Culti

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

10/10/2021

 

16ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Accoglienza

Nel nome del Padre, il Dio che rinnova ogni cosa e ogni vita e che alla novità ci invita a muovere i nostri passi con slancio ed audacia

Nel nome del Figlio, che alla novità ha aperto il cuore e la mente, invitando noi discepole e discepoli ad osarla, vivendone la bellezza e la libertà

Nel nome dello Spirito Santo, vento del rinnovamento, spinta alla trasformazione costante di quella fede che cambia incessantemente insieme con le nostre esperienze e attraverso gli incontri che le costellano. Amen

Saluto (Dietrich Bonhoeffer)

Spirito Santo, donami la fede, che dalla disperazione, dalle brame e dai vizi mi salva; donami l’amore per Dio e per gli uomini, che estirpa ogni odio ed amarezza; donami la speranza, che mi libera dal timore e dallo scoraggiamento. Insegnami a conoscere Gesù il Cristo e a fare il Suo volere. Amen.

Vogliamo ora immergerci in una Preghiera di Invocazione

Padre, tu sei il nostro creatore, che chiami alla vita le cose che non sono, e in Cristo manifesti la forza della risurrezione, rinnova la nostra vita, perché in essa si rifletta la luce del tuo evangelo.

La tua parola ci raggiunge anche nell’abisso del dolore e della morte e ci dona la forte consolazione, come è vero che Cristo Gesù ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità. Così risplenda in noi questa luce, mediante il tuo Spirito consolatore. Amen.

 

Confessione di peccato (Osea 11:8)

“Come farei a lasciarti, o Efraim? Come farei a darti in mano altrui, o Israele? (…) Il mio cuore si commuove intero dentro di me, tutte le mie compassioni si accendono

:Preghiamo:

Tu, Padre, sei un Dio che per noi si muove a compassione: non è l’ira a muoverti, ma la tristezza, che ti invade sin nelle viscere quando ci scopri insensibili, incapaci di quella tenerezza che, sola, può renderci così simili a Te

E invece in alcune realtà, ancora, si insegna di Te un volto inflessibile, un giudizio implacabile, un’inclinazione alla condanna: così, diventi il Dio di fronte a cui genuflettersi, la copertura ideale per quanti, in verità, desiderano che i luoghi di preghiera siano gremiti di spiriti remissivi e coscienze sottomesse.

Rendici, o Dio, comunità che mostrino di Te un volto benevolo, un cuore incline alla misericordia, uno sguardo capace di chinarsi sulle nostre miserie senza disprezzarle, una mano tesa a risollevarci, un grembo disposto ad accoglierci, un sorriso aperto a benedire le nostre vite e i nostri cammini. Amen

Annuncio del perdono (Isaia 54:10)

“Anche se i monti si spostassero ed i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il Mio amore”

Tu, Padre, sei tutto fuorché un Dio dell’imparzialità: prendi posizione, manifesti la Tua vicinanza a tutti quanti attraversano la vita col solo fardello di una muta disperazione. Allora anche noi, quando sentiamo lo sconforto invaderci l’anima, viviamo di questa Tua promessa di vicinanza, di questa intima certezza che, qualunque cosa possa accadere, non ci abbandona mai il Tuo Amore di cui, eterni viandanti, andiamo in cerca: quello stesso Amore che le Tue mani hanno reso gesto premuroso, tocco delicato, carezza lieve.  Amen

 

Confessione di Fede

“Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo Figlio unigenito, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese nel soggiorno dei morti; il terzo giorno risuscitò;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa universale, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione dei corpi,
la vita eterna. Amen.”

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signoretu ci parli costantemente, le tue parole sono preziose, ogni giorno ci rallegrano, ci interpellanoci disturbano e ci sorprendono.                                                                                          Le tue parole ci meravigliano e vorremmo accoglierle come tu accogli noi, prenderle sul serio come tu prendi sul serio noi.                                                                                                                           Vorremmo ascoltarti come tu ci ascolti: con attenzione e con sollecitudine.                                       Signore…tu ci parli in ogni frangente della nostra giornata, le parole che tu ci rivolgi sono preziose ed è per questo che ti chiediamo che ci facciano vivere mediante il tuo Santo Spirito. Amen

 LETTURA BIBLICA

 Ascoltiamo la Parola di Dio, leggendo:

 Salmo 61

Cantico dei cantici 8: 6  #   2: 16

1° Giovanni 4: 8  #  Genesi 2: 23

Luca 7: 47  #  Osea 11: 4a

“Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno, dice il Signore.”

 Testo biblico per la predicazione:

Cantico dei cantici 1, 1-4

1 Il Cantico dei Cantici di Salomone.
2 Mi baci egli dei baci della sua bocca, poiché le tue carezze sono migliori del vino.
3 I tuoi profumi hanno un odore soave; il tuo nome è un profumo che si spande; perciò ti amano le fanciulle!
4 Attirami a te! Noi ti correremo dietro! 
Il re mi ha condotta nei suoi appartamenti; noi gioiremo, ci rallegreremo a motivo di te; noi celebreremo le tue carezze più del vino!       A ragione sei amato!

 

Esposizione del brano biblico

Oggi insieme a tutte e tutti voi…vorrei leggere un libro della Bibbia così particolare e anche così “piccante” che…nei culti non si legge quasi mai e tanto meno viene predicato: il Cantico dei cantici.

