Culti
24/02/2022
22/02/2022
17/02/2022
24 DOMENICA DOPO PENTECOSTE
TERZULTIMA DOMENICA DELL’ANNO LITURGICO
Saluto
Sorelle e fratelli, il Signore si avvicina a noi con la Sua Parola e
con il Suo Spirito. ci dia il Signore occhi per vedere, orecchie per udire e la
bocca per proclamare la Sua presenza in mezzo a tutte e tutti noi.
Lettura di accompagnamento (Matteo 5: 9)
“Beati quelli che si adoperano per la pace, perché
saranno chiamati figli di Dio.”
Secondo le beatitudini del Sermone
sul monte, la vera felicità la si può trovare solo in uno stretto rapporto con
Dio. La vera beatitudine viene qui proclamata proprio a coloro che in questa
vita hanno un ruolo modesto, anzi…marginale.
Il fondamento della loro beatitudine
rimane la loro eredità certa, che non può venir loro sottratta nemmeno attraverso
la morte.
Invocazione
Signore, noi veniamo a Te
con gioia, piccoli e grandi, e vogliamo pregare e cantare le Tue lodi insieme. Veniamo
alla Tua scuola, alla scuola della Tua parola. La nostra vita è spesso povera
di gioia e di canti; riempila Tu con la Tua grazia e il Tuo Spirito, e noi proclameremo
che siamo il gregge di cui Ti prendi cura, il popolo che Tu difendi e proteggi.
Fa’ che restiamo sempre con Te, per Gesù, il Cristo, nostro Signore.
Amen.
Signore, nella gran parte del nostro pianeta, anche il pane e l’acqua sono minacciati. Fame e sete suonano irreali per noi che siamo gente sazia. Anche rispetto alla Tua parola, Signore, ci comportiamo come individui già pienamente soddisfatti, che conoscono la Bibbia e Ti invocano da quando erano bambini. Il nostro rapporto con Te ci appare quasi scontato, eppure, appena ci accostiamo alla Tua parola, ci accorgiamo di non averla capita appieno. Essa è come un libro chiuso che deve essere di nuovo aperto; fa’ che la Tua Parola sia di nuovo cercata e amata e che sia trovata da ognuno di noi, perché la fame di Te sia davvero saziata. Tu che hai distribuito sulla terra beni e ricchezze con grande abbondanza per tutte le creature, perdonaci per aver diviso così male i Tuoi doni. Fa’ che, ricolmi della Tua grazia e del Tuo amore, abbiamo di nuovo fame e sete di giustizia, e capacità di operare perché la terra sia fonte di nutrimento per tutti. Per Gesù il Cristo, nostro Signore. Amen
“Dio non ci ha destinati a ira,
ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù il Cristo.”
Sorelle e fratelli, il Signore dona la sua salvezza a tutti noi che lo invochiamo con fiducia. Fortificati dal suo perdono, viviamo nella gioia della sua presenza e nella sua pace che crea rapporti fraterni. Amen.
2 Cronache 6: 19
“Tuttavia, SIGNORE, Dio mio, abbi
riguardo alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, ascoltando il grido
e la preghiera che il tuo servo ti rivolge.”
Salmo 50: 15 “…..poi invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai”.
Marco 11: 24 (traduzione
dall’ebraico)
“Ascoltatemi!
Potete pregare per qualsiasi cosa e, se avrete fede, la otterrete di sicuro!”
Testo biblico della predicazione
Giacomo 5 , 13 – 16
C’è
tra di voi qualcuno che soffre? Preghi.
C’è
qualcuno d’animo lieto? Canti degli inni.
C’è qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della chiesa ed essi
preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore: la preghiera della fede
salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati,
gli saranno perdonati.
Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli
uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande
efficacia.
Esposizione
del brano biblico
La lettera di Giacomo, di cui oggi abbiamo letto solo pochi
versetti, fu scritta per incoraggiare i credenti di origine ebraica che, all’epoca,
subivano varie prove e persecuzioni e che perciò ne mettevano a dura prova la loro
fede, queste parole servivano per esortare, incoraggiare e istruire i credenti
sugli aspetti pratici della fede, ma soprattutto, Giacomo, pone enfasi sulla
pazienza, sulla preghiera e sul sostegno che deve esserci fra i credenti, affinché
rinnovino la loro fede in Cristo, ma fa capire altresì che in qualsiasi
circostanza, nel bene e nel male, dobbiamo guardare a Dio e onorarlo attraverso
l’adorazione e la preghiera, soprattutto quando affrontiamo dei problemi, delle
necessità o delle afflizioni, poiché la Parola di Dio ci invita a cercare la
forza in lui per mezzo della preghiera, di sicuro qualcuno di noi, nell’ascoltare
queste poche righe del capitolo 5 e i
versetti che vanno dal 13 al 16, si sarà forse fatto una strana impressione, in
quanto possiamo ben dire che queste parole, le sentiamo vicine, come se fossero
parole nostre, ma insieme anche lontane…ed estranee, ma in queste poche righe
potremmo ben dire che c’è qui una fede che è anche la nostra fede, però, una
fede così, indubbiamente come ce la mostra Giacomo, noi non l’abbiamo quasi mai
vissuta, guardiamo per esempio a queste parole: “C’è tra di voi
qualcuno che soffre? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Canti degli inni”, nel
senso che: “Hai avuto un insuccesso personale (questo è il significato
preciso del verbo greco qui tradotto con “soffrire”) e ti senti
un fallito? Prega…e vedrai che Dio ti ascolterà e ti darà la forza che ti serve
per uscire dalla tua infelicità”…“o al contrario ti senti di buon umore…stai
bene di salute e sei sereno d’animo? Allora…canta a Dio, innalza la tua lode
perché questo momento di benessere è un grande dono della sua bontà!”.
Ma per far questo…per poterlo
supplicare nel dolore e lodarlo cantando nella gioia…bisogna che Dio…sia per noi…
il nostro Signore…solo allora lo sentiremo presente e presenteremo noi stessi a
Lui, come presenteremo sempre a Lui ogni caso ed ogni avvenimento che coinvolga
il nostro corpo e la nostra vita, come ogni necessità spirituale e materiale…perché
sappiamo di essere sotto la sua costante e paterna protezione.
Sì. Solo allora faremo nostre le parole consolanti e gioiose che
troveremo nei salmi, perché le sentiamo nostre…e che dicono: “Invocami
nel giorno della sventura, e io ti salverò” (Salmo 50,15) e deve
essere altresì nostra la promessa e l’esclamazione: “Io salmeggerò a
te, senza tacere. Signore, mio Dio, ti celebrerò per sempre” (Salmo
30,12).
