Buongiorno a tutte e a tutti voi che state leggendo,
oggi come introduzione, prima dello svolgimento del Sermone, di questa Domenica
delle Palme, lascio che siano le parole scritte, nel lontano 11 marzo 1928, da
un grande uomo che rispondeva al nome di Dietrich Bonhoeffer ad ammaliarci per
introdurci al futuro Sermone tratto da Matteo capitolo 21 i versetti che vanno
da 1 a 11.
“Siamo vicini al Venerdì santo e alla
Pasqua, ai giorni delle azioni strapotenti compiute da
Dio nella storia; delle azioni nelle quali il giudizio di
Dio e la grazia di Dio divennero visibili a tutto il mondo: giudizio in quelle ore, in cui Gesù Cristo, il Signore, pendette dalla croce.
Grazia in quell'ora, in cui la morte fu inghiottita dalla vittoria.
Non gli uomini hanno fatto qui qualcosa, no, soltanto Dio lo ha fatto.
Egli ha percorso la via verso gli uomini con infinito amore. Ha giudicato
ciò che è umano.
E ha donato grazia al di là del merito.”
Grazia in quell'ora, in cui la morte fu inghiottita dalla vittoria.
Non gli uomini hanno fatto qui qualcosa, no, soltanto Dio lo ha fatto.
Egli ha percorso la via verso gli uomini con infinito amore. Ha giudicato
ciò che è umano.
E ha donato grazia al di là del merito.”
Possa il Signore guidarci attraverso il
Suo Santo Spirito affinchè nella Sua Parola possiamo trovare la presenza viva
del Suo Figlio, il Re e il Messia che nella fedeltà a te Signore, si è fatto
carico del nostro peccato per la nostra salvezza e per il rinnovamento della
creazione. Amen
Lettura biblica e svolgimento
Ingresso di Gesù in
Gerusalemme
Matteo 21:1-11
1 Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a
Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, 2 dicendo
loro: «Andate nella borgata che è di fronte a voi; troverete un'asina legata, e
un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. 3 Se
qualcuno vi dice qualcosa, direte che il Signore ne ha bisogno, e subito li
manderà». 4 Questo avvenne affinché si adempisse la
parola del profeta: 5 «Dite alla figlia di Sion: "Ecco
il tuo re viene a te, mansueto e montato sopra un'asina, e un asinello, puledro
d'asina"». 6 I discepoli andarono e fecero come
Gesù aveva loro ordinato; 7 condussero l'asina e il
puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere. 8 La
maggior parte della folla stese i mantelli sulla via; altri tagliavano dei rami
dagli alberi e li stendevano sulla via. 9 Le folle
che precedevano e quelle che seguivano, gridavano: «Osanna al Figlio di
Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei
luoghi altissimi!» 10 Quando Gesù fu entrato in Gerusalemme,
tutta la città fu scossa, e si diceva: «Chi è costui?» 11 E
le folle dicevano: «Questi è Gesù, il profeta che viene da Nazaret di Galilea».
In quel mezzo millennio, il sogno di Zaccaria
(cfr. Za 9:9) era diventato il sogno
“ad occhi aperti” di tutti in Israele: tutti immaginavano, desideravano,
aspettavano la venuta del “re giusto, vittorioso e umile”. E
poiché fra quei “tutti” c’erano anche i discepoli di Gesù, di fronte a quel suo
comando inaspettato e a quel giovane animale che gli viene portato perché vi
monti sopra, essi non possono non concludere che allora, finalmente, Gesù s’è
deciso a mostrarsi per quello che è! L’avevano capito già da tempo, almeno
dalla confessione di Pietro a Cesarea di
Filippo, che Gesù è il “Cristo di Dio”, il
nuovo Re, il Messia che porta a compimento l’antica profezia,
il sogno centenario! Adesso finalmente lo capiranno tutti. Perché entrerà in
Gerusalemme e caccerà i pagani, ed instaurerà il suo regno che non sarà mai
scosso, perché regno di Davide, ma anche regno di Dio.
Ora veniamo
al nostro testo di questa domenica delle Palme.
Gesù, col
gruppo dei discepoli è ormai in prossimità di Gerusalemme, quindi, decide di
entrare nella Città di Davide proprio secondo l’immagine del
“re di sogno” finora mai arrivato (cfr. Za 9:9).
