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Domenica 21 aprile, Tempio di Intra, dalle h.10 momenti di preghiera e canti, Culto alle h. 11

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Domenica 21 aprile, Tempio di Omegna, Culto alle h. 9 con relativa Cena del Signore

24/02/2023

PREDICAZIONE DI DOMENICA 19 FEBBRAIO 2023 tenuta nel Tempio di OMEGNA

 

Isaia 55,  6 – 12a

 

6 Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino. 7 Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.
8 «Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il SIGNORE. 9 «Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri. 10 Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, 11 così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata. 12 Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace;

 

“Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie” v.8

 

Questo versetto 8, è di una straordinaria suggestione e molto incisivo, come è incisivo questo bellissimo libro di Isaia da cui oggi…al Cap. 55 ne abbiamo letto alcuni versetti.

Tema centrale di questo testo, è l’affermazione del ruolo decisivo della Parola di Dio, che è tutto quanto resta al popolo esiliato, anzi, la Parola è l’unica cosa che conta, perché è l’unica cosa che sussiste in eterno.

E questa è anche l’esperienza di tutto il popolo di Dio attraverso i secoli, la Parola di Dio è l’unico tesoro che ci permette di andare avanti anche ai giorni nostri, la Parola di un Dio che è sempre vicino agli esiliati e a noi e che ci dice: “cercate il Signore mentre lo si può trovare”, questa è l’esortazione rivolta all’epoca agli esiliati a Babilonia, perché non pensassero che loro erano in esilio e Dio invece se ne stava nella terra promessa. Questo ci fa capire che, Dio non è legato a una terra, ma è legato al popolo anche quando è in esilio, e Dio è vicino a tutti gli esiliati; quindi, è vicino anche a noi quando ci sentiamo lontani da Lui, abbandonati da Lui, esiliati appunto. Ma siamo sempre noi alla fine, che ci allontaniamo da Dio, a volte per stanchezza spirituale, per sfiducia, così che rinunciamo a cercarlo, ma Dio non si allontana mai da noi…dato che è il Dio “che non si stanca mai di perdonare”, quindi non abbandona mai il suo popolo, anche se talvolta segue vie che noi facciamo fatica a riconoscere, a decifrare, perché sono le Sue vie e non le nostre vie.

E il segno più forte di vicinanza che Dio offre al suo popolo è il dono continuo, inesauribile, della Sua Parola.

Nell’immagine agricola di questo brano, il valore della Parola divina, viene evidenziato al massimo, proprio perché essa, è paragonata alla realtà più desiderata e attesa in una terra assolata come è quella palestinese: “l’acqua”.

E come la pioggia o la neve, la Parola non resta nei cieli della fantasia, ma penetra nel terreno arido della storia, raggiungendone anche le pieghe più oscure. Dopo averci fecondato, essa, ritorna a Dio fatta carne e sangue, cioè fede, preghiera e amore dell’essere umano verso il suo Signore.

È un’immagine, dicevo, legata al mondo agricolo, un mondo nel quale noi che viviamo in una società urbana, facciamo fatica a riconoscerci; eppure, nonostante tutto, è un’immagine che tocca corde molto sensibili del nostro cuore, perché i nostri tempi sono spesso tempi di deserto dello spirito, che ci fanno desiderare, come la cerva del Salmo 42: 1, a quell’acqua che è la Parola di Dio, il principio stesso della sopravvivenza spirituale in questa steppa arida nella quale tante volte abbiamo l’impressione di vivere.

