Accoglienza
Buongiorno e buona
domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa undicesima domenica
dopo Pentecoste è preso dal Salmo 33 versetto 12 che dice: “Beata la nazione il
cui Dio è il Signore; beato il popolo ch’egli ha scelto per sua eredità.”.
Saluto (Preghiera ebraica)
La scrittura e l’amore sono di Colui che vive in
eterno. Il governo e la sovranità sono di Colui che vive in eterno. Il consiglio
e la forza sono di Colui che vive in eterno. Il giudizio e la benedizione sono
di Colui che vive in eterno. Amen.
Lode (Salmo 8)
“O DIO,
Signore nostro, quant'è magnifico il tuo nome in
tutta la terra! Tu hai posto la tua
maestà nei cieli. Dalla bocca dei bambini
e dei lattanti hai tratto una forza, a causa dei tuoi nemici, per ridurre al silenzio l'avversario e il vendicatore.
Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue
dita, la luna e le stelle che tu hai
disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo
ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne
prenda cura? Eppure tu l'hai fatto solo
di poco inferiore a Dio, e l'hai coronato
di gloria e d'onore. Tu lo hai fatto
dominare sulle opere delle tue mani, hai
posto ogni cosa sotto i suoi piedi: pecore
e buoi tutti quanti e anche le bestie
selvatiche della campagna; gli uccelli
del cielo e i pesci del mare, tutto quel
che percorre i sentieri dei mari. O DIO,
Signore nostro, quant'è magnifico il tuo
nome in tutta la terra!”. Amen.
Ascolto della parola di dio
Preghiera di illuminazione
Signore eccoci in
silenzio davanti a te, per trovare nella lettura e nella
meditazione della tua
parola una luce per il nostro cammino. Le nostre
vite sono schiave,
nostro malgrado, dei mille impegni di lavoro e
di famiglia, schiave
delle convenzioni sociali e delle nostre ambizioni.
Ma noi vogliamo essere
capaci di riconoscere ancora chi è il vero
padrone delle nostre
vite, vogliamo porci alla lettura della tua Parola
per ricevere una guida
sicura. Fa’ che possiamo leggere con attenzione
e che il tuo messaggio
provochi in noi un cambiamento reale e
fruttuoso. Amen.
Testo
biblico
Matteo
22, 34 – 40
34 I
farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; 35 e uno di loro,
dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: 36 «Maestro, qual
è, nella legge, il gran comandamento?» 37 Gesù gli disse: «"Ama il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la
tua mente". 38 Questo
è il grande e il primo comandamento. 39 Il secondo, simile a questo, è: "Ama
il tuo prossimo come te stesso". 40 Da questi due comandamenti
dipendono tutta la legge e i profeti».
Esposizione del brano
biblico
Le risposte che diede Gesù a questo dottore della legge potremmo
definirle come: “il sogno di Dio per Israele e per tutta l’umanità”, cioè, il
suo progetto di una comunità umana in cui sia davvero possibile vivere la
libertà di amare lui con amore filiale e di potersi amare gli uni gli altri con
amore fraterno, ciascuno libero dal timore dell’altro, così da essere fiduciosi
nell’altro affidandosi a lui, perché io so che il mio fratello e la mia sorella
non attentano alla mia vita, ai miei sentimenti, ai miei beni, e anzi mi
“onorano”, tanto che, hanno per me del riguardo, attenzione, affetto e stima,
così come io per loro… e tutto questo nasce dal riconoscimento dell’amore
concreto e fattivo di Dio per me e per tutti noi… quel riconoscimento che si fa
riconoscenza: “io sono amato e così posso amare gratuitamente e nella libertà…
e sono felice di amare e di essere amato nell’amore di Dio…”
Davvero allora vivere i due comandamenti ribaditi da Gesù al dottore della
legge che fanno parte delle “dieci parole di Dio”, vuole dire in maniera
essenziale “amare”.
E se non fosse già sufficiente il nostro cuore a farcelo intuire, oggi, questo
brano, ce l’ha ricordato con chiarezza e con forza molto grandi, colui nel
quale il sogno di Dio s’è realizzato… ce l’ha ricordato Gesù.
