Buon giorno e buona domenica a tutte e tutti, ci stiamo
avvicinando alla Pasqua e questa di oggi è l’ultima domenica della Passione
prima della Domenica delle Palme, questa domenica è denominata “Judica” il cui
significato è preso dal Salmo 43 versetto 1 che dice così: “Fammi giustizia, o
Dio, difendi la mia causa contro gente malvagia; liberami dall’uomo falso e
malvagio”. Per questa domenica ho
pensato anche su consiglio del lezionario di far dono a tutte e tutti voi del
testo biblico e del Sermone tratto da Matteo capitolo 20 i versetti che vanno
dal 17 al 28, auguro a tutte e tutti voi una buona lettura con l’augurio che
tutto questo possa entrarci nei nostri cuori per confermarci in ogni opera buona e in ogni
buona parola.
Matteo
20, 17 – 28
17 Poi Gesù, mentre saliva verso
Gerusalemme, prese da parte i dodici; e strada facendo, disse loro: 18 «Ecco,
noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà dato nelle mani dei capi
dei sacerdoti e degli scribi; essi lo condanneranno a morte 19 e
lo consegneranno ai pagani perché sia schernito, flagellato e crocifisso; e il
terzo giorno risusciterà». 20 Allora la madre dei figli di Zebedeo si avvicinò a
Gesù con i suoi figli, prostrandosi per fargli una richiesta. 21 Ed egli le domandò: «Che vuoi?» Ella gli disse: «Di'
che questi miei due figli siedano l'uno alla tua destra e l'altro alla tua
sinistra, nel tuo regno». 22 Gesù rispose: «Voi non sapete quello che chiedete.
Potete voi bere il calice che io sto per bere?» Essi gli dissero: «Sì, lo
possiamo». 23 Egli
disse loro: «Voi certo berrete il mio calice; ma quanto al sedersi alla mia
destra e alla mia sinistra, non sta a me concederlo, ma sarà dato a quelli per
cui è stato preparato dal Padre mio». 24 I dieci, udito ciò, furono indignati contro i due
fratelli. 25 Ma
Gesù, chiamatili a sé, disse: «Voi sapete che i prìncipi delle nazioni le
signoreggiano e che i grandi le sottomettono al loro dominio. 26 Ma non è così tra di voi: anzi, chiunque vorrà essere
grande tra di voi, sarà vostro servitore; 27 e chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro
servo; 28 appunto
come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per
dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti».
Questo…sarà l’ultimo viaggio di Gesù verso
Gerusalemme insieme ai discepoli.
Altre due volte Gesù ha parlato ai suoi
discepoli di quello che l’attende: “la cattura, l’esplosione dell’odio, le
percosse, gli oltraggi e la morte sulla croce”. L’ha fatto per far sì che la
tempesta di violenza e di sangue che sta per scatenarsi su di lui e perciò di
conseguenza anche su coloro che sono i suoi seguaci, non abbia a scoraggiarli
totalmente, e soprattutto l’ha fatto per il motivo che, quando ogni cosa si
sarà compiuta, capiscano che lui, Gesù, non è stato la vittima di un fallimento
irreparabile, ma che tutto quello che sta per avvenire sarà il frutto della sua
obbedienza alla volontà del Padre; sarà, per così dire, lo sbocco conclusivo
del progetto divino per la salvezza d’Israele e del mondo, e che “i
capi dei sacerdoti e gli scribi” i quali metteranno le mani su di lui,
saranno gli strumenti inconsapevoli di quel progetto che Dio porterà avanti ben
al di là e al di sopra di ogni malvagità e ribellione umana, e, anzi, proprio
servendosi di esse.
Ma proprio perché qui c’è Dio in azione, la morte che Gesù dovrà
subire non pronuncerà la parola “fine” sulla sua storia. Ecco il perché di
quella strana e straordinaria aggiunta che egli ha fatto seguire alla parola
sulla sua uccisione: “il terzo giorno
risusciterà”
Siccome nella nostra esistenza terrena di creature, l’ultima
parola è sempre invece quella della morte, i discepoli non riescono a
comprendere cosa mai voglia dire quell’aggiunta, non afferrano il senso di
quello strano verbo “risusciterà”. E poiché quello che non
comprendi tendi ad accantonarlo, i discepoli s’arrestano nei loro pensieri alla
cattura, ai dolori, alla morte che attendono il maestro. Non vanno oltre. E
l’angoscia ricolma il loro cuore e chiude le loro bocche: non riescono a domandare
spiegazioni, né su quello che non hanno capito, né su quello che invece hanno
capito forse anche troppo bene: “Temevano” – così Marco ci
descrive i discepoli dopo il secondo annuncio di passione – “d’interrogarlo”
(Mc 9, 32).
