“Svegliati mio cuore, la notte
è passata, il sole è sorto! Rianima il mio spirito e la mia mente e fammi
stringere il mio Salvatore che oggi, abbattendo la porta della morte e uscendo
dal sepolcro, ha condotto l’intero mondo alla gioia.”
(Lorenz Lorenzen)
La Pasqua è il
contrario del Natale, a Natale ricordiamo la nascita di Gesù per
il motivo che è diventato come noi, un essere in carne e ossa, il giorno di Pasqua
invece, lo ricordiamo per quell’evento che lo fa esplodere al di sopra di noi,
lo fa diverso rispetto a tutti noi…
Vi invito quindi a leggere quello
che Paolo dice nella 1ª lettera ai Corinzi al capitolo 15, versetti
dal 12 al 28, dove si parla di risurrezione, dopo di che vi invito a
leggere il Sermone inerente al testo biblico sopra citato.
1 Corinzi 15 , 12 – 28
Ora, se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai
alcuni tra voi dicono che non c’è risurrezione dai morti? Ma se non vi è
risurrezione dai morti, neppure Cristo è stato risuscitato. E se Cristo non è
stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra
fede. Noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo
testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato il Cristo, il quale egli non ha
risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. Difatti, se i morti non
risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato. E se Cristo non è stato
risuscitato, vana è la vostra fede, e voi siete ancora nei vostri peccati.
Anche quelli che sono morti in Cristo, sono dunque periti. Se abbiamo sperato
in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli
uomini.
Ma ora Cristo è stato
risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per
mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la
risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in
Cristo saranno tutti vivificati, ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia;
poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando
consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto in nulla
ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch’egli regni
finché abbia messo tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico che sarà
distrutto, sarà la morte. Difatti, Dio “ha posto ogni cosa sotto i suoi
piedi”. Ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che
colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. Quando ogni cosa gli
sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che
gli ha sottoposta ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti.
Diciamo subito una cosa: la
risurrezione di Gesù non è affatto un problema, e il fatto che siamo qui oggi a
leggere ne è la prova.
Non ci fa problema, anzitutto
perché è un bellissimo racconto, il lieto fine della storia di un uomo giusto
che sembrava sconfitto una volta per tutte dalle forze del male, e invece
vince, e con lui vince il bene. E se anche avessimo dei dubbi sulla sua
storicità, la risurrezione di Gesù è un bel mito fondatore della nostra
religione, e ai miti non si chiede se siano veri o no, si chiede che ci siano, e
che svolgano il loro ruolo…poi comunque è bello fare Pasqua, è bello per i
bambini e per noi adulti, e dal momento che non può esserci Pasqua senza
risurrezione, ci conviene tenercela, questa antica credenza…
Ma se poi questo mito, questa
venerabile e veneranda tradizione, pretende di toccarci veramente, se pretende
di essere una realtà e anzi, come dicevo prima, la nostra realtà… allora è
un’altra cosa. Allora fa problema. Perché… morire e poi risorgere, cioè
ritornare alla vita con un corpo che è ancora il nostro e che però è anche
diverso (perché la risurrezione è proprio questo “ancora il nostro corpo”, non
è un evento tutto spirituale come l’immortalità o la trasmigrazione delle
anime), vivere una nuova esistenza che nemmeno possiamo immaginare come mai
potrà essere, viverla tutti quanti… tutti gli esseri umani apparsi sulla terra
lungo i milioni d’anni d’esistenza della nostra umanità, e viverla per
l’eternità, cioè in un tempo al di fuori dal tempo, anche questo per noi
inimmaginabile. Chi può davvero crederci?
Noi non siamo più gli uomini e
le donne del passato, imbevuti di miti e di miracoli… Abbiamo una mentalità di
tipo scientifico, e certo la risurrezione è tutto meno che un evento che sia
possibile verificare scientificamente. E allora, per noi, la nostra
risurrezione è un evento irreale… un evento incredibile…
Così alla risurrezione nostra e
dei nostri cari, noi non ci crediamo quasi più. Chi ha a che fare (come è capitato
a me) con persone colpite da un lutto, sa come l’ipotesi di una possibile nuova
vita del proprio caro defunto è oggi talmente nebulosa…e avvolta da incertezze,
da essere di fatto irrilevante.
In una casa in lutto, si parla
della morte, delle sue modalità, delle sofferenze e della fine delle sofferenze,
si ricorda la persona scomparsa, la sua storia, i suoi affetti, la sua fede…
insomma, si parla di tante cose, ma quasi mai della sua risurrezione… Non è che
la si neghi… forse è peggio: non ci si pensa…
L’unico che ne parla è il pastore
o il prete durante il funerale, ma spesso si ha come l’impressione di parlare
di qualcosa di cui si deve parlare in occasione della morte di un cristiano, ma
che non tocca poi tanto chi lo ascolta… qualcosa di scontato in una chiesa, ma
di fatto un enorme punto interrogativo, o poco più…
In fin dei conti è la stranezza
della storia umana, nonostante la nostra modernissima mentalità scientifica, dobbiamo
ritornare al tempo dell’apostolo Paolo.
