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23/08/2020

23 agosto 2020 12ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

 

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa dodicesima domenica dopo Pentecoste è preso dalla prima lettera di Pietro, lettera la quale è carica di speranza, viva e gioiosa come dice il versetto stesso: “Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili”. (1 Pietro 5:5b)

 

Saluto (M.A. OUAKNIN)

“Ogni grande testo va al di là di sé stesso, il suo poter-dire oltrepassa il suo voler-dire: arrestarsi davanti a ciò che dice il testo significa solo sfiorare la dimensione trascendente che lo impregna e lo esalta. Ogni grande testo è il luogo di una creazione particolare, di un pensiero originale che suscita qualcosa che prima non c’era”  [Tratto da: “La lettura infinita. Introduzione alla meditazione ebraica”, Ecig, Genova, 1988, Pag. 83].


Lode (Salmo 138:1a.2b-8 )

Io ti celebrerò con tutto il mio cuore, e celebrerò il tuo nome per la tua bontà e per la tua fedeltà; poiché tu hai reso grande la tua parola oltre ogni fama. Nel giorno che ho gridato a te, tu mi hai risposto, mi hai accresciuto la forza nell’anima mia. Tutti i re della terra ti celebreranno, SIGNORE,

quando avranno udito le parole della tua bocca, e canteranno le vie del SIGNORE, perché grande è la gloria del SIGNORE.

Sì, eccelso è il SIGNORE, eppure ha riguardo per gli umili, e da lontano conosce il superbo. Se cammino in mezzo alle difficoltà, tu mi ridai la vita;

tu stendi la mano contro l’ira dei miei nemici e la tua destra mi salva.

Il SIGNORE compirà in mio favore l’opera sua; la tua bontà, SIGNORE, dura per sempre; non abbandonare le opere delle tue mani. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore, facci gustare la gioia della tua parola fonte di vita, la quale dovrebbe fare dei nostri cuori uno spazio più sensibile e aperto verso l’accoglienza dell’altro, dacci di cantare la tua gloria, non soltanto con le labbra, ma con tutto il nostro essere. Sia questo il primo frutto della tua parola, della lieta notizia del tuo amore generoso ed esigente, che ha preso il volto, la voce, le mani di Gesù. Amen.

 

Testo biblico

Luca 8:26-39

26 Approdarono così sull'altra riva del lago, nel paese dei Geraseni, di fronte alla Galilea. 27  Mentre Gesù scendeva dalla barca, un uomo della città gli si fece incontro. Il poveretto era da molto tempo posseduto dai demòni. Nudo e senza tetto viveva fra le tombe in un cimitero. 28 Non appena vide Gesù cominciò ad urlare, poi cadde in terra ai suoi piedi, gridando: «Che cosa vuoi da me, Gesù, figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!» 29 Il demonio parlava così, perché Gesù gli aveva già ordinato di uscire da quell'uomo. Questo demonio aveva un tale controllo su di lui, che, perfino quando l'uomo veniva incatenato, egli riusciva sempre a rompere le catene e poi scappava via nel deserto, in balìa della potenza del diavolo. 30 «Come ti chiami?» gli chiese Gesù. «Legione», rispose, perché l'uomo era posseduto da migliaia di loro. 31 E cominciarono a scongiurarlo di non mandarli nell'abisso. 32 Un branco di porci stava pascolando sul pendio del monte vicino. I demoni allora lo pregarono di farli entrare in quegli animali. Gesù acconsentì. 33 Così essi, lasciato l'uomo, entrarono nei porci e immediatamente l'intero branco rotolò dalla montagna, precipitando nel lago sottostante, dove tutti affogarono. 34 Quando i guardiani dei porci videro ciò che era accaduto, corsero a raccontarlo dappertutto, nella città vicina e per le campagne. 35 Ben presto molte persone vennero per vedere coi propri occhi che cos'era successo. Quando giunsero vicino a Gesù, videro l'uomo, poco prima indemoniato, seduto tranquillamente ai suoi piedi, completamente sano e rivestito di tutto punto. E tutti furono presi da gran paura. 36 Allora i testimoni dell'accaduto raccontarono agli altri come l'indemoniato era stato guarito. 37 E tutti gli abitanti della regione pregarono Gesù di andarsene e di lasciarli in pace, perché un vero terrore si era impossessato di loro. Perciò Gesù risalì in barca e partì, attraversando di nuovo il lago per raggiungere l'altra riva. 38 L'uomo che era stato liberato dai demòni lo aveva pregato di prenderlo con sé, ma Gesù non aveva voluto. 39 «Torna dai tuoi», gli aveva detto, «e racconta loro il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per te».
Così l'uomo era andato per la città, raccontando a tutti ciò che aveva fatto per lui Gesù.

Esposizione del brano biblico

 

Nei versetti antecedenti a questo brano, Gesù è in barca coi discepoli e durante la traversata, una tempesta di vento agitò le acque, tanto che, i discepoli, per paura di affondare, chiedono l’aiuto di Gesù che stava dormendo sul guanciale a poppa della barca in balia di onde altissime, Gesù svegliatosi sgridò il vento e i flutti cosicchè tutto si calmò e la barca poté proseguire il suo navigare fino alla riva dove vi era il paese di Geraseni, paese considerato impuro dagli ebrei e questo versetto: “Approdarono così sull'altra riva del lago, nel paese dei Geraseni, di fronte alla Galilea” da l’inizio alla nostra meditazione di oggi.

