Culti
16/05/2021
09/02/2021
Lontananze (Commento a Ruth 1, 1-14 di domenica 17-01-20211)
Nelle mattine d’estate amo ancora uscire sul fare del giorno per andare incontro all’aurora, che qui, nelle distese sconfinate delle steppe di Moab, si tinge di sfumature che paiono del cuore, prima che del cielo. L’orizzonte vasto ospita i miei occhi che hanno sete d’infinito e mi porta via, verso lontananze che la mia anima ha sempre abitato. Ma insieme, quel chiarore incerto da cui lento nasce il giorno, fa riaffiorare alla memoria il ricordo di quell’altra alba: quella in cui – senza che il cuore lo desiderasse – ci separammo.
Eravamo tre donne unite da una trama segreta di muta
complicità, che d’improvviso il lutto, anziché spezzare, aveva reso più tenace:
talvolta il dolore condiviso intesse tra i cuori un laccio tanto più forte
quanto più è profonda la fragilità che gli ha dato vita. Così, noi che agli
occhi di un mondo maschile non eravamo che tre vedove che suscitavano
compassione mista a un malcelato sconcerto, eravamo in verità tre donne capaci
di vedere nelle ferite dell’anima solchi in cui gettare il seme di una vita
nuova.
Dove farla germogliare, però? In quale direzione
tracciare il sentiero che ci avrebbe restituite alla vita, mettendo ali ai
cuori prima che ai piedi? Sì: perché il desiderio che ci attraversava era
quello di osare il volo, di librarci in alto, sopra quel dolore che, per essere
lenito, doveva diventare spinta che aiuta a lasciare il nido del lutto per
spiegare le ali. Nonostante la morte avesse incrociato i nostri cammini, la
vita si dibatteva nei nostri petti come un uccello in gabbia: anche lei, come i
miei occhi, desiderosa di lontananze.
Non aveva alcuna importanza, per noi, che quella vita
non la portassimo in grembo, che non si fossero gonfiati i nostri ventri del
frutto dell’amore sponsale: altra e più profonda e ineffabile era la nostra
fecondità.
Era fatta di vento e desiderio ed era gravida di
futuro e di quell’indomita immaginazione che lo propizia e lo genera. I cuori
di tutte e tre noi erano finestre spalancate sul mare aperto delle possibilità:
e nulla, in me, lasciava presagire che quel mare potesse tramutarsi in deserto.
Fu alle prime luci di un’aurora estiva che Noemi ci
rivelò i propositi del suo cuore, animati dal desiderio o – forse – dall’ignota
necessità del ritorno: la terra che stava al di là delle steppe e da cui era
migrata tempo addietro a motivo di un’improvvisa carestia, era pronta ad
accoglierla nuovamente. O forse no: ma l’ombra proiettata sulla sua anima da
una giovinezza ormai sfiorita, la sospingeva verso i lidi da cui, un giorno
lontano, era salpata, come fanno le onde con una barca alla deriva. E così
doveva sentirsi Noemi, o così, almeno, la percepì il mio cuore: in balia di
acque che l’avrebbero ricondotta al luogo dal quale il suo viaggio aveva avuto
inizio.
Ma l’inatteso, che aveva assunto il volto mio e quello
di Ruth, si era fatto strada in lei: e al dolore del lutto si affiancava ora
quello della separazione da chi, nel suo lungo soggiorno in terra straniera,
Noemi aveva imparato ad amare. Subito, però, come acqua che zampilli incontenibile
dalla roccia, le parole varcarono la soglia delle labbra, e Ruth ed io
lasciammo che il sentimento affiorasse e parlasse per noi a una sola voce:
«Non ti lasceremo, Noemi: verremo con te.
Affronteremo, come hai fatto tu, l’ignoto che si cela dietro una terra
straniera: più forte del timore è l’affetto che ci lega a te, il laccio che
l’amore ha intessuto nel segreto e che adesso è impossibile sciogliere senza
avvertire un dolore che ci scuote nell’intimo».
Ma lei, con la saggezza che portano gli anni, ci
rispose:
«Figlie mie, nulla vi attende, con me, dietro
l’infinita distesa della steppa. Nulla ho da promettervi, nulla da offrirvi:
volgete indietro cuore e passi e lasciate che io faccia ritorno da sola al
luogo che lasciai con il cuore ricolmo di incertezze e di una disperazione
muta. Vi farò ritorno senza mio marito e senza i due figli che portai con me:
lasciate che la solitudine mi sia compagna. Già troppa è stata la sventura di
cui, senza volere, ho caricato i vostri giovani cuori».
Insistemmo, però, sia Ruth che io: l’unica sventura ci
sembrava dover recidere quel laccio tenace e delicato. Infine, ci abbandonò la
parola, che sempre si dirada negli istanti in cui il senso, che si affaccia
muto, la eccede: e si impossessò di noi il pianto, che filtrò, annacquandola,
la luce – come me incerta – di quell’alba. Fu questo il nostro affranto,
silente saluto. Nell’ultimo ricordo che il cuore trattiene delle amate, le vidi
allontanarsi insieme. Io mi volsi indietro, il cuore gonfio di una pena che sino
a oggi – come una fitta avvertita nell’intimo – non mi abbandona. E quella
solitudine che Noemi aveva evocata, fu alla fine mia compagna e non sua.
Ho udito che il suo popolo narra ancora di noi: a me,
destinata in questa storia all’oblio, è giunta voce che abbiano posto il nome
“Orpa” che, nella loro lingua, evoca il gesto di voltare le spalle.
Ma ho udito anche del loro Dio, un Dio che sa leggere,
si dice, nel segreto dei cuori: ed Egli sa quanto dolore abbia pervaso quegli
ultimi istanti e quanto spesso, ancora, esso riaffiori.
Quando ciò accade, vengo qui, su questa soglia sospesa
tra luce e ombra che è anche la mia anima: e consegno all’alba, dietro il cui
chiarore intravedo il volto del Dio che scruta i cuori, la mia storia mai
narrata e il mio vero nome: Orfìa, “colei il cui sguardo abita le lontananze”.
Lì – udita da quel Dio soltanto, al cui petto mi stringo – comprendo di non
aver mai voltato le spalle a un amore che, come i miei occhi, varca
l’orizzonte, attraversa le steppe mute del dolore e, tingendosi dei colori
tenui dell’aurora, vibra e rivive ogni giorno in me.
Alessandro Esposito
01/11/2020
21ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Accoglienza
Buongiorno e buona domenica a
tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa ventunesima domenica dopo
Pentecoste è preso dal Profeta Michea il quale ci dice: “O uomo, egli ti ha fatto
conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?”. (Michea
6:8)
Saluto
Pace a voi da Dio Padre,
Figlio e Spirito Santo, che rinnova di giorno in giorno le sue promesse e fa
scendere la sua benedizione su ciascuno di noi. Amen.
Lode
Signore Dio nostro, ti
ringraziamo perché possiamo stare insieme per invocarti e per ascoltare la tua
parola di vita.
Vieni ora tu stesso in
mezzo noi. Risvegliaci. Dacci la tua luce. Sii tu
il nostro maestro e il
nostro consolatore. Parla tu con ciascuno di noi
in modo tale che
ognuno oda e riconosca ciò che tu gli vuoi dire.
Concedi a noi, e a
coloro che in tutti gli altri luoghi si riuniscono oggi
come tua comunità,
conoscenza e speranza, una chiara testimonianza
e un cuore
lieto. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.
Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Signore, tu hai
trasformato in forza le cose deboli e disprezzate.
Il nostro mondo corre
dietro a un attivismo sfrenato, insensibile e brutale, ma tu ci porti alla tua
parola, che ci dona le basi per un ordine giusto.
Sì, questa è la nostra
forza, Signore: la tua parola è certezza;
questa è la nostra
guida: con la tua parola sappiamo dove andare;
questa è la nostra salvezza:
la tua parola viene a noi e agisce,
crea tutto nuovo, dona
senso alla nostra vita.
Signore, dacci un
cuore nuovo, affinché ascoltiamo la tua parola con vero desiderio di ricevere
ciò che promette e la volontà di praticare ciò che ordina.
Nel nome di Gesù
il Cristo. Amen.
Testo biblico
Luca 5 , 12 – 16
Un giorno, in un certo villaggio che Gesù stava
visitando c'era un uomo lebbroso da molti anni. Quando il poveretto vide Gesù,
si gettò ai suoi piedi, supplicandolo perché lo guarisse. «Signore», disse, «se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!»
Gesù lo toccò, dicendo: «Certo che lo voglio.
Sii guarito!» E la lebbra sparì. Allora Gesù gli ordinò di allontanarsi
subito, senza dir niente a nessuno e di andare a farsi vedere dal sacerdote
giudeo. Poi aggiunse: «Offri il sacrificio richiesto dalla legge di Mosè per i
lebbrosi che sono guariti. Ciò proverà a tutti che ora stai bene». A
questo punto, la notizia del suo dono si sparse a grande velocità e moltissime persone
venivano per sentirlo predicare e per essere guariti dalle malattie. E Gesù si
ritirava in luoghi deserti per pregare.
Esposizione del brano
biblico
Sappiamo dai testi biblici, che Gesù…dopo essere stato battezzato da
Giovanni, inizia a predicare, a guarire gli ammalati e i posseduti dai demoni, dando
così loro un dono, già qui in terra, della gioia e della consolazione che
caratterizzano il regno che è venuto a proclamare, e nel brano che abbiamo
appena letto, troviamo appunto un uomo che era lebbroso ormai da molti anni, il quale, veduto Gesù,
si gettò ai suoi piedi e supplicandolo perché lo guarisse gli disse: «Signore»,
«se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!».
Questo lebbroso…potremmo ben dire che è una persona particolare,
sicuramente un uomo preparato e intelligente. Innanzitutto conosce molto bene
la propria condizione. Sa che la lebbra che lo affligge non è solo una
malattia, ma è qualcosa, anzi molto di più: è una “impurità”. Per
questo, come abbiamo ascoltato, non chiede a Gesù che semplicemente lo
guarisca. No…con molta precisione gli domanda di “purificarlo”.
Ma che
cosa significa che la lebbra è un’impurità e non solo una malattia?
Già lo si può intuire dal libro del Levitico che
è parte del cosiddetto “Codice di purità”, il quale occupa
cinque capitoli di quel libro, ma questo particolare sulla malattia della
lebbra lo possiamo trovare cfr. Le 14, 1-32 ove è menzionato come ci si deve
comportare quando si ha la lebbra.
Questo Codice nasce dal fatto che per Israele e
quindi per la Bibbia nel mondo c’è “l’impurità”. In particolare…è
questo è tipico della mentalità ebraica, che tiene molto all’ordine e alla
chiara divisione delle cose…che c’è impurità ogni volta che delle cose che dovrebbero
restare separate, vengono invece mescolate fra loro; e anche ogni volta che c’è
un disordine, un’anomalia nel normale andamento delle cose.
E se diventi impuro per il cibo, o per qualche altro motivo (e ce
ne sono tanti), questo non resta senza gravi conseguenze: la persona colpita
dall’impurità è tagliata via dalle relazioni con gli altri esseri umani e da ogni
pratica religiosa, e il compito del “Codice di purità” era
appunto quello di diagnosticare la presenza o meno dell’impurità e stabilire
per l’interessato e per tutti gli altri cosa da quel momento è necessario fare:
quali misure di restrizione prendere, e se poi lo stato di impurità finisce, a
quali rituali far ricorso per attestare appunto quella fine.
Come dicevo…i campi dell’esistenza in cui l’impurità può
presentarsi sono molti e diversi, il Codice…per esempio tratta
persino dell’impurità delle donne dopo il parto e di quelle legate all’ambito
sessuale, dove c’è sempre una mescolanza di sangue e altri elementi. Ma in
particolare, per ben due capitoli, tratta della “lebbra”, di questo
morbo che, per il modo in cui si manifesta, cambiandoti il colore della pelle e
deformandoti arti e lineamenti, è un disfacimento del corpo che inizia quando
tu sei ancora vivo, e così mescola la sfera della vita e quella della morte, e
questo rende quanto mai impuri gli ammalati di lebbra.
Ma non solo diventava impura la persona nelle quale apparivano i
sintomi della lebbra; questo male era così spaventoso che chiunque toccasse un
lebbroso, anche senza subirne alcuna conseguenza, si ritrovava impuro e, almeno
fino alla sera del giorno del contatto, doveva anche lui restare separato dagli
altri.