Questi versetti che oggi leggeremo, iniziano facendo riferimento al “re saggio ed amante” del popolo di Dio, Salomone. Un superlativo assoluto ebraico, che possiamo rendere in questo modo: il “cantico sublime” o il “cantico per eccellenza e più bello fra tutti quanti i cantici”.

Ed effettivamente è unico…e colpisce lo splendore di questa raccolta di ventiquattro brevi liriche, tempestate di simboli e di immagini, percorse dalla gioia dell’amore che trasforma in smagliante primavera anche il panorama bruciato della Palestina.

Il Cantico ci porta in un giardino…e nel cuore del giardino c’è Lei, e poi…c’è Lui, qua e là accompagnati da un coro: la donna e l’uomo…l’eterna coppia sulla faccia della terra, avvolta dalla tenerezza e dalla forza d’ “Amore”, quell’”Amore” che…come dirà il Cantico quasi ormai alla sua fine, “è più forte della Morte” (cfr. 8:6).

Ed allora, questo antico libretto sempre giovane, è un profondo trattato e una luminosa celebrazione dell’amore, soprattutto di quello femminile, che si riassume tutto nella celebre, bellissima ed intensa professione d’amore della donna: “il mio diletto è mio, e io sono sua” (cfr 2:16). 

Ma nell’amore umano, anche il più appassionato e sensuale, descritto nei Cantici, alla fine, ci rimanda sempre al rapporto d’amore che c’è tra Dio e tutta l’umanità…e anche per questo…il Cantico entra di pieno diritto nella Bibbia.

Sì, il Cantico oscilla di continuo, come in un contrappunto musicale, dall’essere umano a Dio. E, in questo andare dall’uno verso l’altro, legge nell’amore umano il riflesso dell’amore divino, senza però mai ridurre il primo a una sorta d’amore angelicato, e qui è la sua grandezza.

Tanti credentipresi dalla passione che colma questo testo…hanno visto nel Cantico una grande allegoria: una serie di immagini simboliche che non parlavano dell’amore umano – visto a priori come macchiato dalla carnalità – ma dell’amore che lega Dio al suo popolo o all’anima credente.

In realtà questo poemetto biblico canta l’amore vero della donna e dell’uomo, che è dono di sé all’altro tramite un sentimento puro, ma che si alimenta di passione, di eros, di corporeità e di sensualità, il quale…ci dice e ci insegna che…in questo amore pienamente concreto, Dio si rende presente e vince l’odio…l’odio fisico della violenza e del dominio sull’altro, l’odio che ti arde dentro che può essere quello della volontà di affermazione…e che fa dell’altro solo un gradino su cui poggiare il piede per giungere più in alto, per arrivare al potere e alla ricchezza…questi tre tipi d’odio, spesso si fondono tra loro a formarne uno solo…distruttivo e terribile…che sono il simbolo stesso dell’Anti-Dio!

Per fortuna, c’è il Cantico dei cantici, questa celebrazione appassionata del trionfo dell’amore, e così della presenza del Dio che “è amore” (cfr. 1 Giovanni 4,8) accanto alle sue creature…

Sì, per fortuna c’è il Cantico! Perché mai come oggi di fronte alle esplosioni d’odio cui assistiamo impotenti e inorriditi, di fronte a una violenza che arriva al femminicidio e che sovente si maschera da amore calpestato…e per questo…fuori controllo…come quel giovanotto che alcuni anni fa ha sgozzato la sorella minore della fidanzata che l’aveva lasciato, nella sua confessione ha detto una parola spaventosa: “Volevo uccidere la mia ex fidanzata perché l’amavo più della mia vita”ma vi rendete conto?

Già sarebbe stato del tutto inaccettabile…che è anche un’orribile bestemmia: “La volevo uccidere…..”, e nell’ultima frase…viene il peggio: “perché l’amavo più della mia vita” … “O sei mia, o muori…o non sei degna di avere una tua vita”!purtroppo, mai come oggi…c’è bisogno di amore, di un vero e puro amore…

Ecco perché abbiamo osato leggere insieme il Cantico dei cantici, questa lucidissima esplosione d’amore, colma di gioia anche quando parla di dolore, perché è sempre, sempre, sempre, traboccante di vita, e mai di morte!

Iniziamo ora ad addentrarci nella prima e breve lirica del Cantico che è un vero e proprio prologo del libro dell’intera raccolta, lo facciamo iniziando ad esaminare Genesi 2, lì vi è il primo racconto d’amore della Bibbia, perché quando il “Signore Dio” conduce all’uomo la donna che ha appena creato dalla costola…che gli ha tolto via…questi pronuncia le sue prime parole…e sono parole d’amore, le parole incantate di un innamorato: “Questa volta sì, è osso delle mie ossa e carne della mia carne!” (cfr. 2,23): “Questa volta sì, la donna che tu hai tratto da me e che conduci a me, io la posso, finalmente! guardare negli occhi e posso essere guardato da lei… È il mio “vis-à-vis” che mi corrisponde nel corpo e nel cuore, ed in sua compagnia posso vivere nella riconoscenza, nella gioia e nell’amore tutta la mia vita!”

Poi, dopo le parole incantate, l’incanto dell’incontro: l’uomo – dice il racconto – si unisce alla sua donna, e così i due diventano “una sola carne”: un solo essere umano… una sola esistenza…

Un testo molto bello, eppure, s’avverte in esso una mancanza…nel testo…non risuona la voce della donna, che se ne resta tutta silenziosa, quasi passiva: un incantevole dono “muto” fatto ad Adamo dal “Signore Dio”.