Certo, c’è qui un’enorme differenza tra l’impressione di forza e
di coraggio che viene a noi dalla visione di Gesù che va incontro
alla sua croce, e di quelli che lo seguono in preda allo sgomento.
Però, vorrei difendere quei poveri discepoli impauriti. E li vorrei difendere
proprio perché, nonostante i presagi di morte e nonostante il loro turbamento,
sono ancora “discepoli”: continuano a seguire Gesù. Non lo
abbandonano, né lo lasciano solo nel suo “salire verso Gerusalemme”. Verrà
poi per loro il momento in cui la paura prenderà il sopravvento e allora,
nel Getsemani, fuggiranno via tutti e lasceranno solo Gesù:
lui e i suoi aguzzini. E sarà la passione.
Qui però…ancora “reggono”; per il motivo che, l’amore nei
confronti di Gesù vince la loro angoscia. E vanno avanti.
Perciò, non disprezziamoli, come ogni volta siamo tentati di fare
davanti a queste pagine. Proviamo invece a chiederci. “Noi, al posto loro, come
ci saremmo comportati? Saremmo andati avanti, o piuttosto avremmo rinunciato a
seguire Gesù sulla sua via?”.
Davvero…domandiamocelo…e forse
apprezzeremo quei discepoli, pur nella loro paura, ma in qualche modo anche
coraggiosi.
Gesù, lui, li ha apprezzati. Ha accolto come un
dono quel loro andare avanti assieme a lui, pur col cuore in tumulto. Ed ancora
una volta, s’è chinato su loro, ed ha tentato di mettere in loro quel coraggio
che avrebbero voluto avere, e invece non avevano: “Prese di nuovo da
parte i dodici, e cominciò a dir loro: “Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio
dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo
condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, i quali lo scherniranno,
gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e l’uccideranno, ma (è lo
straordinario “ma” che introduce ancora una volta l’annuncio della
sconfitta della morte) dopo tre giorni egli risusciterà”.
E stavolta, qualcuno afferra il senso di speranza e vittoria di
quel “risusciterà”. Lo fa in maniera goffa, un poco comprendendo e
un poco no; e…in maniera sbagliata, lasciandosi coinvolgere in un gioco di
potere, ma comunque lo fa…e questi sono i due “figli di Zebedeo”, che
insieme alla loro madre s’avvicinano a Gesù, e la madre chiede: “Di' che questi
miei due figli siedano l'uno alla tua destra e l'altro alla tua sinistra, nel
tuo regno”.
Ho detto: “un poco comprendendo e un poco no”. Perché, se ”Giacomo
e Giovanni” hanno giustamente intuito che la via di Gesù è una via di
vittoria, questa intuizione li porta ad ignorare tutto ciò che precede il “tre
giorni dopo risusciterà”. Per loro, adesso tutto è solo “gloria”! E
a questa gloria vogliono aver parte al massimo livello: direttamente al fianco
di Gesù!
“Voi non sapete quello che chiedete”, è l’amara risposta di Gesù. Sì, come Pietro, di fronte al primo
annunzio della passione, s’era messo a rimproverare Gesù, meritandosi
l’appellativo “Satana”, perché anche lui sognava solo gloria,
così qui i due fratelli deludono Gesù. Vedete? Pietro, Giacomo, Giovanni. I tre
“prediletti” del Signore, quelli che aveva voluto accanto a sé sul monte della
Trasfigurazione… anche loro fraintendono il Maestro, perché amano il trionfo, la
vittoria, la gloria… perché amano il successo, come tutti…
Ma il successo è qualcosa che ti abbaglia. Così, malgrado il duro
rimprovero di Gesù a Pietro; malgrado il suo continuo insegnamento a rinunciare
a se stessi e prendere la croce; malgrado i suoi rimproveri ogni volta che i
discepoli si sono messi a disputare su chi tra loro fosse il più grande;
malgrado il suo triplice annunzio di passione e di morte, Giacomo e Giovanni
fantasticano sulla sua e sulla loro gloria prossima ventura, e tramano per
ottenere posizioni di privilegio.
