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24/05/2020

DOMENICA 24 MAGGIO 2020 TESTO E PREDICAZIONE SU GIOVANNI 7, 1-2 . 37-39


Buona domenica a tutte e a tutti, quest’oggi celebriamo la sesta domenica dopo Pasqua, denominata: “EXAUDI” che tradotta dal latino significa “Ascoltare, Prestare ascolto, Esaudire” e derivante dal testo biblico del Salmo 27:7 “O SIGNORE, ascolta la mia voce quando t'invoco; abbi pietà di me, e rispondimi.”

SALUTO DI ACCOGLIENZA
“Sorelle e fratelli, siamo alla presenza di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale ci incontra e ci chiama a servirlo. La Sua presenza ci guida, la Sua Parola ci libera, il Suo amore ci illumina.” Amen

ASCOLTO DELLA PAROLA

PREGHIERA DI ILLUMINAZIONE 
     “Padre, ti lodiamo perché nel Tuo amore ci invii lo Spirito per difenderci e guidarci. Conferma in ciascuno di noi la Tua vocazione. La Parola di Gesù ci conduca nella via che egli ha percorso per noi: il cammino dell’ubbidienza, dell’amore fraterno, della testimonianza resa alla verità. Sciogli i legami che ci vincolano al nostro orgoglio, perché riceviamo la Tua Parola e ubbidiamo al comandamento dell’amore.” Amen.

TESTO BIBLICO  DELLA MEDITAZIONE

GIOVANNI 7, 1-2 . 37-39
1 Dopo queste cose, Gesù se ne andava per la Galilea, non volendo fare altrettanto in Giudea perché i Giudei cercavano di ucciderlo. 2 Or la festa dei Giudei, detta delle Capanne, era vicina . 37 Nell'ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. 38 Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno». 39 Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato.