E questo è ancora poco, perché
se poi andiamo avanti a rileggere…il testo si fa ancora più forte: “C’è
qualcuno che è malato? Chiami gli anziani della comunità”…
E anche in questo, ce una
grande differenza con la chiesa di Giacomo: “Il malato chiami gli anziani
della chiesa ed essi preghino per lui, ungendolo d’olio nel nome del Signore”.
Gli “anziani della chiesa” (che tra parentesi, non
sono dei carismatici dotati del dono della guarigione, che pure erano presenti
nelle comunità, ma sono i ministri della chiesa locale) vanno chiamati dal
malato perché preghino per lui…debbono intercedere in suo favore presso Dio…e
non si tratta di dire lunghe formule, ma di andare all’essenziale…attraverso di
loro…è la comunità che, un po’ come Giacobbe nel passo della Genesi, in
modo commovente quasi lotta con Dio in favore di un suo membro.
E ancora, quasi per dare consistenza a questa lotta, la preghiera va accompagnata da un gesto particolare: mentre gli anziani pregano sul malato, debbono “ungerlo d’olio nel nome del Signore”.
Come mai questa unzione?
Giacomo non
inventa qualche cosa di nuovo… Marco…nel suo vangelo…riferisce…che i Dodici
mandati da Gesù lungo le strade della Galilea, “scacciavano molti
demoni e ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (cfr. Marco 6,13).
Questo avveniva…perché nell’Israele dell’epoca di Gesù…l’olio, che
nella vita di tutti i giorni era sovente usato come farmaco, era anche
diventato il simbolo dell’arrivo…del tempo della salvezza. Così leggiamo nel
profeta Isaia: “Il Signore darà agli afflitti in Sion…olio di gioia
invece di dolore” (cfr. Isaia 61,3); e in un’apocalisse ebraica del
primo secolo…si parla di due alberi presenti in paradiso: l’albero della vita e
l’albero dell’olio, che…cosparso sulla pelle dei giusti li rende splendenti e
così li glorifica.
In questa prospettiva, sia i discepoli inviati da Gesù che gli anziani
della chiesa di Giacomo “ungono d’olio” i malati come segno dell’irruzione
della signoria salvifica e gloriosa di Dio nel mondo, nella persona e negli
atti di Gesù.
Ma qual è la conseguenza di questa preghiera e
del gesto simbolico che l’accompagna?
Con una sicurezza per tutti noi sconcertante…Giacomo aggiunge: “La
preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà”. Vedete?
Senza nemmeno un “forse”…senza un “se” e senza un “ma”. Se si prega e si ha
fede, quella preghiera non resterà inascoltata: “il Signore” interverrà
e “salverà il malato”.
Naturalmente, lui, “il Signore”,” salverà e
ristabilirà”. E questo dev’essere chiaro dall’inizio: gli
anziani della comunità compiono la loro opera di risanamento sul malato, non
grazie alla loro forza o a una loro particolare convinzione, ma nella forza
del “nome del Signore”: è lui e soltanto lui che agisce e fa…attraverso
i ministri della chiesa.
Ma poiché Dio, quando agisce, non lo fa mai in
maniera parziale od incompleta, anche qui il “ristabilimento” del
malato non si ferma al suo corpo, non riguarda soltanto la sua salute
fisica: “Se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati”.
Anche qui, come per l’“unzione d’olio”, alla preghiera
s’accompagna un gesto esterno: “Confessate dunque i vostri peccati
gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti”.
Quando una persona è malata, il suo male si mostra all’esterno: tu
lo vedi, lo cogli, lo puoi diagnosticare…così è per il peccato: deve venire
fuori… essere confessato ai fratelli di fede…così essi sapranno per cosa
precisamente è necessario che preghino…e nella preghiera comune ognuno già avrà
modo di sperimentare il sollievo del perdono che, certamente è opera del
Signore…solo lui ce lo può dare…ma passa attraverso l’intercessione…il sorriso
e l’abbraccio del fratello che ti ascolta e ti dice: “Puoi star tranquillo: Dio
ti ha perdonato!”.
Ecco allora che, questo breve ma intenso testo
dell’epistola di Giacomo, che ci assicura che…davvero “la
preghiera della fede” sale a Dio ed intercede per tutta la persona
per cui è detta, ci deve far capire che, è grazie alla preghiera, che tutta la
persona è restituita ad un giusto rapporto con la vita e col Signore della vita:
“la guarigione esterna diventa il segno dell’avvenuta guarigione interna.”
Ma tutto questo è grazie a Dio e a tutta la
chiesa…in questa comunità fraterna in cui puoi condividere la vita…le gioie e
le sofferenze della vita…in cui…e anche questo è molto bello…non c’è un
fratello innalzato sopra agli altri come se uno fosse il debole e l’altro il
più forte, uno il colpevole e l’altro il giudice…per il motivo che il tutto
deve essere fatto nella preghiera comune degli uni per gli altri, cioè,
preghiera che si fa intercessione, si fa esaudimento e sale fino a Dio, così
che diventa salvezza.
Sì…davvero…ed è la conclusione del nostro testo d’oggi: “la
preghiera del giusto ha una grande efficacia”.
Permettetemi di parlarvi con un po’ di libertà.
Abbiamo capito che…la nostra preghiera deve
essere una preghiera che invece di condannare…aiuti segretamente l’altro a migliorare,
a crescere, a cambiare…se preghiamo per una sorella,
per un fratello…e questo non nello slancio di un momento, ma con perseveranza…non
possiamo più parlare male di lei o di lui, o avere un atteggiamento duro,
insensibile, indifferente. Perfino il nostro modo di guardarla o guardarlo, di
darle o dargli la mano, di salutarla o salutarlo, si trasforma…se noi preghiamo
per lei…o se preghiamo per lui.
Ebbene, una comunità è autentica ed è viva solo quando sa
diventare una comunità di preghiera.
Fratelli e sorelle, aiutiamoci l’un l’altro,
pregando l’uno per l’altro.
Se preghiamo soltanto per noi, perché le nostre cose vadano bene,
dobbiamo ancora imparare a pregare.
Quindi…portiamo in preghiera i pesi gli uni degli altri, come
Cristo porta i nostri peccati e i nostri pesi intercedendo per noi davanti al
Padre!
