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Nel Tempio di Omegna, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 9; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 9

Intra - C.so Mameli 19
Nel Tempio di Intra, il Culto si tiene tutte le domeniche alle ore 11; Mercoledì 25 Dicembre, Natale, il Culto si terrà alle ore 11

27/01/2025

 

Isaia 61, 1-11. Testo biblico e predicazione tenuta durante il culto di domenica 5 gennaio 2025 in Omegna e Intra durante il Culto di Rinnovamento del Patto.


"Lo spirito del Signore, di Dio, è su di me, perché il Signore mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio; per consolare tutti quelli che sono afflitti; per mettere, per dare agli afflitti di Sion un diadema invece di cenere, olio di gioia invece di dolore, il mantello di lode invece di uno spirito abbattuto, affinché siano chiamati terebinti di giustizia, la piantagione del Signore per mostrare la sua gloria. Essi ricostruiranno sulle antiche rovine, rialzeranno i luoghi desolati nel passato, rinnoveranno le città devastate, i luoghi desolati delle trascorse generazioni. Là gli stranieri pascoleranno le vostre greggi, i figli dello straniero saranno i vostri agricoltori e i vostri viticultori. Ma voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, la gente vi chiamerà ministri del nostro Dio; voi mangerete le ricchezze delle nazioni, a voi toccherà la loro gloria. Invece della vostra vergogna, avrete una parte doppia; invece di infamia, esulterete della vostra sorte. Sì, nel loro paese possederanno il doppio e avranno felicità eterna. Poiché io, il Signore, amo la giustizia, odio la rapina, frutto d’iniquità; io darò loro fedelmente la ricompensa e stabilirò con loro un patto. Eterno. La loro razza sarà conosciuta fra le nazioni, la loro discendenza, fra i popoli; tutti quelli che li vedranno riconosceranno che sono una razza benedetta dal Signore. Io mi rallegrerò grandemente nel Signore, l’anima mia esulterà nel mio Dio; poiché egli mi ha rivestito delle vesti della salvezza, mi ha avvolto nel mantello della giustizia, come uno sposo che si adorna di un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli. Sì, come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare le sue semenze, così il Signore, Dio, farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni."

Cosa pensate che possa provare un uomo che si scopre scelto da Dio e afferrato da lui per diventare il suo portavoce, un suo profeta? Senz’altro proverà spavento, stupore, incredulità e anche riconoscenza, ma soprattutto, la consapevolezza di essere ancora sé stesso, e anzi forse, più che mai sé stesso – cioè, la consapevolezza di vivere con molta più intensità, libertà e profondità di prima i pensieri, i sentimenti, gli affetti e le azioni – ma anche, nello stesso tempo, la consapevolezza di non possedersi più come prima, perché un profeta è sempre anche posseduto da Dio, dalla sua forza invisibile e irresistibile.

 Questo spavento, questa incredulità, assieme allo stupore e alla riconoscenza, è il senso acuto della forza di Dio che ha afferrato Isaia per essere il Suo Profeta, e nel nostro testo di oggi è presente tutto questo, che non è altro che il proclama di un uomo che sa d’essere stato inviato da Dio ad annunciare un messaggio di salvezza, e sa anche che Dio lo ha reso idoneo, lo ha messo in condizione di realizzare quello che deve annunciare.

   “Lo spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto”.   Lo “spirito” è la forza di Dio, il “vento di Dio” che può accarezzare con dolcezza i fiori e farli dondolare, ma che sa anche scuotere le montagne. Questo vento – dice adesso il profeta – ora “è sopra di me”, e mi ha fatto suo. E così non mi appartengo più. Sono di Dio! Sono il suo “consacrato”, che vive non per sé, ma per il servizio che gli è stato affidato. Davvero…Dio mi ha riempito col Suo soffio, e “mi ha mandato ad annunciare…a proclamare e curare…a consolare…a dare…”.

Sì, Isaia “annuncia”. Solo questo può fare, e solo questo fa. Ma ora…nel suo annunciare…c’è in lui una scintilla della forza di Dio…un soffio di quello stesso “spirito divino” che…nel caos primordiale…aleggiava sulle acque (cfr. Genesi 1:2). E come allora…lo Spirito di Dio diede alla Sua Parola un potere creatore…per cui…in quei sette giorni…“Dio disse”…e l’universo fu…così adesso…la parola che Isaia annuncia…trasforma chi lo ascolta, in quanto Isaia annuncia la salvezza, e la dona realmente a coloro a cui parla: perchè parla di libertà, i prigionieri sono liberati, gli schiavi riscattati; predica un lieto annuncio, e consola gli afflitti, dona gioia a chi è triste, cura i cuori mortificati e li fà esultare…e non soltanto questo…con Isaia irrompe un tempo tutto nuovo: “l’anno della benevolenza del Signore”.