A questo punto, Gesù non li rimprovera nemmeno…a cosa servirebbe?
...cerca piuttosto di orientare il loro attaccamento a lui, verso la verità.
Ecco il senso della sua strana domanda: “Potete voi bere il calice che
io sto per bere?”, che significa:
“Per giungere alla gloria a cui voi due pensate, è necessario che io beva il
calice della mia passione e che sia immerso nella morte. Siete voi in grado di
condividere con me questo percorso?”.
E alla risposta subito positiva – ma forse non riflessa – dei due
impetuosi “figli di Zebedeo”, Gesù ricorda loro che la via di
dolore e di gloria che li attende, non è quella di chi cerca il successo “a
tutti i costi”. La via di Gesù non è il percorso di chi cova ambizioni per sé
stesso, ma è, dall’inizio alla fine, sottomissione alla volontà di Dio.
Giacomo e Giovanni potranno un giorno
percorrere questa strada solo perché sarà loro concesso dalla grazia divina di
dimenticare se stessi per vivere e morire nell’obbedienza a Dio. Senza cercare
posti privilegiati o seggi da occupare, per questo Gesù disse loro: “Voi
certo berrete il mio calice; ma quanto al sedersi alla mia destra e alla mia sinistra,
non sta a me concederlo, ma sarà dato a quelli per cui è stato preparato dal
Padre mio”.
“Quelli per i cui è stato
preparato dal Padre mio”, ebbene, coloro a cui Dio darà
di sedere alla destra e alla sinistra di Gesù saranno i due ladroni che saranno
appesi al patibolo accanto a lui sul Golgota. Proprio così: Gesù
diverrà re, ma il suo trono sarà la croce e la sua corona sarà di “rami
spinosi di acanto”. E chi vorrà trovarsi accanto a lui, dovrà anch’egli
stare appeso a una croce. Perché Dio agisce così, “chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore; e
chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo”, come vedete, le sue
vie sono diverse dalle nostre vie!
Ma con Gesù sulla via per Gerusalemme non c’erano soltanto Giacomo
e Giovanni. C’erano anche gli altri dieci discepoli. E la domanda dei due
fratelli non è passata inosservata. E accade quello che non può non
accadere: “I dieci, udito ciò, furono indignati contro i due
fratelli”.
Certo, questa indignazione può dare l’impressione di una giusta
reazione contro le ambizioni dei figli di Zebedeo, ma noi ormai li conosciamo
bene tutti quanti, quei dodici discepoli, e abbiamo più di un motivo per
sospettare che la loro giusta collera, in realtà nasca dall’ambizione di chi
vorrebbe per sé i due posti privilegiati desiderati dai fratelli.
E quel che Gesù fa, subito dopo,
ci fa pensare che il nostro sospetto sia giustificato: “Voi sapete che
i prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i grandi le sottomettono al
loro dominio. Ma non è così tra di voi: anzi, chiunque vorrà essere grande tra
di voi, sarà vostro servitore; e chiunque tra di voi vorrà essere primo,
sarà vostro servo; appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per
essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto
per molti” … Con queste parole,
Gesù vuol dire a loro: “Da tanto tempo ormai siete con
me. Sapete che ‘gli uccelli del cielo hanno i loro nidi, le volpi le loro
tane, ma io non ho dove poggiare il capo’; che ho voluto essere “il
povero tra i poveri”, ma non vi siete accordati alla mia musica. Voi danzate
ancora secondo le melodie del mondo, vi lasciate ammaliare dal canto delle
sirene del potere. ‘Ma non è così tra di voi!’. Tra di voi, i miei
discepoli, non può essere così! Il mio stile di vita non è questo e non può
essere neanche il vostro, sotto pena di non essere più miei: “Chiunque vorrà
essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà
essere primo, sarà servo di tutti. Poiché (è l’affermazione che chiude
in modo splendido il racconto) anche il Figlio dell’uomo non è venuto
per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di
riscatto per molti”.