Il Cantico dei cantici colma questa lacuna. Dopo il titolo che pone il libro sotto l’alto patronato di “Salomone”, è la donna a parlare…e lo fa liberamente, senza sentirsi per nulla sottomessa e senza falsi e ipocriti pudori.

Se noi pensiamo all’epoca del Cantico e alla cultura e agli usi d’Israele, è del tutto sorprendente…in qualche modo…addirittura profetico…anticipa la rivoluzione di Gesù…il quale ha perdonato la prostituta che aveva fatto irruzione senza essere invitata e s’era accostata a lui mentre mangiava in casa di Simone il fariseo“perché”così ha detto agli altri commensali tutti scandalizzati“ha molto amato” (cfr. Luca 7:47).

Anche nel nostro testo, chi irrompe sulla scena e se ne impadronisce è ugualmente una donna…che finalmente rompe il suo silenzio troppo lungo e parla con passione e intelligenza…e con le sue parole…anticipa e presenta tutti i temi e le note che si svolgeranno lungo il libro.

Sì…qui…subito c’è lei…protagonista sotto varie forme dall’inizio alla fine, e con lei e grazie a lei…l’uomo, il suo amato; e poi vi sono  le fanciulle” che le fanno da coro…l’ebrezza d’amore e la contemplazione insieme al desiderio…tutto qui è anticipato e già perfetto…e al tempo stesso…aperto al compimento.

E tutto nasce, come è logico che sia, sotto il segno dei “baci”: “Che lui mi baci coi baci della sua bocca”Baci che fondono in uno, due respiri…che uniscono due vite in un’unica vita…che avvincono i due amanti in una rete sottile come quella del vino…che da sempre…nella Bibbia…è simbolo di un piacere che ti avvolge…simbolo della gioia della vita…sì…dice lei…“che lui mi baci coi baci della sua bocca, perché le sue dolcezze sono migliori del vino” …

E col gusto…è coinvolto l’odorato ed è coinvolto anche il tatto: “I tuoi profumi sono buoni all’odore, unguento che si effonde è il tuo nome…”Ogni vero innamorato riconosce e si inebria del profumo del suo amato….e per questa donna che davvero sa amare…l’amato…è un profumo che la avvolge…la sua sola presenza la stordisce e l’appaga…e la rende felice…

Vedete come tutto è “passionale”? Come tutto coinvolge i sensi e il corpo?

Nulla però è morboso…nulla è impuro…perché tutto è davvero solo amore. E nell’amore…quando è amore vero…non c’è nulla di sporco…anzi…tutto è luminoso e limpido…

Poi, questo appassionato assolo della donna si conclude con un’invocazione che è desiderio e sogno: “Trascinami dietro a te, corriamo!” … “Portami via con te, noi due da soli!”.

Di fronte a questo grido tutto fatto d’amore molto bello…è significativo ricordare che…Osea, il profeta cantore dell’amore di Dio per Israele, ha fatto uso del medesimo verbo per esprimere il desiderio del Signore per il suo popolo: Io li attiravo con corde umane, con legami d'amore” (cfr. 11,4).

Infine, d’improvviso, in questo sogno, l’amato si fa “re”: “Il re mi ha introdotto nella sua camera.”

Chi è mai questo “re”? È forse Salomone…o forse un altro re ?

A ben pensarci, non ha alcuna importanza. L’amato è sempre un “re” per la sua donna, e lei è per lui la sua regina: “io e te, tu e me”: solo questo, e nient’altro! …Qui c’è tutta la vita da vivere e gustare…tutta una gioia immensa da cantare…

Abbiamo visto come…già nel prologo…l’amore tutto umano della donna del Cantico presenti in sé come i fili preziosi di un ricamo che s’intessono insieme a rimandare all’amore di Dio. Ne cogliamo ora tre, di questi fili: sono come tre fiori profumati in questa prima sfolgorante aiuola del giardino in cui vivono la stupenda regina dell’amore e il suo “re” che la “inebria”.

Il primo filo o fiore è il vocabolo che ho tradotto con “camera”, e che la nostra Bibbia traduce con “alcova”…che sarebbe la stanza più interna della casa, dove la donna e l’uomo vivono tutta l’intimità del loro amore.

Nella Bibbia, questa parola dall’indiscutibile senso nuziale è anche usata per designare il “Santo dei santi”, la cella inaccessibile al cuore del tempio di Gerusalemme dove era custodita l’Arca del Patto, il luogo dell’incontro fra Dio che ama Israele e Israele che è amato.

Come secondo fiore dell’aiuola del Cantico…cogliamo alcuni verbi che oggi abbiamo ascoltato: “gioiremo”, “rallegreremo”, “celebreremo”. Sono tutti alla prima persona plurale. Ed è un noi…questo…che non coinvolge soltanto la coppia degli amanti…ma si allarga al mondo intero. L’amore vero…infatti…sboccia “a due”…ma poi s’irradia come luce e calore attorno a sé, è l’eco della gioia nel donarsi che rende meno aspro il rumore del mondo…che fa l’umanità meno malvagia…

Davvero, questi plurali che invitano all’ebrezza dell’amore…ci ricordano che proprio lui…l’amore…è la sola risposta che può spegnere l’odio.