La Parola di Dio, è per noi qualcosa di cui abbiamo bisogno come dell’ossigeno per respirare, così come abbiamo bisogno del pane, un cibo che, per l’antico Israele, come per noi, era alla base del suo sostentamento, ma che, come disse Gesù, non era così importante per la sopravvivenza come invece lo è la Parola di Dio, così come ci viene descritta nel brano di Matteo 4, 1-4. Questo perché la Parola autentica di Dio non si limita a informare, a far conoscere la volontà del Signore, ma è anche operativa; non per nulla, il vocabolo ebraico dabar (Davàr) designa contemporaneamente “parola” e “atto”, “detto” ed “evento”. La Parola di Dio, dunque, produce vita, genera vita, feconda e fa germogliare come dice Isaia, e questo risultato, lo ottiene in primo luogo, imponendo, a chi la riceve, a guardarsi allo specchio, a mettersi a nudo…a lasciar cadere le maschere e le illusioni, a capire chi veramente si è.

“La Parola di Dio è vivente ed efficace”, dice Paolo nella lettera agli Ebrei, perché è spada affilata e penetrante, perché separa, perché giudica, perché distingue inesorabilmente il vero dal falso, perché ci dice la verità su noi stessi, perché rivela noi stessi a noi stessi.

Ecco perché ne abbiamo tanto bisogno, ne abbiamo bisogno come abbiamo bisogno del pane materiale.

Ne abbiamo bisogno della Parola, l’ho ripetuto ormai tante volte. Ma è davvero così?

Lo vediamo davvero intorno a noi questo bisogno disperato, questa fame, questa sete della Parola?

Ognuno di noi, in cuor suo, sa già la risposta. Direi che questa pioggia benefica che Dio continua, per sola grazia, a riversare quotidianamente su di noi, viene molto spesso, anche da coloro che hanno scelto di appartenere ad una chiesa, nella migliore delle ipotesi, accettata come “acqua fresca” insignificante, insipida, che scorre senza lasciar traccia; tanto è, che spesso,  notiamo che nei confronti della Parola vi è disattenzione e noia, quando non vi è un radicale rigetto.

Che cosa significa questo? Rappresenta una smentita della necessità della Parola? Rappresenta la conferma che l’uomo può vivere benissimo di solo pane?

Certamente no !

L’essere umano ha bisogno della Parola, ne ha un bisogno estremo.

Il problema, è che non sa di averne bisogno, pensa di avere bisogno di tutt’altro, di potersi sfamare solamente col pane del Fornaio, di potersi dissetare con l’acqua dei rubinetti o delle bottiglie.

E la Parola non può svolgere il suo compito se non le si offre un terreno pronto a riceverla, come ci ha spiegato Gesù nella parabola del seminatore (Lc 8, 4-15).

Che cosa significa terreno pronto, terreno disponibile a ricevere la Parola?

Può significare varie cose. C’è un passo molto suggestivo del Talmud ebraico che dice: “La parola di Dio è come l’acqua. Come l’acqua, essa discende dal cielo. Come l’acqua, rinfresca l’anima. Come l’acqua non si conserva in vasi d’oro o d’argento, ma nella povertà dei recipienti di terracotta, così la parola divina si conserva solo in chi rende sé stesso umile come un vaso di terracotta”.

Sì! per accogliere quest’acqua “che scaturisce in vita eterna”, dobbiamo avere un cuore simile a un vaso di terracotta. In pratica, ci viene proposto un atteggiamento che ai nostri giorni nel migliore dei casi è passato di moda, nel peggiore viene sbeffeggiato, ed è l'umiltà, oh se si vuole dirla in parole povere, è la semplicità, e “umiltà” significa anche, in molti casi, saper fare silenzio.

Perché allora, non tentare di creare nel deserto dell’esistenza quotidiana due piccole oasi di silenzio, una al mattino e l’altra alla sera?

In pratica 2 modesti orizzonti di silenzio in cui ascoltare la Parola di Dio che si rivolge a noi attraverso le parole umane della Scrittura, a tal proposito, ascoltiamo l’appello bellissimo di Dietrich Bonhoeffer: “Facciamo silenzio prima di ascoltare la Parola di Dio, perché i nostri pensieri sono già rivolti alla Parola. Facciamo silenzio dopo l’ascolto della Parola, perché questa ci parla ancora, vive e dimora in noi. Facciamo silenzio la mattina presto, perché Dio deve avere la prima parola. Facciamo silenzio prima di coricarci, perché l’ultima parola deve appartenere a Dio”.