Davvero una grande
affermazione. Che ci dice chi è Gesù per noi: è il nostro redentore, che ha
pagato “il riscatto” per la nostra libertà. E l’ha fatto a
caro prezzo: a prezzo della vita! Ed il solo motivo per cui ha dato la vita è
il suo amore per noi.
Nella Prima lettera di Giovanni, tutto questo, e
le sue conseguenze per noi, sono meravigliosamente esplicitati: “Da
questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi. Anche noi
dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli … Carissimi, se Dio ci ha tanto
amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1 Gv 3, 16. 4, 11). Noi
non possiamo, come Gesù, redimere né gli altri né noi stessi, ma se davvero
vogliamo seguirlo, se vogliamo essere davvero i suoi discepoli, siamo chiamati
a dare la nostra vita per gli altri, come ha fatto lui.
Ho citato la Prima lettera di Giovanni, la cui lettera, molti
studiosi affermano che non è stata scritta dal fratello di Giacomo, ma da un
altro Giovanni, invece…mi piacerebbe pensare…oggi…che l’autore di
queste parole sia proprio lui, Giovanni…figlio di Zebedeo. Perché
vorrebbe dire che ha compreso la grande lezione di Gesù. E soprattutto, perché
vorrebbe dire che, come lui è cresciuto e cambiato alla scuola del Maestro,
come anche noi possiamo crescere nella comprensione del Signore, cambiare idee
e cambiare stile di vita!
Detto questo vorrei porvi due
attente valutazioni.
La prima riguarda il discorso sempre
difficile del potere. Un discorso particolarmente difficile per noi cristiani
che leggiamo queste righe, perché ci verrebbe comodo, e, in questi tempi di un “Atteggiamento critico e ostile nei confronti di privilegi di ogni
natura”, anche facile metterci a criticare un po’
tutti i potenti, dagli uomini politici non solo così privilegiati ma per giunta
così spesso anche corrotti, ai supermanager dagli stipendi e
dalle pensioni d’oro, ai big della finanza con le loro
speculazioni milionarie e chi più ne ha più ne metta… E però c’è il
piccolo particolare che qui Gesù non sta parlando a loro né di loro. Gesù sa
che, da sempre, chi è riuscito ad arrivare ad una posizione comunque di dominio
se la tiene ben stretta e la sfrutta finché può… sa che le cose sono andate, vanno
e andranno così, perché questo è il gioco del potere. L’abbiamo
ascoltato: “Voi sapete che quelli che son reputati principi delle
nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro
dominio”. Il mondo funziona così, e c’è soltanto da prenderne atto.
Ma, ed è questo che interessa a Gesù (e allora ci accorgiamo di
come questo discorso ci tocchi direttamente), se il mondo funziona così, così
non può funzionare la sua chiesa: “Ma non è così tra di voi (non “non
può essere così”, né “non deve essere così”, e
neanche “non sarà così tra di voi”… qui c’è un presente
davvero impressionante, che elimina ogni possibile scappatoia o rinvio della
cosa: “tra voi non è così”! E “anzi” –
continua Gesù – chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore;
e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo, sarà servo di tutti”.
Nella chiesa non può esserci ambizione, né
protagonismo, né ricerca dei primi posti… non c’è nessuno che possa pensare di
essere necessario ed insostituibile, perché l’unico che è davvero
insostituibile ce lo dice parlando di sé stesso Gesù: “Il Figlio
dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua
vita come prezzo di riscatto per molti”.
Gesù è venuto a servire veramente, non a
esercitare e a prolungare il suo potere con la scusa del servizio. Quando il
progetto di Dio per lui è arrivato al compimento ed è venuta la sua ora, “ha
dato la sua vita”, e anche dopo la sua risurrezione ha incontrato i
suoi discepoli per rinforzarli e donar loro lo spirito d’amore e di sapienza
necessario per renderli i suoi apostoli, dopo di che è ritornato al Padre affidando
a loro la cura della chiesa…questo è il motivo per cui gli apostoli, andavano,
predicavano, fondavano una chiesa e poi andavano altrove per annunciare
altrove l’evangelo. Sempre in viaggio… sempre in servizio e al servizio… mai
amministratori né gerarchi… ed anche noi dobbiamo stare attenti a non fare del
nostro servizio nella comunità, di qualsiasi tipo sia, una ipocrisia che
mascheri la detenzione di un potere…
L’ultima valutazione.