Ma…Mentre Gesù scendeva dalla barca si scatena una nuova tempesta, forse anche peggiore della prima: un uomo della città gli si fece incontro. Il poveretto era da molto tempo posseduto dai demòni. Nudo e senza tetto viveva fra le tombe in un cimitero”. Un uomo che è davvero non più un uomo, ma una vera “bufera” fatta di carne: perfino quando l'uomo veniva incatenato, egli riusciva sempre a rompere le catene e poi scappava via nel deserto, in balìa della potenza del diavolo

Un essere umano che non è neanche più pienamente “umano”, perché non è più lui che si possiede, decide cosa fare e dove andare, ma è “posseduto da uno spirito immondo” che lo ha ridotto così…Luca in effetti lo descrive quasi come se fosse una belva, infatti, frantuma le catene, e uno così sappiamo che non si può domare.

E subisce un duplice tormento: quello dello spirito maligno che ha fatto in lui la sua dimora, e quella degli uomini che, impauriti e resi anch’essi feroci dalla sua ferocia, cercano di incatenarlo…

Quel povero uomo-belva va incontro a Gesù…ma stavolta l’uomo-belva non attacca: da leone si fa volpe. Gioca la carta dell’umiltà e del rispetto più totali, arriva addirittura ad umiliarsi ai piedi di Gesù, giocando anche un’altra carta…quella per lui decisiva: sa bene chi è Gesù, e cerca di ingraziarselo, dicendogli: Che cosa vuoi da me, Gesù, figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!”. Ma Gesù ha capito molto bene con chi ha a che fare, e soprattutto vuole dividere una volta per sempre quella tragica unione, formata dalla mescolanza fra un uomo e uno spirito maligno, così, comanda “allo spirito immondo di uscire da quell’uomo” perché Gesù ha pietà di lui e vuole liberarlo dal suo lungo tormento… E lo spirito, usando ancora una volta il corpo e la bocca del suo posseduto, cerca addirittura di servirsi del nome di Dio per bloccare l’azione di Gesù: Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmipossiamo dire che Gesù è alle prese con un avversario dalle mille e mille facce…

Ma Gesù neanche fa caso a questo “Figlio del Dio Altissimo” invocato invano, così come non l’ha spaventato l’incontro con l’uomo-belva, né l’ha impressionato il fatto che conosce chi è, tanto che, Gesù parla allo spirito, che ormai in questo confronto ha preso definitivamente il sopravvento sulla sua povera vittima, e gli chiede il suo nome…in maniera che manifesti la propria identità. Ed ecco la risposta impressionante e al tempo stesso non priva di ironia verso quei romani che dominavano tutto e tutti, sia Israele e la Decapoli: “Legione”.

“Legione” è l’ultima furbizia del demonio, per il motivo che, una legione romana…infatti…era composta da seimila fanti e centoventi cavalieri. Ed era la massima forza militare del mondo antico, perché questa “entità multipla”, dai più di seimila volti e corpi umani, sapeva agire e muoversi come fosse un solo uomo. Così, lo spirito immondo, presentandosi anche lui come multiplo ed unico, e con un’aurea di invincibilità, pensa di impressionare Gesù. Ma ancora una volta, il diavolo dimostra di “saper fare le pentole e non i coperchi”, perché…proprio volendo mascherarsi con la sua “astuta” risposta, in realtà manifesta la sua vera natura, il suo potere malefico…

Gesù non fa una mossa, e a questo punto lo spirito capisce di aver perso la partita ed organizza la sua ritirata. Negozia col vincitore la sua resa. Vuole restare dove sinora ha imperversato, spaventando, ferendo, impressionando tutte e tutti, e se deve lasciare la sua dimora umana, ha bisogno di altri corpi nei paraggi.

E trova dove chiedere di andare: Un branco di porci stava pascolando sul pendio del monte vicino”, ed ecco che ora entrano in gioco i maiali, e questo non fa altro che accrescere il senso di confusione e di disgusto che già domina quella storia. Non sapessimo che siamo in territorio straniero, per un ebreo in una terra impura, lo capiremo adesso: in Israele “grandi branchi di porci” non ne trovavi davvero! È scritto nella legge di Mosè: “anche il porco, che ha l’unghia spartita ma non rumina, lo considererete impuro. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro corpi morti” (Deuteronomio 14, 8). Ecco allora che lo spirito immondo vuole andare in un animale anch’esso immondo…

La richiesta di “Legione” è pericolosa: Gesù non può consentire che egli, o meglio, “loro”, perché ormai qui domina il plurale…non può consentire che migliaia di demoni se ne vadano errando nel corpo dei maiali finché non trovino un altro pover’uomo o un’altra povera donna, di cui prenderne il possesso. Gesù, però, dà retta alla loro domanda degli spiriti impuri e: acconsentì”. (non a caso all’inizio parlavamo di “tempesta”…)

Gesù, lo permette perché sa bene quello che accadrà: l’agitazione tempestosa dei demoni della Legione si trasferisce infatti nei corpi e nelle gambe di quei poveri maiali: entrarono nei porci e immediatamente l'intero branco rotolò dalla montagna, precipitando nel lago sottostante, dove tutti affogarono.”… Lo spirito immondo che voleva “prendersi gioco” di Gesù, alla fine “è stato giocato”, lui: ha dovuto lasciare “quel paese” a cui teneva, per le profondità del lago…

Ma la storia non finisce con quei poveri maiali e quei poveri spiriti nel lago. Il clima di agitazione che caratterizza questa pagina, facendone la ripresa in terra ferma della tempesta placata da Gesù durante la traversata del lago, non s’arresta, e anzi riprende con coloro che custodivano i maiali che, sbigottiti e certo anche preoccupati per l’enorme perdita economica subita, sono fuggiti via e si sono precipitati a portare la notizia dell’accaduto nella città vicina e per le campagne…e Ben presto molte persone vennero per vedere coi propri occhi che cos'era successo certo tra loro di sicuro vi erano i proprietari dei maiali perduti, dei curiosi, forse anche dei parenti dell’ex posseduto e…Quando giunsero vicino a Gesù, videro l'uomo, poco prima indemoniato, seduto tranquillamente ai suoi piedi, completamente sano e rivestito di tutto punto. E tutti furono presi da gran paura.

