Di Giorgio Tourn
Quest'anno si celebra il cinquecentesimo anniversario della nascita del riformatore svizzero Giovanni Calvino. Un 'analisi del personaggio, del suo pensiero e della sua influenza sulla cultura del mondo moderno. Pastore valdese, storico e teologo, Tourn ha diretto il Centro culturale valdese di Torre Pellice.
Che Calvino sia una delle figure di rilievo nella storia europea è fuor di dubbio, anche se più di ogni altra oggetto di critiche e incomprensioni. L'aver organizzato la Riforma a Ginevra, dandole una forma organica, e preso posizioni rigorose contro la Chiesa di Roma lo rende inviso ai cattolici; il fatto che i ginevrini, ispirandosi al suo insegnamento, abbiano mandato al rogo l'antitrinitario Serveto è per gli spiriti liberi oggetto di condanna senza appello.
Gli aggettivi abitualmente usati per definire la sua opera e il suo pensiero sono sempre negativi: freddo, spietato, dispotico, i suoi referenti sono Robespierre, Lenin, gli uomini del Terrore della dittatura. Questo ha a che fare non con la storia ma con l'ideologia, che, sia essa clericale o laicista, ha bisogno di nemici per salvaguardare la propria identità.
In realtà anche qui, come in tutto quel che concerne l'umano, le cose sono molto più complesse. Enunciamo in modo sintetico le questioni.
Luterano. Calvino (nato nel 1509) appartiene alla seconda generazione dei riformatori. Quando a 25 anni, dopo una profonda crisi religiosa, passa dal cattolicesimo tradizionale al mondo riformato, sono trascorsi quasi 20 anni da quando Lutero ha affisso le sue Tesi, ed egli si trova (l'immagine è sua) come un ufficiale di riserva mandato di rinforzo sul campo di battaglia. Non solo sotto il profilo strettamente teologico, ma nel profondo della sua esperienza spirituale, egli resterà sempre discepolo di Lutero; questo si può riscontrare sotto molti aspetti.
Punto di partenza della riflessione cristiana è per Lutero la sovranità della Parola: la rivelazione non è un sistema di verità da accettare, è l'annunzio della grazia a cui corrisponde la fede, che non è il credo quia absurdum, ma la scoperta del perdono.
Questo si realizza nella giustificazione per grazia, nel fatto cioè che la salvezza è gratuita e l'uomo non ha da realizzarla con le proprie opere, ma da accoglierla. Da qui nasce la libertà cristiana con cui il credente vive la sua vita al servizio del prossimo, la sua vocazione, che non è l'entrata nello stato monastico ma semplicemente l'obbedienza a Dio nella vita quotidiana; dalla giustificazione nasce anche la Chiesa, comunità di credenti salvati da Cristo e non sistema di potere giuridico teologico che si impone alle coscienze.
Umanista francese. Luterano dunque sì, nel senso di fedele a Lutero, ma a modo suo; Calvino sarà infatti determinato nella sua riflessione da due fattori: una formazione culturale e l'attività a Ginevra.
Calvino è figlio della Francia di Francesco I e dell'Umanesimo di Erasmo, non ha avuto rapporti con il mondo ecclesiastico, è un laico, addottorato in diritto, e questo determinerà in modo sostanziale il suo modo di affrontare i problemi teologici portandolo spesso a radicalizzare le posizioni.
In secondo luogo la sua riflessione non è frutto di studio accademico, nasce dall'impegno di riforma che egli realizza nella piccola repubblica ginevrina. Ginevra e i problemi della Riforma lo costringono a pensare e scrivere.
Al riguardo vanno ricordati due fatti. La piccola repubblica attraversa in quegli anni un periodo di estremo travaglio politico istituzionale, accerchiata dai territori sabaudi rivendica la sua autonomia che realizza nel 1535 con la cacciata del suo signore, il vescovo della città; in questo contesto di indipendenza Calvino inserisce la sua opera.
Assunto nel 1536 per commentare le Scritture, egli avrà sempre un rapporto conflittuale con le autorità, che gli concederanno la borghesia solo alla fine della vita. Egli si è così trovato a ripensare la teologia di Lutero, nata nella Sassonia feudale, in un contesto cittadino borghese e ripensarla non da frate ma da intellettuale laico.