Proprio per questo, per evitare ogni rischio di contagio, il Codice
di purità, stabilisce che “il lebbroso porterà le vesti strappate e
il capo scoperto… se ne starà solo… abiterà fuori del campo (o della
città o del villaggio) … e (per impedire alle persone di
avvicinarsi troppo a lui) griderà: Impuro! Impuro!” (cfr. Levitico 13,
45-46)
Ma torniamo al nostro “lebbroso” “particolare,
preparato e intelligente”.
Anzitutto è “preparato” perché, come abbiamo visto, conosce bene il
male da cui è afflitto: sa che la lebbra è una impurità, anzi l’impurità delle
impurità, e chiede allora a Gesù che lo purifichi.
Ma è anche “particolare”, questo lebbroso, perché nel nostro
racconto fa qualcosa di particolare: si avvicina a Gesù ben di più di quanto
non sarebbe consentito, e nemmeno si cura di prendere le precauzioni che
il Codice gli impone: non grida: “Impuro!
Impuro!” per farlo allontanare…in questo modo allora, si accolla anche
il peccato di chi, impuro, si comporta come se invece non lo fosse, ma nella
sua “disinvoltura” nei confronti di quella che è e resta la lettera della Legge
divina, quest’uomo è pienamente consapevole di ciò che sta facendo, al punto
che formula la sua preghiera a Gesù in un modo veramente speciale: in tutto il Nuovo
Testamento, è questo il solo miracolo in cui la richiesta di colui che lo
chiede è preceduta da un “Se vuoi”: “Se vuoi, tu puoi purificarmi!”.
Il lebbroso sa bene che, avendo osato trasgredire la Legge ed
essendoglisi avvicinato solo a “un tiro di braccio”, fa correre a Gesù il
rischio di diventare impuro anche lui. Così…ed è la prova che davvero è una
persona “intelligente” e sensibile, gli lascia la libertà di scegliere: se Gesù
accoglierà la sua richiesta, sarà perché l’avrà voluto… perché l’avrà deciso…e
se diventerà anche lui impuro, non sarà per caso, ma, appunto, per una scelta
consapevole.
Davanti a quest’uomo che ha messo in gioco tutto e ha infranto anche la Legge per affidarsi a
lui, Gesù…ci ha detto Luca: “…..Stesa la mano, lo toccò, dicendo:
«Lo voglio, sii purificato»”. Non so se vi rendete conto della portata
di quello che qui accade: se quel lebbroso ha trasgredito il Codice di
purità, Gesù fa esattamente la stessa cosa: “ha voluto” toccarlo,
e così anche lui ha deliberatamente trasgredito la Legge di Dio. Adesso è
impuro anche lui, insomma, noi siamo qui al cospetto di un Gesù disubbidiente,
e questo…certamente è strano…è quasi qualche cosa che fa scandalo…e però…anche
“disubbidiente, Gesù resta Gesù; la sua parola attua ciò che dice. Ha detto: “Sii
purificato” e “subito” la purificazione si
produce: “la lebbra sparì da lui”. È strano, quel verbo “sparì”.
È come se la lebbra qui sia personificata e dotata di una propria volontà.
Ma è molto meno strano di quanto non sembri a
prima vista. Non è forse vero che quando noi o i nostri cari siamo colpiti da
una grave malattia, quella malattia si personifica? Non la sentiamo come
qualcosa che in fondo è naturale, che può anche capitare… è un vero e proprio
nemico che ci ha aggrediti in maniera vigliacca e con la sua violenza bruta ci
strazia ingiustamente.
È da questa brutalità, da un vero e proprio
carceriere e carnefice, che Gesù libera quell’uomo “particolare, preparato e
intelligente”…
Ma ora che la lebbra è stata vinta ed “sparita”… adesso
che il lebbroso “è stato purificato” e può guardarsi con uno
sguardo nuovo, è necessario che anche gli altri lo guardino a loro volta con
uno sguardo nuovo, e accettino di reintegrarlo in mezzo a loro.
Ecco perché Gesù comanda al lebbroso: “Ma va’…mostrati al
sacerdote e offri per la tua purificazione ciò che Mosè ha prescritto”. Proprio
le prescrizioni del Codice di purità che prima il lebbroso e
poi lui hanno prima violato, rappresentano adesso per quell’uomo la via sicura
per la reintegrazione: deve far constatare a un sacerdote la sparizione dei
sintomi che lo rendevano impuro.
A questo punto…credo…noi possiamo comprendere il perché della
disubbidienza di Gesù. Possiamo superare, se l’abbiamo mai provato, il nostro
scandalo…
La trasgressione di Gesù non era diretta contro la Legge in sé, ma
contro ciò che le sue interpretazioni e le conseguenti applicazioni possono
avere di alienante e crudele per gli esseri umani. Il fine di questo miracolo,
non a caso “di purificazione” è…l’abbiamo appena visto…permettere
la reintegrazione del lebbroso nella comunità, quando la stessa legge che Gesù
ha trasgredito diventa lo strumento di questa reintegrazione, indicando la
procedura necessaria per reintrodurre l’uomo nella normalità, Gesù non ha alcun
problema a comandare all’ex lebbroso di fare quello che la Legge prescrive, perché
in quel momento la Legge è in funzione della sua rinascita ad una vita piena,
serve all’accoglienza di chi fino a un momento prima era un escluso.
Ma c’è ancora qualcos’altro da dire…per ora però…è bene, ed anzi…è
urgente, che l’ex lebbroso si allontani da lui e vada a presentarsi al sacerdote,
senza far sapere ad anima viva da chi e come e stato purificato: “Gli
disse: – Guarda di non dire nulla a nessuno”, e anche questo fatto non è
senza conseguenze, adesso tutti sanno che Gesù “l’ha toccato” mentre
ancora era impuro, e che perciò è rimasto “contagiato” dalla sua impurità, così,
si verifica qualcosa di davvero paradossale: il purificato adesso è puro e può
tornare a vivere in mezzo all’altra gente, mentre il suo purificatore ora è lui
impuro e così, ci dice Luca: “Ma egli si ritirava nei luoghi deserti e
pregava”, si…Gesù non poteva più entrare apertamente in città, ma se ne stata
fuori in luoghi deserti”. Deve “starsene fuori” almeno
fino a sera, perché è impuro!