Avete visto quanto movimento?… e in mezzo a tutto questo movimento, due punti fermi: Gesù e accanto a lui “l’indemoniato” che non è più indemoniato ma è calmo e sta seduto perfettamente in sé…

E però né la sua vista né quella di Gesù bastano a placare questo clima tempestoso; in quella gente accorsa sulla riva del lago, il sentimento dominante è la paura…vennero…videro…e s’impaurirono, nemmeno il racconto di quello che è successo da parte di chi ha visto l’accaduto vale a placare la loro paura. Perché colui che a loro fa paura, ed è una paura ancora più grande di quella che faceva l’uomo-belva, è ancora lì, tra loro. Finché non se ne andrà…la paura resterà.

Così pregarono Gesù di andarsene e di lasciarli in pace, perché un vero terrore si era impossessato di loroLa loro in fondo…è la medesima richiesta del demonio Legione: “Che c’è fra noi è te, uomo dai poteri spaventosi? Ti scongiuriamo, nel nome del tuo Dio: non tormentarci!”.

Sì, Gesù fa loro paura! L’indemoniato adesso non c’è più, è un uomo calmo e a posto, ma quello straniero così scomodo, capace di provocare simili sconquassi e anche simili danni come duemila maiali distrutti… può essere anche peggio dell’indemoniato: con quali catene lo si potrà legare? Meglio che se ne vada, che torni al suo paese…

E Gesù se ne va. Colui che ha combattuto e sconfitto la “legione”, non si oppone alla loro richiesta e si avvia a salire sulla barca per tornarsene indietro, “all’altra riva”, la riva di Israele. E tutti tirano un sospiro di sollievo.

O meglio, quasi tutti, solo uno si muove, si avvicina a Gesù, gli rivolge anche lui una richiesta: L'uomo che era stato liberato dai demòni lo aveva pregato di prenderlo con sé, ma Gesù non aveva voluto.

Questa volta però…la preghiera…la sola di tutte quelle di questo racconto che noi possiamo condividere…non è accolta. O meglio, è indirizzata da Gesù verso altre strade, quelle che d’ora in poi, l’ex posseduto dovrà percorrere, le strade di “casa sua” raccontando ai “suoi” e a tutti il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per lui. Sì, questo adesso sarà il compito dell’uomo che è ritornato pienamente uomo, perché quando Gesù vede che qualcuno prende sul serio l’incontro con lui, allora gli comunica la sua esigenza che gli trasforma la vita e le dà un senso: d’ora in poi dovrà essere un suo apostolo, il primo apostolo in territorio pagano ben prima di Paolo.

Ma così…anche questo va detto…Gesù riesce ad aggirare la richiesta dei pagani impauriti di lasciare la loro terra: certo, egli risale sulla barca e lascia la Decapoli, ma non la lascia completamente vuota della sua presenza: le lascia il suo inviato, la cui testimonianza non susciterà più paura, ed invece susciterà meraviglia: Così l'uomo era andato per la città, raccontando a tutti ciò che aveva fatto per lui Gesù.Ancora agitazione, ancora una tempesta che ti scuote dalle tue sicurezze, ma stavolta spalanca un orizzonte nuovo e inatteso…ti fa stupire e ti fa anche pensare che la tua vita può essere diversa…che c’è Qualcuno che te la può cambiare…

È così anche per noi…sorelle e fratelli?

O invece noi, diversamente dai discepoli in barca, dal posseduto e dal demonio “legione”, dai cittadini e dai contadini della Decapoli, abbiamo appreso l’arte dell’indifferenza davanti al Signore?

Molti di noi ascoltano quasi da una vita…nella Bibbia e nel Culto, l’annuncio del Regno di Dio…delle “grandi cose che Gesù ha fatto per noi”. Lo stesso annuncio proclamato dall’“uomo che era stato indemoniato”, che suscitava “in tutti meraviglia”…chi di noi si meraviglia più oggigiorno.

Chi tra di noi vive l’esperienza che ogni volta che, l’evangelo è predicato, è posto davanti alla decisione inevitabile di prenderlo sul serio? Dove sono fra noi i cristiani tranquilli e pacifici che vedono incrinarsi la loro “buona coscienza” e si rendono conto che forse col Signore la buona coscienza non serve poi a molto e che invece servono il ravvedimento e l’ubbidienza? Dove sono i peccatori turbati e insieme illuminati e consolati dall’annuncio dell’infinita misericordia del Dio di Gesù il Cristo?

Da noi tutto è tranquillo…tutto scontato…troppo tranquillo e troppo scontato! Da quanto tempo abbiamo dimenticato che l’incontro con Gesù è sempre un rischio, perché vi è sempre il rischio di essere sconvolti, terremotati nel nostro quieto vivere che della fede e della partecipazione alla vita della chiesa ne abbiamo fatto un’abitudine che ci dà tranquillità e ci fa sentire a posto?

Non dobbiamo e non possiamo confondere l’ascoltare l’evangelo, l’esserne messi sottosopra, con il semplice tendere l’orecchio che non impegna, non si concretizza mai nella decisione vera della fede che ti cambia la vita, come l’ha cambiata ai discepoli e all’uomo posseduto dallo spirito immondo…né dobbiamo confondere l’impatto devastante dell’incontro con Gesù con un entusiasmo momentaneo, con un’emozione, magari con un apprezzamento verso il contenuto e la forma del sermone…e nemmeno lo dobbiamo confondere con quel vago senso di benessere, di appagamento spirituale che alle volte proviamo andando in chiesa, senza saper farlo uscire da una certa incertezza…che poi non basta neanche semplicemente venire in chiesa.