Nelle nostre comunità vi sono delle persone che hanno dei pesi sul
cuore… ce ne accorgiamo e preghiamo per loro? Vi sono delle persone che sono
sole…le circondiamo con la nostra preghiera? Perché poi…alla fine…se ci
chiediamo cosa sia mai una chiesa cristiana, ci accorgiamo che possiamo dare tante
varie risposte…ma una risposta che non diamo spesso…forse è questa: “una
chiesa cristiana è una comunità di donne e uomini che hanno imparato a pregare
gli uni per gli altri, e hanno scoperto nella preghiera il segreto per superare
le divisioni umane e creare invece una nuova, a volte paradossale, meravigliosa
comunione”.
Sì…!!! davvero, ricordiamolo sempre quello che oggi Giacomo ci ha insegnato: “La preghiera dei giusti…cioè dei credenti giustificati per la pura grazia di Dio ha una grande efficacia”.
Preghiera di intercessione
“Ora lo stesso Signore
nostro Gesù il Cristo e Dio nostro Padre che ci ha amati e ci ha dato per la sua
grazia una consolazione eterna e una buona speranza, consoli i nostri cuori e ci
confermi in ogni opera buona e in ogni buona parola.” Amen
(Giampaolo
Castelletti, domenica 7 Novembre 2021. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla
versione Nuova Riveduta a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione
1994, tranne Marco 11:24 tradotta dell’ebraico).
06/02/2022
“Città di Dio”
Associazione ecumenica di cultura religiosa Convento Frati Minori—Monte Mesma
MARTIN LUTHER KING
Una storia americana
PAOLO NASO
Sabato 12 febbraio 2022
Convento del Monte
Mesma
AMENO (NO)
Famoso
e celebrato per aver dato un’eccezionale forma retorica al ‘sogno americano’
dell’uguaglianza e della giustizia nelle relazioni so ciali, King denunciò con
grande forza l’incubo del razzismo, diventando portavoce del più ampio
movimento nonviolento della storia
americana. In contrasto non solo con la Casa Bianca ma anche con alcuni
settori della comunità afroamericana, si schierò contro la guerra in Vietnam muovendo, con il passare degli
anni, una critica sempre più radicale al sistema sociale ed economico degli
USA. Se ne rico struisce l’azione di King come parte integrante della storia
americana senza nascondere il travaglio interiore, le debolezze e il
progressivo isolamento di un leader che,
denunciando la connessione tra razzismo, ingiustizia sociale e militarismo,
firmò la sua condanna a morte.
Paolo Naso è docente di Scienza politica. È stato a lungo
direttore del mensile Confronti e della rubrica TV Protestantesimo (Raidue):
in queste funzioni si è occupato del
ruolo delle religioni in diversi scenari internazionali. È membro
dell’Associazione Italiana Studi Nord
Americani (AISNA). Tra i suoi libri: Le religioni sono vie di pace.
Falso! (2019);
Come una città sulla collina. La tradizione puritana e il movimento per i diritti civili negli U.S.A. (2008).
14,45 accoglienza
15,00 – 18,00 relazioni
e confronto
Contributo 5,00 euro
Ingresso con green pass e mascherina su prenotazione
“Città di Dio”
Associazione ecumenica
di cultura religiosa
Via C. Battisti, 112 –
28045 Invorio (NO)
Cell. 3338773018
associazionecittadidio@gmail.com
www.cittadidio.it
21/12/2021
19ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Accoglienza
Buongiorno e buona domenica a
tutte e a tutti voi, il versetto che accompagna questa diciannovesima domenica
dopo Pentecoste è preso dalla prima lettera di Giovanni che dice: “Questo è il
comandamento che abbiamo ricevuto da lui: che chi ama Dio ami anche suo
fratello”. (1° Giovanni 4: 21)
Saluto (SØREN KIERKEGAARD)
Dio nostro, dona a noi esseri umani,
mentre siamo in attesa di Te, la consolazione che concede al cuore il capire
che tu taci per amore, così come parli per amore: così che, sia che tu taccia,
sia che Tu parli, sei sempre il medesimo Padre, che ci guida con la Sua voce e
ci educa con il suo silenzio. Amen.
Lode
Dio nostro, fonte della nostra vita, come un albero si nutre dell’acqua noi abbiamo bisogno della tua parola per vivere. Le nostre radici sono la tua grazia e il nostro fogliame è il tuo amore. Come un albero ha bisogno del vento per essere mosso, noi abbiamo bisogno del tuo Spirito. Nutrici con la tua parola, Signore, rialzaci tramite il tuo perdono e rafforzaci con la tua benedizione affinché possiamo portare frutto e diventare un rifugio per chi lo cerca. Nel nome di Gesù il Cristo. Amen
Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Dio di misericordia, ti lodiamo e ti benediciamo per l’amore con il quale ci circondi, con il quale ci hai amati ancora prima che ti conoscessimo. Per questo amore ci hai riscattati dalle nostre colpe. Il nostro cuore ti cerca. La tua parola di vita è dolce ai nostri orecchi. La nostra bocca rende grazie per la tua benevolenza. Sii sempre con noi, e aiutaci a crescere vicino alla sorgente della tua parola. Amen
Testo biblico
Marco 10:17-27
Mentre
stava per rimettersi in cammino, arrivò un uomo correndo, s'inginocchiò davanti
a lui e gli chiese: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?” Gesù
rispose “Perché mi chiami buono? Solo Dio è veramente buono. Ma in quanto alla
tua domanda, tu conosci i comandamenti di Dio: non uccidere, non
commettere adulterio, non rubare, non dire il falso contro nessuno, non
ingannare, rispetta tuo padre e tua madre”. “Signore, non sono mai venuto
meno a nessuno di questi comandamenti”, rispose l'uomo. Gesù, guardandolo,
provò affetto per lui e gli disse: “Ti manca solo una cosa: vai a vendere tutto
ciò che hai, dà il denaro ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e
seguimi”. L'uomo si rabbuiò in viso e se ne andò via tristemente, perché era
molto ricco. Gesù, guardandosi attorno, disse rivolto ai discepoli: “È quasi
impossibile che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questa affermazione li
lasciò stupiti. E Gesù aggiunse: “È davvero difficile entrare nel Regno di Dio
per quelli che confidano nelle ricchezze! È più facile per un cammello passare
per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno di Dio!” I discepoli
erano piuttosto scettici e cominciarono a chiedersi fra loro: “Ma allora chi
potrà mai essere salvato?” 27 Gesù li guardò attentamente, poi
disse: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio. Perché a Dio tutto è
possibile”.