Infine, il terzo fiore, che riguarda l’ultimo dei tre verbi di prima, il verbo “celebreremo”…che…nella lingua ebraica del Cantico…esso vuole anche dire: “ricordare”.

Ma un “ricordare” che non è nostalgia…né rimpianto…è invece… un “fare memoria” in maniera creativa ed efficace, quasi un riuscire a fare veramente rivivere il passato.

L’amore vero infatti…sfida il tempo…è la storia di un incontro che è avvenuto e che ha cambiato tutto, ma è anche la presenza sempre sorprendentemente fresca e viva di quell’avvenimento…ed è anche l’attesa di un futuro tutto proprio da “assaporare”…e poiché già abbiamo gustato quel sapore, che sappiamo cosa ci aspetta, e siamo felici.

Questo vale per noi, per i nostri rapporti d’amore…ma vale anche nel rapporto con Dio. ¿ In fondo…quando in ogni nostro culto proclamiamo la Scrittura…cosa facciamo se non tornare ogni volta ad “assaporare” le meraviglie che Dio ha fatto per noi? E questo “far memoria”…e questo “assaporare” quello che Dio ha operato per essere felici fino all’“inebriamento”…ci illumina il presente e ci proietta incontro all’avvenire  con un nuovo slancio.

L’amore insomma, è ricordo, presenza, speranza. È parola ed è sguardo. È un muto contemplarsi e ritrovarsi insieme negli occhi dell’amato. L’amore è anche silenzio.

Sì…amore…canto…parola…silenzio. C’è una bella canzone di Bob Dylan che ha un verso molto bello che dice: “Il mio amore parla come il silenzio”.

Ci sia concesso un silenzio che parla, e anzi, che canta: “dei cuori appassionati e sempre giovani.

AMEN

  PREGHIAMO

Signore a te offriamo questi doni, frutto del nostro lavoro, ma soprattutto frutto del tuo amore per noi, perché possano essere impiegati dove veramente c’è bisogno. Questo denaro, che abbiamo raccolto nel tuo nome, possa essere usato come strumento di solidarietà e di condivisione. Amen.

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Padre nostro, tu non dimentichi i deboli e i miseri; per loro vogliamo pregarti. Nel mondo vi sono tante vittime perché i doni che ci affidi per l’utile comune e per una giusta convivenza umana sono dimenticati o ignorati.

Dono tuo è la riconciliazione fra gli esseri umani. Ti preghiamo per le vittime dei conflitti; in particolare per le persone che sopravvivono con gravi mutilazioni, per le donne stuprate, per i bambini che crescono in un mare di odio e di violenza. Sostieni coloro che si adoperano per la riconciliazione, perché le vittime possano sperimentare che l’odio non ha l’ultima parola in questo mondo.

Dono tuo è la dignità degli esseri umani. Ti preghiamo per coloro cui viene negata questa dignità; in particolare per chi è costretto a vivere nei campi profughi, per chi è costretto a lavorare senza garanzie e senza protezioni. Sostieni le persone e i gruppi che si impegnano per ridare dignità a chi ha perso terra, casa, lavoro, salute.

Nella nostra attività quotidiana donaci fiducia e iniziativa, perché mettiamo a profitto i doni che ci hai affidato, per la testimonianza al tuo evangelo e per il servizio al nostro prossimo.

E poiché il nostro impegno ha la sua forza soltanto in te e nella tua azione, ti preghiamo come Gesù ci ha insegnato tramite l’Inno 217

BENEDIZIONE   (Filippesi 4,  19 – 20)

L’amore del Signore Gesù ci attiri a sé; il potere del Signore Gesù ci fortifichi al suo servizio; la gioia del Signore Gesù riempia i nostri cuori; e la benedizione di Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, sia su di noi e rimanga con noi per sempre. Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 12 settembre 2021. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994; La Preghiera di Invocazione e la Confessione di peccato sono donate dal Pastore Alessandro Esposito. ).

 

 

02/09/2021

 CALENDARIO DEI CULTI

 

 

DOMENICA

 

 

 

5  SETTEMBRE

 

 

 

INTRA ore 10:00

 

 

 

Culto a cura di

Michele Lapetina

 

 

 

DOMENICA

 

 

 

12  SETTEMBRE

 

 

OMEGNA ore 10:00

 

 

Culto a cura del

Circuito

 

 

DOMENICA

 

 

 

19  SETTEMBRE

 

 

INTRA ore 10:00

 

Culto a cura di

Giampaolo Castelletti

 

 

 

DOMENICA

 

 

 

26  SETTEMBRE

 

 

 

 

OMEGNA ore 10:00

 

 

 

Culto a cura di

Armand Dalouè

 

 

 

DOMENICA

 

 

3  

OTTOBRE

 

 

INTRA ore 10:00

 

 

 

Culto a cura del

Past. Thomas Elser

 





09/02/2021

Lontananze (Commento a Ruth 1, 1-14 di domenica 17-01-20211)

 

Nelle mattine d’estate amo ancora uscire sul fare del giorno per andare incontro all’aurora, che qui, nelle distese sconfinate delle steppe di Moab, si tinge di sfumature che paiono del cuore, prima che del cielo. L’orizzonte vasto ospita i miei occhi che hanno sete d’infinito e mi porta via, verso lontananze che la mia anima ha sempre abitato. Ma insieme, quel chiarore incerto da cui lento nasce il giorno, fa riaffiorare alla memoria il ricordo di quell’altra alba: quella in cui – senza che il cuore lo desiderasse – ci separammo.