   In effetti…all’epoca di Isaia…vigeva in Israele…il “giubileo”…che ogni cinquant’anni…cioè…quando erano passati “sette volte sette anni”, al suonare del corno (del jobel), si annunciava a gran voce che tutti i debiti contratti in quei cinquant’anni erano rimessi e che ogni debitore ridotto in schiavitù veniva liberato. Ora il profeta è il nuovo “giubileo”, l’araldo della grazia che dona libertà ai poveri che incontra. Dà loro “gloria invece di cenere…olio di letizia invece di lutto…canto di lode invece di sconforto”.  

Noi quindi…ci rendiamo conto, a questo punto, della continuità e anche della distanza che c’è tra questo profeta di Isaia 61 e gli altri grandi profeti di Israele.

   In effetti…il primo Isaia, Geremia, Osea, Amos, avevano dovuto minacciare il giudizio di Dio sui peccati del popolo, annunciare la catastrofe immane che avrebbe posto fino al regno della casa di Davide. Il giudizio c’è stato, la catastrofe è arrivata. E adesso c’è bisogno della grazia! Adesso, sul popolo sconfitto, punito e deportato, sul piccolo e spaurito “resto d’Israele”, è ora che risuoni l’annuncio della salvezza. Per questo…per ridare speranza a chi non spera più…e coraggio a chi trema…Dio ha unto ed ha mandato il Suo profeta! Che allora…da profeta diventa “evangelista”…cioè portatore del lieto annuncio della “volontà buona” del Signore, strumento del cambiamento che la proclamazione di questa “volontà” già opera nei cuori e negli sguardi di coloro che ascoltano, della trasformazione con cui, trasformando gli esseri umani, Dio rinnova il Suo popolo ed il mondo.

   Sì, qui c’è davvero il “nuovo”, mai visto prima e mai sentito fino ad allora, nella parte iniziale dell’oracolo, in mezzo a tante espressioni luminose, c’è una parola che ci fa paura, è la parola “vendetta”. In effetti…nella parte centrale del V.2…Isaia dice: “…..un giorno di vendetta del nostro Dio”.

In realtà questo “giorno della vendetta” è piuttosto il “giorno della consolazione”; in effetti…nella parte finale del V.2 e nel V.3 abbiamo letto che…chi ha dovuto subire violenza e schiavitù…all’irrompere del tempo della salvezza annunciato dal profeta…vedrà il suo pianto trasformato in sorriso e la loro sofferenza farsi gioia. Sì!...Al profeta sembra quasi di vedere gli esuli “non più esuli”, ma rientrati in Israele dopo la deportazione a Babilonia, impegnati al lavoro per ricostruire quello che la guerra, nella sua furia cieca, aveva demolito: “Costruiscono le antiche rovine, rialzano ciò che era prima distrutto; rinnovano le città desolate, ciò che da generazioni era in rovina, risorge”. E la consolazione dei poveri rientrati sarà tanto più piena in quanto i loro oppressori saranno i loro servi: “Degli stranieri pascolano i loro greggi, gente d’altre terre saranno vostri contadini e vignaioli …Gusterete la ricchezza delle nazioni e vi adornerete con il loro splendore…”. Tutto questo – davvero – non è un semplice canto di vendetta, cioè il grido di rancore degli oppressi che si leva ad ammettere l’oppressione degli oppressori. E’…come dicevo prima…una questione di consolazione…e soprattutto è la rivelazione dell’onnipotenza di Dio, il Suo intervento a “rovesciare i potenti dai troni e a innalzare gli umili” e, in questo modo, a manifestare al mondo la Sua gloria. “Voi vi chiamerete sacerdoti del Signore, vi chiameranno servi del nostro Dio” che “ama il diritto e odia la rapina, e ricompensa con fedeltà e conclude con i suoi un patto eterno”, un’alleanza che non verrà mai meno.

   Come…di fronte a tutto questo…non dar spazio alla gioia? Come non sciogliere il canto della lode? E così…il profeta Isaia canta. E con lui canta tutto il popolo redento: “Sì, voglio rallegrarmi nel Signore, e l’anima mia esultare nel mio Dio, perché mi ha rivestito di abiti di salvezza, mi ha ricoperto con il manto della giustizia. Come uno sposo che cinge il suo turbante, come la sposa che si adorna di monili”.

