ed esci da quest'uomo!» E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui senza fargli alcun male. E tutti furono presi da stupore e discutevano tra di loro, dicendo: «Che parola è questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi, ed essi escono». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione. Poi, alzatosi e uscito dalla sinagoga, entrò in casa di Simone. Or la suocera di Simone era tormentata da una gran febbre, e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, egli sgridò la febbre, e la febbre la lasciò; ed ella subito si alzò e si mise a servirli. Al tramontar del sole, tutti quelli che avevano dei sofferenti di varie malattie, li conducevano a lui; ed egli li guariva, imponendo le mani a ciascuno. Anche i demòni uscivano da molti, gridando e dicendo: «Tu sei il Figlio di Dio!» Ma egli li sgridava e non permetteva loro di parlare, perché sapevano che egli era il Cristo. Poi, fattosi giorno, uscì e andò in un luogo deserto, e le folle lo cercavano e giunsero fino a lui, e lo trattenevano perché non si allontanasse da loro. Ma egli disse loro: «Anche alle altre città bisogna che io annunci la buona notizia del regno di Dio; poiché per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

 

Esposizione del brano biblico

 

Luca…in questo racconto, ci mostra una giornata dell’attività di Gesù nel villaggio galileo di Capernaum.

E subito ci rendiamo conto che, chi in quei tempi si imbatteva in Gesù…si trovava di fronte a qualcosa, o meglio, ad un uomo unico, affascinante e insieme misterioso…Gesù insegna nella sinagoga, come nelle tante altre sinagoghe di Israele, dove insegnavano i tanti altri maestri del suo tempo, ma la sua parola ha un impatto tutto suo… suscita insieme ammirazione ed un senso di sgomento: Ed essi si stupivano del suo insegnamento perché parlava con autorità”. Ma torneremo ancora su questo “stupore”…più avanti, ora occupiamoci di Gesù, il quale, viene a contatto con “i demòni”, con “gli spiriti immondi”, che lo riconoscono e urlano: Ahi! Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: il Santo di Dio!” Ma Gesù non accetta la loro testimonianza, e non permette loro nemmeno di parlare, li obbliga a fare silenzio e li caccia liberando chi è posseduto da loro gridando: Taci, ed esci da quest'uomo!”.

Insomma in questa pagina del vangelo, Gesù fa un sacco di cose: cammina, predica, insegna, fa esorcismi…e tutto questo “fare” provoca un “contro-fare” e suscita reazioni…soprattutto costringe chi lo incontra a riflettere, a chiedersi e a domandare agli altri: “Che cos’è mai questo?”…

Ma questo strano, straordinario “rabbì” non risponde alle domande da lui stesso suscitate, e anzi…come abbiamo visto adesso…mette a tacere in questo caso gli “spiriti immondi”, e li mette a tacere proprio perché lo conoscono!

Questo strano atteggiamento, per cui Gesù da un lato fa e dice tutto quello che deve fare e dire, suscita scalpore e diventa famoso, e dall’altro non vuole che si sappia chi egli è, tutto ciò, proseguirà un po’ lungo tutto questo vangelo, ci colpirà e ci incuriosirà fino alla confessione di Pietro a Cesarea di Filippo: “Tu sei il Cristo”(cfr. Lc 9:20) ; e soprattutto fino alla croce, là dove l’inattesa testimonianza del centurione che capitanava il drappello dei carnefici di Gesù, ci donerà la piena rivelazione di Marco su di lui: “Veramente, quest’uomo era Figlio di Dio!” (Mc 15:39).

Fino alla croce, e non fino alla risurrezione. Perché, ancora stranamente, con la risurrezione Luca torna al silenzio su Gesù…quando narra delle donne che vanno alla tomba dove è stato deposto, la trovano aperta e vuota, poi apparvero davanti a loro due uomini in vesti risplendenti che dicono loro che “il Crocifisso” è tornato alla vita. A quell’annuncio, tutte impaurite chinarono il viso a terra, vedete? È il silenzio che torna…(cfr Lc 24, 1-8).

Però per noi è importante già adesso inserirci in quest’atmosfera così particolare di Luca, lasciarci accompagnare da lui al seguito di questo Gesù così “colmo di mistero”…

E fare questo è ancora più importante, perché, nel nostro cristianesimo reso quasi banale dal senso di abitudine che ci viene dall’essere cristiani da tanti anni e dal fatto che pensiamo di conoscere un po’ tutto, la lettura attenta di Luca ci aiuta a porci tutta una serie di interrogativi…e interrogarsi è sempre molto sano…

Sì…forse…ed io spero proprio sia così…torneremo anche noi a chiederci, con gli uomini e le donne galilei di duemila anni or sono: “Che parola è questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi, ed essi escono”…e ci renderemo conto che nella fede nulla è mai scontato, che soprattutto Gesù non è mai scontato, e non è mai conosciuto a sufficienza…

Si…Gesù è un mistero. È il mistero dell’ “amore folle” di Dio per la nostra umanità. E siccome l’amore di Dio è vasto e profondo ben più del più oceanico degli oceani, a noi non resta altro che sprofondare in questo abisso d’amore che proprio come il mare quando è davvero mare, è sempre uguale e insieme sempre nuovo…è sempre movimento…ed è colmo di vita e genera continuamente nuova vita…

Ora…come promesso, torniamo allo stupore che l’insegnamento di Gesù suscitava in coloro che lo udivano, quello stupore che Luca ci ha descritto con la frase che già prima abbiamo ricordato: Ed essi si stupivano del suo insegnamento perché parlava con autorità.”.

Che significa questo? Che vuol dire che Gesù “ha autorità”?

A guardarla dall’esterno, la sua attività (anche questo l’abbiamo già accennato) non si differenzia poi molto da quella degli altri maestri viaggianti che, in quel tempo, si spostavano da un villaggio all’altro di Israele cercando di fare comprendere a coloro che andavano ad ascoltarli quale fosse la volontà di Dio nelle varie circostanze della vita individuale e comunitaria. Ma se poi, dal “fare” di Gesù noi spostiamo lo sguardo sul suo “essere”, se guardiamo alla sua persona, allora noi tocchiamo un grande “mistero”: il mistero stesso di Dio…

Certo anche solo guardando a quello che fa, Gesù doveva essere un maestro eccezionale, e non a caso molti hanno pensato che fosse un profeta in linea con i grandi profeti del popolo di Dio.

Però Gesù è qualcosa di diverso, ed è molto di più. Quando i profeti si presentavano al popolo, sentivano il bisogno di presentare anche, per dir così, le loro “credenziali”: parlavano cioè della loro vocazione, e accompagnavano le loro parole con la formula d’obbligo: “Così dice il Signore”. Gesù non fa mai accenno a una sua vocazione, né fa mai uso dell’antica formula profetica…insomma, non sente alcun bisogno di “accreditarsi”, ma chi lo ascolta deve ugualmente accettare l’autorità della sua parola…come dirà nel prosieguo del vangelo: “I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24:35).

E se Gesù rivendica per sé e per quello che dice un’autorità tanto al di sopra di quella dei profeti, figuriamoci poi se non ci appare ed è infinitamente superiore a ogni altro maestro e agli “scribi” di Israele.

Gli scribi, lo sappiamo, erano i teologi del tempo. Si consacravano allo studio scrupoloso delle Scritture e delle loro interpretazioni che via via s’erano accumulate a formare la tradizione, e il loro insegnamento e la loro autorità erano validi solo nella misura in cui si fondavano su questo studio e sulla relativa competenza: “Ascolto questo scriba, perché conosce bene la Scrittura e me la sa spiegare”.

L’insegnamento di Gesù, invece, non è mai la semplice spiegazione del testo sacro, nemmeno quando cita i passi biblici. Non ha bisogno di appoggiarsi alla Legge e ai Profeti, ma rivendica ed esprime pienamente, innanzi tutto nella sua persona, una forza ed un fascino che fanno subito pensare ad un’autorità direttamente divina, al punto che sovente non esiterà a opporre il suo insegnamento all’insegnamento tradizionale degli scribi e dei più venerati maestri di Israele, e spesso anche alla lettera stessa della Scrittura.

