Culti

Verbania - C.so Mameli 19
Domenica 5 maggio, Tempio di Intra, dalle h.10 momenti di preghiera e canti, Culto alle h. 11 con Cena del Signore

Omegna - Via F.lli Di Dio 64
Domenica 5 maggio, Tempio di Omegna, Culto alle h. 9

21/06/2020

DOMENICA 21 GIUGNO 2020


Buongiorno e buona domenica a tutte e a tutti, quest’oggi è la 3ª domenica dopo Pentecoste e questo è il versetto biblico che ne fa da riscontro “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo.” (Matteo 11:28)
SALUTO e ACCOGLIENZA
Il nostro aiuto, la nostra speranza e la nostra consolazione sono in Dio che ci ha creati e che ci salva in Gesù Cristo. Amen
ASCOLTO DELLA PAROLA
Preghiera di illuminazione
Grazie, Signore nostro, perché la tua parola ci raggiunge con tutta la sua ricchezza e con la meravigliosa notizia del tuo invito. Tutti sono chiamati alla comunione con te: quelli che stanno facendo un faticoso cammino di fede, quelli che si sentono estranei alla vita delle chiese, quelli che sono resi indifferenti dal vuoto spirituale del nostro tempo. Tu vuoi raggiungere tutti, a tutti vuoi donare il pane vero della comunione con te. Fa’ che anche noi percepiamo nuovamente l’invito che proviene dalla tua parola. Non vogliamo smettere di cercarti mentre tu ti lasci trovare; di invocarti mentre sei vicino. Vogliamo nutrirci con la verità che tu ci doni generosamente, senza condizioni. Perché la tua parola non delude, ma porta sempre a…effetto le tue promesse. Donaci lo Spirito, perché la tua parola compia anche in noi la sua opera, e noi possiamo rispondere con fede e allegrezza. Nel nome di Gesù. Amen.
TESTO PER LA MEDITAZIONE
Luca 14,  (12 – 14) . 15 - 22
12 Diceva pure a colui che lo aveva invitato: «Quando fai un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; perché essi potrebbero a loro volta invitare te, e così ti sarebbe reso il contraccambio; 13 ma quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14 e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti».
Parabola del gran convito
15 Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!» 16 Gesù gli disse: «Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; 17 e all'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, perché tutto è già pronto". 18 Tutti insieme cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un campo e ho necessità di andarlo a vedere; ti prego di scusarmi". 19 Un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". 20 Un altro disse: "Ho preso moglie, e perciò non posso venire". 21 Il servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa si adirò e disse al suo servo: "Va' presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi". 22 Poi il servo disse: "Signore, si è fatto come hai comandato e c'è ancora posto".
MEDITAZIONE
Proprio la menzione della “risurrezione dei giusti” provoca la reazione di un invitato che esclama queste parole: “Beato chi mangerà pane nel regno di Dio!”. Chiaramente, colui che dice questo, annovera se stesso tra i “beati” di cui parla. Non ha minimamente colto l’esigenza né l’urgenza della provocazione di Gesù. E Gesù ci pensa lui a fargliela cogliere…
   È La parabola del “gran convito”, che elimina ogni equivoco sull’urgenza della decisione da prendere, percorsa come è, lungo il suo svolgimento da queste espressioni: “è l’ora”, “tutto è già pronto” , “bisogna fare presto”.
Il racconto poi, molto sobrio e molto animato, oppone fra di loro due gruppi: coloro che – invitati – hanno fatto la scelta di non partecipare al banchetto, e quelli che alla fine, in maniera inaspettata, beneficeranno della scelta dei primi.
Ma come vanno le cose in questa parabola?
L’etichetta dell’epoca prescriveva che un invito a un banchetto pervenisse con un anticipo sufficiente per permettere al destinatario di prevenire un eventuale impedimento. Le scuse dell’ultimo minuto presentate dai vari invitati al servo incaricato di ricordare che ormai ogni cosa è pronta, nella sensibilità dell’epoca, sono quanto mai urtanti.
Giustamente, allora – dice Gesù: “Il padrone di casa si adirò”. È una collera che richiama alla mente di chi ascolta un motivo ricorrente negli scritti profetici: il rifiuto di Israele di accogliere l’appello a convertirsi e l’annuncio del giudizio di Dio su quel rifiuto. Qui è la dichiarazione finale: “Io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati, assaggerà la mia cena”, che funge da giudizio, ma – all’epoca della stesura del vangelo – anche da constatazione di come le cose effettivamente sono andate: tutti quelli (i “molti” invitati alla “gran cena”) che, in Israele e fuori di Israele, sono rimasti o resteranno chiusi al messaggio di Cristo, subiranno le conseguenze del loro rifiuto. E anche se poi dovessero ripensarci ed andare al banchetto… beh, troveranno tutti i posti occupati da una corte di mendicanti e di poveri malati…
Perché intanto, il padrone di casa non s’è arreso: vuole fare il suo banchetto e lo farà! E manda un’altra volta in giro il servo che, instancabile, si aggira “per le piazze e per le vie” per reclutare gente da condurre alla festa: prima percorre tutta la città, poi passa alla campagna circostante (per molti commentatori, questo doppio “va e vieni” prefigura la predicazione apostolica, nel libro degli Atti prima rivolta “in casa” ad Israele e poi “fuori casa” ai non ebrei ).
E quando “i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi” (notate come questa lista è tale e quale a quella degli invitati da privilegiare che Gesù ha presentato a colui che l’aveva invitato) hanno riempito la sala del banchetto, il padrone, che voleva proprio questo: “Va’ … e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena”, è pronto a fare festa assieme a loro, e così gode pienamente la “beatitudine” annunciata da Gesù: “Quando fai un convito, chiama poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di contraccambiare; infatti il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti”.