La “predicazione” del lebbroso purificato, di
quell’uomo che…abbiamo detto…è una persona “particolare, preparata e
intelligente”, ha aiutato la gente a capire che con Gesù e grazie a lui, la
vecchia distinzione “puro e impuro” adesso è superata. E così…è
la conclusione del nostro passo d’oggi dice: “Però la fama di lui si
spandeva sempre più; e grandi folle si radunavano per udirlo ed essere guarite
dalle loro infermità”, dall’ “impuro” Gesù…
Noi siamo pronti a prendere dei rischi come
quello che il Gesù ha qui preso su di sé? Ricordate la preghiera del lebbroso: “Se
vuoi, tu puoi purificarmi!”? E ricordate la sua risposta: “Lo
voglio, sii purificato”? Noi, fratelli e sorelle “vogliamo
o no” ascoltare l’appello, spesso silenzioso…eppure ugualmente
lacerante, delle persone che si trovano “ai margini” a motivo della loro
salute, della loro non-produttività, della loro dipendenza?
Là dove questo “volere” si gioca su due fronti.
C’è infatti un fronte esterno: le chiese debbono saper interpellare con una
forza profetica il mondo in cui vivono, nel nome di una visione dell’umanità
che rifiuti come anti-umani, e perciò anti-cristiani, i criteri di esclusione oggi
in voga. Questo anche a costo di essere a nostra volta esclusi e dichiarati in
qualche modo “impuri” alla luce dei valori dominanti della nostra società. Ma
l’ha fatto Gesù…figuriamoci se non possiamo, e dobbiamo, correre anche noi questo
rischio.
E però non basta soltanto essere profetici. C’è anche un fronte
interno, e lì dobbiamo volere darci i mezzi per permettere alle persone
marginalizzate di partecipare pienamente alla vita sociale e spirituale delle nostre
comunità. I nostri locali sono facilmente accessibili per persone ad autonomia
ridotta (e qui, benedetto il togliere la barriera architettonica dell’entrata
della nostra Chiesa, che davvero speriamo arrivi presto…), e le aiutiamo a
poter prender parte ai nostri culti e alle nostre attività? Offriamo aiuto e sostegno
alle famiglie delle persone ammalate oppure anziane, in modo tale da consentire
loro di tirare un po’ il fiato e trovare nuove forze per andare avanti nel loro
impegno?
Sì, “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Vedete? Dipende
da noi…
AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Dio nostro, agisci in
noi e trasformaci. Le nostre mani rimangono
prive di forza se tu
non ci sostieni; le nostre azioni, i nostri progetti e
i nostri intenti si
perdono nel vuoto senza la tua presenza.
Ti preghiamo: usa le
nostre mani, le nostre gambe e le nostre bocche
per essere accanto a
quanti soffrono la solitudine, il dolore del lutto,
l’angoscia dell’ingiustizia.
Usaci per portare
conforto ai malati e alle persone sole, a coloro che
non sanno più quale strada
intraprendere, quali scelte fare.
Usaci per ridare
coraggio agli sconfitti e speranza ai delusi, per portare
il tuo amore a quanti
non sanno più trovare la via della riconciliazione.
Usaci, Signore nostro,
perché possiamo essere gli uni per gli altri
messaggeri del tuo
amore. Accogli la
nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.
Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato:
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato
il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi
li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma
liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli
dei secoli.” Amen
BENEDIZIONE
Il Dio della pace vi renda perfetti in ogni bene,
affinché facciate la sua volontà,
e operi in voi ciò che è gradito davanti a lui, per
mezzo di Gesù Cristo;
a lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
(Ebrei 13, 20a.21)
(Giampaolo Castelletti, domenica 25 ottobre 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994.Tranne il brano di Luca 5, 12-16).
27/10/2020
20ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Accoglienza
Buongiorno a tutte e tutti voi, il
versetto che ha accompagnato la ventesima domenica dopo Pentecoste è stato preso
dal libro del profeta Geremia, il quale invocando il Signore dice: “Guariscimi Signore e sarò
guarito; salvami, e sarò salvo; poiché tu sei la mia lode”. (Geremia
17: 14)
Saluto (Christian de Chergé, martire)
Se mi capitasse un giorno – e potrebbe
essere oggi – di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora
tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia
Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era “donata” a Dio e a
questo paese. […] Potrò, se a Dio piace, immergere il mio sguardo in quello del
Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell’islam così come li vede Lui.
Lode
Dio nostro, fonte
della nostra vita, come un albero si nutre dell’acqua
noi abbiamo bisogno
della tua parola per vivere.
Le nostre radici sono
la tua grazia e il nostro fogliame è il tuo amore.
Come un albero ha
bisogno del vento per essere mosso, noi abbiamo bisogno del tuo Spirito.
Nutrici con la tua
parola, Signore, rialzaci tramite il tuo perdono e rafforzaci con la tua
benedizione affinché possiamo portare frutto
e diventare un rifugio
per chi lo cerca.
Nel nome di Gesù il Cristo.
Amen
Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Signore, ti
chiediamo di mandare su di noi il tuo Spirito perché ci aiuti ad accostarci
alla tua parola svegli, attenti, presenti a noi stessi, con tutto il nostro essere
proteso all’ascolto, disposto e desideroso di ricevere una parola nuova,
inattesa, che ci apra la possibilità di cambiare. Signore, ti chiediamo di
mandare su di noi il tuo Spirito perché, come un vento leggero, soffi tra le
parole che ascoltiamo e le lasci vibrare nei nostri cuori e nelle nostre menti,
così che vive e attuali ci rivelino la tua volontà. Signore, noi ascoltiamo, tu
parla. Amen.
Testo biblico
Giacomo 5 , 13 – 16
C’è tra di voi qualcuno che soffre? Preghi.
C’è qualcuno d’animo lieto? Canti degli inni.
C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi
preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore: la preghiera della
fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei
peccati, gli saranno perdonati.
Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli
uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande
efficacia.