Ecco allora cos’è l’“autorità” di Gesù. È l’immediatezza del suo insegnamento, e soprattutto è il suo “io” che s’impone senza mediazioni e senza spiegazioni, così come s’è imposto ai quattro pescatori del Mare di Galilea: “Disse loro: “Seguitemi…ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono”…

Questa “autorità”, come abbiamo visto, sconcerta e sconvolge, perché spazza via tutti gli schemi conosciuti, e tutte le abitudini, tutte le sicurezze.

Gli Israeliti del primo secolo non vivevano bene, erano e si sentivano un popolo dominato, oppresso, sfruttato. Avevano però la loro fede e le Scritture che la alimentavano, e questa loro fede nutrita dalla parola di Dio, li aiutava a vivere il buio del presente tra ricordo e speranza: “Il Signore ha operato grandi cose per noi, e ne farà ancora di più grandi in avvenire”.

Così, la fede s’era fatta sicurezza… E un po’ tutti allora, dal sacerdote che traeva dal tempio benessere e prestigio, ai farisei che godevano la stima universale e i primi posti nelle sinagoghe e nei banchetti, agli stessi zeloti che, protetti dalla popolazione, affilavano i loro coltelli contro il nemico romano ed erano visti da tutti come eroi…tutti erano gratificati; tutti, fra passato e futuro, avevano trovato il loro angolino in cui vivere il presente.

Ed ecco…arriva Gesù, irrompe in quel presente con la sua sconcertante autorità, e manda all’aria il tuo comodo angolino, e ti mette in movimento!

Risultato: non puoi più amministrare la tua situazione, perché lui prende in mano la tua situazione. Lo fa con tutta la forza della sua autorità. Lo abbiamo letto anche oggi: grida, ammonisce, comanda…spinge i suoi interlocutori, siano uomini o spiriti, a parlare o a tacere, a seconda della sua volontà.

Gesù, insomma, ti scuote! Ti vuole sempre in piedi, sempre pronto. In piedi e pronto, perché in lui è la volontà stessa di Dio che si rende presente. È davvero “il Regno di Dio che è vicino”, anzi, è arrivatoha fatto irruzione nelle esistenze umane, nella storia del mondo.

E allora, Gesù è “la fine del mondo”!

È la fine di tutto un mondo, di tutto un modo di vedere e di vivere la realtà.

Ecco perché gli “spiriti maligni” gridano e si agitano: colgono in lui l’attacco decisivo contro il loro potere in quello che pensavano essere ancora per molto tempo il “loro” mondo. Ed ecco anche perché gli scribi e i farisei si indigneranno e saranno in gran parte suoi nemici: vedranno nella persona e nell’insegnamento di Gesù un pericoloso tentativo di sovversione di quella legge e quella tradizione di cui rivendicavano il monopolio…

Ecco infine perché, dopo non molto tempo dagli eventi della pagina di oggi, mentre Gesù è ancora in Galilea, persino i suoi parenti lo verranno a prendere per riportarlo a casa, perché…così diranno: “È fuori di sé” (cfr. Mc 3,21).

Proprio così. La storia di Gesù che Luca ci racconta nel suo vangelo è la storia della fine di un mondo…

È stato così duemila anni fa; lo è stato ancora dopo, ogni volta che questa storia, così come ce la racconta il Nuovo Testamento, è stata presa sul serio; è così ancora oggi.

Ma al di là di tutto questo, quello che in questa vicenda mi ha colpito è la potenza ancora oggi rivoluzionaria dell’evangelo di Gesù.

Sì…davvero…Gesù è la fine di tanti diversi mondi umani…

Ma è anche sempre un inizio. L’inizio di un mondo nuovo e di nuovi rapporti degli esseri umani con Dio e fra di loro…è…come dicevo, l’irruzione del regno…è la vita eterna che già si fa presente sulla terra.

La nuova creazione, la vita eterna con Dio come consolazione: Dio si china ad asciugare il nostro pianto…ci libera dall’amarezza dei nostri fallimenti, del nostro poco amore, colmandoci del suo gesto d’amore…

Rileggiamo il racconto della bellissima, commovente scena del tramonto di Capernaum: “ Al tramontar del sole, tutti quelli che avevano dei sofferenti di varie malattie, li conducevano a lui; ed egli li guariva, imponendo le mani a ciascuno. Anche i demòni uscivano da molti, gridando e dicendo: «Tu sei il Figlio di Dio!» Ma egli li sgridava e non permetteva loro di parlare, perché sapevano che egli era il Cristo”. Non regna forse anche qui sul pianto e sul dolore la consolazione del Signore? Gesù non è forse anche qui “colui che abita con gli uomini”, che è nel senso più pieno “il Dio con loro” e “il loro Dio”? Se c’è mai stato un momento di vero paradiso sulla terra, è stato proprio lì, in quel villaggio della Galilea di 2020 anni fa…

Ecco allora: una fine e un inizio del mondo. Gesù arriva e divide la storia. E d’ora in poi ci sarà sempre un “prima di Gesù” ed un “dopo” di lui. E gli uomini e le donne, tutti quelli che l’hanno incontrato lungo il loro esistere, sono chiamati a rendere testimonianza a quello che è accaduto.

I farisei, gli scribi, i sacerdoti di Israele, hanno in gran parte preso posizione in favore del “no”. Il “no” di chi si schiera per la lettera della legge e la conservazione della tradizione, in parte in buona fede…perché no?, e in parte però anche perché in quelle due realtà trova il proprio potere ed il proprio benessere.

I poveri, i malati, i peccatori, i posseduti dagli spiriti maligni…chi secondo i criteri del mondo e della religione, non ha diritto né posto al cospetto di Dio, e che adesso si trova chiamato da Gesù ad aprirsi all’amore e al perdono…tutti costoro invece dicono il loro “sì”, rendono a lui la testimonianza del loro stupore e della loro riconoscenza.

E per un ognuno di questi “schieramenti” e per chi ne fa parte, un mondo finisce e un altro mondo inizia, a salvezza o a giudizio.

Anche il nostro mondo, anche il nostro angolino della fede, la nostra “amaca” appesa e dondolante fra passato e futuro, anch’essa è scossa e anzi è spazzata via. Ma proprio così, chiamati a balzare in piedi e a prendere la nostra decisione, se rinnoviamo il nostro “sì”…proprio così, radunati, consolati, guariti da Gesù, riceviamo il presente da vivere, un presente già toccato e trasfigurato dall’eternità…

Sì, il mondo, la storia ed ognuno di noi…tutto è ora nel suo raggio d’azione, nella meraviglia luminosa della sua presenza, del suo essere venuto fino a noi…

Questo è…per tutti noi…il senso e il significato delle parole, delle azioni, dell’andare e del pregare, il senso e il significato della persona di Gesù.

È il mistero della sua autorità, il progetto di salvezza di Dio per tutti gli uomini che trova compimento.                                                                                                

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Signore, ti siamo grati per la forza invincibile della fede. Rinnova in noi questo dono mediante il tuo Spirito. Sii con coloro che, a causa della fede, sono minacciati. Consola coloro che soffrono a causa dei loro errori, o a causa degli errori degli altri. Dona ai malati la forza per sopportare il male e tendere alla guarigione. Ai morenti fa sentire la consolazione che proviene dalla risurrezione di Cristo e dalla speranza nella vita eterna alla quale chiami ciascuno e ciascuna di noi. A tutti dona la fede vittoriosa che supera i dubbi e i tentennamenti, sia che nascano dalla nostra debolezza, sia che provengano dalle difficoltà e dai mali che incontriamo. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

 

BENEDIZIONE   

Salga a Te, Dio onnipotente,

la nostra lode e scenda su di noi la Tua benedizione,

perché oggi e sempre possiamo gustare il dono della Tua salvezza”.

Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 04 ottobre 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

01/10/2020

17ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa decima domenica dopo Pentecoste è preso dalla lettera di Paolo indirizzata a Timoteo con queste parole: “Cristo Gesù, il quale ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l'immortalità mediante il vangelo,”. (2° Timoteo 1: 10b)

Saluto (Dietrich Bonhoeffer)

Spirito Santo, donami la fede, che dalla disperazione, dalle brame e dai vizi mi salva; donami l’amore per Dio e per gli uomini, che estirpa ogni odio ed amarezza; donami la speranza, che mi libera dal timore e dallo scoraggiamento. Insegnami a conoscere Gesù il Cristo e a fare il Suo volere. Amen.

