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23/09/2010

Il presidente e il cardinale alla Breccia di Porta Pia

di Paolo Naso, politologo, Università La Sapienza di Roma

Strana coppia sulla breccia più famosa d’Italia, quella aperta a cannonate nel 1870 dai bersaglieri del generale Cadorna per entrare a Roma e conquistare la più importante roccaforte dello Stato pontificio. Lo scorso 20 settembre, la presenza congiunta del presidente Napolitano e del Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone proprio in quel diaframma che costituì il massimo punto di frattura tra lo stato nazionale e la chiesa cattolica ha giustamente posto alcuni interrogativi sul significato di questo anniversario.
Per qualcuno è la memoria della fine del potere temporale della Chiesa, una fine salutare per essa stessa, finalmente liberata dall’onere di esercitare un governo civile incoerente con la sua missione eminentemente spirituale. Per altri è invece la data in cui celebrare un’Italia laica – per qualcuno anticlericale - negli altri giorni dell’anno destinata a finire in un cono d’ombra, costretta in un angolo dal conformismo di un confessionalismo cattolico accettato e riconosciuto anche da chi cattolico non è. Per altri ancora è il giorno che segnò l’inizio di un decadimento morale e civile del paese che, distruggendo il potere della Chiesa cattolica, in realtà combatté la sua stesa anima e si perse in quel modernismo di valori e di comportamento che, nei decenni, ha portato l’Italia a un livello di secolarizzazione tra i più acuti del mondo.
Per i protestanti italiani, il XX settembre segnò l’apertura di uno spazio di presenza e di testimonianza sino ad allora assolutamente precluso: attraverso quella breccia essi provarono a introdurre a Roma e in Italia la Bibbia, la loro cultura della libertà e della responsabilità, l’idea della separazione tra lo Stato e le confessioni religiose, il sogno di un’Italia moralmente e spiritualmente rigenerata.
Ma oggi, che cosa significa andare a Porta Pia il 20 settembre? L’inedita compresenza, pochi giorni fa, del presidente Napolitano e del cardinale Bertone, che significato ha avuto e che messaggio ha inteso lanciare al paese?
Secondo la lettura più accreditata, è stata l’occasione per chiudere una guerra dei simboli che per anni ha fatto di Porta Pia il tempio dell’anticlericalismo e dello scontro tra lo Stato unitario e la Chiesa cattolica. Con la sua presenza sul “luogo del delitto”, il cardinale Bertone avrebbe insomma lanciato un messaggio, prontamente raccolto, di concordia ed unità nazionale: la Chiesa di Roma – avrebbe inteso affermare – non è contro lo Stato e riconosce che lo Stato non è contro la Chiesa di Roma.
Lettura condivisa ma ovvia almeno dal 1929 e cioè dalla “conciliazione” sancita nel Concordato tra il regime fascista e la Santa sede. Parlare di “svolta” dopo l’incontro a Porta Pia tra il Presidente e il Cardinale ci pare enfaticamente banale.
Il messaggio è un altro: la Chiesa cattolica certamente riconosce lo Stato nazionale, la sua laicità e il nuovo pluralismo che si esprime nella società italiana. Ma nel momento in cui riconosce questa palese realtà ribadisce la sua presenza, rivendica il suo ruolo e la sua funzione civile. I tempi della sdegnata assenza vaticana dai momenti in cui lo stato laico celebra la sua religione civile sono finiti e, entrato in ombra il sogno ruiniano di un’Italia unita nei simboli e nella tradizione della chiesa maggioritaria, un nuovo corso mostra di accettare la sfida di una presenza cattolica in un contesto fortemente laicizzato, secolarizzato e sempre più pluralista. E’ una svolta, da considerare con attenzione ed interesse, ma che nella sostanza non invalida ciò che il protestantesimo italiano ha spesso affermato in occasione del XX settembre, e cioè la rivendicazione di quello stato laico che per credenti e non credenti costituisce la migliore garanzia a tutela della libertà di espressione e di coscienza di ciascuno. Valeva nella Roma del papa re, crediamo abbia senso anche nell’Italia che non sa garantire il diritto ai musulmani di aprire una moschea, che non riconosce una chiesa di immigrati pentecostali africani, che non mostra alcuna intenzione di approvare un’Intesa con i testimoni di Geova o con i buddisti. Porta Pia non ci rimanda allo scontro medievale tra Guelfi e Ghibellini ma alle sfide dell’Italia multireligiosa e multiculturale di oggi.
(NEV-Notizie evangeliche 38/2010)

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