Esposizione del brano
biblico
Abbiamo letto la storia dell’incontro tra Gesù e un uomo,
ebbene, quest’uomo rivolge a Gesù una domanda: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?”.
Potremmo senz’altro dire che la domanda di quell’uomo è anche la nostra
domanda. La domanda che ognuno e ognuna di noi, nella sua preghiera personale,
nell’ascolto individuale o comunitario della Scrittura, nella partecipazione al
culto della chiesa, rivolge al Signore.
Il “tale” di questa storia, più avanti, si scopre essere un uomo
“ricco”, e parla a Gesù anche a nome nostro. In lui insomma siamo noi che ci
avviciniamo a Cristo e parliamo con lui. Ed è anche a noi che il “maestro”
risponde chiamandoci… a che cosa?… abbiamo udito anche questo: all’osservanza
dei comandamenti che Dio tra squilli, lampi, terremoti, ha donato nell’esodo a
Israele, nella nube del Sinai.
Sì: “se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti”. Ma i comandamenti
sono tanti… E così la risposta di Gesù suona come un po’ generica… ed il
giovane allora non esita a dare a Gesù una risposta con queste parole precise: “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di
questi comandamenti”…
E Gesù sta al gioco, dà la spiegazione che gli è stata chiesta. La dà in
maniera forse inaspettata, e forse addirittura deludente. Non parla infatti al
suo interlocutore della grande esigenza dell’amore di Dio, né gli prescrive di
osservare con rigore ed impegno le norme di purità e quelle legate al culto e
alla preghiera… No, come avrebbe fatto un qualsiasi maestro in Israele, cita il
decalogo, e precisamente quella seconda parte delle “dieci parole” che riguarda
il nostro rapporto con gli altri, e così dice al giovane che se vuole “avere la
vita eterna” deve “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non
testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre”.
Insomma una risposta quasi scontata e, per questo, davvero anche un po’
deludente… Ma come? Uno ha il dono di incontrare Gesù, va da lui aspettandosi
chissà quali rivelazioni, quali meravigliosi nuovi insegnamenti, e si sente
ripetere per l’ennesima volta il catechismo?… Veramente c’è da dire : “Tutto
qui?”.
E infatti il nostro giovane ci rimane un po’ male, e con lui anche noi. E se
come lui anche noi siamo dei credenti impegnati, noi diciamo con lui: “Ma tutte
queste cose io le ho già osservate; che mi manca ancora?”.
E a questo punto, c’è la grande impennata: Gesù fa il Gesù, ed
ecco uno sconvolgente salto di qualità. No! Non è affatto “tutto qui”! Non
basta “osservare tutte queste cose”. Non basta comportarsi da persone per bene…
da credenti rispettabili… Se davvero vuoi imparare da Gesù, ci vuole ben altro…
serve qualcosa di vertiginosamente meno rispettabile: “Va’, vendi tutto ciò che
hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi”.
“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Questa serie serrata di quattro
imperativi ha un senso molto chiaro… anzi, come vedremo, persino troppo chiaro…
Finora il discorso era stato impostato dal giovane sul piano del fare,
dell’osservanza concreta delle regole. Ricordate la sua domanda iniziale: “Che
cosa devo fare per avere la vita eterna?”, e poi, ancora: “Tutte queste cose le
ho osservate”. E Gesù aveva rispettato quell’impostazione: a lui che gli aveva
domandato “cosa doveva fare”, aveva risposto appunto con il “fare”: doveva “non
uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,
onorare suo padre e sua madre, amare il suo prossimo come se stesso”.
Ma poi il giovane stesso ha commesso la bellissima imprudenza di voler andare
oltre quel volere e dover fare: “Cosa mi manca ancora?”, così ha chiesto. Ed ha
scatenato l’uragano. Se davvero non s’accontenta di essere un pio israelita…
“se vuole essere perfetto” della perfezione che solo Gesù può dare, deve
mandare all’aria tutta la sua vita, e diventare un altro. Sinora il nostro
giovane è vissuto in modo irreprensibile, e adesso questo maestro unico e
sconcertante gli chiede di spogliarsi di tutto e di seguirlo (qui noi Valdesi
non possiamo non ricordare come, secondo le cronache del tempo, Valdo di Lione
si sia convertito proprio ascoltando questa stessa parola “Va’, vendi, vieni,
seguimi”, e come, stando alla testimonianza dello scrittore inglese Walter Map
abbia, assieme ai fratelli del suo gruppo, “seguito nudo un Cristo nudo”).
Davvero, con Gesù non si tratta di fare i bravi e i buoni, ma di mettere in
gioco la vita, di rinnegare se stessi ed i propri legami. Vengono qui alla
mente quelle altre sue parole sulle quali cerchiamo quasi sempre di non
fermarci troppo, perché le sentiamo troppo dure, quasi inumane e pressoché
impossibili da vivere in concreto: “Chi ama suo padre o sua madre più di me,
non è degno di me; e chi ama suo figlio o sua figlia più di me, non è degno di
me… chi avrà trovato la sua vita, la perderà; e chi avrà perduto la sua vita
per causa mia, la troverà” (Matteo 10, 37ss.).
“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Davanti a quest’abisso che gli si
è spalancato sotto i piedi, il giovane (ancora una volta anche qui “uno di
noi”), non se la sente di fare il grande salto. Così, esce malinconicamente
dalla scena: “Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente perché
aveva molti beni”…
Come noi, “aveva molti beni” a cui era molto attaccato. E non necessariamente
solo beni materiali. Era amato da tanti… era stimato per la sua onestà…era
apprezzato per la sua pietà…come si fa a lasciare tutto questo…così…di punto
in bianco?…
Ma al colloquio tra Gesù ed il giovane ricco, era anche presente qualcuno che
quel salto l’ha fatto. Come sempre, infatti, Gesù non era solo, con lui c’erano
“i discepoli”. E qui, ricordate: “Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli
vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché
erano pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei
pescatori di uomini». Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi,
andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo
fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò;
ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono
dietro a lui.” (cfr. Marco 1, 16 ss.). Sì, “Simone”, “Andrea”, “Giacomo”,
“Giovanni”, e tutti quanti gli altri… loro hanno abbandonato tutto e hanno seguito
Gesù.