Lode

Padre, tu sei il nostro creatore, che chiami alla vita le cose che non sono e in Cristo manifesti e rinnovi la nostra vita, perché in essa si rifletta la luce del tuo evangelo.

La tua parola ci raggiunge anche nell’abisso del dolore e della morte e ci dona la forza della consolazione, come è vero che Cristo Gesù hai distrutto la morte e hai messo in luce la vita e l’immortalità, così risplenda in noi questa luce, mediante il tuo Spirito consolatore. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signoretu ci parli costantemente, le tue parole sono preziose, ogni giorno ci rallegrano, ci interpellanoci disturbano e ci sorprendono.

Le tue parole ci meravigliano e vorremmo accoglierle come tu accogli

noi, prenderle sul serio come tu prendi sul serio noi.

Vorremmo ascoltarti come tu ci ascolti: con attenzione e con sollecitudine.

Signore…tu ci parli in ogni frangente della nostra giornata, le parole che tu ci rivolgi sono preziose ed è per questo che ti chiediamo che ci facciano vivere mediante il tuo Santo Spirito. Amen

 

Testo biblico

2° Timoteo 1 , 7 – 12

 

7 Perché lo Spirito Santo, dono di Dio, non vuole che tu abbia paura, ma che tu sia saggio, forte e pieno d'amore. 8 Se mantieni viva in te questa potenza interiore, non avrai mai paura di parlare agli altri del Signore, né ti vergognerai di me che sono in prigione per amore di Cristo, ma sarai pronto anche tu a soffrire con me per il Signore, perché egli te ne darà la forza. 9 È lui che ci ha salvati e ci ha scelti per portare avanti il suo santo lavoro; non per merito nostro, ma per sua decisione e generosità. Da sempre questo era il suo piano preparato per noi: donarci la salvezza per mezzo di Gesù Cristo. 10 Ora tutto questo ci è stato rivelato con l'arrivo di Gesù Cristo, nostro Salvatore, che ha infranto la potenza della morte e ci ha indicato la via della vita eterna, per mezzo della fede in lui. 11 E Dio mi ha scelto come apostolo per predicare e insegnare questo messaggio ai pagani. 12 Ecco perché sto soffrendo qui in prigione, ma non me ne vergogno, perché io so in chi ho riposto la mia fiducia e sono certo che egli ha la potenza di custodire tutto ciò che mi ha affidato fino al giorno del suo ritorno.

 

Esposizione del brano biblico

 

Paolo…ormai…è quasi giunto alla fine della sua vicenda umana e scrive queste parole che sono, in parole pratiche, un suo testamento rivolto a Timoteo, suo figlio spirituale; quando Paolo le scrive, si trova a Roma imprigionato e quasi tutti i suoi collaboratori lo hanno abbandonato, al punto che può parlare con riconoscenza di una sola persona, Onesiforo, l’unico tra i suoi collaboratori che s’è recato a Roma, lo ha cercato e dopo averlo trovato è andato a visitarlo in prigione e in questo modo è stato il suo conforto, perché…dice l’Apostolo…“non si è vergognato della mia catena”: quella catena che lo legava al soldato romano incaricato della sua sorveglianza.

Ma in questa situazione molto triste, Paolo non è triste. Perché non si considera un prigioniero del potere romano, ma…l’abbiamo udito nella pagina di oggi, quando scrive a Timoteo: non avrai mai paura di parlare agli altri del Signore, né ti vergognerai di me che sono in prigione”…in pratica Paolo è prigioniero di Gesù, che s’è impadronito di lui quando gli è apparso sulla via di Damasco. E questo cambia tutto! Non si può essere prigionieri di due realtà diverse, e il suo vincolo col Signore non consente a Paolo che la catena che gli serra le caviglie…gli serri pure il cuore e lo condizioni nella libertà spirituale che Cristo gli ha donato, Paolo…infatti…vive il suo carcere e l’ormai quasi certa sua condanna a morte nella prospettiva della “promessa della vita che è in Cristo Gesù”.

E proprio la “promessa della vita”, gli fa apprezzare tutte le cose belle di cui la vita, nonostante tutto, continua a fargli dono. E ce ne parla, di queste cose belle, le fa apprezzare anche a noi.

La prima cosa bella è proprio colui a cui scrive la sua lettera, il suo “caro figlio” nello spirito, Timoteo, sempre presente nei suoi ricordi, nelle preghiere e nei ringraziamenti che eleva a Dio dal carcere. Sì, anche nelle catene, Paolo è riconoscente. Riconoscente per le catene stesse, che lo uniscono in maniera più stretta a Gesù, che anche lui è stato incatenato durante la passione; ma soprattutto riconoscente per Timoteo stesso, per l’affetto filiale che nutre per lui, perché è stato ed è ancora un collaboratore premuroso nel suo ministero…poi…per la sua fede e per tutti gli altri doni che il Signore gli ha elargito…

E questa catena…è un dono per cui Paolo ringrazia…Timoteo che ha preso così sul serio la sua origine ebraica da parte della madre da avere chiesto la circoncisione, e sappiamo anche che Paolo, che pure s’era opposto con tutte le sue forze alla circoncisione di Tito perchè era un’uomo greco, per quanto riguarda Timoteo invece, non ha avuto problemi, proprio sulla base della sua discendenza materna da Israele, a circoncidere Timoteo. E tanto Paolo quanto Timoteo sono rimasti legati ad Israele, grati per la loro formazione ebraica tramite la Torah e per la profezia che fluiva da Israele verso il suo pieno compimento e al suo culmine in Cristo. Contrariamente a quello che sovente si pensa, Paolo non ha mai considerato la sua fede in Gesù come una brusca rottura con la religione dei suoi padri e delle sue madri, ma piuttosto appunto come il suo compimento. Ancora nel libro degli Atti, ma anche nelle sue lettere, si presenta senza alcun problema come un “fariseo figlio di farisei” che continua a adorare e servire “il Dio dei padri… credendo in tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti” (cfr. Atti 23,6; 24,14). Ciò che egli ha combattuto non è mai stata la legge in sé, da lui sempre considerata come un dono di Dio, ma l’interpretazione distorta della legge, da un lato assolutizzata fino a prendere il posto stesso di Dio, e dall’altro completata e ricoperta da una serie infinita di regole e tradizioni umane. Nelle due lettere a Timoteo vi sono delle belle espressioni che vi voglio riportare: è come se Paolo dica al suo “caro figlio” nella fede: “Io sono ebreo, tu sei ebreo, e non lo siamo di meno essendo diventati tutti e due cristiani”. E credo di non sbagliarmi a pensarla così…

Insomma, qui sinora per Paolo e per Timoteo tutto è dono: la fede, la discendenza familiare e la discendenza da Israele, il servizio nella chiesa. Ma se tutti i doni vengono da Dio…è certo che “i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili” (Romani 11:29), ma è anche pur vero che questa irrevocabilità deve essere regolarmente ravvivata. I doni…Dio ce li mette nelle mani, e nelle nostre mani, come una pianta che non viene curata, si possono appassire…e allora è necessario il nostro impegno quotidiano perché restino freschi ed efficaci…e a questo impegno Paolo richiama Timoteo: Per questa ragione, ti raccomando di ravvivare il dono di Dio, che hai ricevuto quando ti ho posto le mani sul capo” (cfr. 2 Timoteo 1:6).

Qui c’è da fare molta attenzione, Paolo non sta insinuando che Timoteo sia stato negligente, semplicemente vuole che egli si renda pienamente conto di quanto siano grandi i doni che gli sono stati concessi da Dio, e di quanto sia importante per il presente e per il futuro della chiesa in cui serve che quei doni siano conosciuti, accolti e messi in pratica. Non è una cosa che si fa una volta e basta. Chi accende nell’inverno come me…una stufa, sa che occorre spesso riattizzare la fiamma che in essa arde. Lo stesso accade per il ministero di Timoteo e di tutte e tutti noi: la fiamma deve essere continuamente ravvivata in risposta alla costante attività ispiratrice e produttrice di Dio…insomma, sta a noi accostare al nostro cuore ed alla nostra bocca la scintilla dello Spirito Santo del Signore.