Anche allora, infatti, molti
membri della chiesa di Corinto credevano alla risurrezione di Gesù, e invece
non credevano alla loro. Dicevano: “Noi siamo già risorti spiritualmente,
perché diventare cristiani ci ha cambiato la vita rispetto al nostro paganesimo
di prima! Ma quanto a una risurrezione corporale dopo la nostra morte… questo
non lo crediamo… Gesù è risorto perché era il Figlio di Dio, e la morte non
poteva tenere avvinto nei suoi lacci un essere divino come lui, ma quanto a
noi…che può farsene mai del nostro corpo di carne, ossa, cartilagini Dio,
il “Purissimo Spirito” per eccellenza,? Quello che conta è solamente
l’anima, la nostra componente spirituale che è il nostro vero io: e sarà
proprio lei, l’anima, che già ora è ci unisce nella fede e nella preghiera al
Signore Risorto, a rimanere per sempre insieme a lui. E poi, tornando al corpo,
è fatto di materia destinata a perire. Come possiamo credere o anche solo
pensare che gli elementi di cui è composto il nostro fisico, quegli elementi
che la morte decompone e disperde nella terra e nell’acqua, e che poi la natura
riutilizza… possano rimettersi insieme e tornare alla vita?”.
Questi erano i pensieri di
tanti cristiani di Corinto. E questi sono i pensieri di tanti di noi.
E cosa dice Paolo
confrontandosi con questi “pensieri” dei nostri antichi padri di Corinto, e con
i nostri ?
Lo rileggiamo: “Se non
c’è la risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato. E se Cristo
non è stato resuscitato, la nostra predicazione è vana, ed è vana anche la
vostra fede”… “o credi che anche tu risorgerai, o tu non sei
cristiano. Essere cristiano è credere che Gesù è risorto. E se è risorto lui,
risorgiamo anche noi, se noi non risorgiamo, nemmeno lui risorge”.
La risurrezione di Cristo non è
un fatto che riguarda solo lui: “la sua è la tua risurrezione! O tutti assieme
a lui, o nessuno! Non c’è via di mezzo!”
E questo ha una sua logica,
sulla quale vorrei provassimo a riflettere.
La risurrezione, l’abbiamo
detto adesso, non è l’immortalità dell’anima. È una realtà “corporale”,
“materiale”: risorgi con un corpo, o non risorgi… e abbiamo già sentito quali
difficoltà questo provocasse a Corinto, e sappiamo che in noi provoca
esattamente le stesse difficoltà.
Ma cos’è un corpo? È soltanto
carne, ossa, sangue, materia cerebrale… o è anche qualcos’altro? Nella Bibbia
non si parla dell’anima: l’essere umano si identifica con la sua corporeità,
ogni uomo e ogni donna è fondamentalmente il proprio corpo.
Ma il corpo non è solo materia.
Il corpo è l’organo… lo strumento... il sistema di comunicazione che rende
possibili le nostre relazioni e perciò la nostra vita, perché la nostra vita è
relazione. Il nostro corpo infatti, e con lui il nostro “io”, non può
sussistere se non è collegato, in maniera vitale, anzitutto al suo ambiente: un
corpo ha bisogno d’aria, d’acqua, di cibo, e poi degli altri viventi: già
all’inizio del nostro stesso esistere, noi nasciamo da altri… dai nostri
genitori… il nostro corpo è un prodotto di altri corpi…
E poi abbiamo bisogno per
vivere, per crescere, per formare noi stessi, per diventare quello che noi
siamo… di essere circondati dagli altri esseri umani.
Sì, noi siamo ciò che siamo,
non solo perché i nostri genitori ci hanno dato la vita, ma anche perché loro e
tante altre persone ci hanno fatto da maestri: ci hanno insegnato a vivere, a
conoscere il mondo, e siamo quel che siamo perché, anche da adulti siamo stati
e siamo tuttora influenzati e plasmati dalle nostre amicizie, dal nostro
ambiente di lavoro, dai libri, dai giornali, dai viaggi, dalla radio, dalla
televisione, da internet, dalla musica…
Insomma, noi siamo quello o
quella che gli altri hanno contribuito a costruire… Siamo il prodotto di una
cultura che non è innata in noi, e che ci viene data, e parliamo una lingua che
altri hanno creato e parlato ben prima di noi e che ci hanno comunicato… e che
è diventata così nostra che senza di lei non potremmo nemmeno formulare i
nostri pensieri, forse nemmeno provare i nostri affetti…
E tutto questo, questa continua
ininterrotta comunicazione… questo reciproco scambio vitale di informazioni …
tutto avviene tramite il corpo, e vale anche il contrario: il nostro corpo vive
in questo scambio. E quando lo scambio cessa, noi moriamo.