Eravamo tre donne unite da una trama segreta di muta complicità, che d’improvviso il lutto, anziché spezzare, aveva reso più tenace: talvolta il dolore condiviso intesse tra i cuori un laccio tanto più forte quanto più è profonda la fragilità che gli ha dato vita. Così, noi che agli occhi di un mondo maschile non eravamo che tre vedove che suscitavano compassione mista a un malcelato sconcerto, eravamo in verità tre donne capaci di vedere nelle ferite dell’anima solchi in cui gettare il seme di una vita nuova.

Dove farla germogliare, però? In quale direzione tracciare il sentiero che ci avrebbe restituite alla vita, mettendo ali ai cuori prima che ai piedi? Sì: perché il desiderio che ci attraversava era quello di osare il volo, di librarci in alto, sopra quel dolore che, per essere lenito, doveva diventare spinta che aiuta a lasciare il nido del lutto per spiegare le ali. Nonostante la morte avesse incrociato i nostri cammini, la vita si dibatteva nei nostri petti come un uccello in gabbia: anche lei, come i miei occhi, desiderosa di lontananze.

Non aveva alcuna importanza, per noi, che quella vita non la portassimo in grembo, che non si fossero gonfiati i nostri ventri del frutto dell’amore sponsale: altra e più profonda e ineffabile era la nostra fecondità. 

Era fatta di vento e desiderio ed era gravida di futuro e di quell’indomita immaginazione che lo propizia e lo genera. I cuori di tutte e tre noi erano finestre spalancate sul mare aperto delle possibilità: e nulla, in me, lasciava presagire che quel mare potesse tramutarsi in deserto.

Fu alle prime luci di un’aurora estiva che Noemi ci rivelò i propositi del suo cuore, animati dal desiderio o – forse – dall’ignota necessità del ritorno: la terra che stava al di là delle steppe e da cui era migrata tempo addietro a motivo di un’improvvisa carestia, era pronta ad accoglierla nuovamente. O forse no: ma l’ombra proiettata sulla sua anima da una giovinezza ormai sfiorita, la sospingeva verso i lidi da cui, un giorno lontano, era salpata, come fanno le onde con una barca alla deriva. E così doveva sentirsi Noemi, o così, almeno, la percepì il mio cuore: in balia di acque che l’avrebbero ricondotta al luogo dal quale il suo viaggio aveva avuto inizio.

Ma l’inatteso, che aveva assunto il volto mio e quello di Ruth, si era fatto strada in lei: e al dolore del lutto si affiancava ora quello della separazione da chi, nel suo lungo soggiorno in terra straniera, Noemi aveva imparato ad amare. Subito, però, come acqua che zampilli incontenibile dalla roccia, le parole varcarono la soglia delle labbra, e Ruth ed io lasciammo che il sentimento affiorasse e parlasse per noi a una sola voce:  

«Non ti lasceremo, Noemi: verremo con te. Affronteremo, come hai fatto tu, l’ignoto che si cela dietro una terra straniera: più forte del timore è l’affetto che ci lega a te, il laccio che l’amore ha intessuto nel segreto e che adesso è impossibile sciogliere senza avvertire un dolore che ci scuote nell’intimo».

Ma lei, con la saggezza che portano gli anni, ci rispose: 

«Figlie mie, nulla vi attende, con me, dietro l’infinita distesa della steppa. Nulla ho da promettervi, nulla da offrirvi: volgete indietro cuore e passi e lasciate che io faccia ritorno da sola al luogo che lasciai con il cuore ricolmo di incertezze e di una disperazione muta. Vi farò ritorno senza mio marito e senza i due figli che portai con me: lasciate che la solitudine mi sia compagna. Già troppa è stata la sventura di cui, senza volere, ho caricato i vostri giovani cuori».

Insistemmo, però, sia Ruth che io: l’unica sventura ci sembrava dover recidere quel laccio tenace e delicato. Infine, ci abbandonò la parola, che sempre si dirada negli istanti in cui il senso, che si affaccia muto, la eccede: e si impossessò di noi il pianto, che filtrò, annacquandola, la luce – come me incerta – di quell’alba. Fu questo il nostro affranto, silente saluto. Nell’ultimo ricordo che il cuore trattiene delle amate, le vidi allontanarsi insieme. Io mi volsi indietro, il cuore gonfio di una pena che sino a oggi – come una fitta avvertita nell’intimo – non mi abbandona. E quella solitudine che Noemi aveva evocata, fu alla fine mia compagna e non sua.

Ho udito che il suo popolo narra ancora di noi: a me, destinata in questa storia all’oblio, è giunta voce che abbiano posto il nome “Orpa” che, nella loro lingua, evoca il gesto di voltare le spalle. 

Ma ho udito anche del loro Dio, un Dio che sa leggere, si dice, nel segreto dei cuori: ed Egli sa quanto dolore abbia pervaso quegli ultimi istanti e quanto spesso, ancora, esso riaffiori. 