Ma ora…ritorniamo ai giorni nostri con quanto abbiamo letto in Luca, lì nella Sinagoga di Nazareth, in cui era cresciuto, Gesù ha applicato a sé stesso l’oracolo di Isaia 61…s’è alzato dal suo posto, s’è fatto dare il libro del profeta e ha letto il nostro testo di oggi. Poi, “mentre gli occhi di tutti nella Sinagoga erano fissi su di lui”, ha esclamato: “Oggi questa scrittura, che voi udite, si è compiuta” (cfr Luca 4:16).

Sì!...Gesù è “l’unto del Signore”…è il profeta ed è l’evangelista che “porta il lieto annuncio dell’amore di Dio per tutti i poveri…che fascia gli affranti di cuore e annuncia la libertà ai prigionieri”. E fa questo non solo per un tempo, e non solo per un popolo, non solo per alcuni…ma per sempre, e per tutti! Gesù è “l’anno della benevolenza di Dio” che non ha fine!    Con lui…i sogni…le speranze degli “ultimi” del mondo…di quelli che egli stesso chiama “i minimi di questi miei fratelli”…non sono più illusioni…né la vita è soltanto una breve sequenza di sconfitte e dolori. Perché Gesù è la “vendetta” e la “consolazione” di Dio! È la giustizia che denuncia il disordine ingiusto dell’ordine creato dei più forti…la forza dell’amore che vince la violenza subendola su di sé stesso, la verità che mette in luce e smaschera la menzogna dei compromessi e delle vigliaccherie umane.

Là a Nazareth, Gesù nella Sinagoga, ha fatto sue le parole del profeta, e oggi le passa a noi. E adesso sono nostre, sono le nostre parole: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché Egli mi ha unto. Mi ha mandato ad annunciare la buona novella ai poveri, a fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, ad annunciare la libertà ai prigionieri e la liberazione ai detenuti …A proclamare un anno di benevolenza del Signore”. Questo è il programma, il senso del nostro essere al mondo. Essere per gli altri “la buona novella, la liberazione, la benevolenza del Signore”…

A questo punto, già conosco l’obiezione: “Chi di noi può farcela ad essere tutto questo?”.

Certamente noi da soli e senza l’aiuto dello Spirito di Dio, non possiamo farcela…ma qualcuno di voi, forse conosce l’album “Sono solo canzonette”  del compianto Pierangelo Bertoli e la bellissima canzone di cui ne fa parte: “Il vento soffia ancora”? Ebbene…potremmo dire: “Sì!”…“Il vento soffia ancora”! Per il motivo che lo spirito di Dio continua a soffiare e ci rinnova. Ci mette in grado di fare quello che non sappiamo fare, d’essere quello che in realtà non siamo. Copre le nostre piccole miserie con l’abito splendente della festa di nozze.

Come l’antico profeta, come l’antico Israele e come Gesù il Vivente, noi possiamo cantare: “Voglio rallegrarmi nel Signore, e l’anima mia esultare nel mio Dio, perché mi ha rivestito di abiti di salvezza, mi ha ricoperto con il manto della giustizia”.

AMEN

Giampaolo Castelletti. Tutte le citazioni bibliche, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994

08/10/2024


Predicazione di domenica 29 settembre

Marco 10:17-27

Mentre stava per rimettersi in cammino, arrivò un uomo correndo, s'inginocchiò davanti a lui e gli chiese: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?” Gesù rispose “Perché mi chiami buono? Solo Dio è veramente buono. Ma in quanto alla tua domanda, tu conosci i comandamenti di Dio: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire il falso contro nessuno, non ingannare, rispetta tuo padre e tua madre”. “Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di questi comandamenti”, rispose l'uomo. Gesù, guardandolo, provò affetto per lui e gli disse: “Ti manca solo una cosa: vai a vendere tutto ciò che hai, dà il denaro ai poveri, ed avrai un tesoro nel cielo. Poi vieni e seguimi”. L'uomo si rabbuiò in viso e se ne andò via tristemente, perché era molto ricco. Gesù, guardandosi attorno, disse rivolto ai discepoli: “È quasi impossibile che un ricco entri nel Regno dei Cieli!” Questa affermazione li lasciò stupiti. E Gesù aggiunse: “È davvero difficile entrare nel Regno di Dio per quelli che confidano nelle ricchezze! È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel Regno di Dio!” I discepoli erano piuttosto scettici e cominciarono a chiedersi fra loro: “Ma allora chi potrà mai essere salvato?” 27 Gesù li guardò attentamente, poi disse: “Per gli uomini è impossibile, ma non per Dio. Perché a Dio tutto è possibile”.

