Firma Ecumenica italiana. Siamo di fronte al primo documento mondiale siglato in questi giorni fra la Chiesa cattolica e un’Unione battista sul tema matrimonio; ora bisogna farlo funzionare.
di Domenico Tomasetto
Martedì 30 giugno il card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e la pastora Anna Maffei, presidente dell’Ucebi, hanno firmato il Documento comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni fra cattolici e battisti in Italia. Per accordi intervenuti, il documento è entrato in vigore lo stesso giorno della firma, avendo ricevuto la recognitio vaticana prima dell’approvazione in Assemblea generale della Cei. Così è giunto a termine un processo pieno di risvolti che vanno apprezzati.
La volontà di arrivare a questo documento inizia al momento della firma del parallelo documento con la Tavola valdese nel 1996: fu chiesto al card. Ruini, allora presidente della Cei se, in base ai rapporti di reciproco riconoscimento Bmv, con una semplice firma supplementare non si potesse estenderne la validità anche per i battisti italiani. Ma i battisti, per le diversità teologiche ed ecclesiologiche, non avrebbero potuto sottoscrivere tout court lo stesso documento. Allora l’Ucebi ha nominato una commissione che ha predisposto un Documento sul matrimonio, che è stato approvato dall’Assemblea generale 2004. Subito dopo è stata avanzata la richiesta di iniziare la trattativa con la Cei per preparare un documento sui matrimoni interconfessionali che, sia per le procedure sia per i contenuti, seguisse le linee di quello concluso con la Tavola valdese.
Il 12 maggio 2006 le due Commissioni si sono riunite per la prima volta: quella della Cei era composta da due vescovi, mons. V. Paglia e mons. F. Coccopalmerio (che nel corso dei lavori è stato nominato presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e non sostituito), mons. D. Falco, prof. G. Feliciani, don A. Maffeis e mons. Mauro Rivella; quella battista dai pastori D. Tomasetto, M. Aprile, L. Maggi, M. Ibarra e F. Scaramuccia (scomparso nel 2007 e non sostituito). Sotto la co-presidenza di mons. V. Paglia e D. Tomasetto, gli incontri si sono alternati nelle rispettive sedi. Il 5 ottobre 2007 si è pervenuti alla firma della «Bozza definitiva», consegnata ai rispettivi organi istituzionali.
L’Assemblea generale Ucebi del giugno 2008 ha approvato il Documento, mentre la parte cattolica ha avuto un’iter più complesso. Il Documento è stato sottoposto alla Congregazione per la dottrina della fede, poi al Pontificio Consiglio per i testi legislativi, poi ancora al Consiglio permanente della Cei e infine all’Assemblea generale della Cei. Tutti questi organi hanno fatto le loro osservazioni che sono state concordate con la parte battista e approvate dal Comitato esecutivo. Finalmente l’Assemblea generale della Cei del 25-29 maggio 2009 ha approvato definitivamente il Documento, che ora è giunto alla firma. Il Documento Cei/Ucebi deve molto al precedente Cei/Tavola valdese, senza il quale difficilmente noi battisti italiani avremmo potuto arrivare al nostro Documento. Da lì abbiamo ripreso l’impostazione di fondo e le linee generali, ma abbiamo anche apportato quelle variazioni che le diversità teologiche ed ecclesiologiche imponevano.
Dal punto di vista della struttura, il Documento battista è formato da quattro parti, con l’ultima che contiene le indicazioni applicative, che nel precedente Documento con la Tavola valdese costituivano un documento separato e approvato soltanto dalla Cei. È probabile che questa unificazione dei due precedenti documenti abbia fatto sorgere quella serie di osservazioni di cui sopra, che ha rallentato l’approvazione finale.