E se noi questo adesso l’abbiamo ricordato, loro non c’è pericolo che l’abbiano
mai dimenticato. Così, dopo il primo momento di “sbigottimento” di fronte alle
parole del “maestro” sull’impossibilità che “un ricco entri nel regno dei
cieli” (sbigottimento che è dovuto al fatto che – come tutti gli Israeliti – i
discepoli erano cresciuti nella convinzione che le ricchezze fossero il segno
della benedizione di Dio per i giusti), sono subito passati, dal chiedere a
Gesù: “Chi dunque può essere salvato?” e dall’avere udito la sua risposta tutta
intessuta di misericordia: “Agli uomini questo è impossibile, ma a Dio ogni
cosa è possibile”, a fare il confronto fra loro ed il giovane che se ne è
appena andato “tutto triste”. E come sono orgogliosi di quello che hanno fatto!
Come subito, per la bocca di Pietro, lo ricordano a Gesù: “Ecco noi abbiamo
lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?”.
Gesù li rassicura: “Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il
Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi
avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù
d’Israele. E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o
madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed
erediterà la vita eterna”. E però, mentre conferma ai discepoli la piena
fedeltà alle sue promesse, pensa a quel giovane che era venuto lieto e sicuro
all’incontro con lui e se ne è andato via in crisi… pensa alla sua tristezza e
spera che si muti in coraggio e poi in gioia… spera che quell’uomo buono e pio
possa un giorno “andare, vendere, venire e seguirlo”…
Sì, certo Gesù vuole bene ai suoi discepoli, così contenti e fieri della loro
sequela…ma forse in quel momento si sente più vicino a quel giovane che s’è
allontanato a capo chino, che non a Pietro che sta lì tutto fiero davanti a lui,
e così, lo ammonisce, lui e tutti gli altri: “Voi ora vi sentite superiori a
quel giovane, e lo siete: siete “i primi” al cospetto di Dio. E però, state
attenti!, perché vi ho appena detto che “a Dio tutto è possibile”, e allora può
capitare che Dio rovesci tutte le carte in tavola, e allora “molti che ora sono
primi saranno ultimi, e molti che ora sono ultimi, saranno primi”: “Sì, Dio può
dare a quel giovane la forza che non ha avuto di lasciare i propri beni e di
seguirmi. Così potrà ricevere anche lui il “centuplo” e la “vita eterna”. E
magari li riceverà prima anche di tutte e tutti noi. E se sarà così, non potremo
dire niente”.
AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Padre, il tuo comandamento ci chiede di amare il nostro prossimo. Davanti a te ci ricordiamo di chi è nel bisogno, di chi si sente rifiutato. Preghiamo per coloro ai quali mancano le cose più elementari della vita: cibo, acqua pulita, un posto sicuro per vivere, l’opportunità di sognare. Aiutaci a essere solidali, con la forza della tua giustizia e del tuo amore. Preghiamo per coloro che vorrebbero stare bene, ma che soffrono nel corpo o nell’anima. Aiutaci a servire gli altri con la forza della tua guarigione e della tua consolazione. Preghiamo per coloro che vorrebbero essere amati e stimati, ma sono disprezzati e rifiutati. Aiutaci ad accogliere ed ad amare gli altri con la forza del tuo regno che viene. Accogli la nostra preghiera nel nome di Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Insieme ti preghiamo, come egli ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen
BENEDIZIONE
Siate dunque imitatori
di Dio, perché siete figli da lui amati;
e camminate nell’amore
come anche Cristo vi ha amati.
(Efesini 5,1-2a)
La grazia del Signore
Gesù Cristo e l’amore di Dio
e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi
(2
Corinzi 13,13)
Amen
(Giampaolo Castelletti, domenica 11 ottobre
2020. Tutte le
citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione
1994).
14/12/2021
17ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Accoglienza
“Gli occhi di tutti sono rivolti a te, e tu dai
loro il cibo a suo tempo” (Salmo 145,15)
Nel nome del Padre,
che viene in cerca di noi quando lo sconforto ci invade, del Figlio che questo
sconforto, così come noi, lo ha vissuto nella carne e nel petto, e dello
Spirito Santo che nel turbamento ci accompagna e ci sostiene, silenziosa
impronta di Dio nel segreto dei nostri cuori. Amen
Nostro creatore, che chiami alla vita le cose che non sono e in Cristo manifesti la forza della risurrezione, rinnova la nostra vita, perché in essa si rifletta la luce del tuo evangelo. La tua parola ci raggiunge anche nell’abisso del dolore e della morte e ci dona la forte consolazione, come è vero che Cristo Gesù ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità. Così risplenda in noi questa luce, mediante il tuo Spirito consolatore. Amen.
Fratelli e sorelle, la domanda che Gesù ha fatto ai
discepoli, scossi dalla tempesta, si rivolge anche a noi: Egli disse loro: “Perché
siete così paurosi? Non avete ancora fede?”
Preghiamo:
Dio onnipotente, noi imploriamo il tuo perdono. Ti confessiamo la nostra paura di fronte alle incertezze e ai pericoli, la facilità con cui ci affidiamo a cose che non possono salvare. Perdona il nostro correre dietro a vanità e menzogna; perdona lo scetticismo con cui a volte ascoltiamo la tua parola. Perdona la nostra mancanza di fede e soccorrici nella nostra incredulità. Ti supplichiamo, consola i nostri cuori e ristabilisci in noi l’equilibrio della fede: abbassaci quando siamo arroganti, innalzaci quando siamo dimessi, inquietaci quando siamo troppo sicuri, rivelati quando non ti scorgiamo. Signore di misericordia, rinnovaci il conforto del tuo Spirito. Amen.
Preghiamo
Se sperate nel Signore e lo cercate, questa parola è per voi. Nella sua immensa bontà, egli in Cristo ci incontra, ci prende per mano e ci salva. Sia questa la nostra consolazione, in modo che possiamo vivere alla sua gloria, con libertà e riconoscenza. Amen.
Con Gesù di
Nazareth ecco apparire una vita libera: donata agli altri, fino alla morte,
eppure totalmente sovrana. Quella vita è il mistero che devo comprendere;
questa è la vita a cui sono chiamato. Per questo, guidato dal popolo ebraico
che ha preparato la sua venuta, illuminato dalla testimonianza dei discepoli
che l’hanno seguito, portato dalla comunione dei miei fratelli e sorelle in
fede, credo in Lui e con loro lo chiamo il Cristo, Figlio di Colui che mi
chiama, malgrado ciò che sono, a condividere questa vita.