Ma questo che significa in concreto? Rileggiamo il versetto sette: Perché lo Spirito Santo, dono di Dio, non vuole che tu abbia paura, ma che tu sia saggio, forte e pieno d'amore. ”.

Sì, nel nostro battesimo noi abbiamo ricevuto il carisma della “forza” (cioè dell’energia che, rafforzata dalla grazia, ci fa agire nella vita quotidiana), e quello dell’“amore” e della “saggezza”.

Questi tre doni che il Signore ci concede noi li dobbiamo fare agire insieme: la forza deve essere diretta e plasmata dall’amore; in mancanza d’amore infatti, la forza è pericolosa: può facilmente diventare fanatismo, e allora (come sappiamo bene in questi tempi che ci troviamo a vivere) sono davvero guai! E dall’altra parte, un amore senza forza non riesce a fare molto…e però è anche vero che, un amore che possiede la forza ma è privo di una mente equilibrata rischia di essere avventato e alla fine infruttuoso. Insomma, “forza”, “amore” “saggezza”, sono davvero tutti e tre complementari fra di loro.

Ma prima di parlare a Timoteo di questi doni, Paolo gli ha ricordato che lo spirito di cui Dio gli ha fatto dono “non vuole che tu abbia paura”. Lo ha fatto giustamente, perché quello che più di ogni altra cosa può impedire di ravvivare i carismi ricevuti, è uno spirito di rifiuto o di rinuncia alla loro messa in pratica, dovuto alla paura di fronte a qualche pericolo. È l’ansia che ci blocca davanti ad una minaccia o anche solo ad un impegno che ci sembra sia al di sopra delle nostre piccole forze, che poi è quel medesimo timore che…nella celebre parabola di Gesù…ha impedito al terzo servo di mettere a frutto il talento ricevuto e glielo ha invece fatto seppellire, nell’illusione di metterlo e di mettersi al sicuro… (cfr. Matteo 25,25).

Qui…invece…Paolo ci invita alla preghiera per avere da Dio il dono della forza che ci viene dall’alto, la stessa che è discesa a Pentecoste sulla Chiesa neonata, trasformando dei pescatori impauriti…nei predicatori che seppero portare l’evangelo nel mondo. Se vogliamo…anche noi…che il nostro mondo lo conosciamo abbastanza bene, non possiamo procedere con timidezza, ma dobbiamo rinnovare questa fiamma, questo dono di Dio: “lo spirito di potenza che vive nell’amore ed è guidato da una mente che conosce se stessa e si sa controllare”.

Ecco allora perché Paolo ricorda a Timoteo che il dono di Dio per lui e per tutti i credenti è che…“lo Spirito Santo”, dono di Dio, non vuole che lui abbia paura, ma che sia saggio, forte e pieno d'amore”.

A questo punto, ci è possibile dire che quest’espressione con le sue quattro parti, la possiamo descrivere in un’unica parola: “coraggio”. Sì, Dio ci dona “uno spirito di coraggio”.

Ed è proprio al coraggio che Paolo chiama Timoteo; lo fa presentandogli se stesso prigioniero e la catena che lo lega: non avrai mai paura di parlare agli altri del Signore, né ti vergognerai di me che sono in prigione”. Timoteo deve parlare ai membri della sua comunità dell’arresto e della prigionia di Paolo “senza alcuna vergogna”.

Ma perché mai dovrebbe vergognarsi di Paolo incarcerato? Prendiamola un po’ alla lontana: scrivendo ai Galati lo stesso Paolo li aveva lodati per il fatto che, la prima volta che era arrivato in Galazia, s’era fermato per un certo tempo e vi aveva annunciato l’evangelo solo perché era stato colto da una grave malattia che gli aveva impedito di proseguire oltre; e però loro, i Galati, non lo avevano disprezzato a causa della sua infermità, dicendo: “Ma come? Quest’uomo afferma di essere un inviato del Dio altissimo e del Messia suo Figlio; dice anche di saper operare guarigioni, e s’è ammalato lui stesso? Che Dio da quattro soldi è allora il suo, che non riesce neanche a preservarlo da questa malattia di cui ora sta soffrendo?”, ma avevano saputo superare quella umanissima tentazione lo avevano accolto come un angelo di Dio (cfr. Galati 5, 13-14). Come un apostolo ammalato, così anche un apostolo in catene può rappresentare uno scandalo: anche qui qualcuno potrebbe osservare che è ben strano e ben debole un Dio che non riesce a sottrarre il suo rappresentante dalla prigione e dalla sofferenza…

In realtà il Dio che Paolo e Timoteo sono stati chiamati a servire e ad annunciare non rivela sé stesso in termini di potere e sconfitta dei nemici. È un Dio, sicuramente, anzi l’unico vero Dio Creatore e Signore del cielo e della terra, ma insieme è il “Dio che è amore” (cfr. 1 Giovanni 4, 8); il Dio che “ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3, 16). Per questo, proprio il “Figlio unigenito di Dio”, è stato lui per primo ad essere incatenato, e ha sofferto ed è morto su un patibolo. Vergognarsi delle catene di Paolo significherebbe allora in primo luogo vergognarsi di Gesù. Ed è questo che Paolo ricorda qui a Timoteo: se avete fatto caso…prima gli dice: “non avrai mai paura di parlare agli altri del Signore”, e solo dopo aggiunge: “né ti vergognerai di me che sono in prigione”, cioè: “Non vergognarti di me che, con le mie sofferenze, non faccio altro che seguire il Signore che ha sofferto per primo, perché vergognandoti di me, ti vergogneresti di lui”.  Il discepolato cristiano, è la via della croce, cioè la condivisione delle sofferenze di Gesù, che hanno redento e redimono il mondo. Ecco perché l’invito a “non aver vergogna” si trasforma subito dopo in un appello: “ma sarai pronto anche tu a soffrire con me per il Signore, perché egli te ne darà la forza”. Un appello alla sofferenza che non ha proprio nulla di masochistico, ma che è invece…la chiamata…valida in ogni tempo e per ogni cristiano…a testimoniare con le parole e con la vita la presenza del Signore che vive in noi e per noi, e ad assumerci la responsabilità di eventuali conseguenze anche spiacevoli, ricordando la parola del Signore che dice: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Giovanni 15, 20).

Per noi…oggi…almeno fino adesso, nei nostri paesi occidentali…non è più questione di persecuzioni, ma è ancora, invece…e forse più che mai, questione di “paura”: “non avrai mai paura di parlare agli altri del Signore”, così scrive Paolo a Timoteo. Quante volte, di fronte alla ricerca ossessiva del benessere che domina la nostra società, che ci vuole tutti uomini e donne di successo, tutti belli, ricchi, sani, giovani (o almeno giovanili), abbiamo paura di dire alto e forte che Dio odia il peccato…già dire questa parola così terribilmente fuori moda e così terribilmente moralistica, ci fa sentire strani…che noi siamo peccatori, che la storia umana continua a essere una storia di peccato, e che Dio in Cristo ha sofferto per noi per salvarci dal peccato, perché da soli noi non potremmo mai riuscirci…

Ed è proprio della salvezza come dono di Dio che Paolo parla, in una frase che è un bellissimo riassunto della sua predicazione: “È lui che ci ha salvati e ci ha scelti per portare avanti il suo santo lavoro; non per merito nostro, ma per sua decisione e generosità. Da sempre questo era il suo piano preparato per noi: donarci la salvezza per mezzo di Gesù Cristo”.

Qui c’è davvero tutto: il dono e la chiamata; “il dono” è che è Dio che “ci ha salvati non a motivo delle nostre opere (una volta ancora, Paolo è molto protestante), ma secondo il suo proposito e la grazia”. “Il compito” è che Dio, chiamandoci a credere in lui e nella sua salvezza, ci chiama ad una vita di santità: appartenere a lui e a nessun altro potere sulla terra o nei cieli o sottoterra.

Questo è... la piena realizzazione del progetto eterno di Dio, la sua salvezza per pura, immeritata grazia…e Paolo continua così: Ora tutto questo ci è stato rivelato con l'arrivo di Gesù Cristo, nostro Salvatore, che ha infranto la potenza della morte e ci ha indicato la via della vita eterna, per mezzo della fede in lui”. ” Morendo sulla croce “il Figlio unigenito di Dio”, ha trionfato sulla morte, l’“ha distrutta” e ha distrutto il suo potere: ora la morte non è più un orrore, ma la porta attraverso cui si passa da questo mondo corrotto alla vita con Dio. Sì Gesù ha davvero dato alla luce, ha come generato per noi, nel travaglio della morte, “la vita e l’immortalità”, e adesso, finalmente il significato della vita, la vita terrena e quella eterna, come Dio le ha concepite da prima che il mondo cominciasse, tutto è stato compiuto e tutto è rivelato, ed è reso presente “mediante l’evangelo”.

Oggi…abbiamo ascoltato questa pagina che ci ha detto che…c’è qualcosa che in Gesù è stato reso manifesto una volta per tutte…è l’evangelo di cui Paolo è stato “costituito araldo, apostolo e dottore”. Non si tratta di titoli accademici, e neanche della scelta di una professione o di un mestiere…uno non sceglie di diventare “predicatore dell’evangelo di Gesù Cristo” ma invece…viene scelto. Un predicatore è come chi è stato risvegliato dal sonno, buttato giù dal letto e scaraventato in mezzo all’avventura: non a caso c’è in Paolo come una costante nota di sorpresa per essere stato scelto e chiamato ad essere quello che è, e ad assumersi i rischi che s’è dovuto assumere… Quei rischi che adesso hanno per lui il nome di “catena”, “tribunale”. “condanna a morte”, “boia ed esecuzione”. Ma…ancora una volta, non se ne vergogna, e nemmeno si rattrista: “Ecco perché sto soffrendo qui in prigione, ma non me ne vergogno, perché io so in chi ho riposto la mia fiducia e sono certo che egli ha la potenza di custodire tutto ciò che mi ha affidato fino al giorno del suo ritorno.” Paolo è pieno di fiducia verso Colui alla cui fedeltà ha dedicato sé stesso, la fatica, i dolori e le gioie di tutta quanta la sua vita intera. Ed è convinto che Dio gli ha elargito gli strumenti per portare avanti la sua missione e l’evangelo stesso che è il suo dono e il suo compito. E questo, fino all’ultimo giorno, quando la sua corsa arriverà al suo termine e troverà il sorriso e troverà l’abbraccio di quel Gesù…nelle cui mani ha a sua volta affidato tutto quello che lo riguarda: la sua persona, le sue speranze, i suoi sogni, le sue chiese, il suo popolo Israele, il mondo intero.

Questa lettera in fondo è un testamento. Nel testamento c‘è sempre un erede. Qui l’erede è Timoteo. Che ora…adeguatamente incoraggiato…è pronto a caricarsi  la predicazione dell’evangelo.

Certo, con tutta la sua buona volontà, Timoteo non è Paolo, e non lo sarà mai… Ma in fondo poco importa: in realtà i doni della grazia, l’evangelo, tutto quanto che Dio ha affidato a Paolo e Paolo affida a Timoteo, è sempre saldamente custodito da Dio stesso. Lui veglia su di esso, come veglia su Paolo e su Timoteo e su ciascuno di noi.

Perché anche noi sappiamo in chi abbiamo creduto! Non abbiamo paura, e non ci vergogniamo! Diamo la nostra testimonianza all’evangelo. Siamo qui solo per questo.

È la nostra “grazia”, la “misericordia” e la “pace” che vengono a noi e restano con noi da parte “di Dio Padre e di Gesù il Cristo nostro Signore”.

                                                                                     

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro, notizie cattive e storie di disperazione ci giungono incessantemente da ogni parte del mondo.

Vediamo immagini di persone uccise dalle guerre, dalla miseria.

Vediamo i visi dei bambini morti sulle spiagge a causa dell’esodo per una vita migliore, bambini sottoposti ad abusi e distrutti dall’avidità e dall’egoismo degli adulti.

Sentiamo il lamento degli anziani abbandonati a sé stessi.

Sentiamo e vediamo queste persone e riconosciamo noi stessi nei loro visi,

nel loro silenzio, nel loro gridare.

Tu sei colei che, come una madre, consola. Per questo ti chiediamo: aiutaci a circondare di affetto le persone sole; insegnaci a cercare i perduti, a sfamare gli affamati, ad aprire le porte ai rifugiati, a soccorrere i feriti nel corpo o nell’anima; insegnaci a incontrare le persone colpevoli come fratelli e sorelle e a dar loro la certezza di non aver perso la loro dignità.

Signore, quando noi non riusciamo a procedere, ad aiutare come dovremmo, porta tu a termine l’opera che hai iniziato con noi.

Consola per mezzo nostro, e consola anche noi: rendici forti nelle difficoltà, e  aiutaci a dare sfogo al nostro dolore quando il lutto rischia di soffocarci.

Rendici riconoscenti nei momenti di gioia, e conservaci il dono del sorriso liberante. Tutto questo te lo chiediamo nel nome di Gesù tramite la preghiera che ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO  (2° Corinzi 4,  13 – 14)

Noi parliamo con franchezza di ciò che crediamo (fiduciosi che Dio agisce per noi), proprio come dice il Salmo: «Ho creduto, perciò ho parlato». Noi pure crediamo e perciò parliamo. Siamo convinti infatti che lo stesso Dio che resuscitò il Signore Gesù, resusciterà anche noi insieme con Gesù, e con voi ci farà comparire alla sua presenza”.

 

BENEDIZIONE   (Fernando Pessoa)

Dobbiamo fare:

dell’interruzione un nuovo cammino,

della caduta un passo di danza,

della paura una scala,

del sogno un ponte,

del bisogno un incontro”.

Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 27 settembre 2020.                                          Tutte le citazioni bibliche, salvo il testo biblico di 2° Timoteo 1, 7-12 e il testo biblico dell’Invio, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

05/09/2020

Acquista verità e non la vendere, acquista saggezza, istruzione e intelligenza. (Proverbi 23:23)

 

C'è una parte della bibbia ebraica che è composta interamente da una serie di libri che si occupano della sapienza e che per questo sono detti, per l'appunto, sapienziali. Si tratta di libri che, così come fa il versetto di quest'oggi, esortano ad acquistarla: sì, perché la sapienza si acquista, anche se non certo nel senso del mercato che invade ormai dimensioni sempre più vaste del nostro vivere quotidiano. La sapienza, del resto, si acquista, sì, ma non si può comprare. La sua acquisizione, infatti, è frutto di un percorso che non si esaurisce mai e che dura tanto quanto la vita di chi la ricerca. Un percorso fatto di fatica, di tempo speso, di esercizio, di costante disposizione ad apprendere attraverso il silenzio e l'ascolto. Sapienza, infatti, significa disciplina, rinuncia, sudore. Non viene infusa in modo improvviso e magico, ma si deposita con lentezza sui giorni e sui cuori delle donne e degli uomini. Non è, o non dovrebbe essere, almeno, privilegio di pochi, ma prezioso bene alla portata di tutti, via senza impedimenti, sentiero faticoso ma aperto. L'autore del libro dei Proverbi invita i suoi ascoltatori e le sue ascoltatrici a mettersi su questo sentiero, li sprona a percorrerlo, con umiltà e con audacia.

Perché mai? Che benefici trae l'uomo dalla sapienza? Varrà poi davvero la pena di cercarla tanto? Qual è, in definitiva, la sua utilità per quanto riguarda i nostri percorsi di fede? Si tratta di un passaggio obbligato o di una semplice opzione? Ovvero: la fede ha poi necessariamente bisogno della sapienza? O non è forse vero che la sapienza, in realtà, allontana dalla fede? Incontro donne e uomini feriti nell'anima dalla predicazione di un Dio asfissiante ed ossessivo, un Dio che ha perso i tratti biblici di Colui che chiama ad un percorso di liberazione. Vedo alcune chiese diventare luoghi dell'esclusione anziché dell'accoglienza, spazi in cui si condannano quelle ambiguità e quelle contraddizioni che abitano i nostri cuori e che ci rendono umani, associazioni il cui unico scopo è la manipolazione ed il controllo delle coscienze, il soffocamento della libera ricerca. Bene: se la sapienza è una via per liberarci da tutto questo, ben venga: perché ci allontana da una struttura oppressiva, non da Dio; perché ci restituisce a noi stessi, a noi stesse, a quella fede certamente imperfetta, ma comunque personale.

Possibile che la sapienza sia un qualcosa di così negativo? Allora uno per credere deve per forza rassegnarsi all'ignoranza? No. E non perché lo dico io: lo dicono, a più riprese le Scritture, lo dice il nostro versetto di oggi. La sapienza non è in lotta con la fede, non è uno strumento di demolizione: è un invito ad andare oltre, a non accontentarsi di rimanere sulla superficie delle cose. Perché in ogni campo della cultura umana è necessario studiare, approfondire, prima di esprimere un'opinione in merito, mentre riguardo alla fede tutti si sentono autorizzati a parlare, non di rado a sproposito? Perché se uno cerca di mettere in relazione la propria fede con le letture che l'hanno aiutato a crescere e a maturare, a mettersi in discussione, deve essere subito “bollato” come intellettuale, come qualcuno che intende escludere i semplici dalla fede! La cultura, l'istruzione non possono essere esclusivamente oggetto di una condanna tanto ferma quanto ottusa. Certo, non bisogna ritenere che la sapienza esaurisca in sé il tema in verità inesauribile della fede: ma non si può nemmeno accettare che fede e sapienza siano realtà reciprocamente estranee, quando non addirittura ostili. Il legame che le unisce è profondo, fatto di dialogo, tensioni, conflitti, così come di queste cose sono fatti anche il nostro cuore e le nostre relazioni.

La fede è dei semplici e da loro e con loro io per primo ho bisogno di tornare ad impararla ogni giorno. Ritengo, però, che tra i miei compiti di predicare la Parola, rientri anche quello di educarmi insieme con questi semplici, fornendo loro tutti gli strumenti necessari perché non siano dominati da presunte autorità. Fede è percorso di liberazione e nessun tema mi è più caro di questo. Se invito, e in un certo qual modo “costringo” i semplici a pensare e a non cadere vittime di semplificazioni tese a controllarne l'opinione e la creatività, credo, attraverso questa prassi, di star rispondendo con fedeltà alla mia vocazione, spendendola, con sincerità e dedizione, al loro servizio, come il Dio di Gesù e delle Scritture, che è Dio dei semplici, mi chiama a fare. Amen

(Alessandro Esposito)

23/08/2020

23 agosto 2020 12ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa dodicesima domenica dopo Pentecoste è preso dalla prima lettera di Pietro, lettera la quale è carica di speranza, viva e gioiosa come dice il versetto stesso: “Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili”. (1 Pietro 5:5b)

 

Saluto (M.A. OUAKNIN)

“Ogni grande testo va al di là di sé stesso, il suo poter-dire oltrepassa il suo voler-dire: arrestarsi davanti a ciò che dice il testo significa solo sfiorare la dimensione trascendente che lo impregna e lo esalta. Ogni grande testo è il luogo di una creazione particolare, di un pensiero originale che suscita qualcosa che prima non c’era”  [Tratto da: “La lettura infinita. Introduzione alla meditazione ebraica”, Ecig, Genova, 1988, Pag. 83].


Lode (Salmo 138:1a.2b-8 )

Io ti celebrerò con tutto il mio cuore, e celebrerò il tuo nome per la tua bontà e per la tua fedeltà; poiché tu hai reso grande la tua parola oltre ogni fama. Nel giorno che ho gridato a te, tu mi hai risposto, mi hai accresciuto la forza nell’anima mia. Tutti i re della terra ti celebreranno, SIGNORE,

quando avranno udito le parole della tua bocca, e canteranno le vie del SIGNORE, perché grande è la gloria del SIGNORE.

Sì, eccelso è il SIGNORE, eppure ha riguardo per gli umili, e da lontano conosce il superbo. Se cammino in mezzo alle difficoltà, tu mi ridai la vita;

tu stendi la mano contro l’ira dei miei nemici e la tua destra mi salva.

Il SIGNORE compirà in mio favore l’opera sua; la tua bontà, SIGNORE, dura per sempre; non abbandonare le opere delle tue mani. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore, facci gustare la gioia della tua parola fonte di vita, la quale dovrebbe fare dei nostri cuori uno spazio più sensibile e aperto verso l’accoglienza dell’altro, dacci di cantare la tua gloria, non soltanto con le labbra, ma con tutto il nostro essere. Sia questo il primo frutto della tua parola, della lieta notizia del tuo amore generoso ed esigente, che ha preso il volto, la voce, le mani di Gesù. Amen.

 

Testo biblico

Luca 8:26-39

26 Approdarono così sull'altra riva del lago, nel paese dei Geraseni, di fronte alla Galilea. 27  Mentre Gesù scendeva dalla barca, un uomo della città gli si fece incontro. Il poveretto era da molto tempo posseduto dai demòni. Nudo e senza tetto viveva fra le tombe in un cimitero. 28 Non appena vide Gesù cominciò ad urlare, poi cadde in terra ai suoi piedi, gridando: «Che cosa vuoi da me, Gesù, figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!» 29 Il demonio parlava così, perché Gesù gli aveva già ordinato di uscire da quell'uomo. Questo demonio aveva un tale controllo su di lui, che, perfino quando l'uomo veniva incatenato, egli riusciva sempre a rompere le catene e poi scappava via nel deserto, in balìa della potenza del diavolo. 30 «Come ti chiami?» gli chiese Gesù. «Legione», rispose, perché l'uomo era posseduto da migliaia di loro. 31 E cominciarono a scongiurarlo di non mandarli nell'abisso. 32 Un branco di porci stava pascolando sul pendio del monte vicino. I demoni allora lo pregarono di farli entrare in quegli animali. Gesù acconsentì. 33 Così essi, lasciato l'uomo, entrarono nei porci e immediatamente l'intero branco rotolò dalla montagna, precipitando nel lago sottostante, dove tutti affogarono. 34 Quando i guardiani dei porci videro ciò che era accaduto, corsero a raccontarlo dappertutto, nella città vicina e per le campagne. 35 Ben presto molte persone vennero per vedere coi propri occhi che cos'era successo. Quando giunsero vicino a Gesù, videro l'uomo, poco prima indemoniato, seduto tranquillamente ai suoi piedi, completamente sano e rivestito di tutto punto. E tutti furono presi da gran paura. 36 Allora i testimoni dell'accaduto raccontarono agli altri come l'indemoniato era stato guarito. 37 E tutti gli abitanti della regione pregarono Gesù di andarsene e di lasciarli in pace, perché un vero terrore si era impossessato di loro. Perciò Gesù risalì in barca e partì, attraversando di nuovo il lago per raggiungere l'altra riva. 38 L'uomo che era stato liberato dai demòni lo aveva pregato di prenderlo con sé, ma Gesù non aveva voluto. 39 «Torna dai tuoi», gli aveva detto, «e racconta loro il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per te».
Così l'uomo era andato per la città, raccontando a tutti ciò che aveva fatto per lui Gesù.

Esposizione del brano biblico

 

Nei versetti antecedenti a questo brano, Gesù è in barca coi discepoli e durante la traversata, una tempesta di vento agitò le acque, tanto che, i discepoli, per paura di affondare, chiedono l’aiuto di Gesù che stava dormendo sul guanciale a poppa della barca in balia di onde altissime, Gesù svegliatosi sgridò il vento e i flutti cosicchè tutto si calmò e la barca poté proseguire il suo navigare fino alla riva dove vi era il paese di Geraseni, paese considerato impuro dagli ebrei e questo versetto: “Approdarono così sull'altra riva del lago, nel paese dei Geraseni, di fronte alla Galilea” da l’inizio alla nostra meditazione di oggi.

Ma…Mentre Gesù scendeva dalla barca si scatena una nuova tempesta, forse anche peggiore della prima: un uomo della città gli si fece incontro. Il poveretto era da molto tempo posseduto dai demòni. Nudo e senza tetto viveva fra le tombe in un cimitero”. Un uomo che è davvero non più un uomo, ma una vera “bufera” fatta di carne: perfino quando l'uomo veniva incatenato, egli riusciva sempre a rompere le catene e poi scappava via nel deserto, in balìa della potenza del diavolo

Un essere umano che non è neanche più pienamente “umano”, perché non è più lui che si possiede, decide cosa fare e dove andare, ma è “posseduto da uno spirito immondo” che lo ha ridotto così…Luca in effetti lo descrive quasi come se fosse una belva, infatti, frantuma le catene, e uno così sappiamo che non si può domare.

E subisce un duplice tormento: quello dello spirito maligno che ha fatto in lui la sua dimora, e quella degli uomini che, impauriti e resi anch’essi feroci dalla sua ferocia, cercano di incatenarlo…

Quel povero uomo-belva va incontro a Gesù…ma stavolta l’uomo-belva non attacca: da leone si fa volpe. Gioca la carta dell’umiltà e del rispetto più totali, arriva addirittura ad umiliarsi ai piedi di Gesù, giocando anche un’altra carta…quella per lui decisiva: sa bene chi è Gesù, e cerca di ingraziarselo, dicendogli: Che cosa vuoi da me, Gesù, figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!”. Ma Gesù ha capito molto bene con chi ha a che fare, e soprattutto vuole dividere una volta per sempre quella tragica unione, formata dalla mescolanza fra un uomo e uno spirito maligno, così, comanda “allo spirito immondo di uscire da quell’uomo” perché Gesù ha pietà di lui e vuole liberarlo dal suo lungo tormento… E lo spirito, usando ancora una volta il corpo e la bocca del suo posseduto, cerca addirittura di servirsi del nome di Dio per bloccare l’azione di Gesù: Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmipossiamo dire che Gesù è alle prese con un avversario dalle mille e mille facce…

Ma Gesù neanche fa caso a questo “Figlio del Dio Altissimo” invocato invano, così come non l’ha spaventato l’incontro con l’uomo-belva, né l’ha impressionato il fatto che conosce chi è, tanto che, Gesù parla allo spirito, che ormai in questo confronto ha preso definitivamente il sopravvento sulla sua povera vittima, e gli chiede il suo nome…in maniera che manifesti la propria identità. Ed ecco la risposta impressionante e al tempo stesso non priva di ironia verso quei romani che dominavano tutto e tutti, sia Israele e la Decapoli: “Legione”.

“Legione” è l’ultima furbizia del demonio, per il motivo che, una legione romana…infatti…era composta da seimila fanti e centoventi cavalieri. Ed era la massima forza militare del mondo antico, perché questa “entità multipla”, dai più di seimila volti e corpi umani, sapeva agire e muoversi come fosse un solo uomo. Così, lo spirito immondo, presentandosi anche lui come multiplo ed unico, e con un’aurea di invincibilità, pensa di impressionare Gesù. Ma ancora una volta, il diavolo dimostra di “saper fare le pentole e non i coperchi”, perché…proprio volendo mascherarsi con la sua “astuta” risposta, in realtà manifesta la sua vera natura, il suo potere malefico…

Gesù non fa una mossa, e a questo punto lo spirito capisce di aver perso la partita ed organizza la sua ritirata. Negozia col vincitore la sua resa. Vuole restare dove sinora ha imperversato, spaventando, ferendo, impressionando tutte e tutti, e se deve lasciare la sua dimora umana, ha bisogno di altri corpi nei paraggi.

E trova dove chiedere di andare: Un branco di porci stava pascolando sul pendio del monte vicino”, ed ecco che ora entrano in gioco i maiali, e questo non fa altro che accrescere il senso di confusione e di disgusto che già domina quella storia. Non sapessimo che siamo in territorio straniero, per un ebreo in una terra impura, lo capiremo adesso: in Israele “grandi branchi di porci” non ne trovavi davvero! È scritto nella legge di Mosè: “anche il porco, che ha l’unghia spartita ma non rumina, lo considererete impuro. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro corpi morti” (Deuteronomio 14, 8). Ecco allora che lo spirito immondo vuole andare in un animale anch’esso immondo…

La richiesta di “Legione” è pericolosa: Gesù non può consentire che egli, o meglio, “loro”, perché ormai qui domina il plurale…non può consentire che migliaia di demoni se ne vadano errando nel corpo dei maiali finché non trovino un altro pover’uomo o un’altra povera donna, di cui prenderne il possesso. Gesù, però, dà retta alla loro domanda degli spiriti impuri e: acconsentì”. (non a caso all’inizio parlavamo di “tempesta”…)

Gesù, lo permette perché sa bene quello che accadrà: l’agitazione tempestosa dei demoni della Legione si trasferisce infatti nei corpi e nelle gambe di quei poveri maiali: entrarono nei porci e immediatamente l'intero branco rotolò dalla montagna, precipitando nel lago sottostante, dove tutti affogarono.”… Lo spirito immondo che voleva “prendersi gioco” di Gesù, alla fine “è stato giocato”, lui: ha dovuto lasciare “quel paese” a cui teneva, per le profondità del lago…

Ma la storia non finisce con quei poveri maiali e quei poveri spiriti nel lago. Il clima di agitazione che caratterizza questa pagina, facendone la ripresa in terra ferma della tempesta placata da Gesù durante la traversata del lago, non s’arresta, e anzi riprende con coloro che custodivano i maiali che, sbigottiti e certo anche preoccupati per l’enorme perdita economica subita, sono fuggiti via e si sono precipitati a portare la notizia dell’accaduto nella città vicina e per le campagne…e Ben presto molte persone vennero per vedere coi propri occhi che cos'era successo certo tra loro di sicuro vi erano i proprietari dei maiali perduti, dei curiosi, forse anche dei parenti dell’ex posseduto e…Quando giunsero vicino a Gesù, videro l'uomo, poco prima indemoniato, seduto tranquillamente ai suoi piedi, completamente sano e rivestito di tutto punto. E tutti furono presi da gran paura.

Avete visto quanto movimento?… e in mezzo a tutto questo movimento, due punti fermi: Gesù e accanto a lui “l’indemoniato” che non è più indemoniato ma è calmo e sta seduto perfettamente in sé…

E però né la sua vista né quella di Gesù bastano a placare questo clima tempestoso; in quella gente accorsa sulla riva del lago, il sentimento dominante è la paura…vennero…videro…e s’impaurirono, nemmeno il racconto di quello che è successo da parte di chi ha visto l’accaduto vale a placare la loro paura. Perché colui che a loro fa paura, ed è una paura ancora più grande di quella che faceva l’uomo-belva, è ancora lì, tra loro. Finché non se ne andrà…la paura resterà.

Così pregarono Gesù di andarsene e di lasciarli in pace, perché un vero terrore si era impossessato di loroLa loro in fondo…è la medesima richiesta del demonio Legione: “Che c’è fra noi è te, uomo dai poteri spaventosi? Ti scongiuriamo, nel nome del tuo Dio: non tormentarci!”.

Sì, Gesù fa loro paura! L’indemoniato adesso non c’è più, è un uomo calmo e a posto, ma quello straniero così scomodo, capace di provocare simili sconquassi e anche simili danni come duemila maiali distrutti… può essere anche peggio dell’indemoniato: con quali catene lo si potrà legare? Meglio che se ne vada, che torni al suo paese…

E Gesù se ne va. Colui che ha combattuto e sconfitto la “legione”, non si oppone alla loro richiesta e si avvia a salire sulla barca per tornarsene indietro, “all’altra riva”, la riva di Israele. E tutti tirano un sospiro di sollievo.

O meglio, quasi tutti, solo uno si muove, si avvicina a Gesù, gli rivolge anche lui una richiesta: L'uomo che era stato liberato dai demòni lo aveva pregato di prenderlo con sé, ma Gesù non aveva voluto.