Per
questo, lui che è sempre andato a piedi, dà a due dei suoi discepoli lo strano
incarico di prendere in prestito un “puledro d’asina”, dopodiché
avviene un’esplosione di gioia da parte dei discepoli e della folla, ognuno
contribuisce come può a questo giorno trionfale, c’è chi si toglie il suo
mantello, alcuni dei quali finiscono sull’asino per essere la sella di Gesù e
gli altri sono stesi sulla strada a formare il tappeto per il re!
Alcuni
discepoli fanno da battistrada, altri vengono dietro, e tutti agitano le
frasche che hanno colto dai campi, e cantano a gran voce la gioia che hanno in
cuore: “Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il regno che viene, il regno di Davide, nostro padre! Osanna nei
luoghi altissimi!”.
Gli altri
pellegrini che sono come loro sulla strada, osservano stupiti quel piccolo
corteo che procede festoso tra la marea di gente che sale per la Pasqua, e poi
fanno un sorriso un po’ beffardo, a questo punto potremmo chiederci come mai
alcuni fanno un sorriso “un po’ beffardo?…ebbene, proviamo un attimo a metterci
nei loro panni: vedendo l’asino e udendo le parole dei discepoli, anche loro
hanno ripensato al “re di sogno” del profeta Zaccaria. Ma poi, guardando e
anche odorando loro malgrado quei mantelli su cui siede quel “re”…i poveri
mantelli impolverati, laceri, sudati, che chissà da quanto tempo ricoprivano il
corpo dei discepoli, si sono forse detti: “Questi poveretti gridano ‘Benedetto’… inneggiano
al ‘regno che viene’… Certo però è che…se anche quell’uomo
sull’asinello è un re, come essi dicono, è il re degli straccioni!”.
E davvero – se la guardiamo con un pizzico di distacco – è una
scena che in fondo è un po’ ridicola: Gesù, seduto sul suo somarello preso in
prestito, su quei mantelli sporchi e scoloriti, doveva proprio sembrare “il re
dei poveracci”!
Ma se
alzi i tuoi occhi dai mantelli e arrivi fino a lui, fino al suo volto, allora
il sorriso beffardo ti si spegne in bocca… allora capisci perché quei suoi
discepoli non pensano affatto d’essere ridicoli, inneggiano e gridano felici; bè,
capisci che quel piccolo corteo è davvero “regale”, perché cogli nel viso di
quell’uomo una luce speciale, ed i suoi occhi ti parlano di Dio, del suo potere
e della sua bontà. E anche se non ha né diadema, né scettro, ti dà veramente
l’impressione d’essere più re lui, nella sua povertà, che il Cesare di Roma,
con tutte le sue porpore e i suoi ori. E ti viene di unirti a quelle voci, e di
cantare “Osanna!” (“Dio salva!”), anche te; ti viene di aprire
il cuore alla speranza che…davvero…in quel “re tra gli stracci”, Dio
interverrà a salvare. Rimane però un’altra cosa da dire, lungo tutta la strada percorsa
fino all’arrivo a Gerusalemme, Gesù tace, per questo è detto re “silenzioso”.
Il suo
ingresso è trionfale solo per i discepoli, che nella loro euforia hanno già
cancellato dalla mente le sue parole sulla passione e la croce che l’attendono,
ma non per lui che sceglie di portare a compimento la profezia di Zaccaria e…con
l’entrata in Gerusalemme ha fatto la prima mossa nella partita mortale che gli
sta davanti e sa che ora sta entrando nel cuore del dolore e che va incontro
alla sua fine. Certo…quando tutto sarà compiuto, sarà lui a vincere e sarà
pienamente il “re giusto e vittorioso” desiderato e atteso… ma
sarà una vittoria a caro prezzo: “a prezzo della sua vita!”
Per questo Gesù tace. Per questo non si unisce e nemmeno sconfessa
le acclamazioni di coloro che sono attorno a lui; da un lato essi s’ingannano
aspettandosi da lui l’immediata restaurazione delle fortune di Gerusalemme e
tuttavia, al tempo stesso, non s’ingannano quando affermano e cantano che è il
Messia.
Il suo silenzio, allora, accoglie le speranze e le corregge. È un
silenzio che dice: “Sì, io sono il Messia, e io salverò. Ma non come voi vi aspettate”.