Preghiera di illuminazione
Signore…tu ci parli, le tue parole sono preziose, ogni giorno ci rallegrano, ci interpellano…ci disturbano e ci sorprendono. Le tue parole ci meravigliano e vorremmo accoglierle come tu accogli noi, prenderle sul serio come tu prendi sul serio noi. Vorremmo ascoltarti come tu ci ascolti: con attenzione, con sollecitudine. Signore…tu ci parli: le parole che tu ci rivolgi sono preziose, ti chiediamo che ci facciano vivere mediante il tuo Santo Spirito. Amen
LETTURA BIBLICA
“Io voglio cantare per il mio amico il cantico
del mio amico per la sua vigna.
Il mio amico aveva una vigna sopra una fertile collina. La dissodò, ne tolse via le pietre, vi piantò delle viti scelte, vi costruì in mezzo una torre, e vi scavò uno strettoio per pigiare l'uva. Egli si aspettava che facesse uva, invece fece uva selvatica. Ora, abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia vigna! Che cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna più di quanto ho fatto per essa? Perché, mentre mi aspettavo che facesse uva, ha fatto uva selvatica? Ebbene, ora vi farò conoscere ciò che sto per fare alla mia vigna: le toglierò la siepe e vi pascoleranno le bestie; abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpestata. Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia. Infatti la vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele, e gli uomini di Giuda sono la sua piantagione prediletta; egli si aspettava rettitudine, ed ecco spargimento di sangue; giustizia, ed ecco grida d'angoscia!”
Esposizione del brano biblico
Che
cos'è l'amore? Chi di noi lo sa dire?...
È difficile da spiegare, l'amore è amore, e basta. E
quel sentimento, quella forza che ti mette in subbuglio e che ti afferra tutto,
e ti fa fare cose che, se non ci fosse lui, tu non faresti mai.
Così, può capitare che sei col cuore a pezzi, perché
colei che ami s'è dimostrata indegna del tuo amore, e però l'ami ancora più che
mai, e vuoi riconquistarla, e hai pensato di farlo con il canto, perché solo
col canto, volando sulle note, il tuo amore può effondersi e toccare il suo cuore
per farlo nuovamente palpitare col tuo. Ma hai la voce incrinata dal dolore, ed
il canto non esce. Per fortuna hai un amico sincero che può darti la voce che
non hai, può cantare per te. Così t'affidi a lui, che canti lui il tuo amore al
posto tuo...quest'esperienza del cuore innamorato e della voce incrinata – ci
dice oggi Isaia, ed è semplicemente
straordinario – è capitata a Dio.
In effetti…in Osea è scritto: “Io ti unirò a me per
sempre...ti unirò a me nella fedeltà... Gli dirò: -Tu sei il mio popolo -, e mi
risponderà: - Mio Dio -” (cfr Isaia 2: 19). Da sempre Dio è innamorato di
Israele e da sempre Israele gli è infedele.
Adesso…è giunto il momento…che Dio, vuole farglielo
sapere, vuole fargli conoscere quello che prova per Israele e quanto stia
sbagliando cercando altrove quella felicità che solo lui può dargli, che già
gli ha dato, se riesce a ricordarselo. Ma ha la gola serrata, non ce la fa a
cantare. E lo chiede a Isaia, il suo profeta, che qui è solo meravigliosamente
il suo amico. Ed Isaia è felice di cantare per lui, per il Dio innamorato: “Io
voglio cantare per il mio amico il cantico del mio amico per la sua vigna”.
La vigna allora, è l'amata che - come leggiamo alla fine
del canto – simboleggia “la casa d'Israele”. È un'immagine strana, ma fino a un
certo punto.
Nella Bibbia infatti “la vigna” è una pianta speciale.
Anzitutto dà il vino, che è ebbrezza e gioia, e spesso coi suoi grappoli
ricolmi simboleggia una sposa feconda e tutta l'attenzione che le va dedicata.
E proprio perché richiede tante cure, una vigna è preziosa, ed è segno di pace
e di prosperità, è una benedizione! Ebbene, gioia, ebbrezza, cura, fecondità, benedizione:
un amore felice non è forse tutto questo?
Il canto inizia proprio affidando alle note e alle
parole il ricordo dell'amore felice fra il Signore e il suo popolo.
Era una relazione molto forte; uno di quegli amori
che, anche solo a guardarlo da lontano, non ti poteva lasciare indifferente...Dio,
in quell'amore, s'è impegnato tutto.
Per curare la “casa d'Israele” e renderla feconda e
farle fare frutti buoni e belli, ha innanzitutto scelto il posto adatto: le
morbide pendici, esposte al sole, di una “fertile collina”. E poi l'ha
“dissodata”, ha “tolto via le pietre” ed ha piantato con cura i vitigni
migliori; e, come se tutto questo non bastasse, ha “costruito una torre” proprio
in mezzo alla vigna, ed ha anche “scavato uno strettoio” in cui “pigiare l'uva”
appena vendemmiata.
La torre e lo strettoio non erano usuali nelle vigne.
E in questo modo il canto sottolinea da un lato la ricchezza di questo
vignaiolo così particolare, e dall'altro le cure e l'attenzione di cui egli ha
colmato la sua vigna. Insomma, quella vigna aveva proprio tutto, e anche di
più! Non le mancava niente per essere rigogliosa e produrre dell'uva saporita
ed un vino eccellente.
Queste immagini di cura e d'abbondanza che Isaia canta
nel nome del suo Dio, hanno una risonanza più profonda.
Arrivano nel cuore di chi ascolta, e ogni immagine ha
un'eco, esprime una realtà. La “terra dissodata”, girata e rovesciata su se
stessa, evoca tutto il “nuovo” di un amore che ti illumina gli occhi e ti rende
diverso; le “pietre tolte via” sono altrettanti ostacoli a un amore totale, che
vengono rimossi uno ad uno da chi non solo t'ama, ma sa amarti, sa quello che
ti piace e te lo dona; la “torre” posta al centro della vigna è un luogo di
riparo e protezione: un amore prezioso va protetto, salvato da ogni insidia,
mantenuto sereno; infine, lo “strettoio” scavato nella vigna permette di trar fuori
dall'amore tutto il gusto che ha, senza perderne niente...il Dio innamorato di Israele
ha fatto tutto questo: ha circondato di cure la sua vigna e ha creato per lei
le condizioni migliori per farle portar frutto. Ma è rimasto deluso: “Si
aspettava che facesse uva (buona), invece fece uva selvatica”...qui…l'incanto
si spezza, il canto si fa stridulo e si smorza su una nota stonata. Isaia adesso
tace. E si leva, alta e forte, la voce di Dio stesso, dell'amante deluso: “Ora,
abitanti di Gerusalemme e voi, uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia
vigna!”. È davvero deluso qui il Signore, al punto che diventa anche
sarcastico. Convoca a sé il popolo e domanda agli “uomini di Giuda” di assumere
il ruolo di giudice nella causa che vuole intentare alla sua vigna; chiede loro
di farsi giudici di se stessi...e subito inizia il processo, subito lancia
l'accusa: “Che cosa si sarebbe potuto fare alla mia vigna più di quanto ho
fatto per essa? Perché, mentre mi aspettavo che facesse uva buona, ha fatto uva
selvatica?”.