Ma…lo dobbiamo dire subito…non ce l’ha ricordato solo lui, ma anche quello
“scriba” che, nel testo del vangelo di Matteo che abbiamo letto, è un degno rappresentante
di Israele, ed abbiamo letto come questo colloquio è nato: lo scriba ha
assistito ai dibattiti fra Gesù e coloro che volevano “metterlo alla prova”. Ed
è rimasto via via più ammirato dalla tranquilla forza con cui Gesù ha di volta
in volta rigettato i tentativi dei suoi avversari di “coglierlo in fallo” e ha
smascherato la loro falsità. E quando più nessuno osa fargli domande, gliene fa
una lui, è il tipo di domanda che veniva rivolta ad un Rabbi da chi voleva
conoscere il cuore, cioè, la quintessenza del suo pensiero e della sua
impostazione di fede: “Cosa è per te davvero importante nella legge di Dio?”. È
questo, infatti, il senso della richiesta dello scriba a Gesù…“Qual è, nella
legge, il gran comandamento?”…questa è la domanda che darà il via al loro
dialogo.
E Gesù non gli dà risposte strane… particolari… eccentriche… gli
risponde citando la preghiera dello Shema’, quell’”Ascolta, Israele” di
Deuteronomio 6 che ogni ebreo devoto ripeteva la mattina e la sera, come la
benedizione che apriva e chiudeva la giornata.
E così, innanzi tutto, afferma, in piena concordanza con la sua ebraicità,
l’unicità di Dio.
Ed insieme anche afferma che il rapporto con l’unico Signore di Israele è un rapporto
d’amore. Un amore totale ed esclusivo. L’abbiamo letto: Gesù ripete allo scriba
quello che del resto lo scriba sa già molto bene: che Dio vuole da te che tu lo
ami “con tutto il tuo cuore, e con tutta l’anima tua, e con tutta la mente tua,
e con tutta la forza tua”. Si, se vuoi amare il Signore lo devi amare con tutto
te stesso: l’amore vero ama una cosa sola… richiede la totalità del cuore e
della mente, l’integrità di tutta la persona.
Ma questo amore che Dio esige per sé, così integrale da sembrare
che non lasci spazio a nessun altro amore, invece vuole altri amori, e così
diventa poi per te impulso, spinta, forza ad amare gli altri.
Ecco perché, come secondo grande comandamento accanto al primo, ed in pratica
quasi fuso con lui a formare una sola realtà, Gesù cita allo scriba un altro
testo anch’esso molto noto, Levitico 19: “Amerai il tuo prossimo come te
stesso”.
Qui non si tratta di solo sentimento, né tanto meno di
sentimentalismo. Una cosa che è chiara ed evidente, per Israele come per Gesù,
è che l’amore per Dio e per il prossimo non può essere soltanto questione di
“parole né di lingua”, ma dev’essere concreto, vissuto “con i fatti e nella
verità” (cfr. 1 Giovanni 3, 18). Non a caso, nel testo del Levitico, il
comandamento dell’amore del prossimo è circondato da una serie di esempi su
come amare “coi fatti” chi ci è accanto; valga per tutti la bellissima norma
della spigolatura: “Quando mieterete la raccolta della vostra terra, non
mieterai fino all’ultimo angolo il tuo campo, e non raccoglierai ciò che resta
da spigolare della tua raccolta; nella tua vigna non coglierai i grappoli
rimasti, né raccoglierai gli acini caduti; li lascerai per il povero e per lo
straniero. Io sono il Signore vostro Dio” (Levitico 19, 9-10)
Ma nelle citazioni di Gesù in risposta allo scriba non c’è
soltanto l’amore verso Dio e quello verso il prossimo. C’è un terzo tipo di
amore, la cui presenza spesso non cogliamo, e che pure è importante. È l’amore
verso “se stessi”: “Ama il tuo prossimo”...così...infatti...dice il libro del
Levitico…“come te stesso”. Per amare correttamente il mio prossimo, devo prima
amare correttamente me stesso.
Dicevo che noi…spesso…non cogliamo la presenza di questo terzo tipo di amore.
Forse anche perché una lunga tradizione ecclesiastica ci ha insegnato a non
coglierlo…ad esempio, c’è Calvino (e debbo dire che la cosa non sorprende…) che
afferma chiaramente che qui non si tratta affatto di una parola che ci invita
ad amarci: l’amore di sé non può mai essere giusto o positivo, e soprattutto, “noi
ci amiamo sin troppo” per accordare altro spazio all’amore di noi stessi. Ma
non solo Calvino. Anche il grande teologo riformato del Novecento Karl Barth
sostiene a proposito della norma del Levitico, che “mai Dio penserebbe di
soffiare su questo fuoco, che già divampa a sufficienza”.