MEDITAZIONE

Come prima percezione, verrebbe da chiedersi cosa hanno a che fare i versetti 1 e 2 con i successivi versetti da 37 a 39.
Ebbene, per capire meglio il brano sarà utile capire che i primi due versetti servono per introdurci nel contesto della festa delle capanne a cui Gesù partecipò e che ebbe l’epilogo proprio nell’ultimo giorno di questa festa ed è importante soffermarsi sul versetto 37, il quale, letto così può lasciarci spiazzati a causa del fatto che, forse questo versetto rischia di lasciarci un’immagine fine a sé stessa, invece, si riferisce come scritto prima al tempo della “festa delle Capanne” (Sukot in ebraico) che abbiamo letto al versetto 2, soffermiamoci quindi un’istante sulla “festa delle Capanne”; buona parte del Cap.7 del Vangelo di Giovanni è dedicato alla presenza di Gesù a questa “festa”, che troviamo scritto dal versetto 10 in avanti, una festa molto sentita e partecipata dal popolo ebraico,…a motivo che,…questa festa, era una rievocazione storica del tempo in cui Israele era stato nel deserto abitando in tende, ma era anche la festa autunnale con la quale si concludeva il ciclo agricolo dell’anno, subito dopo la raccolta dell’uva e delle olive. Era quindi una festa di gioia e ringraziamento a Dio. (Pasqua – Pentecoste – Capanne).
Dobbiamo sapere che, nelle tradizioni ebraiche, l’acqua aveva un ruolo importante, in quanto era fondamentale per il ciclo agricolo, quindi, durante la festa si ringraziava Dio anche per la pioggia che aveva prodotto il raccolto e si pregava per la pioggia nei mesi successivi. Ad esempio, era usanza che un sacerdote portasse una brocca d’oro con acqua prelevata dalla vasca di Siloe guidando una processione in cui, la popolazione in festa seguiva cantando e ballando fino al tempio, dove il sommo sacerdote la versava sull’altare dentro due vasi d’argento. Questa cerimonia legata all’acqua faceva pensare anche al futuro spargimento dello Spirito Santo che gli Ebrei si aspettavano alla venuta del Messia con l’instaurazione del nuovo patto, ed era caratteristico che i rabbini leggessero e commentassero vari brani con riferimento all’acqua, come Isaia 12:3 “Voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza” oppure Ezechiele 36:25 “v’aspergerò d’acqua pura, e sarete puri”.
Le fonti della salvezza a cui Isaia si riferiva, l’acqua pura di cui essi sarebbero stati aspersi secondo Ezechiele, avrebbero trovato il loro adempimento proprio in Gesù e nello Spirito Santo che Egli avrebbe sparso dopo la sua morte e la sua risurrezione. Egli promise che, dopo la sua ascensione al Padre, avrebbe donato lo Spirito Santo ai suoi discepoli e a tutti coloro che in seguito avrebbero confidato in lui per la loro salvezza. Alla prima Pentecoste dopo la sua risurrezione la promessa si realizzò.
Ma, ritorniamo allo scenario della “festa”, al versetto 37, l’evangelista Giovanni sembra presentarci Gesù salito su qualche sommità, forse, nelle vicinanze del tempio, da dove poteva vedere tutti i passanti ed attrarre ad alta voce la loro attenzione su di sé esclamando: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.”
Uno scenario eccezionale per Giovanni!                                                                         
Infatti, non ci deve sfuggire come Giovanni inserisca queste parole di Gesù proprio in questa occasione e ci dia un’indicazione temporale (nell’ultimo giorno, il giorno più solenne) proprio a sottolineare che il culmine e la realizzazione di quelle attese di salvezza sono in Gesù, Colui dal quale andare per essere veramente dissetati.       Nel giorno più solenne in cui si ricorda e si invoca nuovamente la freschezza dell’acqua che disseta, rinfresca e dona nuove forze, Gesù esclamando Chi ha sete venga a me e beva, attirò l’attenzione su una verità fondamentale: egli era la vera sorgente d’acqua viva a cui gli Israeliti dovevano abbeverarsi.
Non è la prima né l’ultima volta che sentiamo parole simili nello stesso vangelo di Giovanni: chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna” (Giovanni 4:14);      
Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” (Giovanni 6:35). Ma anche in altri episodi biblici. (Matteo 11:28)
Ora che abbiamo inquadrato meglio la scena, diciamo la verità: la situazione è quasi imbarazzante!
Come se la gente radunata a questa festa si chiedesse: “Ma chi è questo? Cosa vuole?” Tutti stanno festeggiando e questo si alza e dice a gran voce: “quella salvezza che state chiedendo a Dio…ecco, sono io!”. Pensate se durante la Festa della Repubblica alla presenza del capo dello Stato Mattarella qualcuno dicesse: “il vero capo dello Stato sono io!”
Non è per nulla una posizione semplice, anzi, è molto provocatoria! Eppure…Giovanni, come un regista, lo mette lì, proprio per comunicare che Gesù è la “fonte” dell’acqua viva, quella vera. E che per riceverla, per dissetarsi, bisogna accostarsi a lui, bisogna credere in lui.
Le parole di Gesù, se proprio vogliamo dirla tutta, non sono solo scioccanti, ma sembrano anche poco chiare. A prima lettura, forse, ci è venuta in mente una immagine: “Gesù-fontana e tutti a bere”, ma da chi sgorgano effettivamente questi fiumi? Da Gesù o da chi crede? Fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno?