Già…“perché”? E questo è un terribile “perché”, dietro
al quale c'è un grande smarrimento e una grande tristezza; c'è tutta la
vulnerabilità di Dio (perché Dio ci ama al punto di farsi vulnerabile per noi)
al cospetto della nostra ingratitudine. Non dimentichiamolo, questo “perché” sulla
bocca di Dio, che non è un rimprovero, ma lo sconcerto di chi non può capire
tanta mancanza di riconoscenza...Poi, a questo “perché” segue un “ebbene”: “Ebbene
io vi farò conoscere tutto quello che sto per fare alla mia vigna”. Qui si fa
chiara tutta l'ironia dell'invito di prima agli “uomini di Giuda” a farsi
giudici: in questa causa Dio è il solo vero giudice, e Dio giudicherà! Anzi,
già ha giudicato e annuncia la sentenza: “Le toglierò la siepe e vi
pascoleranno le bestie; abbatterò il suo muro di cinta e sarà calpestata. Ne
farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le
spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia”.
Se non accetti l'amore del Signore, se lo disprezzi e ti
doni ad altri amanti, tu fai la tua rovina, ti riduci a un “deserto”. Quel che ti
proteggeva, ora è abbattuto: niente più siepe e torre, niente muri! E tutti ti
calpestano, e strappano i tuoi tralci. Hai snobbato l'amore, non sarai più
amato: colui che si prendeva cura di te, adesso non c'è più, la pioggia stessa
non cade più dal cielo a portarti la gioia della vita...A questo punto, emessa
la sentenza, Dio tace, fa silenzio. E ritorna a parlare il suo profeta. E da
vero profeta parla chiaro, leva di mezzo ogni ambiguità. “La vigna” - come già
abbiamo visto - “è la casa d'Israele” che Dio ha insediato nella terra promessa
dopo averla svuotata da tutti i suoi nemici, e “la sua piantagione prediletta sono
gli uomini di Giuda” che, così amati e colmati di premure, avrebbero dovuto
portare frutti buoni: “rettitudine e giustizia”. Non basta infatti dire “Sono
il popolo eletto”: proprio perché lo sei devi essere diverso da tutti gli altri
popoli. Ed in particolare non è possibile pretendere di appartenere a Dio senza
che quest'appartenenza sia “misurata” al vaglio del tuo comportamento verso il
vicino, verso chi ti sta accanto.
Quest'affermazione è sorprendente: il Dio così
innamorato del suo popolo da non riuscire a cantare e da dover far ricorso all'
“amico” Isaia, non rimprovera ad Israele le mancanze che ha commesso verso di
lui, ma quelle contro gli altri, è verso il tuo fratello e la tua sorella che
devi esercitare “rettitudine e giustizia”, e nel tuo impegno a vivere l'amore
per, il prossimo, che Dio valuta il tuo amore per lui. Ricordate 1 Corinzi
13,5: “L'amore non cerca il proprio interesse”? “Dio è amore”, affermerà l'apostolo
Giovanni (1 Giovanni 4: 8); lo è già qui in Isaia; “non cerca il proprio interesse”:
ci ama facendo un passo indietro, facendoci incontrare gli uni gli altri...E “aspettava”,
ed “aspetta”. Per questo fa parlare il suo profeta, per dirci che, con lui, non
è mai troppo tardi!
Se per la vigna la sentenza è stata già emessa, se verranno
i Caldei e il popolo infedele subirà la sconfitta e dovrà abbandonare la sua
terra, pure rimarrà “un resto”. Israele vivrà ancora! Per lui ci sarà sempre
una speranza, la possibilità di un cambiamento. Ed ancora Isaia se ne
ricorderà, in un altro nuovo “canto della vigna”: “In quel giorno, cantate la vigna
del vino vermiglio! Io, il Signore, ne sono il guardiano, io la irrigo a ogni
istante; la custodisco notte e giorno, affinché nessuno la danneggi... Israele
fiorirà e germoglierà e copriranno di frutta la faccia del mondo...” (cfr Isaia
27, 2-3. 6).
Il canto dell'amore deluso. E poi l'accusa, la
sentenza, la condanna. E alla fine, l'attesa, il dono di un'opportunità che non
si chiude, la speranza incrollabile di un cambiamento, della fedeltà finalmente
vissuta.
È molto complicato...forse troppo. Noi preferiamo la semplicità,
le scelte chiare fra libertà e costrizione, salvezza e condanna, amore e
punizione. Ma nella vita il “bianco e nero” non lo trovi quasi mai. La vita è
anch'essa complicata, complessa, intessuta di mille sfumature.
Ed Isaia lo sa. Soprattutto, Dio lo sa. Per questo
proprio loro, i due “amici” di questa pagina, ci sorprendono con una storia
d'amore finita male e che però non è ancora finita, non finisce, forse continua
oggi, forse è la “nostra” storia, la storia dell'amore fra Dio e noi.
E in questa storia, al tempo del profeta e in ogni tempo,
non c'è da un lato il buon popolo credente e dall'altro i cattivi miscredenti.
Qui, chi doveva produrre buoni frutti, perché amato, curato, colmato di
attenzioni, alla fine dà solo “uva selvatica”, che non è buona da mangiare a
tavola ne per fare del vino. E sempre ancora qui, chi pensava che la sua religione
e la sua fede si giocassero solo nel rapporto con Dio, scopre che invece si
giocano nel rapporto con l'altro. In ogni caso, scopre un Dio “complicato”, che
è amore, ed è anche sarcasmo, ed è anche punizione. Un Dio che spera e rimane
deluso. E questa delusione gli fa male: lo sorprende (e chi di noi pensa mai a
un Dio “sorpreso”!) e lo amareggia. E il Dio di questa pagina è anche il Dio
che dona, il Dio che aspetta…Questa “complessità” ci dice che anche noi siamo
complicati, nel rapporto con Dio e nelle relazioni che intrecciamo fra noi.