Riguardo alla Parola, anzitutto, essa non è per lui solo l'annunzio dell'Evangelo di Gesù Cristo, nella predica e nel sacramento, ma è l'intera rivelazione consegnata nelle Scritture. Questo significa ricuperare la legge antica come norma di vita, sviluppare l'idea di testamento, leggere il testo non in modo tradizionale, come un complesso di materiali da utilizzare per elaborare dogmi, ma in modo umanistico, come un documento del passato da interpretare.
Al centro della sua riflessione accanto a Cristo stanno l'onore e la gloria di Dio: la creatura esiste, opera, pensa in funzione di Dio, non realizza se stessa in una autonomia personale ma nell'obbedienza. Dio non è solo il Padre, è un sovrano.
La giustificazione per grazia, che ne attesta il carattere assoluto, trova la sua espressione compiuta nella predestinazione: la salvezza non è l'offerta d'amore di Dio lasciata al libero arbitrio dell'uomo, ma il suo trasferimento nel mondo della grazia con il dono della fede. Dio non propone: dispone; e questo si vede anche nella guida provvidenziale della vita.
La libertà della fede ha come termine di riferimento la santificazione del credente, la sua vita non è solo ispirata alla riconoscenza, ma alla disciplina; le opere della fede non sono meritorie, ma costituiscono la sua espressione necessaria.
La Chiesa è sì la comunità degli eletti, ma è un organismo strutturato, non è solo uno spazio di libertà e di messaggio, è una scuola di formazione, una militanza; di qui l'importanza della disciplina, dell’ordinamento.
Eredità. Quale è stato l’influenza di questo personaggio sulla cultura del mondo moderno? Il riferimento al capitalismo è tanto inevitabile quanto fuori luogo. Un teologo non può che lasciare le tracce indirette, pensieri, indicazioni che poi si sviluppano; così è stato anche in questo caso.
L’approccio umanistico di Calvino alla Scrittura, nel cui studio si è impegnato, ha certo aperto nuove prospettive nella lettura del testo biblico e così pure la sua concezione della Chiesa, da cui il calvinismo ha tratto l'idea del Sinodo e del concistoro, strutture di governo democratico.
Ma forse l'elemento della teologia calviniana destinato ad aprire prospettive più significative è il concetto di vocazione.
Se l'elezione è un atto gratuito, imputabile unicamente alla libertà divina e alla sua grazia, essa diventa percepibile, si storicizza, per il credente, nella vocazione. È questo un pensiero destinato a diventare punto di riferimento assoluto per generazioni di calvinisti. Il fatto che nella predicazione dell'Evangelo Dio rivolga l'appello a vivere la fede in obbedienza a Cristo, è per la creatura più che pensiero religioso, è l'atto fondante della sua identità.
A livello sociologico questo significa che in ogni condizione risponde pienamente a ciò che Dio si attende da lui senza bisogno di un sovrappiù spirituale, non esiste gerarchia nelle attività umane e ogni lavoro ha pari dignità: il magistrato e la casalinga, l'operaio (l'uomo méchanique) e il mercante.
Questo ha come conseguenza una concezione del lavoro radicalmente nuova, non più la maledizione divina, la condizione di inferiorità del servo a cui contrappone l'ozio del filosofo e del nobile.
A livello psicologico il carattere personale della vocazione implica una consapevolezza della propria responsabilità e della coscienza; l'etica kantiana non è nata fra gli anticlericali libertini, ma nella Ginevra calvinista.
Tutto questo conduceva a riflettere sulla struttura della società, o meglio sui rapporti fra la religione e la polis, la possibilità di una societas christiana che superasse la dicotomia cinquecentesca: la Chiesa-Stato romana e la Chiesa di Stato luterana o anglicana; l'ipotesi di una comunità cristiana, che dialoga in piena autonomia e parità, con i magistrati, era futuribile. Ma i suoi eredi immediati diedero nel Seicento una prima soluzione con la dottrina dello Stato a struttura federale, la politica fondata sulla responsabilità individuale e la pattualità; e quelli più lontani, nel Sette-Ottocento, con la separazione di Chiesa e Stato nel primo emendamento della Costituzione americana.
da Confronti, n.2 febbraio 2009 (http://www.confronti.net/)
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