Forse però è vero che non sta a noi e, pur con tutto il rispetto, nemmeno a
Karl Barth, stabilire ciò che Dio “penserebbe” o “non penserebbe”…
Per dire la verità, con tutto il rispetto per questi grandi nomi, a me invece
sembra proprio che noi dobbiamo prendere sul serio questa parola che ci chiama
ad “amare il prossimo come noi stessi”, non fosse altro perché quest’amore di
noi stessi è la condizione ed è il modello necessario e indispensabile
dell’amore per gli altri.
Innanzi tutto, è la condizione: se non ti vuoi almeno un po’ di bene, se non ti
accetti così come sei fatto, non puoi nemmeno pensare di volere bene e di
accettare gli altri…. è una realtà psicologica fondamentale…
E poi, l’amore di noi stessi è anche un modello: noi cioè dobbiamo amare gli
altri nel medesimo modo in cui amiamo noi stessi quando sappiamo amarci:
dobbiamo cioè essere tolleranti nei loro confronti, trovare tempo per loro, e
nutrire per loro interesse e simpatia… desiderare profondamente il bene degli
altri come lo desideriamo per noi stessi. Alla fin fine poi, si tratta di
vivere la cosiddetta “regola d’oro” del sermone sul monte: “Tutte le cose che
voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro; perché questa è
la legge e i profeti” (Matteo 7, 12).
Ecco allora: amore di Dio, amore del prossimo, e un giusto amore
di sé stessi come condizione e modello dell’amore per gli altri. Questo è il contenuto
dei due “grandi comandamenti” che Gesù cita allo scriba rispondendo alla sua domanda
su quello che per lui è essenziale nel rapporto con Dio nella vita di fede.
Cosa facciamo noi, sorelle e fratelli?
Seguiamo Gesù o...come probabilmente ha fatto quello scriba...ci limitiamo ad
ascoltarlo perché parla bene e ci piace sentirlo, ma poi tutto rimane, appunto,
al livello di un gradevole ascolto e, al massimo, di una bella esperienza
spirituale, senza però che questo cambi la nostra esistenza?
Sebbene in questi ultimi tempi siamo tutti diventati più modesti
riguardo alla nostra centralità su questa terra, e più disposti (a volte anche
forse esagerando) a riconoscere i diritti degli animali, dell’ambiente e del
resto del creato, è però vero che...almeno in Occidente...siamo sempre di più i
grandi referenti di noi stessi… sempre più al centro della nostra stessa
attenzione.
Anche noi che ci definiamo e che siamo credenti, non esitiamo ad usare la
Bibbia, e sovente Dio stesso, come mezzi per la nostra realizzazione… strumenti
per raggiungere quel benessere psichico che desideriamo o per realizzare quei
fini morali che, per una varietà di motivi, riteniamo essere buoni.
In questa atmosfera così autoreferenziale, le parole del nostro testo di Matteo
22 sono come uno squillo di tromba, ci esortano ad un’altra visione delle cose:
Dio, e assolutamente solo Dio, al primo posto, poi...in lui...noi stessi e il
nostro prossimo. In altre parole: l’amore di Dio con tutto noi stessi e l’amore
per il prossimo come per noi stessi… la vera vita e la vera fede… tutto
consiste in questa verità.
In questa prospettiva, capite bene che la nostra fede non può
più essere solo questione di ritagli di tempo e di riti cui prender parte ogni
tanto per farmi stare meglio con me stesso… l’evangelo non è la New Age… né io
posso più essere il centro del mio vivere.
Questo breve testo, insomma, è una grande sfida lanciata contro i fondamenti
stessi della nostra cultura occidentale che, appunto, mette l’essere umano al
centro dell’universo.
Una sfida trascinante, non solo perché è stata Gesù a lanciarla: abbiamo visto
come, ogni elemento della sfida lanciata o, meglio, “ripresa” da Gesù – fosse
in realtà già presente nelle Scritture di Israele… questa sfida è semmai
trascinante, perché Gesù l’ha messa in pratica.
In tutto il vangelo di Matteo, Gesù ci è presentato come colui che davvero “ama
Dio con tutto se stesso”, e “ama il suo prossimo”...tutti noi...“come se
stesso”.
Ma allora, la risposta alla grande domanda: “Che cos’è veramente l’amore?”, va
cercata e trovata nella storia di Gesù così come i vangeli la raccontano.