Forse volutamente c’è un po’ di ambiguità in questa immagine tra la fonte e i fiumi…tra chi genera l’acqua.
Noi ci possiamo certamente immedesimare negli assetati…ma, secondo le parole di Gesù, siamo anche i “rubinetti” di quell’acqua, ricordiamoci che dopo Pentecoste la responsabilità della missione è in mano alla Chiesa, e che i credenti stessi sono coloro dai quali sgorgano fiumi d’acqua viva. Se siamo chiamati ad accostarci a Lui in preghiera per essere dissetati, siamo anche chiamati ad accostarci gli uni gli altri nel servizio reciproco poiché da noi stessi sgorgheranno fiumi di acqua viva.
Il rapporto Gesù/fonte e credente/fiume ci chiama ad interrogarci sulla nostra azione missionaria di discepoli e discepole.
La fonte a cui andare per essere dissetati è Gesù, ma il fiume sgorga da chi crede. Il credente non è passivo, non si affida solo con fiducia per bere nell’incontro con Dio, ma viene trasformato da quella bevuta. Trasformato, possiamo dirlo senza essere irriverenti, in una specie di idrante!
Perché questa è l’immagine delle parole di Gesù. Un idrante che non riesce a fermarsi e che offre…“quasi senza poterla controllare” …acqua a chi incontra, e questa potrebbe essere una bella domanda da farci: cosa offriamo a chi incontriamo, cosa offriamo a chi sa che noi, con tutte le nostre difficoltà e i nostri dubbi, cerchiamo di bere a quella fontana di salvezza? Offriamo dell’acqua stagnante in tristi bicchieri di plastica oh…qualcosa di più copioso e travolgente?
Allora essere testimoni di ciò che Gesù fa per noi non è un esercizio solo razionale…la nostra passione…la nostra capacità di dare nuova vita sono messi in campo! Il getto d’acqua viva che passa dalle nostre anime deve essere talmente forte, vivo e inarrestabile da contagiare chi ci sta intorno e farlo diventare un getto d’acqua viva anche lui.
Non so voi, ma io ho la sensazione che invece spesso noi agiamo come idraulici improvvisati e chiudiamo o controlliamo quei rubinetti. Ci confondiamo con l’educazione ecologica al risparmio e vogliamo risparmiare l’acqua, contenere quella fuoriuscita di acqua viva perché ai nostri occhi sembra una falla da riparare o una perdita d’acqua esagerata che rischia di sprecarsi, eppure…Gesù usa parole chiare, non parla di cisterne né di pozzi, che pure possono contenere molta acqua ma parla di acqua VIVA! Quest’acqua VIVA non è semplice acqua. Non è solo acqua che disseta per qualche tempo, quindi, questa parola non deve farci pensare sicuramente ad una pozzanghera, ad uno stagno, ma nemmeno ad un bicchiere d’acqua fresca (graditissimo quando sei assetato!), anzi deve farci pensare a delle fontane di montagna con un getto potente, ruscelli che non si esauriscono, fiumi nei quali vivono pesci e altre creature…a degli idranti!
La promessa non è che diventiamo delle fontanelle. Il rapporto non è: Gesù è una fontana e noi siamo le fontanelle, ma...Gesù è una fontana che disseta e noi siamo i fiumi di acqua viva!
Perciò, devono risuonarci in mente, per poi metterle in pratica, le stesse parole di Gesù quando dice: “In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch'egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori” (Giovanni 14:12).
Una promessa quindi per chi crede di non essere all’altezza, per i timidi e le timide, Gesù ci dice: “tu farai cose maggiori di me!”.
Quindi, questo testo forse è anche un monito alla nostra indolenza…ed alla nostra ritualità. Come la processione della festa delle capanne viene spiazzata dalle parole provocatorie di Gesù, anche le nostre abitudini, le nostre ritualità, le cose fatte per inerzia…Gesù le smuove, le provoca, rimescolando le acque stagnanti e annunciano fiumi d’acqua viva.                                                                                                           Il vero senso di questa promessa è che, ogni credente in Cristo riceverà abbondantemente tramite lo Spirito Santo quanto occorre per i suoi bisogni spirituali, e diverrà sorgente di benedizioni per altri, mediante la sua parola, le sue opere e il suo esempio, le grazie vivificanti dello Spirito sgorgheranno come acque di vita per il bene eterno dei suoi simili.
Questa promessa di Gesù si estende anche a noi. Forse anche noi siamo legati a tradizioni religiose ma ci manca un vero rapporto con Dio, per questo Gesù ci invita ad andare a lui per abbeverarci alla vera sorgente, ricevere lo Spirito Santo e cominciare un cammino del quale non ci pentiremo. Egli non vuole che siamo una cisterna d’acqua stagnante, ma una sorgente d’acqua viva che ci trasforma. Al punto che noi stessi, possiamo diventare un idrante incontenibile che annuncia la luce che rischiara, l’amore che perdona, la vittoria della vita.
Amen

BENEDIZIONE  (Hermann Von Bezzel)
“Signore, lasciati trovare da chi Ti cerca. E a tutti coloro che Ti hanno trovato, dona la grazia di cercarti di nuovo”    
Amen

(Giampaolo Castelletti, domenica 24 maggio 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

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