Per noi oggi, cadere nella tentazione di
deplorare i suoi primi discepoli è una cosa che dovremmo evitare, perché – come
ho già detto prima – hanno almeno avuto il coraggio di continuare ad andare
dietro a lui nonostante siano stati tanto perspicaci da capire che stava per
accadere qualcosa di terribile.
Ebbene, troppo spesso invece, l’evangelo che noi oggi annunciamo
lo viviamo e lo presentiamo come privo del benché minimo rischio. Troppo spesso
viviamo il nostro essere cristiani come una tranquilla condizione di
rispettabilità ed invece come ci è stato detto a chiare lettere oggi, seguire Gesù, è qualcosa che, solo se intuisci che vuol dire, ti fa
tremare e ti turba nel profondo, ed è tutto meno che una modalità di
realizzarti come essere umano stimato e di successo. Perché seguire le orme di
Gesù deve essere “abnegazione”, cioè “negazione di se stesso in favore degli
altri” o “nobile martirio”…in quanto…c’è una parola, nell’annuncio che Gesù ha
fatto ai suoi discepoli che riguarda quello che lo attende, su cui noi spesso
non ci soffermiamo, perché forse è la più spiacevole e più scomoda: “Noi
saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei
sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai
pagani, i quali lo scherniranno”.
Il cammino che Gesù deve percorrere,
presuppone anche lo “scherno.
Per questo voglio ricordare quello che si
diceva dei primi valdesi.
“Nudi, seguono un Cristo
nudo”.
E
non a caso, questa frase così bella, è stata scritta da un canonico mentre li
stava deridendo per la loro impreparazione teologica: “Vogliono predicare,
insegnare agli altri, e sono dei veri e propri asini!”.
Gesù
non è stato rispettato e non possiamo esserlo neanche noi. Ricordiamo
quell’altra sua parola: “Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno
bene di voi!”. Non è una condizione estrema o un paradosso, ma è – o
dovrebbe essere – la nostra normale condizione di seguaci di Gesù.
Di fronte a tutto questo, cosa dire? La reazione più spontanea è
quella che già non pochi dei suoi hanno avuto al tempo del Signore. È scritto
nel vangelo di Giovanni che “molti dei suoi discepoli,
dopo aver udito, dissero: “Questo parlare è duro; chi lo può ascoltare?”. E
poi l’evangelista nota: “Da allora molti si tirarono indietro e non
andarono più con lui”.
Sì, è davvero “duro” ascoltare Gesù quando dice
certe cose… è difficile… e pressoché impossibile… Ma è così. Giovanni, poi, va avanti e ci dice che “Gesù
disse ai dodici: – Forse volete andarvene anche voi?” e che “Simon
Pietro gli rispose: – Signore, da chi andremmo? Tu hai parole di vita eterna, e
noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Parole dure, impossibili… ma le
parole del “Santo di Dio” che “è venuto per servire e
per dare la vita come prezzo di riscatto per molti”. Noi abbiamo
ricevuto la grazia di “credere e conoscere” Gesù. Ci dia il
Signore di superare le nostre paure e i nostri turbamenti, e di perseverare
dietro a lui sulla via che sale a Gerusalemme: sarà schernito, gli sputeranno
addosso, lo flagelleranno e l’uccideranno, ma dopo tre giorni egli
risusciterà”, e noi, un giorno, risorgeremo assieme a lui.
AMEN
Signore, donaci di vivere la nostra fede
come una Tua chiamata personale, per seguirti sui sentieri che Tu ci vorrai
mostrare, giorno dopo giorno, facci sentire la Tua presenza nel difficile
cammino della vita, affinchè non ci scoraggiamo mai, soprattutto in questi
giorni difficili sii vicino a tutti i malati che si trovano a casa o negli
ospedali e vicino a tutti coloro che li curano affinchè possano trovare
sollievo. Amen