Quali riflessioni? Innanzi tutto dobbiamo dare atto alla Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, oltre che ai membri della Commissione Cei, di un clima di serenità e reciproco rispetto, di un rapporto paritario caratterizzato da una apertura ecumenica molto ampia e da un’atmosfera personale carica di simpatia e di fraternità. Lavorare con questo spirito è stato facile, anche nei momenti e nei passaggi più «sensibili» (che ci sono stati!). Eravamo ben consapevoli dell’enorme sproporzione fra i due interlocutori: ci siamo presentati con un unico Documento sul matrimonio forte di ben 53 articoli, e ci siamo trovati dinanzi all’intero Codice di diritto canonico, al Decreto generale sul matrimonio della Cei e al Direttorio per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo. Parlavamo con la Cei, ma era ben presente il «convitato di pietra», il Vaticano, nella sua dimensione mondiale.
A nostra conoscenza, questo è il primo documento mondiale sul tema fra la Chiesa cattolica e una Unione battista. Se la Chiesa cattolica era ben presente nella sua dimensione mondiale, noi avevamo come osservatori lontani, ma interessati, sia la Federazione battista europea, sia l’Alleanza mondiale battista. Vedremo nel tempo se questo primo documento sui matrimoni interconfessionali aprirà la strada per altri testi locali paralleli. Non abbiamo la pretesa di aver parlato a nome dei battisti mondiali, né di aver prodotto un documento valido per i battisti delle svariate Unioni battiste. Abbiamo soltanto aperto la strada per altri che decideranno di fare localmente lo stesso percorso.
Non è questo il momento di fare analisi approfondite, ma si possono fare alcune prime riflessioni. A motivo della buona prova che ha dato il precedente Documento Cei/Tavola valdese, sono venute a cadere tutta una serie di preoccupazioni, di paure e di sospetti che trovano espressione linguistica in incisi e controincisi che precisano e puntualizzano fino all’estremo una affermazione generale, per evitare incomprensioni, malintesi e interpretazioni non volute. Il secondo Documento ha il vantaggio, appunto, di essere secondo, di calcare le orme del primo e di sciogliere, dal punto di vista linguistico, le frasi troppo involute. L’attuale Documento, unificando i due della Cei/Tavola valdese, è stato sottoposto interamente all’approvazione del Vaticano: la recognitio vaticana non riguarda soltanto le prime tre parti (come nel caso precedente), ma l’intero documento, comprese le indicazioni applicative. Questo ha comportato ritardi e successive modifiche al testo, ma ha un riconoscimento pieno.
Le variazioni rispetto al primo Documento sono di due tipi: quelle per le diversità teologiche ed ecclesiologiche e quelle per gli aspetti pratici. L’argomento che ci ha fatto discutere più a lungo è stato quello relativo al battesimo: dato che nelle chiese battiste si pratica il battesimo dei credenti (di solito «adulti»), può capitare che qualcuno, pur nato e cresciuto nelle nostre chiese, giunga al matrimonio senza essere stato ancora battezzato. Come considerarlo? Per noi non è certo un «pagano», ma per i cattolici è un non-battezzato. La soluzione è stata trovata nell’indicarlo come «catecumeno» nella richiesta di dispensa e/o di licenza rivolta all’ordinario diocesano.
Nel Documento è stata stralciata la sezione relativa al matrimonio in sede civile. La motivazione fondamentale per i cattolici era che con la trascrizione si dava validità canonica a una celebrazione fatta, per comune volontà degli sposi, in sede civile con l’esclusione del momento religioso. Per noi c’era la preoccupazione che la scelta di una celebrazione volutamente civile potesse essere «sacramentalizzata» e quindi far ricadere sotto la legislazione canonica un matrimonio celebrato in sede civile. Un altro punto sensibile: l’educazione religiosa dei figli. Le esigenze delle due parti sono state rispettate con il riconoscere la responsabilità generale paritaria delle due chiese, quella specifica dei genitori e il rispetto della piena libertà di scelta dei genitori. Così il Documento è stato approvato quasi all’unanimità dalla Cei.
I nodi non sono tutti risolti, ma almeno adesso abbiamo un testo che vale per tutti al quale fare riferimento. Siamo contenti del risultato, ma ora dobbiamo mettere alla prova quanto è stato predisposto a tavolino.
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