Vi può essere una presenza fisica che non corrisponde a una presenza esistenziale; vi possono essere persone per le quali venire al Culto ogni domenica o non venirci per anni…non cambia poi molto…perché vengono…vengono…e nulla si muove…nulla si agita in loro…Lutero una volta ha detto: “Quando viene la Parola di Dio, ogni volta che è predicata, essa vuole mutare e rinnovare il mondo…contro questa febbre non giova nessun farmaco, questa guerra è del nostro Signore Iddio che l’ha destata”.

Dov’è allora…la nostra febbre? Dove sono i nostri occhi luccicanti? Dove sono in noi, allora, quel timore e quella domanda come quella dei discepoli: “Chi è dunque costui? …” (cfr. Lu 8:25b), che ci fanno dimenticare tutto…chi ha predicato e come ha predicato…se il Culto era ben curato oppure no…se è durato troppo o troppo poco…se pioveva o c’era il sole…perché noi al Culto abbiamo incontrato lui e solo lui, Gesù, e abbiamo udito la sua parola, e la sua presenza ci ha sconvolto?…

Proviamo a immaginare di incontrare oggigiorno l’ex indemoniato del racconto di oggi. Cosa ci direbbe della sua esperienza?

Forse questo: “Il demonio, “Legione”, mi aveva afferrato coi suoi artigli, e tutti mi chiamavano «la bestia». La mia vita non era più una vita, ma un’infinita sofferenza. I miei compaesani e i miei stessi parenti mi legavano con le catene, ma quelli non erano un problema: li spezzavo… Il problema erano i legami ben più forti con cui mi possedeva e devastava lo spirito immondo…e così sono stato esiliato fra le tombe: un reietto, separato da tutti…Ma io stesso volevo stare solo…ero proprio una belva solitaria, solo monti e sepolcri…una specie di zombi, pericoloso per tutti, micidiale per me stesso…poi…poi è arrivato lui…su quella barca…l’ho incontrato, ed allora ho sentito la paura di “Legione”, ho udito il comando che gli ha dato: “spirito immondo”, esci “da quell’uomo… Era da tanto che nessuno mi chiamava più: “uomo”… e “Legione” se ne è dovuto andare via, e così ho ritrovato me stesso, e l’ho visto entrare nei maiali e precipitare nel lago…e ho visto anche i guardiani correre via impauriti. E poi è arrivata gente…tanta gente da ogni dove, con le facce sconvolte e preoccupate…ed io stavo lì, seduto, ritornato dal mondo dei morti, sorridente e tranquillo, ma non mi hanno nemmeno quasi visto. Pensavano ai maiali, al grande danno che avevano subito, e hanno chiesto a Gesù di andare via…e Gesù è risalito sulla barca. Sono corso da lui, perché desideravo andare via con lui…rimanere con lui…ma Gesù ha rifiutato…e ho capito che dovevo ubbidire, fare la sua volontà…e così sono diventato un profeta, il profeta del “Figlio del Dio altissimo”, a casa mia, fra i miei…perché io credo in lui…sì, io credo e dico: “Grazie Signore!”.

Anche per noi c’è ogni volta una barca che arriva…Gesù che scende e viene fino a noi…ci incontra e ci parla…

Che cosa ho fatto io…che cosa hai fatto tu…che cosa ne facciamo dell’incontro con lui?

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Dio nostro e Padre nostro, in Cristo ci accetti e ci doni pienezza di esistenza. Ti preghiamo per chi non si accetta: per chi ha coscienza della propria miseria, ma non della tua pazienza generosa e del tuo amore. Ti preghiamo per coloro, giovani, adulti o anziani, che avvertono forse in modo angoscioso il non senso dell’esistenza, e non hanno ancora trovato in te…senso e speranza della vita, per loro e per il mondo. Ti preghiamo per tutte e tutti noi, perché non facciamo un uso distorto della tua grazia e non ripieghiamo su una visione troppo placida e pigra della vita, ma ci sia dato di ritrovare sempre in te il senso primo e ultimo, lieto e forte, della nostra esistenza quotidiana. Te lo chiediamo, con fiducia filiale, nel nome del Signore Gesù, che ci ha insegnato a dirti: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO  (Luca 8: 39a)

Torna dai tuoi e racconta loro il prodigio meraviglioso che Dio ha fatto per te”.

 

BENEDIZIONE (Galati 1, 3 – 5)   

Dio Padre e il Signore nostro, Gesù Cristo, vi diano pace e grazia. Gesù Cristo è morto per i nostri peccati, proprio come aveva programmato Dio, nostro Padre, e ci ha strappati da questo mondo corrotto in cui viviamo. Sia gloria a Dio per sempre. Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 23 agosto 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo il testo biblico di Luca 8, 26-39 e Galati 1, 3-5, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).

21/08/2020

Ma i criminali digitali ce l’hanno un cuore?

 Newsletter di Riforma  

Un attacco informatico può creare danni enormi di carattere economico, minare l’incolumità delle persone e la nostra stessa dignità 

Ho visto un imprenditore piangere. È stata una brutta sensazione. Aveva parecchi problemi relativi alle vendite, al personale, al pagamento degli stipendi, e poi ha incontrato un ransomware. Un malware informatico ha cifrato, bloccandoli, tutti i sistemi informativi della sua piccola azienda. Un’azienda che oggi non esiste più, perché Franco, nome fittizio dell’imprenditore, ha deciso di chiuderla: non avrebbe potuto sostenere i costi di ripristino dei sistemi informatici, e non poteva ricominciare senza i suoi disegni Cad delle macchine automatiche che produceva. Inoltre, non avrebbe piu saputo a chi vendere e fatturare senza il suo amato ERP, reso inutilizzabile dall’attacco.