Pensate quanto questo sia
strano e quanto sia anche chiaro: quando siamo morti, il nostro corpo materiale
c’è ancora, ma noi non ci siamo più. E perché non ci siamo più?
Di chi muore si dice
giustamente che è mancato. Noi non ci siamo più perché siamo al tempo stesso il
fattore e il prodotto di una continua comunicazione fra noi e gli altri… e
quando questa comunicazione s’interrompe, quando “manca”, siamo noi che
“manchiamo”. La morte è la fine dello scambio, la fine delle comunicazioni che
ci “fanno”… ci mantengono vivi.
Ma allora, se le cose stanno
così, noi capiamo perché Gesù non può essere risorto solo lui! La risurrezione
di un corpo come (abbiamo detto) è un sistema di comunicazione che vive tramite
lo scambio e la comunicazione con altri esseri, per questo, sarebbe un’assurdità
vivere senza alcun altro con cui comunicare! In parole brevi, per vivere la sua
vita corporale di risorto, Gesù ha bisogno di noi, come ha avuto bisogno di altri
esseri umani per vivere sulla terra la sua vita di “figliolo
dell’uomo”!
Davvero…come dicevo prima: o
tutti o nessuno! La risurrezione è una realtà collettiva, che riguarda un
insieme: l’insieme dell’umanità. Davvero, come dice Paolo, Cristo risuscitato
dai morti è la “primizia”. Se lui è veramente risuscitato,
non possiamo non risuscitare anche noi, soprattutto per comunicare per sempre
con lui e fra di noi…
E quando dico “noi” intendo dire “tutti”.
Una caratteristica positiva
della nostra epoca è la consapevolezza molto chiara – molto più chiara che non
nel passato – che l’umanità è “una”.
Questa consapevolezza nasce ed
è alimentata da tante cose che il progresso ci mette a disposizione. Mi vengono
alla mente le foto della terra, per certi aspetti persino toccanti, scattate
dagli astronauti e che si possono vedere in tutte le enciclopedie: ebbene,
mostrano il nostro bel pianeta blu sullo sfondo del nero dello spazio, e viene
veramente da pensare che su questo corpo variamente colorato e luminoso e che
corre nello spazio infinito, abbiamo tutti una sorte comune. Viene da pensare a
una comune fragilità condivisa, e vengono anche alla mente le informazioni che
lo studio del DNA umano sta dando ai genetisti, che dimostrano che tutti gli
esseri umani hanno una stessa origine, fanno parte della stessa famiglia.
Se questa consapevolezza la
applichiamo alla risurrezione, proprio l’unità fondamentale dell’umanità esige
che tutti, tutti, risorgiamo: viviamo insieme e ci salviamo insieme. Noi siamo
troppo legati gli uni agli altri perché anche solo uno possa andare perduto.
Siamo come un’enorme tela multicolore, che non può rinunciare a un solo filo
sotto pena di sfilacciarsi tutta… È difficile immaginare un essere umano che
non abbia mai amato nessuno, o che non sia mai stato amato da nessuno, e
allora, perché nessuno viva la sua risurrezione con il dolore dell’assenza di
chi ama e di chi lo ama, tutti risorgeremo! È la meravigliosa esigenza di
solidarietà della risurrezione, che ci deve già qui sul nostro pianeta blu in
volo nello spazio, portare a vivere in maniera totale proprio la solidarietà.
Perché anche qui la mia
felicità dipende dall’amore degli altri verso me e dal mio amore verso di loro,
e da questo scambio d’amore dipende anche la loro felicità, la felicità di
tutti. Io non posso pensare: “Ho fatto la mia parte nella vita, per me e per i
miei cari, gli altri si arrangino”. Le guerre, le violenze, questo coronavirus
di questi giorni e le ingiustizie che avvelenano e disgregano l’umanità sono le
mie: “ne sono responsabile come tutti gli altri esseri umani…”
La risurrezione di Gesù, ci
assicura che il male non riuscirà a trionfare, e che allora i nostri sforzi per
vivere già adesso la beatitudine della solidarietà, non andranno perduti.
Non a caso, Paolo conclude
questo grande capitolo tutto dedicato alla risurrezione, con
un’esortazione che è anche una grande parola di consolazione: “Perciò,
fratelli miei carissimi, (per il fatto che Cristo è risorto e anche
noi risorgeremo) state saldi, incrollabili, sempre abbondanti
nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1
Cor. 15, 58).