Esposizione del brano biblico

 

Abbiamo letto la storia dell’incontro tra Gesù e un uomo…ebbene… quest’uomo rivolge a Gesù una domanda: “Buon Maestro, che devo fare per vivere per sempre?”.
Potremmo senz’altro dire che la domanda di quell’uomo è anche la nostra domanda. La domanda che ognuna e ognuno di noi…nella sua preghiera personale rivolge al Signore.

Il “tale” di questa storia…più avanti…si scopre che è un uomo “ricco”…e parla a Gesù anche a nome nostro. In lui insomma siamo noi che ci avviciniamo a Cristo e parliamo con lui. Ed è anche a noi che il “maestro” risponde chiamandoci…all’osservanza dei comandamenti che Dio…tra lampi e terremoti…ha donato a Israele nella nube del Sinai come scritto in Esodo.
Sì!! “se vogliamo entrare nel Regno di Dio, dobbiamo osservare i comandamenti”…e così la risposta di Gesù suona un po’ generica…ed il giovane allora…non esita a dare a Gesù una risposta con queste parole precise:
“Signore, non sono mai venuto meno a nessuno di questi comandamenti”
E Gesù sta al gioco…e dà la spiegazione che gli è stata chiesta. La dà in maniera forse inaspettata e forse addirittura deludente. Infatti…non parla al suo interlocutore di osservare con rigore ed impegno le norme di purità e quelle legate al Culto e alla Preghiera come avrebbe fatto un qualsiasi maestro in Israele…ma cita il decalogo…e precisamente quella seconda parte delle “dieci parole” che riguarda il nostro rapporto con gli altri, e così dice al giovane che…se vuole “avere la vita eterna” deve: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso. Onora tuo padre e tua madre”Insomma…una risposta quasi scontata…quindi potremmo dire:

¿ Ma come? Uno ha il dono di incontrare Gesù aspettandosi chissà quali rivelazioni…quali meravigliosi nuovi insegnamenti…e si sente ripetere per l’ennesima volta il catechismo?…Veramente c’è da dire : “Tutto qui?”.
Ed infatti…il nostro giovane ci rimane un po’ male…e con lui forse anche noi…e se come lui…anche noi siamo dei credenti impegnati…noi diciamo con lui: “Ma tutte queste cose io le ho già osservate; che mi manca ancora?”.

E a questo punto…c’è la grande impennata…Gesù fa il Gesù…ed ecco uno sconvolgente salto di qualità. No! Non è affatto “tutto qui”!                                Non basta “osservare tutte queste cose”. Non basta comportarsi da persone per bene…da credenti rispettabili…Se davvero si vuole imparare da Gesù…ci vuole ben altro…serve qualcosa di vertiginosamente meno rispettabile…come una frase così: “Va’, vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi”.

“Va’, vendi, vieni, seguimi”. Questa serie serrata di 4 imperativi ha un senso molto chiaro…anzi…come vedremo…persino troppo chiaro…
Finora il discorso era stato impostato dal giovane sul piano del fare…e dell’osservanza concreta delle regole. Ricordate la sua domanda iniziale: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”, e poi, ancora: “Tutte queste cose le ho osservate”. E Gesù aveva rispettato quell’impostazione: e a lui che gli aveva domandato “cosa doveva fare”…aveva risposto appunto con il “fare”…cioè…doveva “non uccidere…non commettere adulterio…non rubare…non testimoniare il falso…onorare suo padre e sua madre…amare il suo prossimo come se stesso”.
Ma poi il giovane stesso ha commesso la bellissima imprudenza di voler andare oltre quel volere e dover fare…così ha chiesto: “Cosa mi manca ancora?”. Ed ha scatenato l’uragano. Se davvero non s’accontenta di essere un pio israelita…“se vuole essere perfetto” della perfezione che solo Gesù può dare…deve mandare all’aria tutta la sua vita e diventare un altro. Sinora il nostro giovane è vissuto in modo irreprensibile…e adesso questo maestro unico e in maniera sconcertante gli chiede di spogliarsi di tutto e di seguirlo (e non possiamo non ricordare come, secondo le cronache del tempo, Valdo di Lione si sia convertito proprio ascoltando questa stessa parola “Va’, vendi, vieni, seguimi”, e come, stando alla testimonianza dello scrittore inglese Walter Map, abbia, assieme ai fratelli del suo gruppo, “seguito nudo un Cristo nudo”).
Davvero!!!...con Gesù non si tratta di fare i bravi e i buoni…ma di mettere in gioco la propria vita. Vengono qui alla mente allora…quelle sue parole: “Va’, vendi, vieni, e seguimi”. Davanti a quest’abisso che gli si è spalancato sotto i piedi…il giovane non se la sente di fare il grande salto. Così…esce malinconicamente dalla scena: “Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente perché aveva molti beni”…a cui era molto attaccato, e non sono necessariamente solo i suoi beni materiali, era amato da tanti…era stimato per la sua onestà…era apprezzato per la sua pietà… Come si fa a lasciare tutto questo…così…di punto in bianco?…


