di Luca Baratto, curatore della rubrica radiofonica RAI “Culto
Evangelico”
Ogni persona di fede diffida
dalla religione. Diffida da quella ritualità formale, da quella pietà
codificata, da quelle cerimonie collettive nelle cui pieghe i poteri di questo
mondo fingendo di onorare Dio, trovano invece il modo di onorare se stessi e
ingabbiare la dirompente buona notizia di Gesù. E' da questo è punto di vista –
da quello della critica alla religione che parte dalla fede – che un
protestante ascolta le parole di papa Francesco che scomunica i mafiosi e dei
vescovi cattolici che propongono una moratoria sui padrini nei battesimi delle
proprie diocesi ad alta densità mafiosa.
Naturalmente un protestante non
può dare dei consigli su come si dovrebbe svolgere una processione. Un
protestante, anzi, potrebbe obbiettare che da un suo punto di vista, una
processione è un modo “sbagliato” di onorare Dio. Ma qui siamo di fronte a ben
altro rischio: non l'onorare Dio in modo sbagliato, ma addirittura inchinarsi
davanti ad un altro dio, totalmente diverso da quello di Gesù Cristo. Il
rischio è quello di apostasia e rispetto a questo pericolo ogni cristiano,
indipendentemente dalla chiesa a cui appartiene, deve sentirsi interpellato e
unire la sua voce a quella dei suoi fratelli e delle sue sorelle.
C'è stato un tempo in cui il
silenzio sulla mafia era assordante. Grande fu il silenzio che accompagnò nel
1963 a Palermo la strage di Caciulli, rotto solo dalla piccola chiesa valdese
del capoluogo siciliano e dal suo pastore Pietro Valdo Panascia, che fecero
affiggere sulle vie cittadine un manifesto che ricordava il comandamento “non
uccidere”. Una parola profetica che pesò sulle coscienze di chi non aveva
alzato la propria voce. Nella consapevolezza che il silenzio è ciò che prima di
tutto fa prosperare le mafie, le chiese metodiste e valdesi del sud Italia
hanno da qualche anno istituito una Giornata della legalità, quest'anno estesa
a livello nazionale a tutte le chiese locali da Aosta a Pachino.
Le mafie – qualunque nome e
localizzazione geografica abbiano – sono un problema di tutta Italia e di tutti
gli italiani. I cristiani non possono su questo tema non avere una sola voce,
offrire un'unica testimonianza. Ogni ritualità religiosa non può allontanarsi
dallo spirito della fonte che l'ha originata. Ogni rito cristiano sia una festa
di accoglienza, di inclusione, di guarigione e riconciliazione, dia vita a una
comunità come quella di Gesù, che sa onorare gli ultimi. Questo il concetto
affermato in modo chiaro da Francesco, ed è anche quello che può dire, con la
stessa autorità, ogni pastore, ogni pastora, ogni sacerdote e ogni credente che
la domenica sale sul pulpito per aprire la Parola di Dio. (nev-notizie evangeliche, 28/2014)
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