Mentre mi raccontava di quanta fatica e sacrifici aveva dedicato a quella sua piccola azienda, piangeva. La voce spezzata, mentre a stento tratteneva le lacrime, raccontava dei suoi quindici lavoratori e di come avrebbe fatto a comunicargli questo dramma comune. Franco si dava la colpa di non aver posto la giusta attenzione ai suoi computer:  “Non so nemmeno come si pronuncia il termine ‘Cybersecurity’”. “A Daniele hanno appena concesso un mutuo prima casa, perché hanno considerato la mia azienda solida”, ripeteva con tono affranto - “Luca ha la moglie in cassa integrazione, mentre Andrea sta per diventare padre, sono dei bravi ragazzi che hanno avuto fiducia in me. Franco ha 54 anni e faticherà a trovare un nuovo posto di lavoro”.

Al netto della differenza di età tra Franco e me, mi sono perfettamente immedesimato nella sua situazione e mentre pensavo a come poterlo aiutare mi è venuta una domanda che non riesco a togliermi dalla mente. Esiste una dignità umana nel digitale?

Per l’enciclopedia Treccani la dignità umana è definibile come una “Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso”.

In altre parole è il rispetto che l’uomo ha verso sé stesso in quanto consapevole del suo valore innato. È grazie all’uomo che esiste l’attuale societa, è grazie all’opera umana che esistono le città, i grandi magazzini, le automobili, gli ospedali, la scienza, l’arte. Grazie all’uomo esiste l’uomo stesso. L’uomo ha bisogno dell’uomo per vivere e per questo possiede un valore innato che va rispettato e tutelato.

Ma nel mondo digitale, il valore dell’uomo qual è? Gioca forse un ruolo importante come nel mondo fisico? è grazie all’uomo che il digitale esiste ma oggi tale ambiente sembra sempre vivere di vita propria, senza necessità di essere alimentato dall’uomo.

Un mondo di macchine 

Oggetti che comunicano direttamente senza essere ascoltati da nessun essere umano, sistemi intelligenti che decidono in autonomia senza la necessità di essere supervisionati ed attuatori che proiettano decisioni digitali nel mondo naturale: è evidente che il “valore innato” dell’uomo nello spazio artificiale perde di caratura man mano che ci addentriamo nell’era del digitale.

Ecco perché è difficile definire una dignità nel digitale ed ancora piu complesso comprendere come poterla tutelare. Se definissimo la dignità umana nel digitale seguendo pedissequamente la definizione letterale attribuita al mondo fisico, naturale, rischieremo di incorrere ad una definizione debole e discutibile. Perderebbe  tutta la solennità ed inviolabilità di cui gode nel mondo fisico. Ma allora che cos’è la dignità umana nel digitale? Ma soprattutto come possiamo tutelarla per evitare che un uomo perda la sua dignita?

Nel caso di Franco la dignità umana (il suo rispetto) toltagli da un agente digitale ha causato una reazione uguale a quella causata da un elemento fisico. Se la chiusura della sua azienda fosse stata causata da un incendio colposo la reazione di Franco sarebbe stata molto simile se non uguale a quella causata da un malware, violandone la dignità. Perché?

Mettiamoci per un attimo i panni dell’hacker Hive (l’ipotetico avversario) e cerchiamo di comprendere come lui si possa sentirsi a compiere tali azioni, forse non capiremo il peso specifico dell’effetto (che ha ripercussioni su Franco) ma potremmo comprendere quale peso abbia la causa (generata da Hive). Prima di tutto va considerato che attacchi di tipo ransomware in organizzazioni non strategiche e/o d’interesse nazionale non sono tipicamente attribuibili ad attacchi mirati e/o organizzati da nazioni ostili. In questi casi Hive non è un soldato addestrato  ma  è un criminale. 

Un tipico criminale del web è spesso una persona,magari molto giovane, padrone della tecnologia e con buone capacità informatiche. E non ha legami storici con la criminalità del mondo fisico (è estremamente raro trovare tra i criminali  informatici criminali “fisici”). In altre parole o sei un “criminale da strada”o sei un “criminale del web” (perdonate le semplificazioni). La domanda che ci potremmo porre è: ma Hive avrebbe privato Franco della sua dignità se fossimo stati nel mondo fisico? Avrebbe appiccato il fuoco all’interno dell'azienda di Franco? Per la mia esperienza, direi di no.

Ho dedicato grande parte della mia vita nel capire come contrastare criminali informatici e come difendere le organizzazioni nello spazio digitale. In questi anni ho notato numerose evoluzioni nel panorama cyber-criminale che hanno evidenziato differenti profili nati da numerose, spesso fantasiose, motivazioni che spingono un essere umano a divenire criminale compiendo azioni illecite. Tuttavia frequentemente si può notare che tali criminali non sono consapevoli delle reali conseguenze che le loro azioni possono causare, e la mia personale risposta, contestualizzata in questo scenario di attacco opportunistico è che non lo avrebbe fatto. Allora perché Hive ha usurpato la dignità di Franco nel digitale ma non lo farebbe nel mondo fisico? Ecco che si manifesta una differenza di peso, una discrepanza sull’importanza della percezione della dignità per chi compie l’evento criminale. Perché agli occhi di Hive la dignità digitale ha meno importanza, ha meno peso rispetto a quella fisica. 

Da un lato una violenta dissipazione di fiducia impera nel digitale,    quasi come a sottolineare che la vittima si senta al sicuro perché protetta dalle mura del proprio ufficio, non comprendendo che un semplice documento Excel potrebbe cambiare la sua vita e quella dei suoi colleghi. Dall’altro lato è anche necessario operare, comunicare ed agire direttamente sui criminali informatici, che spesso sottovalutano le loro stesse azioni.

Un nuova strada da esplorare potrebbe essere quella di aumentare la percezione di quello che comporta togliere la dignità digitale di un essere umano. Dobbiamo adoperarci per aumentare la consapevolezza degli attaccanti e contestualmente diminuire la fiducia delle vittime, mostrando loro che proteggersi fisicamente non comporta un minor rischio di attacco.