Quando ciò accade, vengo qui, su questa soglia sospesa tra luce e ombra che è anche la mia anima: e consegno all’alba, dietro il cui chiarore intravedo il volto del Dio che scruta i cuori, la mia storia mai narrata e il mio vero nome: Orfìa, “colei il cui sguardo abita le lontananze”. Lì – udita da quel Dio soltanto, al cui petto mi stringo – comprendo di non aver mai voltato le spalle a un amore che, come i miei occhi, varca l’orizzonte, attraversa le steppe mute del dolore e, tingendosi dei colori tenui dell’aurora, vibra e rivive ogni giorno in me. 

Alessandro Esposito

01/11/2020

21ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa ventunesima domenica dopo Pentecoste è preso dal Profeta Michea il quale ci dice: “O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?”. (Michea 6:8)


Saluto

Pace a voi da Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, che rinnova di giorno in giorno le sue promesse e fa scendere la sua benedizione su ciascuno di noi. Amen.

 

Lode

Signore Dio nostro, ti ringraziamo perché possiamo stare insieme per invocarti e per ascoltare la tua parola di vita.

Vieni ora tu stesso in mezzo noi. Risvegliaci. Dacci la tua luce. Sii tu

il nostro maestro e il nostro consolatore. Parla tu con ciascuno di noi

in modo tale che ognuno oda e riconosca ciò che tu gli vuoi dire.

Concedi a noi, e a coloro che in tutti gli altri luoghi si riuniscono oggi

come tua comunità, conoscenza e speranza, una chiara testimonianza

e un cuore lieto. Per Gesù Cristo, nostro Signore. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore, tu hai trasformato in forza le cose deboli e disprezzate.

Il nostro mondo corre dietro a un attivismo sfrenato, insensibile e brutale, ma tu ci porti alla tua parola, che ci dona le basi per un ordine giusto.

Sì, questa è la nostra forza, Signore: la tua parola è certezza;

questa è la nostra guida: con la tua parola sappiamo dove andare;

questa è la nostra salvezza: la tua parola viene a noi e agisce,

crea tutto nuovo, dona senso alla nostra vita.

Signore, dacci un cuore nuovo, affinché ascoltiamo la tua parola con vero desiderio di ricevere ciò che promette e la volontà di praticare ciò che ordina.

Nel nome di Gesù il Cristo. Amen.

 

Testo biblico

Luca 5 , 12 – 16

Un giorno, in un certo villaggio che Gesù stava visitando c'era un uomo lebbroso da molti anni. Quando il poveretto vide Gesù, si gettò ai suoi piedi, supplicandolo perché lo guarisse. «Signore», disse, «se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!»
Gesù lo toccò, dicendo: «Certo che lo voglio. Sii guarito!» E la lebbra sparì. Allora Gesù gli ordinò di allontanarsi subito, senza dir niente a nessuno e di andare a farsi vedere dal sacerdote giudeo. Poi aggiunse: «Offri il sacrificio richiesto dalla legge di Mosè per i lebbrosi che sono guariti. Ciò proverà a tutti che ora stai bene». A questo punto, la notizia del suo dono si sparse a grande velocità e moltissime persone venivano per sentirlo predicare e per essere guariti dalle malattie. E Gesù si ritirava in luoghi deserti per pregare.

 

Esposizione del brano biblico

 

Sappiamo dai testi biblici, che Gesù…dopo essere stato battezzato da Giovanni, inizia a predicare, a guarire gli ammalati e i posseduti dai demoni, dando così loro un dono, già qui in terra, della gioia e della consolazione che caratterizzano il regno che è venuto a proclamare, e nel brano che abbiamo appena letto, troviamo appunto un uomo che era lebbroso ormai da molti anni, il quale, veduto Gesù, si gettò ai suoi piedi e supplicandolo perché lo guarisse gli disse: «Signore», «se soltanto lo vuoi, tu puoi purificarmi!».

 

Questo lebbroso…potremmo ben dire che è una persona particolare, sicuramente un uomo preparato e intelligente. Innanzitutto conosce molto bene la propria condizione. Sa che la lebbra che lo affligge non è solo una malattia, ma è qualcosa, anzi molto di più: è una “impurità”. Per questo, come abbiamo ascoltato, non chiede a Gesù che semplicemente lo guarisca. No…con molta precisione gli domanda di “purificarlo”.

   Ma che cosa significa che la lebbra è un’impurità e non solo una malattia?

 Già lo si può intuire dal libro del Levitico che è parte del cosiddetto “Codice di purità”, il quale occupa cinque capitoli di quel libro, ma questo particolare sulla malattia della lebbra lo possiamo trovare cfr. Le 14, 1-32 ove è menzionato come ci si deve comportare quando si ha la lebbra.

Questo Codice nasce dal fatto che per Israele e quindi per la Bibbia nel mondo c’è “l’impurità”. In particolare…è questo è tipico della mentalità ebraica, che tiene molto all’ordine e alla chiara divisione delle cose…che c’è impurità ogni volta che delle cose che dovrebbero restare separate, vengono invece mescolate fra loro; e anche ogni volta che c’è un disordine, un’anomalia nel normale andamento delle cose.

E se diventi impuro per il cibo, o per qualche altro motivo (e ce ne sono tanti), questo non resta senza gravi conseguenze: la persona colpita dall’impurità è tagliata via dalle relazioni con gli altri esseri umani e da ogni pratica religiosa, e il compito del “Codice di purità” era appunto quello di diagnosticare la presenza o meno dell’impurità e stabilire per l’interessato e per tutti gli altri cosa da quel momento è necessario fare: quali misure di restrizione prendere, e se poi lo stato di impurità finisce, a quali rituali far ricorso per attestare appunto quella fine.

