Dal Vangelo secondo Giovanni 14, 15-21
15 «Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò
il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre,
17 lo
Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo
conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi. 18 Non vi lascerò
orfani; tornerò da voi. 19 Ancora
un po', e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi
vivrete. 20 In
quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi. 21 Chi ha i miei
comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre
mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui»
Predicazione tenuta Pastore Jean-Félix Kamba
Nzolo durante il Culto mattutino del Sinodo delle Chiese Valdesi e Metodiste, lunedì 25.08.2014
Gesù ha appena condiviso l’ultimo pasto con i suoi discepoli,
pasto durante il quale aveva loro lavato i piedi (Gv 13,1-17). Ma il momento
del suo arresto è vicino (Gv13,33). Il testo che abbiamo letto poc’anzi fa
parte del discorso di addio ai discepoli. A loro Gesù fa le sue ultime
raccomandazioni, prima di essere consegnato nelle mani dei suoi uccisori e
prima lasciare questo mondo. In questo modo, egli prepara i discepoli a vivere senza
di lui, rassicurandoli che la sua assenza non sarà che apparente e ch’essa si
tradurrà in un’altra forma di presenza.
Ma
immaginiamo un po’ la situazione: Gesù parla ai suoi discepoli per prepararli
al momento in cui la sua morte annunciata diventerà una realtà. Guarda i suoi
compagni di avventura, gli amici più cari, e coglie in pieno la loro confusione
e la loro incertezza rispetto al futuro che li attende senza più la sua presenza.
I discepoli sono angosciati perché devono perdere la
loro guida spirituale e, secondo alcuni di loro, colui che doveva liberarli dal
giogo romano. Devono perdere colui che li aveva chiamati e che hanno seguito
durante tutto il tempo del suo ministero abbandonando tutto. Cosa
sarebbe stato di loro? Cosa sarebbe diventata la loro vita? Dove avrebbero trovato la forza per tirare
avanti? La loro fede in Gesù li avrebbe permesso di continuare la sua opera?
Certo
è che, Dio conosce la debolezza dello spirito umano, la precarietà
dell’esistenza delle donne e degli uomini, la loro incapacità a rimanere
fedeli. Dio sa che gli esseri umani non possono essere lasciati soli. Per
questo Gesù promette ai suoi discepoli che, appena giunto dal Padre, lo
pregherà affinché Egli invii presso di loro un “altro Consolatore”, lo Spirito Santo. Questa è la prima promessa. La seconda promessa riguarda la presenza di Gesù stesso. Con la promessa del Consolatore Gesù promette
che egli stesso tornerà, che il mondo non lo vedrà, i discepoli, invece, lo
vedranno. La terza promessa è quella riguardante la vita in Gesù Cristo, in lui, il
vivente, essi vivranno.
Non è tutto! Se
fosse tutto, la vita di fede sarebbe solo rose e fiori, là dove tutti gli altri
vedono solo buio cupo. Invece con la quarta promessa
che ha per oggetto l’amore, Gesù inquadra le tre precedenti, in effetti, l’amore
supera ogni cosa. "Se voi mi
amate, osserverete i miei comandamenti"(Gv 14, 5) dice Gesù. E ancora: "Chi ha i miei comandamenti
e li osserva, quello mi ama"(v.21). L’amore richiesto da Gesù non è da
intendere in modo romantico ma concretamente: l’espressione pratica dell’amore
è l’osservanza dei comandamenti, degli impegni lasciati da Gesù. Gesù subordina l’invio del consolatore all’osservanza dei
suoi comandamenti, vale a dire di tutte le sue parole e istruzioni. A queste
condizioni egli pregherà il Padre di inviare il paraclito, "colui che è chiamato vicino" a noi
per assisterci, per difenderci e aiutarci a sormontare gli ostacoli che ci
troviamo sul nostro cammino.