Una buona percentuale di criminali lo diventano per gioco, a seguito di una prova, un test, un semplice invio di email andato a buon fine, una transazione in criptovaluta, non hanno motivazioni profonde. Questo tipo di criminale non attaccherebbe il mondo digitale se avesse ben chiaro che la sua azione potrebbe nuocere alla dignità di una o più persone.

In questo contesto nasce la proposta di comunicare anche verso i criminali, che leggono i giornali tanto quanto i cittadini ordinari, sperando di fargli arrivare il messaggio che minare la dignità umana nel digitale significa togliere dignità all’uomo. Significa cancellare un elemento vitale dell’esistenza, privarsi di una possibilità e minare indirettamente la loro stessa vita.

di Marco Ramilli

16/08/2020

16 Agosto 2020 - 11^ Domenica dopo Pentecoste - 10^ dopo la Trinità

 

Accoglienza

Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, il versetto che accompagna questa undicesima domenica dopo Pentecoste è preso dal Salmo 33 versetto 12 che dice: “Beata la nazione il cui Dio è il Signore; beato il popolo ch’egli ha scelto per sua eredità.”.

 

Saluto (Preghiera ebraica)

La scrittura e l’amore sono di Colui che vive in eterno. Il governo e la sovranità sono di Colui che vive in eterno. Il consiglio e la forza sono di Colui che vive in eterno. Il giudizio e la benedizione sono di Colui che vive in eterno. Amen.

Lode (Salmo 8)

“O DIO, Signore nostro, quant'è magnifico il tuo nome in tutta la terra! Tu hai posto la tua maestà nei cieli. Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto una forza, a causa dei tuoi nemici, per ridurre al silenzio l'avversario e il vendicatore. Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura? Eppure tu l'hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l'hai coronato di gloria e d'onore. Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani, hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi: pecore e buoi tutti quanti e anche le bestie selvatiche della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quel che percorre i sentieri dei mari. O DIO, Signore nostro, quant'è magnifico il tuo nome in tutta la terra!”. Amen.

 

Ascolto della parola di dio

Preghiera di illuminazione

Signore eccoci in silenzio davanti a te, per trovare nella lettura e nella

meditazione della tua parola una luce per il nostro cammino. Le nostre

vite sono schiave, nostro malgrado, dei mille impegni di lavoro e

di famiglia, schiave delle convenzioni sociali e delle nostre ambizioni.

Ma noi vogliamo essere capaci di riconoscere ancora chi è il vero

padrone delle nostre vite, vogliamo porci alla lettura della tua Parola

per ricevere una guida sicura. Fa’ che possiamo leggere con attenzione

e che il tuo messaggio provochi in noi un cambiamento reale e

fruttuoso.  Amen.

 

Testo biblico

Matteo 22,  34 – 40

 

34 I farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono; 35 e uno di loro, dottore della legge, gli domandò, per metterlo alla prova: 36 «Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» 37 Gesù gli disse: «"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". 38 Questo è il grande e il primo comandamento. 39 Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". 40 Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».

 

Esposizione del brano biblico

 

Le risposte che diede Gesù a questo dottore della legge potremmo definirle come: “il sogno di Dio per Israele e per tutta l’umanità”, cioè, il suo progetto di una comunità umana in cui sia davvero possibile vivere la libertà di amare lui con amore filiale e di potersi amare gli uni gli altri con amore fraterno, ciascuno libero dal timore dell’altro, così da essere fiduciosi nell’altro affidandosi a lui, perché io so che il mio fratello e la mia sorella non attentano alla mia vita, ai miei sentimenti, ai miei beni, e anzi mi “onorano”, tanto che, hanno per me del riguardo, attenzione, affetto e stima, così come io per loro… e tutto questo nasce dal riconoscimento dell’amore concreto e fattivo di Dio per me e per tutti noi… quel riconoscimento che si fa riconoscenza: “io sono amato e così posso amare gratuitamente e nella libertà… e sono felice di amare e di essere amato nell’amore di Dio…”
Davvero allora vivere i due comandamenti ribaditi da Gesù al dottore della legge che fanno parte delle “dieci parole di Dio”, vuole dire in maniera essenziale “amare”.
E se non fosse già sufficiente il nostro cuore a farcelo intuire, oggi, questo brano, ce l’ha ricordato con chiarezza e con forza molto grandi, colui nel quale il sogno di Dio s’è realizzato… ce l’ha ricordato Gesù.
Ma…lo dobbiamo dire subito…non ce l’ha ricordato solo lui, ma anche quello “scriba” che, nel testo del vangelo di Matteo che abbiamo letto, è un degno rappresentante di Israele, ed abbiamo letto come questo colloquio è nato: lo scriba ha assistito ai dibattiti fra Gesù e coloro che volevano “metterlo alla prova”. Ed è rimasto via via più ammirato dalla tranquilla forza con cui Gesù ha di volta in volta rigettato i tentativi dei suoi avversari di “coglierlo in fallo” e ha smascherato la loro falsità. E quando più nessuno osa fargli domande, gliene fa una lui, è il tipo di domanda che veniva rivolta ad un Rabbi da chi voleva conoscere il cuore, cioè, la quintessenza del suo pensiero e della sua impostazione di fede: “Cosa è per te davvero importante nella legge di Dio?”. È questo, infatti, il senso della richiesta dello scriba a Gesù…“Qual è, nella legge, il gran comandamento?”…questa è la domanda che darà il via al loro dialogo.