Come dicevo…i campi dell’esistenza in cui l’impurità può presentarsi sono molti e diversi, il Codice…per esempio tratta persino dell’impurità delle donne dopo il parto e di quelle legate all’ambito sessuale, dove c’è sempre una mescolanza di sangue e altri elementi. Ma in particolare, per ben due capitoli, tratta della “lebbra”, di questo morbo che, per il modo in cui si manifesta, cambiandoti il colore della pelle e deformandoti arti e lineamenti, è un disfacimento del corpo che inizia quando tu sei ancora vivo, e così mescola la sfera della vita e quella della morte, e questo rende quanto mai impuri gli ammalati di lebbra.

Ma non solo diventava impura la persona nelle quale apparivano i sintomi della lebbra; questo male era così spaventoso che chiunque toccasse un lebbroso, anche senza subirne alcuna conseguenza, si ritrovava impuro e, almeno fino alla sera del giorno del contatto, doveva anche lui restare separato dagli altri.

Proprio per questo, per evitare ogni rischio di contagio, il Codice di purità, stabilisce che “il lebbroso porterà le vesti strappate e il capo scoperto… se ne starà solo… abiterà fuori del campo (o della città o del villaggio) … e (per impedire alle persone di avvicinarsi troppo a lui) griderà: Impuro! Impuro!” (cfr. Levitico 13, 45-46)

  

Ma torniamo al nostro “lebbroso” “particolare, preparato e intelligente”.

Anzitutto è “preparato” perché, come abbiamo visto, conosce bene il male da cui è afflitto: sa che la lebbra è una impurità, anzi l’impurità delle impurità, e chiede allora a Gesù che lo purifichi.

Ma è anche “particolare”, questo lebbroso, perché nel nostro racconto fa qualcosa di particolare: si avvicina a Gesù ben di più di quanto non sarebbe consentito, e nemmeno si cura di prendere le precauzioni che il Codice gli impone: non grida: “Impuro! Impuro!” per farlo allontanare…in questo modo allora, si accolla anche il peccato di chi, impuro, si comporta come se invece non lo fosse, ma nella sua “disinvoltura” nei confronti di quella che è e resta la lettera della Legge divina, quest’uomo è pienamente consapevole di ciò che sta facendo, al punto che formula la sua preghiera a Gesù in un modo veramente speciale: in tutto il Nuovo Testamento, è questo il solo miracolo in cui la richiesta di colui che lo chiede è preceduta da un “Se vuoi”: “Se vuoi, tu puoi purificarmi!”.

Il lebbroso sa bene che, avendo osato trasgredire la Legge ed essendoglisi avvicinato solo a “un tiro di braccio”, fa correre a Gesù il rischio di diventare impuro anche lui. Così…ed è la prova che davvero è una persona “intelligente” e sensibile, gli lascia la libertà di scegliere: se Gesù accoglierà la sua richiesta, sarà perché l’avrà voluto… perché l’avrà deciso…e se diventerà anche lui impuro, non sarà per caso, ma, appunto, per una scelta consapevole.

Davanti a quest’uomo che ha messo in gioco tutto  e ha infranto anche la Legge per affidarsi a lui, Gesù…ci ha detto Luca“…..Stesa la mano, lo toccò, dicendo: «Lo voglio, sii purificato»”. Non so se vi rendete conto della portata di quello che qui accade: se quel lebbroso ha trasgredito il Codice di purità, Gesù fa esattamente la stessa cosa: “ha voluto” toccarlo, e così anche lui ha deliberatamente trasgredito la Legge di Dio. Adesso è impuro anche lui, insomma, noi siamo qui al cospetto di un Gesù disubbidiente, e questo…certamente è strano…è quasi qualche cosa che fa scandalo…e però…anche “disubbidiente, Gesù resta Gesù; la sua parola attua ciò che dice. Ha detto: “Sii purificato” e “subito” la purificazione si produce: “la lebbra sparì da lui”. È strano, quel verbo “sparì”. È come se la lebbra qui sia personificata e dotata di una propria volontà.

 Ma è molto meno strano di quanto non sembri a prima vista. Non è forse vero che quando noi o i nostri cari siamo colpiti da una grave malattia, quella malattia si personifica? Non la sentiamo come qualcosa che in fondo è naturale, che può anche capitare… è un vero e proprio nemico che ci ha aggrediti in maniera vigliacca e con la sua violenza bruta ci strazia ingiustamente.

 È da questa brutalità, da un vero e proprio carceriere e carnefice, che Gesù libera quell’uomo “particolare, preparato e intelligente”…

Ma ora che la lebbra è stata vinta ed “sparita”… adesso che il lebbroso “è stato purificato” e può guardarsi con uno sguardo nuovo, è necessario che anche gli altri lo guardino a loro volta con uno sguardo nuovo, e accettino di reintegrarlo in mezzo a loro.

Ecco perché Gesù comanda al lebbroso: “Ma va’…mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione ciò che Mosè ha prescritto”. Proprio le prescrizioni del Codice di purità che prima il lebbroso e poi lui hanno prima violato, rappresentano adesso per quell’uomo la via sicura per la reintegrazione: deve far constatare a un sacerdote la sparizione dei sintomi che lo rendevano impuro.