Sorelle e fratelli, se gli ebrei del tempo di Gesù avevano le loro regole di comportamento, le loro etichette, il loro protocollo, le loro inclusioni ed esclusioni, noi siamo un po’ tutti darwiniani. Questo vuol dire che, anche se normalmente non ce ne rendiamo conto, la concorrenza e la competitività sono scritte nel nostro DNA. Le leggi dell’evoluzione, infatti, implicano che ogni forma di vita si procura il suo posto e lo difende, se necessario distruggendo l’altro e nutrendosi dell’altro. La regola universale è proprio questa: difendere il mio spazio vitale, e per questo attrezzarmi e combattere contro chi me lo vuole toglier via. Al nostro livello umano, questa regola si traduce in una serie di comportamenti individuali e sociali: ambizione o frustrazione, costrizione o umiliazione, potere o discriminazione. Insomma, al di là delle tante belle parole che ci diciamo, la nostra è un’etica segnata dalla violenza.
L’Evangelo di Gesù sostituisce a tutto questo la pratica dell’apertura all’altro e del servizio, che assicura a ciascuno il suo posto e smorza le rivalità. Anche il richiamo della pagina di oggi ai convitati bramosi di occupare i primi posti, va in pieno in questo senso. La parola che conta è quella sorridente del padrone di casa che ti dice con affetto: “Amico, vieni più avanti”.
Dev’essere anche la nostra parola: liberati dall’accoglienza incondizionata di Dio dalla “lotta per lo spazio vitale”, riceviamo da lui la missione di offrire un posto al banchetto della vita ai feriti dalla vita, ai fragili e indifesi, anticipando così anche per loro la gioia del Regno di Dio.
E anche, insieme, rendendo piena e autentica la nostra gioia. Perché coloro che si limitano a rapportarsi solo alla cerchia dei parenti e degli amici, e che si preoccupano solo di se stessi e dei propri bisogni, si privano della vera ricchezza della vita, che consiste nello scoprire quelli che sono “totalmente altri” e la ricchezza della loro diversità.
La collera del “padrone di casa” davanti al rifiuto degli invitati, e la sua decisione di chiamare quelli sino ad allora esclusi, come abbiamo visto, gli hanno fatto scoprire una nuova “beatitudine”. Vogliamo anche noi scoprire e vivere la “beatitudine” annunciata da Gesù? Cambiamo allora la nostra mentalità e i nostri comportamenti: spezziamo il cerchio chiuso dei soliti legami e la rete dei rapporti fondati sul “do ut des” (“io do affinché tu dia”)e impegniamoci invece alla sequela di Gesù in un servizio agli altri che sia senza preconcetti e senza limiti prefissati. Osiamo la sorpresa della condivisione e della gioia della condivisione. Sbarazziamoci dello spirito di possesso che spesso ci fa trovare delle scuse che ci rendono tanto simili a quegli invitati che hanno detto di no: “Ho comprato un campo e ho la necessità di andarlo a vedere…”; “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli…”; “Ho preso moglie e non posso venire…”, e aderiamo a un nuovo modo di avere relazioni. Impariamo l’agape cantato dall’Apostolo nel suo “inno all’amore”: l’amore disinteressato, benevolo, generoso, senza partito preso (cfr. 1° Corinzi 13).
Così daremo al regno annunciato da Gesù una visibilità vera, concreta e procureremo veramente a noi stessi ed agli altri una gioia reale. Sì, nella prospettiva spalancata dall’Evangelo, l’apertura agli altri non è un’alienazione ma un invito a gustare fin da adesso la pienezza della vita.