Sapendo che è una storia molto dura: è amore che si traduce in atti concreti: e
l’amore si fa fragile, si espone… l’amore quand’è vero si fa dono di sé…
Questa sfida ci turba, perché nessuno di noi è all’altezza del criterio d’amore
di Israele e di Gesù: “Amare Dio con tutto noi stessi” e “Amare il prossimo
come noi stessi” è una visione della vita troppo elevata per noi, alla quale
non sappiamo fare fronte. Soprattutto se Gesù e la sua croce fossero un esempio
di come dovremmo amare… ci resterebbe solo la rinuncia e la disperazione… Guai
a fare della passione un’esigenza morale!
Se però noi vediamo nella croce di Gesù il meraviglioso dono che Dio ci ha
fatto… se il senso della storia che va dal Getsemani al Golgota è per noi
quello, che è ribadito in 1° Giovanni 4, 7-10 e che il versetto 9 sintetizza
così “In questo si è manifestato l’amore di Dio, che Dio ha mandato il suo
unico Figlio nel mondo affinché vivessimo per mezzo di lui”, e a noi sta
allora, non imitare colui che è inimitabile, ma credere che Gesù è veramente il
nostro salvatore e lodare Dio per questo, allora possiamo sopportare di udire,
e anzi le ascoltiamo con gioia, le sue parole sul “grande comandamento”…
E tuttavia la croce, lungi dal cancellare il comandamento
dell’amore, lo rafforza, perché...la Bibbia ce lo dice nel Cantico dei cantici:
“l’amore chiama amore”.
E come risponderemo… come già rispondiamo a Uno che per amore ha dato per noi
la sua vita ?
L’indicazione per la risposta giusta la conosciamo già, Gesù e
quello scriba sconosciuto oggi ce l’hanno ricordata una volta di più: “Il
Signore, nostro Dio, è l’unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto
il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la
forza tua; e Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è nessun altro
comandamento maggiore di questi”.
Vedete che stupenda catena d’amore? Dio che ci ha amati al punto da aver messo
al mondo ognuno di noi come un suo desiderio e un suo progetto, tiene poi tanto
a noi da chiederci di amarlo al di sopra di ogni cosa… e proprio l’esperienza
che facciamo d’essere i partner dell’amore di Dio… proprio questo ci dice che
noi siamo importanti… che non possiamo in alcun modo disprezzarci né svilirci…
che ci dobbiamo amare ed apprezzare… noi stessi e tutti gli altri…
Davvero in Dio che “è amore” (cfr. 1 Giovanni 4,8), tutto è amore.
Oggi è la domenica dove abbiamo avvalorato che, l’amore per Dio
e l’amore per il prossimo ci richiede di essere gioiosi. Alla luce di quanto abbiamo letto, lo
possiamo davvero!
Per questa gioia, per il sorriso che ci è stato donato, ringraziamo sempre il
Signore.
AMEN
PREGHIERA DI INTERCESSIONE
Signore, tu che vedi e leggi nei nostri cuori, fa’ che la tua azione possa rivelarsi potente nelle nostre vite e nelle vite di quanti ti presentiamo. Lascia che brilli nella vita di ognuno la luce della tua speranza. Fa’ che ognuno di noi possa vivere nella serenità che giunge dalla consapevolezza del tuo amore. Agisci in questo nostro mondo perché si affermi pienamente la tua volontà e la tua libertà. Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo che ci ha insegnato a dirti: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen
INVIO (Marco 12, 32 – 34)
“Maestro,
hai detto proprio il vero: c'è soltanto un Dio e nessun altro! E io so che
è di gran lunga più importante amarlo con tutto il mio cuore, con tutta la mia
mente e con tutta la mia forza, ed amare gli altri come me stesso, piuttosto
che offrire ogni sorta di sacrifici sull'altare del tempio!”
Constatando quanto avesse capito quell'uomo,
Gesù gli disse: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”.
BENEDIZIONE
Andiamo in pace, figlie e figli di Dio, forti della
certezza che Dio ci invia
e che lui stesso cammina davanti a noi. Andiamo per
condividere con
altri la gioia e la potenza che ci giunge dalla
promessa d’amore che da
Dio abbiamo ricevuto. Amen
(Giampaolo Castelletti, domenica 9 agosto 2020. Tutte le
citazioni bibliche, salvo il testo biblico di Marco 12, 32-34, sono tratte dalla
versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione
1994).
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