A questo punto…credo…noi possiamo comprendere il perché della disubbidienza di Gesù. Possiamo superare, se l’abbiamo mai provato, il nostro scandalo…

La trasgressione di Gesù non era diretta contro la Legge in sé, ma contro ciò che le sue interpretazioni e le conseguenti applicazioni possono avere di alienante e crudele per gli esseri umani. Il fine di questo miracolo, non a caso “di purificazione” è…l’abbiamo appena visto…permettere la reintegrazione del lebbroso nella comunità, quando la stessa legge che Gesù ha trasgredito diventa lo strumento di questa reintegrazione, indicando la procedura necessaria per reintrodurre l’uomo nella normalità, Gesù non ha alcun problema a comandare all’ex lebbroso di fare quello che la Legge prescrive, perché in quel momento la Legge è in funzione della sua rinascita ad una vita piena, serve all’accoglienza di chi fino a un momento prima era un escluso.

Ma c’è ancora qualcos’altro da dire…per ora però…è bene, ed anzi…è urgente, che l’ex lebbroso si allontani da lui e vada a presentarsi al sacerdote, senza far sapere ad anima viva da chi e come e stato purificato: “Gli disse: – Guarda di non dire nulla a nessuno”, e anche questo fatto non è senza conseguenze, adesso tutti sanno che Gesù “l’ha toccato” mentre ancora era impuro, e che perciò è rimasto “contagiato” dalla sua impurità, così, si verifica qualcosa di davvero paradossale: il purificato adesso è puro e può tornare a vivere in mezzo all’altra gente, mentre il suo purificatore ora è lui impuro e così, ci dice Luca: “Ma egli si ritirava nei luoghi deserti e pregava”, si…Gesù non poteva più entrare apertamente in città, ma se ne stata fuori in luoghi deserti”. Deve “starsene fuori” almeno fino a sera, perché è impuro!

La “predicazione” del lebbroso purificato, di quell’uomo che…abbiamo detto…è una persona “particolare, preparata e intelligente”, ha aiutato la gente a capire che con Gesù e grazie a lui, la vecchia distinzione “puro e impuro” adesso è superata. E così…è la conclusione del nostro passo d’oggi dice: “Però la fama di lui si spandeva sempre più; e grandi folle si radunavano per udirlo ed essere guarite dalle loro infermità”, dall’ “impuro” Gesù…

 Noi siamo pronti a prendere dei rischi come quello che il Gesù ha qui preso su di sé? Ricordate la preghiera del lebbroso: Se vuoi, tu puoi purificarmi!”? E ricordate la sua risposta: Lo voglio, sii purificato”? Noi, fratelli e sorelle “vogliamo o no” ascoltare l’appello, spesso silenzioso…eppure ugualmente lacerante, delle persone che si trovano “ai margini” a motivo della loro salute, della loro non-produttività, della loro dipendenza?

Là dove questo “volere” si gioca su due fronti. C’è infatti un fronte esterno: le chiese debbono saper interpellare con una forza profetica il mondo in cui vivono, nel nome di una visione dell’umanità che rifiuti come anti-umani, e perciò anti-cristiani, i criteri di esclusione oggi in voga. Questo anche a costo di essere a nostra volta esclusi e dichiarati in qualche modo “impuri” alla luce dei valori dominanti della nostra società. Ma l’ha fatto Gesù…figuriamoci se non possiamo, e dobbiamo, correre anche noi questo rischio.

E però non basta soltanto essere profetici. C’è anche un fronte interno, e lì dobbiamo volere darci i mezzi per permettere alle persone marginalizzate di partecipare pienamente alla vita sociale e spirituale delle nostre comunità. I nostri locali sono facilmente accessibili per persone ad autonomia ridotta (e qui, benedetto il togliere la barriera architettonica dell’entrata della nostra Chiesa, che davvero speriamo arrivi presto…), e le aiutiamo a poter prender parte ai nostri culti e alle nostre attività? Offriamo aiuto e sostegno alle famiglie delle persone ammalate oppure anziane, in modo tale da consentire loro di tirare un po’ il fiato e trovare nuove forze per andare avanti nel loro impegno?

 

Sì, “Se vuoi, puoi purificarmi!”. Vedete? Dipende da noi…

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro, agisci in noi e trasformaci. Le nostre mani rimangono

prive di forza se tu non ci sostieni; le nostre azioni, i nostri progetti e

i nostri intenti si perdono nel vuoto senza la tua presenza.

Ti preghiamo: usa le nostre mani, le nostre gambe e le nostre bocche

per essere accanto a quanti soffrono la solitudine, il dolore del lutto,

l’angoscia dell’ingiustizia.

Usaci per portare conforto ai malati e alle persone sole, a coloro che

non sanno più quale strada intraprendere, quali scelte fare.

Usaci per ridare coraggio agli sconfitti e speranza ai delusi, per portare

il tuo amore a quanti non sanno più trovare la via della riconciliazione.

Usaci, Signore nostro, perché possiamo essere gli uni per gli altri

messaggeri del tuo amore. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato:

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

 

BENEDIZIONE   

Il Dio della pace vi renda perfetti in ogni bene,

affinché facciate la sua volontà,

e operi in voi ciò che è gradito davanti a lui, per mezzo di Gesù Cristo;

a lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Ebrei 13, 20a.21)

(Giampaolo Castelletti, domenica 25 ottobre 2020.                                                 Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994.Tranne il brano di Luca 5, 12-16).