Esposizione del brano
biblico
La lettera di Giacomo, di cui oggi abbiamo letto solo pochi versetti,
fu scritta per incoraggiare i credenti di origine ebraica che, all’epoca,
subivano persecuzioni e che perciò ne metteva a dura prova la loro fede, queste
parole servivano per esortare, incoraggiare e istruire i credenti sugli aspetti
pratici della fede, ma soprattutto, Giacomo, pone enfasi sulla preghiera e sul
sostegno che deve esserci fra i credenti, affinché rinnovino la loro fede in
Cristo, ma fa capire altresì che in qualsiasi circostanza, nel bene e nel male,
dobbiamo guardare a Dio e onorarlo attraverso l’adorazione e la preghiera, soprattutto
quando affrontiamo dei problemi, delle necessità o delle afflizioni, poiché la
Parola di Dio ci invita a cercare la forza in lui per mezzo della preghiera, di
sicuro qualcuno di noi, nell’ascoltare queste poche righe del capitolo 5 e i versetti che vanno dal 13
al 16, si sarà forse fatto una strana impressione, in quanto possiamo ben dire
che queste parole, le sentiamo vicine come se fossero parole nostre, in quanto…in
queste poche righe potremmo senz’altro dire che c’è qui una fede che è anche la
nostra fede, però, una fede così, indubbiamente come ce la mostra Giacomo, noi
non l’abbiamo quasi mai vissuta, guardiamo per esempio a queste parole: “C’è
tra di voi qualcuno che soffre? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Canti degli
inni”, nel senso che: “Hai avuto un insuccesso personale (questo
è il significato preciso del verbo greco qui tradotto con “soffrire”) e
ti senti un fallito? Prega…e vedrai che Dio ti ascolterà e ti darà la forza che
ti serve per uscire dalla tua infelicità”…“o al contrario ti senti di buon
umore…stai bene di salute e sei sereno d’animo? Allora…canta a Dio, innalza la
tua lode perché questo momento di benessere è un grande dono della sua bontà!”.
Ma per far questo…per poterlo supplicare nel
dolore e lodarlo cantando nella gioia…bisogna che Dio…sia per noi…davvero Dio,
che sia davvero il nostro Signore, solo allora lo sentiremo presente e
presenteremo noi stessi a Lui, come presenteremo sempre a Lui ogni caso ed ogni
avvenimento che coinvolga il nostro corpo e la nostra vita, perché sappiamo di
essere sotto la sua costante e paterna protezione.
Sì. Solo allora faremo nostre le parole consolanti e gioiose che
troveremo nei salmi, perché le sentiamo nostre…perché è nostra la promessa che
dice: “Invocami nel giorno della sventura, e io ti salverò” (Salmo
50,15); e deve essere altresì nostra l’esclamazione: “Io
salmeggerò a te, senza tacere. Signore, mio Dio, ti celebrerò per sempre”
(Salmo 30,12).
Sorelle e fratelli, chi di noi prega Dio nel dolore e lo canta nella gioia…col fervore di Giacomo…e…con il pieno abbandono di chi ha la convinzione che Dio ascolta davvero e vuole e può esaudire le nostre richieste?
Diciamocelo chiaramente, questa fede di cui parla Giacomo, ci fa
capire che oltre a pregare Dio quando siamo nel bisogno, dobbiamo pregarlo anche quando le cose ci vanno bene.
E questo è ancora poco, perché se poi andiamo avanti a rileggere
il testo, il senso di estraneità che stiamo ora avvertendo si fa ancora più
forte: “C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della comunità”…e
anche in queste parole ce una grande differenza con la chiesa del tempo
di Giacomo: “Il malato chiami gli anziani della chiesa ed essi preghino
per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore”.
Gli “anziani della chiesa”, che…tra parentesi…non sono
dei carismatici dotati del dono della guarigione, che pure erano presenti nelle
comunità, ma sono i ministri della chiesa locale che vanno chiamati dal malato
perché preghino per lui…cioè…costoro…debbono intercedere in suo favore presso
Dio…e non si tratta di dire lunghe formule, ma di andare all’essenziale:
attraverso di loro è la comunità che, un po’ come Giacobbe nel
passo della Genesi, in modo commovente quasi lotta con Dio in
favore di un suo membro.
E ancora, quasi per dare consistenza a questa lotta, la preghiera
va accompagnata da un gesto particolare: mentre gli anziani pregano sul malato,
debbono “ungerlo d’olio nel nome del Signore”.
Come mai questa unzione?
Giacomo non inventa qualche cosa di nuovo: nel
suo vangelo, Marco riferisce che i Dodici mandati da Gesù lungo le strade della
Galilea, “scacciavano molti demoni e ungevano con olio molti infermi e
li guarivano” (cfr. Marco 6,13).
Questo avveniva, perché nell’Israele dell’epoca di Gesù, l’olio,
che nella vita di tutti i giorni era sovente usato come farmaco, era anche
diventato il simbolo dell’avvento del tempo della salvezza. Così leggiamo nel
profeta Isaia: “Il Signore darà agli afflitti in Sion…olio di gioia
invece di dolore” (cfr. Isaia 61,3); e in un’apocalisse ebraica del
primo secolo si parla di due alberi presenti in paradiso: l’albero della vita e
l’albero dell’olio, che cosparso sulla pelle dei giusti li rende splendenti e
così li glorifica.
In questa prospettiva, sia i discepoli inviati da Gesù che gli
anziani della chiesa di Giacomo “ungono d’olio” i malati come
segno dell’irruzione della signoria salvifica e gloriosa di Dio nel mondo,
nella persona e negli atti di Gesù.
Ma qual è la conseguenza di questa preghiera e del gesto simbolico
che l’accompagna?
E qui davvero ci sentiamo più estraniati che mai. Con una sicurezza
per noi tutti…sconcertante…Giacomo aggiunge: “La preghiera
della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà”.
Vedete? Senza nemmeno un “forse”… senza un “se” e senza un “ma”.
Se si prega e si ha fede nel Signore, quella preghiera non resterà
inascoltata: “il Signore” interverrà e “salverà il
malato”.
Naturalmente, lui, “il Signore”,” salverà e
ristabilirà”. E questo dev’essere chiaro dall’inizio: gli anziani
della comunità compiono la loro opera di risanamento sul malato, non grazie
alla loro forza o a una loro particolare convinzione, ma nella forza del “nome
del Signore”: è lui e soltanto lui che agisce attraverso i ministri
della chiesa.
Ma poiché Dio, quando agisce, non lo fa mai in maniera parziale od
incompleta, anche qui il “ristabilimento” del malato non si
ferma al suo corpo, non riguarda soltanto la sua salute fisica: “Se
egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati”.