Ma “umiltà”, significa anche lasciare che la Parola di Dio, operi in noi quella funzione enunciata nella lettera agli Ebrei, ma anche in tanti passi della Bibbia ebraica, quella di contestarci radicalmente. E a molti non piace essere contestati, non piace che si cerchi di renderci diversi, nuovi, ecco perché, spesso, la Parola di Dio è respinta, perché seguire la Parola di Dio porta alla croce ed è crocifissa, basti pensare a come sono finiti i primi testimoni della Parola di Dio dell’epoca di Gesù, Giovanni il battista; Gesù stesso, abbandonato da tutti o Paolo, ma perché tutto ciò? Perché la Parola di Dio non è amata, e perché Dio non è popolare, Dio è sempre in minoranza in mezzo agli dei ed agli idoli che vanno dallo Star System, dallo sport fino ai cantanti. Questa purtroppo è la situazione.

Ma dobbiamo domandarci, è proprio solo colpa dei destinatari della Parola o molta responsabilità non ricade anche sugli interpreti della Parola, sui Ministri di Culto, come il sottoscritto, che abbiamo la splendida e terribile responsabilità di trasmettere agli altri la Parola di Dio, così di permettere a questa pioggia di cadere, di distribuire questo pane della vita, di trasmettere anche una Parola buona, una Parola di fede, di speranza e di amore?                                                                                                         Perché vedete, è anche responsabilità dei Ministri di Culto di trasmettere questa Parola buona, la buona notizia, che sappiamo essere così infinitamente difficile da accogliere, perché spesso i pensieri della gente…non sono le vie e i pensieri di Dio!                 

E poi, diciamocelo chiaramente, senza una conversione alla Parola di Dio, non si va da nessuna parte, e per far ciò, si debbono lasciare le proprie vie, lasciare i propri pensieri, i propri piani e i propri progetti, perché vedete, cercare Dio, non è cercare di tirare Dio dentro le nostre vie e i nostri pensieri, ma di seguire le sue vie e i suoi progetti che troviamo nella sua Parola e credo che il problema sia, anche forse e soprattutto questo, che spesso si continua a preferire i discorsi mielosi e consolanti, piuttosto che il pensiero del Dio potente e alla spada della sua Parola, per il fatto che, noi esseri umani, istintivamente, scappiamo da una Parola che ci contesta e quindi, il più delle volte, cerchiamo di ignorarla; eppure io mi domando, anzi no, non userò formule retoriche, io sono certo che una predicazione che ci indica la croce, una predicazione, cioè, nella quale, la Parola di Dio, prevale sulle parole umane, questo tipo di predicazione è capace di riscuotere attenzione, di coinvolgere anche un uditorio religiosamente piuttosto tiepido, assai più di quanto possa farlo una predicazione che addomestica la Parola, che cerca di addolcirla, che trasforma in inefficace “acqua fresca”, la pioggia potente del Signore, sono altrettanto convinto, che la predicazione di una Parola inefficace, imbalsamata, risponde non solo alla ricerca di facili consensi da parte del predicatore, ma anche e forse soprattutto, al fatto che è il predicatore stesso, il primo a non volersi lasciar disturbare e scuotere dalla presenza di Dio.

Solo se cominceremo, noi predicatori, ad imparare a lasciar filtrare, quasi in una trasparenza luminosa, la Parola, che permane per sempre e che scende dall’eterno e dall’infinito di Dio, potremo far comprendere alle nostre sorelle e ai nostri fratelli che ci ascoltano in ricerca di Dio, che il pane di cui sono affamati, è la “Parola che proviene dalla bocca di Dio”.

AMEN

Giampaolo Castelletti