E Gesù non gli dà risposte strane… particolari… eccentriche… gli risponde citando la preghiera dello Shema’, quell’”Ascolta, Israele” di Deuteronomio 6 che ogni ebreo devoto ripeteva la mattina e la sera, come la benedizione che apriva e chiudeva la giornata.
E così, innanzi tutto, afferma, in piena concordanza con la sua ebraicità, l’unicità di Dio.
Ed insieme anche afferma che il rapporto con l’unico Signore di Israele è un rapporto d’amore. Un amore totale ed esclusivo. L’abbiamo letto: Gesù ripete allo scriba quello che del resto lo scriba sa già molto bene: che Dio vuole da te che tu lo ami “con tutto il tuo cuore, e con tutta l’anima tua, e con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua”. Si, se vuoi amare il Signore lo devi amare con tutto te stesso: l’amore vero ama una cosa sola… richiede la totalità del cuore e della mente, l’integrità di tutta la persona.

Ma questo amore che Dio esige per sé, così integrale da sembrare che non lasci spazio a nessun altro amore, invece vuole altri amori, e così diventa poi per te impulso, spinta, forza ad amare gli altri.
Ecco perché, come secondo grande comandamento accanto al primo, ed in pratica quasi fuso con lui a formare una sola realtà, Gesù cita allo scriba un altro testo anch’esso molto noto, Levitico 19: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”.

Qui non si tratta di solo sentimento, né tanto meno di sentimentalismo. Una cosa che è chiara ed evidente, per Israele come per Gesù, è che l’amore per Dio e per il prossimo non può essere soltanto questione di “parole né di lingua”, ma dev’essere concreto, vissuto “con i fatti e nella verità” (cfr. 1 Giovanni 3, 18). Non a caso, nel testo del Levitico, il comandamento dell’amore del prossimo è circondato da una serie di esempi su come amare “coi fatti” chi ci è accanto; valga per tutti la bellissima norma della spigolatura: “Quando mieterete la raccolta della vostra terra, non mieterai fino all’ultimo angolo il tuo campo, e non raccoglierai ciò che resta da spigolare della tua raccolta; nella tua vigna non coglierai i grappoli rimasti, né raccoglierai gli acini caduti; li lascerai per il povero e per lo straniero. Io sono il Signore vostro Dio” (Levitico 19, 9-10)

Ma nelle citazioni di Gesù in risposta allo scriba non c’è soltanto l’amore verso Dio e quello verso il prossimo. C’è un terzo tipo di amore, la cui presenza spesso non cogliamo, e che pure è importante. È l’amore verso “se stessi”: “Ama il tuo prossimo”...così...infatti...dice il libro del Levitico…“come te stesso”. Per amare correttamente il mio prossimo, devo prima amare correttamente me stesso.
Dicevo che noi…spesso…non cogliamo la presenza di questo terzo tipo di amore. Forse anche perché una lunga tradizione ecclesiastica ci ha insegnato a non coglierlo…ad esempio, c’è Calvino (e debbo dire che la cosa non sorprende…) che afferma chiaramente che qui non si tratta affatto di una parola che ci invita ad amarci: l’amore di sé non può mai essere giusto o positivo, e soprattutto, “noi ci amiamo sin troppo” per accordare altro spazio all’amore di noi stessi. Ma non solo Calvino. Anche il grande teologo riformato del Novecento Karl Barth sostiene a proposito della norma del Levitico, che “mai Dio penserebbe di soffiare su questo fuoco, che già divampa a sufficienza”.
Forse però è vero che non sta a noi e, pur con tutto il rispetto, nemmeno a Karl Barth, stabilire ciò che Dio “penserebbe” o “non penserebbe”…
Per dire la verità, con tutto il rispetto per questi grandi nomi, a me invece sembra proprio che noi dobbiamo prendere sul serio questa parola che ci chiama ad “amare il prossimo come noi stessi”, non fosse altro perché quest’amore di noi stessi è la condizione ed è il modello necessario e indispensabile dell’amore per gli altri.
Innanzi tutto, è la condizione: se non ti vuoi almeno un po’ di bene, se non ti accetti così come sei fatto, non puoi nemmeno pensare di volere bene e di accettare gli altri…. è una realtà psicologica fondamentale…
E poi, l’amore di noi stessi è anche un modello: noi cioè dobbiamo amare gli altri nel medesimo modo in cui amiamo noi stessi quando sappiamo amarci: dobbiamo cioè essere tolleranti nei loro confronti, trovare tempo per loro, e nutrire per loro interesse e simpatia… desiderare profondamente il bene degli altri come lo desideriamo per noi stessi. Alla fin fine poi, si tratta di vivere la cosiddetta “regola d’oro” del sermone sul monte: “Tutte le cose che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro; perché questa è la legge e i profeti” (Matteo 7, 12).

Ecco allora: amore di Dio, amore del prossimo, e un giusto amore di sé stessi come condizione e modello dell’amore per gli altri. Questo è il contenuto dei due “grandi comandamenti” che Gesù cita allo scriba rispondendo alla sua domanda su quello che per lui è essenziale nel rapporto con Dio nella vita di fede.
Cosa facciamo noi, sorelle e fratelli?
Seguiamo Gesù o...come probabilmente ha fatto quello scriba...ci limitiamo ad ascoltarlo perché parla bene e ci piace sentirlo, ma poi tutto rimane, appunto, al livello di un gradevole ascolto e, al massimo, di una bella esperienza spirituale, senza però che questo cambi la nostra esistenza?

Sebbene in questi ultimi tempi siamo tutti diventati più modesti riguardo alla nostra centralità su questa terra, e più disposti (a volte anche forse esagerando) a riconoscere i diritti degli animali, dell’ambiente e del resto del creato, è però vero che...almeno in Occidente...siamo sempre di più i grandi referenti di noi stessi… sempre più al centro della nostra stessa attenzione.
Anche noi che ci definiamo e che siamo credenti, non esitiamo ad usare la Bibbia, e sovente Dio stesso, come mezzi per la nostra realizzazione… strumenti per raggiungere quel benessere psichico che desideriamo o per realizzare quei fini morali che, per una varietà di motivi, riteniamo essere buoni.
In questa atmosfera così autoreferenziale, le parole del nostro testo di Matteo 22 sono come uno squillo di tromba, ci esortano ad un’altra visione delle cose: Dio, e assolutamente solo Dio, al primo posto, poi...in lui...noi stessi e il nostro prossimo. In altre parole: l’amore di Dio con tutto noi stessi e l’amore per il prossimo come per noi stessi… la vera vita e la vera fede… tutto consiste in questa verità.