"Non si può fare a meno di notare con sorpresa l’avvicinamento fra
l’amore e i comandamenti. Giovanni lo spingerà avanti a tal punto da parlare del comandamento
dell’amore, del “comandamento nuovo” (Gv 13, 34). La sorpresa viene dal fatto
che nella nostra mentalità, l’amore e il comando appartengono a due esperienze
di vita, a due universi totalmente differenti: l’amore fa riferimento al mondo
del dono gratuito, il comando a quello del diritto e dell’autorità. Questo modo
di pensare non è quello biblico: tutta la storia biblica sta nel rapporto che
Javhé ha costruito con il suo popolo, sta nella sua potente e trasformante
presenza. Dio è un padre e una madre che porta il suo popolo come si porta un
bambino; Dio è uno sposo che abbraccia il suo popolo e lo rende fecondo e
gioioso. L’amore è il fulcro dei rapporti di Dio con il popolo. In questo
quadro va collocato il “comandamento”: non si deve ridurre l’amore a misura dei
comandamenti ma leggere questi come una prima espressione dell’adesione all’amore
di Dio. In questa linea l’adesione o il rifiuto dei comandi di Dio diventa
adesione o rifiuto di Dio stesso: l’amore si lega così all’esercizio dei
comandamenti" (G.Colzani)
Invitandoci a osservare i suoi comandamenti, Gesù colloca la fede nella dimensione dell'agire cristiano. La
questione ci tocca da vicino in quanto pone a noi, singoli credenti e alla
chiesa nel suo insieme il problema del rapporto tra la nostra fede e l’agire
quotidiano nella nostra esistenza. L’opera dello Spirito consiste nel rendere
vivo in noi l’amore di un Dio che ci ama di un amore viscerale e che ci invita
ad amarLo e servirLo, amando e servendo il nostro prossimo; nel rendere
presente in noi Gesù stesso che, partecipa alla nostra vita interiore, continua
ad ammaestrarci e guidarci nella Verità di Dio, per cambiare in profondità il
nostro modo di vivere. Gesù non c’invita a rifugiarci nella sfera
dell’interiorità e della contemplazione di lui, (ah che bello!), ma di
testimoniare concretamente l’amore di Dio. Lo Spirito Santo promesso da Gesù è
un alleato strategico per la testimonianza dei discepoli che, da lì a poco
diventeranno degli apostoli, cioè degli inviati che hanno il compito di
annunciare quest’amore al mondo.
La promessa di Gesù "non vi lascerò orfani", carica di incoraggiamento, di fiducia e di speranza, ci
raggiunge questa mattina, all’inizio dei lavori del nostro Sinodo, e in mezzo a
tante e legittime preoccupazioni per il futuro delle nostre chiese. In noi ci
sono più domande che risposte, più dubbi che certezze, e forse anche lo
scoraggiamento per i problemi che sono senza soluzioni. Gesù c’invita a sentire
la sua presenza in mezzo a noi, a vivere i suoi comandamenti e a ricevere la
vita ch’egli ci offre. La
vita della Chiesa non dipende, prima di tutto, da ciò che fa. Non è essa ad
assicurare la sua sopravvivenza. Per vivere, la Chiesa ha bisogno di ricevere la vita da
colui che è vivente, Gesù Cristo. Egli è il cuore e capo della Chiesa. E' lui -
che attraverso lo Spirito, il soffio vitale, la potenza dall'alto - dà ai
cristiani e alla loro comunione vitalità, slancio e dinamismo per accompagnarli
nella loro testimonianza e nell'impegno a favore del più piccolo dei loro
fratelli.
La speranza alla quale siamo chiamati è un impegno e un
mettersi in movimento, una chiamata a testimoniare in parole e opere,
assumendosi tutti i rischi possibili e immaginabili, nella certezza che non siamo
soli, come possono farci pensare, a volte, la precarietà, la povertà dei nostri
mezzi e il senso di impotenza di fronte a quello che succede intorno a noi e nel
mondo, penso alla situazione tragica dei cristiani come noi in fuga dai
jihadisti in Iraq, ma anche ad altre tragiche situazioni in cui si trovano i
cristiani in altre parti del mondo. Per non parlare dell’indifferenza
religiosa dei nostri contemporanei nella quale c’imbattiamo ogni giorno, e del movimento di defezione che impoverisce quantitativamente le
nostre comunità.
Il forte e chiaro messaggio che ci raggiunge dal Vangelo di
Giovanni, è un messaggio di speranza. Possiamo essere un piccolo gregge esposto
all’odio e all’indifferenza del mondo, ma non siamo soli. Gesù Cristo, il Buon
Pastore continua a prendersi cura di noi e della nostra testimonianza.
Abbiamo bisogno oggi - come ai tempi dei primi cristiani
– di un difensore, lo Spirito di Verità, lo Spirito Santo che Gesù ci ha
promesso e che è presente nella nostra storia e si manifesta in mezzo a noi.
Abbiamo bisogno del difensore per difenderci da noi stessi, dalle nostre paure
e resistenze e per difendere la nostra fede da tutto ciò che vuole soffocarla, privarle
vitalità, di impegno. Amen.
Preghiera
Dio nostro,
che in Gesù Cristo, Tuo Figlio,
Sei venuto nel mondo,
per essere nostro Salvatore.
Non ti chiediamo di ri-cominciare , ogni volta,
La tua opera per noi.
Ti chiediamo, invece, di farci rinascere alla Tua Vita.
Ti chiediamo
di venire continuamente nello Spirito santo,
per donarci la certezza della Tua salvezza;
Per insegnarci
ad affidarTi le nostre vite; e per insegnarci a vivere nella gioia della Tua
presenza.
Vieni continuamente per farci crescere nella fede,
speranza
e amore. Grazie Dio nostro. Amen.
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