Anche qui, come per l’“unzione d’olio”, alla preghiera
s’accompagna un gesto esterno: “Confessate dunque i vostri peccati gli
uni agli altri e pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti”.
Quando una persona è malata, il suo male si mostra all’esterno: tu
lo vedi, lo cogli, lo puoi diagnosticare…così è per il peccato: deve venire
fuori… essere confessato ai fratelli di fede…così essi sapranno per cosa
precisamente è necessario che preghino…e nella preghiera comune ognuno già avrà
modo di sperimentare il sollievo del perdono che, certo è del Signore…solo lui
ce lo può dare…eppure passa (e questo è molto bello, ed è un peccato che noi
l’abbiamo perso) attraverso l’intercessione, il sorriso, l’abbraccio del
fratello che ti ascolta e ti dice: “Puoi star tranquillo: Dio ti ha perdonato!”.
Ecco allora che, questo breve ma intenso testo dell’epistola di
Giacomo, che ci assicura che davvero “la preghiera della
fede” sale a Dio ed intercede per tutta la persona per cui è detta, ci
deve far capire che, è grazie alla preghiera, che tutta la persona è restituita
ad un giusto rapporto con la vita e col Signore della vita: la guarigione esterna
diventa il segno dell’avvenuta guarigione interna.
Ma tutto questo è grazie a Dio e a tutta la chiesa, in questa
comunità fraterna in cui puoi condividere la vita, le gioie e le sofferenze
della vita… in cui…e anche questo è molto bello…non c’è un fratello innalzato
sopra agli altri come se uno fosse il debole e l’altro il più forte, uno il colpevole
e l’altro il giudice, per il motivo che il tutto deve essere fatto nella
preghiera comune degli uni per gli altri, cioè, preghiera che si fa intercessione,
si fa esaudimento e sale fino a Dio, così che diventa salvezza.
Sì, davvero…ed è la conclusione del nostro testo d’oggi: “la
preghiera del giusto ha una grande efficacia”.
La nostra chiesa, sorelle e fratelli, somiglia
almeno un po’ alla chiesa di Giacomo, che prega, canta,
intercede…che è comunità di vita, sofferenze e gioie?
Permettetemi di parlarvi con un po’ di libertà.
Nel senso che, la nostra
preghiera deve essere una preghiera che aiuti segretamente l’altro a migliorare,
a crescere, a cambiare…
Se preghi per una sorella, per un fratello…e questo non nello
slancio di un momento, ma con perseveranza…non puoi più parlare male di lui o
di lei, o avere un atteggiamento duro, insensibile, indifferente. Perfino il tuo
modo di guardarla o guardarlo, di darle o dargli la mano, di salutarla o
salutarlo, si trasforma, se tu preghi per lei…se tu preghi per lui.
Insomma, una comunità è autentica ed è viva solo quando sa diventare
una comunità di preghiera.
Fratelli e sorelle, aiutiamoci l’un l’altro, pregando l’uno per
l’altro.
Se preghiamo soltanto per noi, perché le nostre cose vadano bene,
allora dovremmo rivedere il nostro modo di pregare.
Portiamo in preghiera i pesi gli uni degli altri, come Cristo
porta i nostri peccati e i nostri pesi intercedendo per noi davanti al Padre!
Se sappiamo che nelle comunità vi sono delle persone che hanno dei
pesi sul cuore, come ci dice Giacomo, dobbiamo pregare per loro.
Se vi sono delle persone che sono sole, oltre che farle visita,
dobbiamo circondarle con la nostra preghiera.
Perché poi, alla fine, se ci chiediamo cosa
sia mai una chiesa cristiana, ci accorgiamo che possiamo dare tante varie
risposte, ma una risposta che dobbiamo dare è questa: “una chiesa cristiana è
una comunità di donne e uomini che hanno imparato a pregare gli uni per gli
altri, e hanno scoperto nella preghiera il segreto per superare le divisioni
umane e creare invece una nuova, a volte paradossale, meravigliosa comunione”.
Sì…!!!
davvero, ricordiamolo sempre quello che oggi Giacomo ci ha insegnato: “La
preghiera dei giusti (dei credenti giustificati per la pura grazia di
Dio) ha una grande efficacia”. AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Signore, ti vogliamo pregare
per tutte le persone che oggi non possono partecipare ad un culto comunitario.
Pensiamo agli anziani e ai malati che non riescono a venire in chiesa. Signore,
sii particolarmente vicino a queste sorelle e a questi fratelli. Noi ci
impegniamo perché sentano la presenza della comunità. Pensiamo anche a quelle
persone, a quelle intere comunità cristiane a cui viene impedito di riunirsi
per il culto. Sappiamo che si incontrano in segreto anche a costo della vita.
Signore, fa sentire a queste chiese sorelle la tua presenza, in modo che si
sentano sempre parte della Chiesa universale. Dà a noi la capacità di essere
solidali con loro. In ultimo, ti preghiamo per chi non osa decidersi a
confessare la propria fede in te; per chi pensa a te ogni giorno ma non sente
il bisogno di una comunità; per chi è membro di chiesa ma se ne sta ai margini.
Signore, sii con loro, e sii con noi quando incontriamo questi fratelli e
queste sorelle. Ci impegniamo a parlare con loro di te, della loro e della
nostra ricerca, e a fare in modo che la comunità diventi uno spazio nel quale
la loro ricerca possa svolgersi in modo più efficace. Signore, pensando a tutte
queste sorelle e fratelli, per tutti loro e con tutte loro, noi ti preghiamo
come Gesù ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei
cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà
in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i
nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non
esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la
potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen
INVIO
“Confessate dunque i vostri
peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate
guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia”. (Giacomo 5: 16)
BENEDIZIONE
Il Dio
della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero essere vostro,
lo spirito, l’anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del
Signore nostro Gesù il Cristo. (1 Tessalonicesi 5,23)
Amen
(Giampaolo
Castelletti, domenica 18 ottobre 2020. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla
versione Nuova Riveduta a
cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).