In questa prospettiva, capite bene che la nostra fede non può più essere solo questione di ritagli di tempo e di riti cui prender parte ogni tanto per farmi stare meglio con me stesso… l’evangelo non è la New Age… né io posso più essere il centro del mio vivere.
Questo breve testo, insomma, è una grande sfida lanciata contro i fondamenti stessi della nostra cultura occidentale che, appunto, mette l’essere umano al centro dell’universo.
Una sfida trascinante, non solo perché è stata Gesù a lanciarla: abbiamo visto come, ogni elemento della sfida lanciata o, meglio, “ripresa” da Gesù – fosse in realtà già presente nelle Scritture di Israele… questa sfida è semmai trascinante, perché Gesù l’ha messa in pratica.
In tutto il vangelo di Matteo, Gesù ci è presentato come colui che davvero “ama Dio con tutto se stesso”, e “ama il suo prossimo”...tutti noi...“come se stesso”.
Ma allora, la risposta alla grande domanda: “Che cos’è veramente l’amore?”, va cercata e trovata nella storia di Gesù così come i vangeli la raccontano. Sapendo che è una storia molto dura: è amore che si traduce in atti concreti: e l’amore si fa fragile, si espone… l’amore quand’è vero si fa dono di sé…
Questa sfida ci turba, perché nessuno di noi è all’altezza del criterio d’amore di Israele e di Gesù: “Amare Dio con tutto noi stessi” e “Amare il prossimo come noi stessi” è una visione della vita troppo elevata per noi, alla quale non sappiamo fare fronte. Soprattutto se Gesù e la sua croce fossero un esempio di come dovremmo amare… ci resterebbe solo la rinuncia e la disperazione… Guai a fare della passione un’esigenza morale!
Se però noi vediamo nella croce di Gesù il meraviglioso dono che Dio ci ha fatto… se il senso della storia che va dal Getsemani al Golgota è per noi quello, che è ribadito in 1° Giovanni 4, 7-10 e che il versetto 9 sintetizza così “In questo si è manifestato l’amore di Dio, che Dio ha mandato il suo unico Figlio nel mondo affinché vivessimo per mezzo di lui”, e a noi sta allora, non imitare colui che è inimitabile, ma credere che Gesù è veramente il nostro salvatore e lodare Dio per questo, allora possiamo sopportare di udire, e anzi le ascoltiamo con gioia, le sue parole sul “grande comandamento”…

E tuttavia la croce, lungi dal cancellare il comandamento dell’amore, lo rafforza, perché...la Bibbia ce lo dice nel Cantico dei cantici: “l’amore chiama amore”.
E come risponderemo… come già rispondiamo a Uno che per amore ha dato per noi la sua vita ?

L’indicazione per la risposta giusta la conosciamo già, Gesù e quello scriba sconosciuto oggi ce l’hanno ricordata una volta di più: “Il Signore, nostro Dio, è l’unico Signore: Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua; e Ama il tuo prossimo come te stesso. Non c’è nessun altro comandamento maggiore di questi”.
Vedete che stupenda catena d’amore? Dio che ci ha amati al punto da aver messo al mondo ognuno di noi come un suo desiderio e un suo progetto, tiene poi tanto a noi da chiederci di amarlo al di sopra di ogni cosa… e proprio l’esperienza che facciamo d’essere i partner dell’amore di Dio… proprio questo ci dice che noi siamo importanti… che non possiamo in alcun modo disprezzarci né svilirci… che ci dobbiamo amare ed apprezzare… noi stessi e tutti gli altri…
Davvero in Dio che “è amore” (cfr. 1 Giovanni 4,8), tutto è amore.

Oggi è la domenica dove abbiamo avvalorato che, l’amore per Dio e l’amore per il prossimo ci richiede di essere gioiosi.                                                 Alla luce di quanto abbiamo letto, lo possiamo davvero!
Per questa gioia, per il sorriso che ci è stato donato, ringraziamo sempre il Signore.

AMEN

 

 

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Signore, tu che vedi e leggi nei nostri cuori, fa’ che la tua azione possa rivelarsi potente nelle nostre vite e nelle vite di quanti ti presentiamo. Lascia che brilli nella vita di ognuno la luce della tua speranza. Fa’ che ognuno di noi possa vivere nella serenità che giunge dalla consapevolezza del tuo amore. Agisci in questo nostro mondo perché si affermi pienamente la tua volontà e la tua libertà. Te lo chiediamo nel nome di Gesù Cristo che ci ha insegnato a dirti: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.” Amen

 

INVIO  (Marco 12, 32 – 34)

Maestro, hai detto proprio il vero: c'è soltanto un Dio e nessun altro! E io so che è di gran lunga più importante amarlo con tutto il mio cuore, con tutta la mia mente e con tutta la mia forza, ed amare gli altri come me stesso, piuttosto che offrire ogni sorta di sacrifici sull'altare del tempio!”
Constatando quanto avesse capito quell'uomo, Gesù gli disse: “Tu non sei lontano dal Regno di Dio”.

 

BENEDIZIONE   

Andiamo in pace, figlie e figli di Dio, forti della certezza che Dio ci invia

e che lui stesso cammina davanti a noi. Andiamo per condividere con

altri la gioia e la potenza che ci giunge dalla promessa d’amore che da

Dio abbiamo ricevuto. Amen

 

(Giampaolo Castelletti, domenica 9 agosto 2020. Tutte le citazioni bibliche, salvo il testo biblico di Marco 12, 32-34, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).