La risurrezione è anche questo:
la garanzia di Dio che nulla di quello che abbiamo fatto andrà perduto;
ritroveremo tutto: ogni sforzo, ogni azione, ogni progetto, ogni carezza e
lacrima…
Ma questo dilatarsi della risurrezione ad
abbracciare tutti gli esseri umani e tutta la realtà, non è l’ultima parola su
di essa. C’è ancora un altro aspetto, importantissimo – cui già abbiamo
accennato – ma che va esplicitato, messo in luce: la risurrezione non riguarda
soltanto l’umanità, ma l’intero creato e tutto l’universo!
Non siamo solo legati fra di
noi, siamo legati anche al nostro mondo, anche alla stella più lontana in
cielo. Quante volte ci siamo incantati a guardare il firmamento…e questo ci ha arricchito
nei pensieri, ha suscitato nuovi sentimenti, ci ha reso più profondi… Ebbene,
anche il “nostro” mondo che ci incanta risorgerà con noi, e questa risurrezione
sarà una “ricreazione”!
Paolo nella sua grande lettera
ai cristiani di Roma, a un certo punto dice: “La
creazione aspetta con impazienza… nella speranza che sarà liberata dalla
schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di
Dio” (cfr Romani 8, 19-21).
Cosa ha dato all’apostolo la
sensibilità per cogliere il sospiro d’attesa e di speranza del creato, se non
la sua esperienza dell’amore di Dio e la sua fede nella risurrezione di Gesù
come caparra e anticipo della risurrezione di ogni cosa? E proprio facendo
fondamento sull’amore di Dio e sulla sua potenza di ridare vita alla vita,
esprime qui la profonda convinzione che se un solo essere umano che ha vissuto
nel mondo… se Gesù è già salvato, anche il mondo lo sarà interamente. Paolo
questo lo crede e per questo egli spera ed ha fiducia: che ciò che è stato
creato da Dio, sarà ricreato da Dio stesso.
Noi viviamo nel mondo creato da
Dio, ne subiamo l’influenza, lo trasformiamo con le nostre mani e la nostra
intelligenza: è veramente il “nostro” mondo, e noi siamo “suoi” e come noi,
neanche esso andrà perduto, ritroveremo tutto: i suoni che hanno avvolto e
stimolato l’anima dei grandi musicisti, i colori e le forme che hanno ispirato
i pittori e gli scultori, le equazioni e le leggi che hanno dato il “la” ai
matematici, gli animali con la loro meravigliosa varietà, la bellezza e
l’immensità delle cose che con la loro presenza hanno arricchito l’anima di
ognuno… tutto sarà ricreato assieme a noi… È la grande promessa che illumina il
finale del libro dell’“Apocalisse; “Poi vidi un nuovo cielo e una nuova
terra… e colui che siede sul trono disse: – Ecco, io faccio nuove tutte le
cose” (cfr Apocalisse 21, 1. 5).
Proprio questa promessa fondata
sull’agire di Dio che rinnova ogni cosa, dev’essere per noi stimolo e
ammonimento a non sciupare, già qui e ora, questo mondo che è destinato al suo
rinnovamento. Non mi soffermo su questo… lo lascio alla vostra considerazione…
Tutti conosciamo i tanti appelli e le tante grida d’allarme su quel che stiamo
facendo al nostro mondo e su come rischiamo di ridurlo in pochi anni… su come
lo stiamo rovinando… su come stiamo trasformando il“sospiro delle
creazione” di cui parlava Paolo in un misero rantolo…
Oggi, Pasqua di risurrezione, dobbiamo dirci
parole di speranza. E la parola di speranza che la fede ci detta è che davvero,
noi avremo “nuova terra” e “nuovo cielo”. E
in questa “nuova terra”, e sotto il “nuovo
cielo”, ci ritroveremo tutti quanti. Saremo “ricreati”. Io sarò
ricreato, e con stupore e gioia scoprirò accanto a me il mio “comitato di
accoglienza”: la cerchia dei parenti e degli amici, dei fratelli e sorelle
nella fede con i quali ho vissuto la mia vita. E nel loro calore, io coglierò
il calore dell’accoglienza di Dio e capirò di far parte della “comunione
dei santi”. E mi vedrò come non mi sono mai visto. Comprenderò quello
che sono stato, vedrò il senso di tutto quel che ho fatto, o non ho fatto. E mi
potrò misericordiosamente giudicare: tanta gente aiutata senza neanche saperlo,
e tanto male fatto senza neppure rendermene conto… Così, su un “fondo scena” di
ringraziamenti e anche di profondi pentimenti, potrò aprirmi al perdono delle
mie sorelle e dei miei fratelli umani…
Entrerò in un processo infinito
di conoscenza e amore. E intuirò che non potrò mai conoscere pienamente Dio, ma
che non mi annoierò mai a passare la mia eternità insieme a Dio e lasciarmi
colmare da lui.
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