15/10/2020
19ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Accoglienza
Buongiorno e buona domenica a
tutte e a tutti voi, il versetto che accompagna questa diciannovesima domenica
dopo Pentecoste è preso dalla prima lettera di Giovanni che dice: “Questo è il comandamento
che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo fratello”. (1°
Giovanni 4: 21)
Saluto (SØREN KIERKEGAARD)
Dio nostro, dona a noi esseri umani,
mentre siamo in attesa di Te, la consolazione che concede al cuore il capire
che tu taci per amore, così come parli per amore: così che, sia che tu taccia,
sia che Tu parli, sei sempre il medesimo Padre, che ci guida con la Sua voce e
ci educa con il suo silenzio. Amen.
Lode
Dio nostro, fonte della nostra vita, come un albero si nutre dell’acqua, noi abbiamo bisogno della tua parola per vivere.
Le nostre radici sono
la tua grazia e il nostro fogliame è il tuo amore.
Come un albero ha
bisogno del vento per essere mosso, noi abbiamo bisogno del tuo Spirito.
Nutrici con la tua parola, Signore, rialzaci tramite il tuo perdono e rafforzaci con la tua benedizione affinché possiamo portare frutto e diventare un rifugio per chi lo cerca.
Nel nome di Gesù il Cristo.
Amen
Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Dio di misericordia, ti lodiamo e ti benediciamo per l’amore con il quale ci circondi, con il quale ci hai amati ancora prima che ti conoscessimo. Per questo amore ci hai riscattati dalle nostre colpe. Il nostro cuore ti cerca. La tua parola di vita è dolce ai nostri orecchi. La nostra bocca rende grazie per la tua benevolenza. Sii sempre con noi, e aiutaci a crescere vicino alla sorgente della tua parola. Amen
Testo biblico
Marco 10:17-27
Mentre
stava per rimettersi in cammino, arrivò un uomo correndo, s'inginocchiò davanti
a lui e gli chiese: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?” Gesù
rispose “Perché mi chiami buono? Solo Dio è veramente buono. Ma in quanto alla
tua domanda, tu conosci i comandamenti di Dio: non uccidere, non
commettere adulterio, non rubare, non dire il falso contro nessuno, non
ingannare, rispetta tuo padre e tua madre”. “Signore, non sono mai venuto
meno a nessuno di questi comandamenti”, rispose l'uomo. Gesù, guardandolo,
provò affetto per lui e gli disse: “Ti manca solo una cosa: vai a vendere tutto
ciò che hai, dà il denaro ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e
seguimi”. L'uomo si rabbuiò in viso e se ne andò via tristemente, perché era
molto ricco. Gesù, guardandosi attorno, disse rivolto ai discepoli: “È quasi
impossibile che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questa affermazione li
lasciò stupiti. E Gesù aggiunse: “È davvero difficile entrare nel Regno di Dio
per quelli che confidano nelle ricchezze! È più facile per un cammello passare
per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno di Dio!” I discepoli
erano piuttosto scettici e cominciarono a chiedersi fra loro: “Ma allora chi
potrà mai essere salvato?” Gesù li guardò attentamente, poi disse: “Per
gli uomini è impossibile, ma non per Dio. Perché a Dio tutto è possibile”.
Esposizione del brano
biblico
Potremmo senz’altro dire che la domanda di quell’uomo è anche la nostra
domanda. La domanda che ognuno e ognuna di noi, nella sua preghiera personale,
nell’ascolto individuale o comunitario della Scrittura, nella partecipazione al
culto della chiesa, rivolge al Signore.
Il “tale” di questa storia, più avanti, si scopre essere un uomo
“ricco”, e parla a Gesù anche a nome nostro. In lui insomma siamo noi che ci
avviciniamo a Cristo e parliamo con lui. Ed è anche a noi che il “maestro”
risponde chiamandoci…all’osservanza dei comandamenti che Dio tra squilli, lampi,
terremoti, ha donato nell’esodo a Israele, nella nube del Sinai.
Sì: “se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ma i comandamenti
sono tanti… E così la risposta di Gesù suona come un po’ generica… ed il
giovane allora non esita a dare a Gesù una risposta con queste parole precise: “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di
questi comandamenti”…
E Gesù sta al gioco e dà la spiegazione che gli è stata chiesta. La dà in
maniera forse inaspettata, e forse addirittura deludente. Non parla infatti al
suo interlocutore della grande esigenza dell’amore di Dio, né gli prescrive di
osservare con rigore ed impegno le norme di purità e quelle legate al culto e
alla preghiera… No, come avrebbe fatto un qualsiasi maestro in Israele, cita il
decalogo, e precisamente quella seconda parte delle “dieci parole” che riguarda
il nostro rapporto con gli altri, e così dice al giovane che se vuole “avere la
vita eterna” deve “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non
testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre”.
Insomma…una risposta quasi scontata…e…per questo, davvero anche un po’
deludente… Ma come? Uno ha il dono di incontrare Gesù, va da lui aspettandosi
chissà quali rivelazioni, quali meravigliosi nuovi insegnamenti, e si sente
ripetere per l’ennesima volta il catechismo?… Veramente c’è da dire : “Tutto
qui?”.
E infatti il nostro giovane ci rimane un po’ male, e con lui anche noi. E se
come lui anche noi siamo dei credenti impegnati, noi diciamo con lui: “Ma tutte
queste cose io le ho già osservate; che mi manca ancora?”.
E a questo punto, c’è la grande impennata: Gesù fa il Gesù, ed
ecco uno sconvolgente salto di qualità. No! Non è affatto “tutto qui”! Non
basta “osservare tutte queste cose”. Non basta comportarsi da persone per bene…
da credenti rispettabili…se davvero vuoi imparare da Gesù…ci vuole ben altro…serve
qualcosa di vertiginosamente meno rispettabile: “Va’, vendi tutto ciò che hai e
dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi”.
“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Questa serie serrata di quattro
imperativi ha un senso molto chiaro…anzi, come vedremo, persino troppo chiaro…
Finora il discorso era stato impostato dal giovane sul piano del fare,
dell’osservanza concreta delle regole. Ricordate la sua domanda iniziale: “che devo fare per vivere per sempre?”, e poi, ancora: “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di
questi comandamenti”. E Gesù aveva rispettato quell’impostazione:
a lui che gli aveva domandato “cosa doveva fare”, aveva risposto appunto con il
“fare”: doveva “non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non
testimoniare il falso, onorare suo padre e sua madre”.