Quante volte le nostre attese rimangono deluse: speravamo che l'altro ci
capisse, e non accade; che facesse quel gesto, che avesse per noi
quell'attenzione, e quel gesto non c'è, quell'attenzione manca. E quante volte
invece siamo noi a deludere gli altri, a vanificare le loro attese, e quante
volte deludiamo noi stessi!
Cosa possiamo fare davanti a tutto questo?
Possiamo riascoltare il canto della vigna. Il canto
che racconta come Dio si prende cura di noi: sceglie il luogo migliore, ne
rovescia il terreno, semina con cura i vitigni migliori. Ed edifica una torre e
scava lo strettoio per il vino. Poi ci aspetta. Aspetta che portiamo il nostro
frutto, senza privarci della nostra libertà.
Chi di noi non vorrebbe avere qualcuno che l'ami con questa
premura? e chi di noi non vorrebbe con la stessa premura saper prendersi cura
di chi ama? Sarebbe una relazione meravigliosa: si pone un fondamento che
sostenga l'amore e lo preservi nei momenti difficili; ci si confronta insieme
per scegliere i valori che nutrano davvero la relazione stessa; non ci si
affida più solo alle proprie idee e al proprio istinto, ma si fa spazio al
parere dell'altro, alla sua sensibilità. Legati insieme perché l'amore vincola,
ma non imprigionati; liberi, nella cornice dell'amore, ed insieme impegnati a fare
esistere e resistere la relazione d'amore, curarla, alimentarla...Sarebbe
bello, vero? Purtroppo, non è sempre così. Le nostre scelte d'amore sovente
sono tanto problematiche.
E qualche volta (e più di qualche volta) danno “uva selvatica”:
diventano ingiustizie, provocano “grida d'angoscia”.
Se non “spargiamo sangue”, spesso “spargiamo lacrime”
sui volti attorno a noi...Ma possiamo cambiare. Dio vuole che cambiamo. E aspetta
che cambiamo. Come se lo aspettava da Israele: se avete fatto caso, proprio quando
lo accusa e lo condanna, lo chiama per tre volte consecutive “la mia vigna”, a
indicare un amore che non passa. Come se lo aspetta da noi, il suo popolo
“nuovo”, la sua vigna “nuova”.
Sì, Dio aspetta il cambiamento, e aspetta i nostri
frutti.
Aspetta “rettitudine e giustizia”. Aspetta che ci amiamo
gli uni gli altri, nella complessità, che rimane invariata perché è parte di
noi, dei nostri rapporti, del nostro “modo di funzionare”...Ma allora, fare
parte delle nostre chiese, di queste piccole “vigne del Signore”, con le loro
tensioni, le loro infedeltà, il loro non essere mai all'altezza dell'amore di Dio,
e dunque sempre esposte al pericolo di dover ascoltare quell' “ebbene” divino
che nessuno vorrebbe udire mai: “Ebbene, ora vi farò conoscere quello che sto
per fare alla mia vigna”, è pericoloso, è qualcosa da evitare...No, è una
benedizione! Perché se questo testo mette in scena la storia di un amore
deluso, se proclama una parola esigente che a nessuno è concesso attenuare,
però questa storia è e resta una storia d'amore, e queste parole esigenti sono
anch'esse parole d'amore!
La storia e le parole dell'amore di Dio che non viene mai
meno, che non ti molla mai, e che ti mette in crisi e che t'aspetta. E con un Dio
così, la redenzione è sempre possibile! E l'avvenire rimane sempre aperto.
Così, messi di fronte alla nostra responsabilità in
questa storia d'amore, scopriamo che c'è sempre un nuovo cammino che possiamo
percorrere, affidati alle mani di Dio evocate dal canto di Isaia: le mani di un
amore appassionato, di una cura attenta, di un lavoro instancabile che permetta
alla vita di sbocciare, ai frutti d'essere buoni e saporosi.
Certo poi c'è anche il “perché” amaro della delusione.
Ma chi dice quel “perché” è il Dio che ama e si
coinvolge nella vita del suo popolo, e quel “perché” lo dice proprio perché
ama, si coinvolge, prende parte. La delusione è grande, perché è all'altezza
dell'amore offerto. Ma l'amore ha il primo posto. Isaia apre il suo canto nel
segno dell'amore. E così ci dice che è l'amore che conta, è fondamentale.
Ed è su quest'amore che possiamo appoggiarci per
procedere oltre, per cambiare.
AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Dio nostro, notizie
cattive e storie di disperazione ci giungono incessantemente
da ogni parte del mondo. Vediamo immagini di persone uccise dalle guerre, dalla miseria. Vediamo i visi dei bambini sottoposti ad abusi e distrutti dall’avidità e dall’egoismo degli adulti. Sentiamo il lamento degli anziani abbandonati a se stessi. Sentiamo e vediamo queste persone e riconosciamo noi stessi nei loro visi, nel loro silenzio, nel loro gridare. Tu sei colei che, come una madre, consola. Per questo ti chiediamo: aiutaci a circondare di affetto le persone sole; insegnaci a cercare i perduti, a sfamare gli affamati, ad aprire le porte ai rifugiati, a soccorrere i feriti nel corpo o nell’anima; insegnaci a incontrare le persone colpevoli come fratelli e sorelle e a dar loro la certezza di non aver perso la loro dignità. Signore, quando noi non riusciamo a procedere, ad aiutare come dovremmo, porta tu a termine l’opera che hai iniziato con noi. Consola per mezzo nostro, e consola anche noi: rendici forti nelle difficoltà, e aiutaci a dare sfogo al nostro dolore quando il lutto rischia di soffocarci. Rendici riconoscenti nei momenti di gioia, e conservaci il dono del sorriso liberante. Tutto questo te lo chiediamo nel nome di Gesù che ci ha insegnato a pregare così: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà, in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen
BENEDIZIONE
“Il Signore ci guidi con benevola
mano attraverso i tempi difficili che viviamo, ma soprattutto ci guidi a sé.”
(D. Bonhoeffer)
“Ci benedica e Ci protegga, faccia
risplendere il suo volto su di Noi e Ci dia la pace.” (Numeri 6,24-26)
(Giampaolo Castelletti, domenica 19 settembre
2021. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione
1994 )