E insieme finalmente, potremo costruire un mondo nuovo. È l’ultimo pensiero che sgorga dalla pagina di oggi.
Le parole e le immagini forti dell’“invitato scomodo” Gesù, sono una consegna. Ci chiamano a rovesciare l’ordine delle priorità: operare a fondo perduto piuttosto che difendere ostinatamente i propri interessi, preferire le gioie condivise ai piaceri egoisti, privilegiare le relazioni umane anziché i beni materiali.
Sempre ricordando che, al di là dei comportamenti personali, l’attenzione ai più deboli è una priorità collettiva. La nostra società non può ignorare i cosiddetti “perdenti”, né i paesi sviluppati non tener conto delle popolazioni alla deriva… Indirizzate nella pagina di oggi ad una tavolata di farisei, le parole di Gesù si dilatano ad una dimensione universale e stigmatizzano le pratiche politiche, economiche, sociali che mantengono o accrescono lo scarto fra ricchi e poverissimi, privilegiati e miserabili, a scapito di una visione generosa e solidale dei rapporti fra gli umani.
Non si tratta, beninteso, di instaurare il Regno di Dio su questa terra… Si tratta di inalare la speranza del Regno nel nostro quotidiano, e così di permetterle di agire sulla visione e sui valori che determinano il nostro impegno nella chiesa e nella società, anche nell’immediato, a corto termine…
Ed è proprio della nostra teologia riformata difendere con una forza particolare la sovranità di Dio sul mondo. Proprio questa sovranità del nostro Dio la cui accoglienza incondizionata sfida gli interessi partigiani e le logiche interessate (ricordiamo ancora una volta il padrone che dice sorridendo a colui che è all’ultimo posto: “Amico, vieni più avanti”), ci dà il coraggio e la pertinenza per intervenire nel dibattito odierno sulla possibilità di una società diversa e più umana.
Sì, difesi con forza e convinzione, i vecchi e sempre nuovi concetti biblici della pace e della giustizia per tutti, potranno giocare pienamente il loro ruolo… essere un lievito di speranza per un mondo che non riesce più a sperare. AMEN

PREGHIERA DI INTERCESSIONE

Signore, intercediamo per i fratelli e le sorelle che aspettano da noi consigli, parole che confortano e che edificano, gesti che sollevano dagli affanni e dalle ingiustizie. Sono tanti, Signore, nelle nostre città e nelle contrade del nostro paese quelli che cercano una porta aperta, un’occasione di riscatto e di liberazione. Signore, tu ci hai accolti, ci hai ascoltato, e a nostra volta possiamo condurre a te tutte queste creature; donaci perciò coraggio e sapienza nell’accoglierle affinché, nell’incontro con noi, possano scoprire te, il Signore, da cui viene la consolazione eterna. Ti chiediamo questa grazia nel nome di Gesù. Amen

BENEDIZIONE
Conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo per aver la vita eterna. A colui che può preservarvi da ogni caduta e farvi comparire irreprensibili e con gioia davanti alla sua gloria, al Dio unico, nostro Salvatore per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, siano gloria, maestà, forza e potere prima di ogni tempo, ora e per tutti i secoli. (Giuda 21. 24. 25) Amen


(Liturgia e predicazione curata da Giampaolo Castelletti, domenica 21 giugno 2020.  Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994)



Nessun commento: