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16/06/2011

Acqua dono di Dio: rende fertile il giardino che coltiviamo e il pianeta che abitiamo

di Letizia Tomassone


Il risultato dei referendum ha mostrato che la società italiana oggi è percorsa da un desiderio forte di prendere parte attiva alle decisioni che riguardano l’ambiente e l’uso dei beni comuni. Si è levata una nuova volontà di cittadinanza attiva che da tempo non si vedeva. Alcuni la attribuiscono alla presenza di giovani donne e uomini che riprendono la parola in questa società italiana piuttosto degradata e nel mezzo di una forte crisi economica.

Da anni le chiese evangeliche, grazie anche agli stimoli del mondo ecumenico internazionale, sono state attente ai temi della giustizia ambientale e della sostenibilità. Per la Federazione delle chiese evangeliche in Italia e per le nostre chiese si è trattato quindi di applicare alla situazione nazionale dei processi che riguardano la protezione e la condivisione delle risorse naturali e dei beni comuni in tutto il mondo.

L’acqua è stata per noi al centro dell’attenzione. L’acqua di cui è fatta la nostra vita, l’acqua dono di Dio, l’acqua che rende fertile il giardino che coltiviamo e il pianeta su cui abitiamo.
In molte parti del mondo l’accesso all’acqua è reso difficile per i più poveri e il suo accaparramento diventa motivo di conflitti violenti.

In Italia la situazione è grave da altri punti di vista: il degrado degli acquedotti pubblici, l’abuso delle tasse che gravano sulle fasce sociali più deboli. La tendenza alla privatizzazione dell’acqua in Italia si inserisce comunque in questa tentazione mondiale di una cultura di appropriazione di beni che vengono offerti a tutti dalla natura e vengono trasformati in merci, per la cupidigia dei mercati.

I risultati dei due referendum sull’acqua mostrano che la nostra società non è d’accordo con questo processo di fare di tutto una merce. Proprio una delle norme abrogate dal referendum era quella che garantiva una quota fissa di guadagno alle società private incaricate della riscossione, senza vincolarle a fare investimenti sulle strutture che portano l’acqua.

In questo momento come chiese possiamo quindi dirci soddisfatte di esser state pronte con le nostre elaborazioni sulla salvaguardia del creato, quando la società ha dovuto affrontare dei temi così importanti come i beni comuni e il nucleare.
Il recente incontro ecumenico internazionale di Kingston ha posto al centro dell’attenzione delle chiese i temi interconnessi della giustizia in vista della pace e della giustizia ambientale come risorsa di pace. Le chiese hanno quindi oggi una certa sintonia con molta parte della società civile, e hanno gli strumenti teologici ed ecumenici per intervenire. Questo dovrebbe essere sempre uno dei modi in cui le chiese mettono la loro spiritualità a servizio del mondo, “perché tutti abbiano vita in pienezza”. Di fronte alle emergenze sociali e ambientali le chiese possono essere espressioni della pace di Dio, scintille della sua luce più ampia, come dice il documento finale di Kingston. (nev-notizie evangeliche 24/11)

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