Ma poi il giovane stesso ha commesso la bellissima imprudenza di voler andare
oltre quel volere e dover fare: “Cosa mi manca ancora?”, così ha chiesto. Ed ha
scatenato l’uragano. Se davvero non s’accontenta di essere un pio israelita…
“se vuole essere perfetto” della perfezione che solo Gesù può dare, deve
mandare all’aria tutta la sua vita, e diventare un altro. Sinora il nostro
giovane è vissuto in modo irreprensibile, e adesso questo maestro unico e
sconcertante gli chiede di spogliarsi di tutto e di seguirlo (qui noi Valdesi
non possiamo non ricordare come, secondo le cronache del tempo, Valdo di Lione
si sia convertito proprio ascoltando questa stessa parola “Va’, vendi, vieni,
seguimi”, e come, stando alla testimonianza dello scrittore inglese Walter Map
abbia, assieme ai fratelli del suo gruppo, “seguito nudo un Cristo nudo”).
Davvero, con Gesù non si tratta di fare i bravi e i buoni, ma di mettere in
gioco la vita, di rinnegare se stessi ed i propri legami. Vengono qui alla
mente quelle altre sue parole sulle quali cerchiamo quasi sempre di non
fermarci troppo, perché le sentiamo troppo dure, quasi inumane e pressoché
impossibili da vivere in concreto: “Chi ama suo padre o sua madre più di me,
non è degno di me; e chi ama suo figlio o sua figlia più di me, non è degno di
me… chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita
per causa mia, la troverà” (Matteo 10, 37ss.).
“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Davanti a quest’abisso che gli si
è spalancato sotto i piedi, il giovane (ancora una volta anche qui “uno di
noi”), non se la sente di fare il grande salto. Così…esce malinconicamente dalla
scena: “L'uomo si rabbuiò in
viso e se ne andò via tristemente, perché era molto ricco”…
Come noi, “aveva molti beni” a cui era molto attaccato. E non necessariamente
solo beni materiali. Era amato da tanti…era stimato per la sua onestà…era
apprezzato per la sua pietà…come si fa a lasciare tutto questo…così…di punto in
bianco?…
Ma al colloquio tra Gesù ed il giovane ricco, erano presenti coloro che quel salto l’avevano fatto. Come sempre, infatti, Gesù non era solo, con lui c’erano “i discepoli”. E qui, ricordate: “Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini». Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui.” (cfr. Marco 1, 16 ss.). Sì, “Simone”, “Andrea”, “Giacomo”, “Giovanni”, e tutti quanti gli altri…loro hanno abbandonato tutto e hanno seguito Gesù.
E se noi questo adesso l’abbiamo ricordato, loro non c’è pericolo che l’abbiano
mai dimenticato. Così, dopo il primo momento di “sbigottimento” di fronte alle
parole del “maestro” sull’impossibilità che “un ricco entri nel regno dei
cieli” (sbigottimento che è dovuto al fatto che…come tutti gli Israeliti…i
discepoli erano cresciuti nella convinzione che le ricchezze fossero il segno
della benedizione di Dio per i giusti), sono subito passati, dal chiedere a
Gesù: “Ma allora chi potrà mai
essere salvato?”” e Gesù udito questa domanda risponde loro
con una risposta tutta intessuta di misericordia: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio.
Perché a Dio tutto è possibile”, questa risposta serve a fare il confronto
fra loro ed il giovane che se ne è appena andato “tutto triste”. E come sono
orgogliosi di quello che hanno sentito! Come subito, per la bocca di Pietro, lo
ricordano a Gesù: “Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito;
che ne avremo dunque?”.
Gesù li rassicura: “Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il
Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi
avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù
d’Israele. E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o
madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed
erediterà la vita”. E però, mentre conferma ai discepoli la piena fedeltà alle
sue promesse, pensa a quel giovane che era venuto lieto e sicuro all’incontro
con lui e se ne è andato via in crisi…pensa alla sua tristezza e spera che si
muti in coraggio e poi in gioia…spera che quell’uomo buono e pio possa un
giorno “andare, vendere, venire e seguirlo”…
Sì…è certo che Gesù vuole bene ai suoi discepoli, così contenti e fieri della
loro sequela…ma forse in quel momento si sente più vicino a quel giovane che
s’è allontanato a capo chino che non a Pietro che sta lì tutto fiero davanti a
lui.
E così, lo ammonisce, come ammonisce tutti gli altri: “Voi ora vi sentite
superiori a quel giovane, e lo siete: siete “i primi” al cospetto di Dio. E
però, state attenti!, perché vi ho appena detto che “a Dio tutto è possibile”,
e allora può capitare che Dio rovesci tutte le carte in tavola, e allora “molti
che ora sono primi saranno ultimi, e molti che ora sono ultimi, saranno primi”…“Sì…Dio
può dare a quel giovane la forza che non ha avuto di lasciare i propri beni e
di seguirmi. Così che quando mi seguirà potrà ricevere anche lui il “centuplo”
e la “vita”. E magari li riceverà prima anche di tutte e tutti noi. E se sarà
così, non potremo dire niente”.
AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Padre, il tuo comandamento ci chiede di amare il nostro prossimo. Davanti a te ci ricordiamo di chi è nel bisogno, di chi si sente rifiutato. Preghiamo per coloro ai quali mancano le cose più elementari della vita: cibo, acqua pulita, un posto sicuro per vivere, l’opportunità di sognare. Aiutaci a essere solidali, con la forza della tua giustizia e del tuo amore. Preghiamo per coloro che vorrebbero stare bene, ma che soffrono nel corpo o nell’anima. Aiutaci a servire gli altri con la forza della tua guarigione e della tua consolazione. Preghiamo per coloro che vorrebbero essere amati e stimati, ma sono disprezzati e rifiutati Aiutaci ad accogliere e ad amare gli altri con la forza del tuo regno che viene. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen
BENEDIZIONE
Siate dunque imitatori
di Dio, perché siete figli da lui amati;
e camminate nell’amore
come anche Cristo vi ha amati.
(Efesini 5,1-2a)
La grazia del Signore
Gesù Cristo e l’amore di Dio
e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi
(2
Corinzi 13,13)
Amen
(Giampaolo
Castelletti, domenica 11 ottobre 2020. Tutte le
citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta a cura della Società Biblica di
Ginevra, prima edizione 1994, tranne il testo di Marco 10:17-27).