Ma al colloquio tra Gesù ed il giovane ricco…era anche presente qualcuno che quel salto l’ha fatto. Come sempre…infatti…Gesù non era solo…con lui c’erano “i discepoli”. E con loro vi ricordate cosa avvenne?
Mentre passava lungo il mare di Galilea, egli vide Simone e Andrea, fratello di Simone, che gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, e io farò di voi dei pescatori di uomini». Essi, lasciate subito le reti, lo seguirono. Poi, andando un po' più oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che anch'essi in barca rassettavano le reti; e subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, se ne andarono dietro a lui. (cfr. Marco 1, 16 ss.). Sì!!...“Simone”, “Andrea”, “Giacomo”, “Giovanni”, e tutti quanti gli altri…hanno abbandonato tutto e hanno seguito Gesù.
E se noi questi episodi…adesso li abbiamo ricordati…i discepoli non c’è pericolo che li abbiano mai dimenticati. Così…dopo il primo momento di “sbigottimento” di fronte alle parole del “maestro” sull’impossibilità che “un ricco entri nel regno dei cieli” (sbigottimento che è dovuto al fatto che – come tutti gli Israeliti – i discepoli erano cresciuti nella convinzione che le ricchezze fossero il segno della benedizione di Dio per i giusti),…sono subito passati a chiedere a Gesù: “Chi dunque può essere salvato?” e la risposta di Gesù tutta intessuta di misericordia fu questa: “Agli uomini questo è impossibile, ma a Dio ogni cosa è possibile”, così subito dopo…fecero il confronto fra loro ed il giovane che se ne è appena andato “tutto triste”…e furono orgogliosi di quello che ebbero fatto! Tanto che…lo ricordano a Gesù: “Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?”.
Gesù li rassicura: “Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi, che mi avete seguito, sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna”. E senz’altro…mentre conferma ai discepoli la piena fedeltà alle sue promesse…avrà pensato a quel giovane che era venuto gioioso all’incontro con lui e se ne è andato via in crisi…avrà pensato alla sua tristezza e sperato che un giorno sia così coraggioso di “andare, vendere tutto e seguirlo”…
Certo…Gesù vuole bene ai suoi discepoli che ora sono contenti e fieri della loro sequela…ma forse in quel momento…si sente più vicino a quel giovane che s’è allontanato a capo chino che non ai discepoli che stanno lì tutti fieri davanti a lui…e così li ammonisce dicendo: “Voi ora vi sentite superiori a quel giovane, e lo siete…siete “i primi” al cospetto di Dio. Però state attenti!...perché vi ho appena detto che “a Dio tutto è possibile”, e allora può capitare che Dio rovesci tutte le carte in tavola, e che “molti che ora sono primi saranno ultimi, e molti che ora sono ultimi, saranno primi”…

Ritornando al nostro giovane e sul significato di ricchezza, ebbene…Gesù lo ha messo alla prova nel suo punto più debole e vulnerabile…la sua ricchezza, che il giovane pensava fosse il suo punto di forza e la sua sicurezza del domani, in quanto, quel giovane, pensava di ottenere la vita eterna compiendo qualche cosa di buono, ma la salvezza non la si ottiene con le opere buone (Efesini 2:8; Tito 3:5) ma soltanto arrendendosi alla signoria di Gesù, e questa ricchezza però, gli impediva di seguire Gesù e  andandosene fece capire che non era disposto a mettere Gesù prima dei suoi beni. Quindi…l’affermazione di Gesù: “Va’, vendi, vieni, e seguimi” significa forse che tutti i credenti debbano liberarsi delle proprie ricchezze? No!! Non è necessariamente sbagliato possedere delle ricchezze, fino a che queste non seducono il nostro cuore ostacolando la comunione con Dio e distogliendoci dalla nostra attenzione verso il Signore. (cfr. 1° Timoteo 6:10).

“Sì!!...Dio può dare a quel giovane e a tutte e tutti noi, la forza che quel giovane non ha avuto, cioè…mettere in primo piano l’amore verso Dio e in secondo piano i propri beni materiali così da poter seguire le orme di Gesù. Solo così facendo si potrà ricevere la “vita eterna”.

AMEN

(Giampaolo Castelletti, domenica 29 settembre 2024. Tutte le citazioni bibliche sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, a cura della Società Biblica di Ginevra, prima edizione 1994).