Se la libertà di un Paese si misura anche attraverso la libertà religiosa di cui godono i suoi cittadini, l’Italia è rimasta piuttosto indietro. La mancanza di una legge organica a riguardo e iter burocratici sclerotizzati sono le anomalie più evidenti di un sistema che nel suo complesso non garantisce quanto stabilito nella Costituzione. È per questo che - a poche settimane dalla ‘sofferta’ approvazione delle modifiche alle Intese con lo Stato delle Chiese valdese ed avventista (v. Adista n. 64/09) - le organizzazioni evangeliche italiane hanno indetto la manifestazione “Ugualmente libere. Le Chiese evangeliche per la piena attuazione del dettato costituzionale sulla libertà religiosa”.
L’incontro - organizzato dalla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), dall’Alleanza Evangelica Italiana (Aei), dalla Federazione delle Chiese Pentecostali (Fcp) e dall’Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° Giorno (Uicca) e svoltosi a Roma il 13 giugno scorso, - rappresenta il primo appuntamento di carattere specificamente politico promosso dalle Chiese evangeliche italiane: “Con questo raduno - ha dichiarato il presidente della Fcei Domenico Maselli nel corso della conferenza stampa di presentazione svoltasi a Roma il 9 giugno scorso - vogliamo risvegliare nel mondo della politica, ma anche nell'opinione pubblica, la consapevolezza che la libertà religiosa è un diritto fondamentale, attraverso il quale si misura lo stato della libertà tout-court di un Paese. Di qui anche il carattere assolutamente bipartisan della manifestazione, perché la nostra non è una battaglia di destra o di sinistra, ma una battaglia di civiltà”.
Due sono le questioni più urgenti: il completamento del quadro delle sei Intese che giacciono in Parlamento dal 1998 (si tratta della regolamentazione dei rapporti con la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, l’Unione Buddista Italiana, la Chiesa Apostolica in Italia, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e l’Unione Induista Italiana) e la mancanza di una legge generale sulla libertà religiosa che fa sì che, nel caso di confessioni diverse dalla cattolica che non godano del regime d’Intesa, si debba ancora fare riferimento alla legge sui ‘culti ammessi’ varata dal governo fascista nel 1929. “Per quanto la Corte costituzionale sia spesso intervenuta per decapitare la legge del 1929 nelle sue parti peggiori - ha sottolineato nel corso della conferenza stampa il senatore del Pd Stefano Ceccanti - manca un intervento in positivo per rispondere alle nuove esigenze”. “La libertà religiosa”, gli ha fatto eco il senatore del PdL Lucio Malan, unico valdese presente in Parlamento in questa legislatura, “non si riduce alla libertà di praticare il culto, ma deve implicare una condizione di parità nel diritto, che in Italia non c’è”.
A titolo di esempio le Chiese evangeliche ricordano la legge della Regione Lombardia che stabilisce che possano essere adibiti al culto solo quegli edifici presentati come tali per la licenza edilizia, ostacolando in questo modo le piccole comunità religiose - specie musulmane - che cercano uno spazio per la preghiera. (ingrid colanicchia)
da NOTIZIE ADISTA n.67 - 20 Giugno 2009
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