Seduto
su quel mucchio di poveri mantelli, Gesù non è meno sovrano di quanto le parole
dei discepoli suggeriscano, ma il suo “regno che viene” è “altro
da”, ed insieme è “più di” di quanto essi non osino
pensare.
Il senso del nostro essere qui oggi, a leggere
questo sermone, lo troviamo proprio in quella strana e magnetica figura che abbiamo
contemplato in groppa a un somarello: il “re degli straccioni”, che
però è il solo vero re a cui vale la pena di affidare noi stessi, i nostri
sogni e le nostre speranze, per una vita che non sia solamente un sopravvivere…
Rispondendo alla sua Parola, abbiamo confessato la nostra fede in
Dio, quel Dio che per noi è e non può non essere il Dio di Gesù Cristo.
E in questa fede, nei giorni che verranno, vogliamo camminare tutti
insieme, proprio come Zaccaria che sognava di andare incontro
al suo “re del sogno”, proprio come quei discepoli che sulla salita di
Gerusalemme cantavano l’“osanna”… Lo vogliamo fare anche noi questo
canto, “Osanna” (Dio che salva) lo cantiamo come persone che cercano, perché siamo
stati trovati; persone che vogliono amare, perché – sia pure in maniera forse
anche un po’ confusa – sentono che qualcuno da sempre già le ha amate; che
vogliono sperare – nonostante le incertezze, le paure, la mancanza di
prospettive che affliggono il nostro tempo – perché intuiscono che ci deve
essere…ed anzi…c’è un progetto e se c’è un progetto, allora ci deve essere e
c’è un significato per tutte le cose, per tutte e tutti noi e per ciascuno di
noi, che il male, l’ingiustizia, la violenza e la morte non avranno l’ultima
parola sulla nostra esistenza, ma c’è un’altra parola, luminosa e più grande,
che alla fine ci farà comprendere anche quello che oggi sembra assurdo, ebbene,
tutto… il nostro ricercare, amare, sperare… tutto questo è Gesù, lui viene a
noi e ci rende possibile quello che
altrimenti possibile non è: la riconoscenza.
Il grido entusiasta… l’ “osanna” che
la folla ha rivolto a Gesù quando è entrato a Gerusalemme, è stato infatti
anche questo: il miracolo della riconoscenza. Proprio così… “il miracolo della
riconoscenza”, perché, per essere riconoscenti gli esseri umani hanno bisogno
di un prodigio interiore che li renda capaci di contraddire se stessi, la loro
natura.
Non è infatti vero che in noi regna la legge del risentimento verso
chi ci ha fatto del bene? Perché il bene ricevuto ci fa sentire debitori, ed
essere debitori non ci piace, non è vero? E non è forse vero che siamo sempre
pronti all’ironia verso chi è troppo buono?
La riconoscenza umana non è amore: è altro, è l’avvinghiarsi al
beneficio ricevuto, sperando di poterlo conservare o che ci sia dell’altro da
ricevere; sì, la nostra gratitudine non ama il benefattore per quello che è, ma
per ciò che ci ha dato e che ci potrà ancora dare.
Certo! Nel
corteo che grida a Gesù la sua riconoscenza, c’è tanta, troppa riconoscenza
umana: tanti di quelli che gridano “Osanna! Benedetto colui che
viene nel nome del Signore! Benedetto il regno che viene, il regno di Davide,
nostro padre!”, lo fanno perché sperano che colui che
proclamano re, includa anche loro nel Suo Regno per il motivo che, dietro a lui
già vedono spuntare la gloria e la vendetta contro le legioni romane, sognano
ingenti eserciti, un ingente bottino e le flotte di Israele che entrano a vele
spiegate nel mare di Roma…
Però non ci sono solo loro. In quel corteo che avanza piano piano,
c’è Bartimeo figlio di Timeo, il cieco di Gerico appena
risanato da Gesù, ed insieme con lui a gettare i mantelli sulla via e a cantare
l’“osanna”, noi possiamo pensare che ci siano anche tutti gli altri a
cui Gesù ha ridato perdono, salute, dignità, magari ci sono gli indemoniati
liberati in Galilea, il lebbroso risanato e purificato, l’uomo con la mano
paralizzata della sinagoga di Cafarnao, l’emorroissa, la figlia
di Giairo che era morta e ora vive…tutti gli ammalati portati a lui
sui loro giacigli “nei villaggi, nelle città, nelle campagne” (cfr Mc10,
56 ss.), il sordomuto al quale Gesù ha detto “Effatà”, aprendogli
così bocca ed orecchie…il cieco di Betsaida e tanti altri…
Sì, possiamo
pensare che anche loro siano tutti lì e che vivono il miracolo della
riconoscenza, che cantano l’”osanna” perché sono grati a Gesù perché
vogliono bene a lui e sono felici di quel suo bel momento.