Questa volta però…la preghiera…la sola di tutte quelle di questo racconto che noi possiamo condividere…non è accolta. O meglio, è indirizzata da Gesù verso altre strade, quelle che d’ora in poi, l’ex posseduto dovrà percorrere, le strade di “casa sua” raccontando ai “suoi” e a tutti il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per lui. Sì, questo adesso sarà il compito dell’uomo che è ritornato pienamente uomo, perché quando Gesù vede che qualcuno prende sul serio l’incontro con lui, allora gli comunica la sua esigenza che gli trasforma la vita e le dà un senso: d’ora in poi dovrà essere un suo apostolo, il primo apostolo in territorio pagano ben prima di Paolo.

Ma così…anche questo va detto…Gesù riesce ad aggirare la richiesta dei pagani impauriti di lasciare la loro terra: certo, egli risale sulla barca e lascia la Decapoli, ma non la lascia completamente vuota della sua presenza: le lascia il suo inviato, la cui testimonianza non susciterà più paura, ed invece susciterà meraviglia: Così l'uomo era andato per la città, raccontando a tutti ciò che aveva fatto per lui Gesù.Ancora agitazione, ancora una tempesta che ti scuote dalle tue sicurezze, ma stavolta spalanca un orizzonte nuovo e inatteso…ti fa stupire e ti fa anche pensare che la tua vita può essere diversa…che c’è Qualcuno che te la può cambiare…

È così anche per noi…sorelle e fratelli?

O invece noi, diversamente dai discepoli in barca, dal posseduto e dal demonio “legione”, dai cittadini e dai contadini della Decapoli, abbiamo appreso l’arte dell’indifferenza davanti al Signore?

Molti di noi ascoltano quasi da una vita…nella Bibbia e nel Culto, l’annuncio del Regno di Dio…delle “grandi cose che Gesù ha fatto per noi”. Lo stesso annuncio proclamato dall’“uomo che era stato indemoniato”, che suscitava “in tutti meraviglia”…chi di noi si meraviglia più oggigiorno.

Chi tra di noi vive l’esperienza che ogni volta che, l’evangelo è predicato, è posto davanti alla decisione inevitabile di prenderlo sul serio? Dove sono fra noi i cristiani tranquilli e pacifici che vedono incrinarsi la loro “buona coscienza” e si rendono conto che forse col Signore la buona coscienza non serve poi a molto e che invece servono il ravvedimento e l’ubbidienza? Dove sono i peccatori turbati e insieme illuminati e consolati dall’annuncio dell’infinita misericordia del Dio di Gesù il Cristo?

Da noi tutto è tranquillo…tutto scontato…troppo tranquillo e troppo scontato! Da quanto tempo abbiamo dimenticato che l’incontro con Gesù è sempre un rischio, perché vi è sempre il rischio di essere sconvolti, terremotati nel nostro quieto vivere che della fede e della partecipazione alla vita della chiesa ne abbiamo fatto un’abitudine che ci dà tranquillità e ci fa sentire a posto?

Non dobbiamo e non possiamo confondere l’ascoltare l’evangelo, l’esserne messi sottosopra, con il semplice tendere l’orecchio che non impegna, non si concretizza mai nella decisione vera della fede che ti cambia la vita, come l’ha cambiata ai discepoli e all’uomo posseduto dallo spirito immondo…né dobbiamo confondere l’impatto devastante dell’incontro con Gesù con un entusiasmo momentaneo, con un’emozione, magari con un apprezzamento verso il contenuto e la forma del sermone…e nemmeno lo dobbiamo confondere con quel vago senso di benessere, di appagamento spirituale che alle volte proviamo andando in chiesa, senza saper farlo uscire da una certa incertezza…che poi non basta neanche semplicemente venire in chiesa.

Vi può essere una presenza fisica che non corrisponde a una presenza esistenziale; vi possono essere persone per le quali venire al Culto ogni domenica o non venirci per anni…non cambia poi molto…perché vengono…vengono…e nulla si muove…nulla si agita in loro…Lutero una volta ha detto: “Quando viene la Parola di Dio, ogni volta che è predicata, essa vuole mutare e rinnovare il mondo…contro questa febbre non giova nessun farmaco, questa guerra è del nostro Signore Iddio che l’ha destata”.

Dov’è allora…la nostra febbre? Dove sono i nostri occhi luccicanti? Dove sono in noi, allora, quel timore e quella domanda come quella dei discepoli: “Chi è dunque costui? …” (cfr. Lu 8:25b), che ci fanno dimenticare tutto…chi ha predicato e come ha predicato…se il Culto era ben curato oppure no…se è durato troppo o troppo poco…se pioveva o c’era il sole…perché noi al Culto abbiamo incontrato lui e solo lui, Gesù, e abbiamo udito la sua parola, e la sua presenza ci ha sconvolto?…

Proviamo a immaginare di incontrare oggigiorno l’ex indemoniato del racconto di oggi. Cosa ci direbbe della sua esperienza?

Forse questo: “Il demonio, “Legione”, mi aveva afferrato coi suoi artigli, e tutti mi chiamavano «la bestia». La mia vita non era più una vita, ma un’infinita sofferenza. I miei compaesani e i miei stessi parenti mi legavano con le catene, ma quelli non erano un problema: li spezzavo… Il problema erano i legami ben più forti con cui mi possedeva e devastava lo spirito immondo…e così sono stato esiliato fra le tombe: un reietto, separato da tutti…Ma io stesso volevo stare solo…ero proprio una belva solitaria, solo monti e sepolcri…una specie di zombi, pericoloso per tutti, micidiale per me stesso…poi…poi è arrivato lui…su quella barca…l’ho incontrato, ed allora ho sentito la paura di “Legione”, ho udito il comando che gli ha dato: “spirito immondo”, esci “da quell’uomo… Era da tanto che nessuno mi chiamava più: “uomo”… e “Legione” se ne è dovuto andare via, e così ho ritrovato me stesso, e l’ho visto entrare nei maiali e precipitare nel lago…e ho visto anche i guardiani correre via impauriti. E poi è arrivata gente…tanta gente da ogni dove, con le facce sconvolte e preoccupate…ed io stavo lì, seduto, ritornato dal mondo dei morti, sorridente e tranquillo, ma non mi hanno nemmeno quasi visto. Pensavano ai maiali, al grande danno che avevano subito, e hanno chiesto a Gesù di andare via…e Gesù è risalito sulla barca. Sono corso da lui, perché desideravo andare via con lui…rimanere con lui…ma Gesù ha rifiutato…e ho capito che dovevo ubbidire, fare la sua volontà…e così sono diventato un profeta, il profeta del “Figlio del Dio altissimo”, a casa mia, fra i miei…perché io credo in lui…sì, io credo e dico: “Grazie Signore!”.

Anche per noi c’è ogni volta una barca che arriva…Gesù che scende e viene fino a noi…ci incontra e ci parla…

Che cosa ho fatto io…che cosa hai fatto tu…che cosa ne facciamo dell’incontro con lui?

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro e Padre nostro, in Cristo ci accetti e ci doni pienezza di esistenza. Ti preghiamo per chi non si accetta: per chi ha coscienza della propria miseria, ma non della tua pazienza generosa e del tuo amore. Ti preghiamo per coloro, giovani, adulti o anziani, che avvertono forse in modo angoscioso il non senso dell’esistenza, e non hanno ancora trovato in te…senso e speranza della vita, per loro e per il mondo. Ti preghiamo per tutte e tutti noi, perché non facciamo un uso distorto della tua grazia e non ripieghiamo su una visione troppo placida e pigra della vita, ma ci sia dato di ritrovare sempre in te il senso primo e ultimo, lieto e forte, della nostra esistenza quotidiana. Te lo chiediamo, con fiducia filiale, nel nome del Signore Gesù, che ci ha insegnato a dirti: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO  (Luca 8: 39a)

Torna dai tuoi e racconta loro il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per te”.

 

BENEDIZIONE (Galati 1, 3 – 5)   

Dio Padre e il Signore nostro, Gesù Cristo, vi diano pace e grazia. Gesù Cristo è morto per i nostri peccati, proprio come aveva programmato Dio, nostro Padre, e ci ha strappati da questo mondo corrotto in cui viviamo. Sia gloria a Dio per sempre. Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 23 agosto 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo il testo biblico di Luca 8, 26-39 e Galati 1, 3-5, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).