E dinanzi al loro canto, forse stonato, perché gli ex muti non
hanno ancora imparato a cantare bene, non importa più tanto che fra sei giorni
gli altri che cantano con loro capovolgano il loro “Benedetto” nel
grido “Crocifiggilo!”…quando Giuda tradirà, Pietro rinnegherà e gli
altri fuggiranno…loro, i beneficati da Gesù, non lo tradiranno e piangeranno la
sua morte di croce…
Uniamoci con loro al corteo di Gesù, anche se forse siamo un po’
“fuori posto”: siamo tutti vestiti troppo bene; non abbiamo mantelli un po’
sudati che ci possiamo togliere e possiamo gettare sulla groppa dell’asino o
per terra…però va bene anche così, Gesù è così buono che ci accetta anche
vestiti bene…
È importante, però, vestiti a parte, il modo in cui ci uniamo al
suo corteo. Unirsi alla piccola folla mentre canta il suo “osanna!” non
è poi così difficile: non è mai troppo difficile far festa, anzi…è spontaneo ed
è bello…però, se tutto quanto è solo “osanna!”, se è soltanto
la gioia delle Palme, domani tutto già sarà finito.
Per
fortuna si canta con la bocca. E non con gli occhi e neanche con le orecchie,
ed allora, mentre cantiamo anche noi il nostro “osanna!”, teniamo
gli occhi fissi su Gesù e con le orecchie ascoltiamo il suo silenzio… lasciamoci
incantare dalla quieta dignità e dalla celata maestà del solo vero re degno di
questo nome…e poi…mettiamoci dalla parte dei “più poveri dei poveri”, di quegli
sventurati che Gesù ha risanato e che ora vivono il miracolo della riconoscenza…
Noi lo possiamo e lo dobbiamo fare: quanti motivi abbiamo di essere grati al
Signore!
Se sarà
così, se ci uniremo a loro, noi come loro non lo tradiremo.
E allora non soltanto questa storia non finirà con il Venerdì
Santo, ma ogni giorno sarà un giorno d’inizio. L’inizio della “seconda
parte del cammino” con Gesù.
Dovremo camminare e camminare stanca e forse qualche volta la
paura avrà la meglio anche sulla nostra riconoscenza ed allora ci fermeremo, o
forse addirittura ci tireremo indietro…scapperemo, come sono scappati i dodici
e tanti altri.
Ma dopo il fallimento e dopo la sconfitta, se l’abbiamo davvero
conosciuto anche soltanto un poco, ritorneremo da Gesù, perché sappiamo che ci
accoglierà. Ci chiederà soltanto, come ha fatto con Pietro: “Di’ un po’:
ma mi vuoi bene?”. E noi diremo “Sì”, e torneremo a
stare assieme a lui e gusteremo ancora la riconoscenza.
E sarà bello ritrovarci insieme, tutti quanti; vedere come il
sogno, sognato da un profeta tanti secoli fa, s’è realizzato oltre ogni
speranza e fa vera la vita… la fa già vera adesso.
E non importa se per molti di noi la vita è ormai un po’ appassita;
insieme con Gesù, insieme fra di noi, la vita è sempre bella, è sempre una
realtà, anche quando le lacrime ci solcano le guance…perché noi siamo amati e
ci possiamo amare, siamo consolati e possiamo consolare, siamo beneficati e
possiamo vivere il miracolo della riconoscenza.
AMEN
Benedizione
Il
Signore ci benedica e ci guardi. Il Signore faccia risplendere su di noi il Suo
volto e ci sia propizio. Alzi il Signore il Suo volto su tutte le creature
umane che soffrono e faticano a causa del COVID-19 e non solo, e possa dargli
sollievo.
Andiamo
in Pace e il Dio della Pace sia con tutti noi. Amen
Nessun commento:
Posta un commento