Roma (NEV), 23 marzo 2011 - Non è piaciuta ai protestanti l'assoluzione dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) nel caso Lautsi sull'affissione del crocifisso nelle aule scolastiche. L'Agenzia stampa NEV - in seguito alla pronuncia della sentenza del 18 marzo, che ha ribaltato quella emessa in prima istanza dalla CEDU nel novembre 2009 - ha raccolto le reazioni a caldo di luterani, battisti, avventisti, valdesi e metodisti.
La pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese (organo esecutivo dell'Unione delle chiese metodiste e valdesi) ha accolto con "grave disappunto" la sentenza, che "conferma l'ambiguità e la contraddittorietà della normativa italiana sulla materia: da una parte non si ha il coraggio di affermare che il crocifisso è obbligatorio, mentre dall'altra si teme di dispiacere le gerarchie vaticane non sciogliendo un nodo che si trascina ormai da decenni da una Corte all'altra. Valdesi e metodisti italiani restano convinti che l'esposizione del crocifisso nelle sedi istituzionali violi il principio supremo di laicità dello Stato e di pluralismo culturale e confessionale. Come credenti ci preoccupa che un simbolo della fede cristiana venga imposto come espressione di una cultura e di una civiltà. Per parte nostra né il crocifisso, né la nuda croce possono essere imposti come simboli di una tradizione, ma possono essere soltanto il contenuto di una predicazione e di una testimonianza liberamente rese".
Il pastore Ulrich Eckert, vice decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI), ha dichiarato: "Per i luterani, il crocifisso o la croce è il simbolo più alto che riassume il dono che Dio fa di sé all'umanità. Non esigiamo che il crocifisso venga esposto in luoghi pubblici in quanto simbolo di fede, ma non siamo contrari alla sua esposizione come simbolo di un richiamo alla tradizione viva della fede cristiana. E' però fondamentale rispettare la richiesta di toglierlo ove qualcuno se ne veda disturbato, proprio per evitare l'uso di questo simbolo di amore e di solidarietà come simbolo di dominio. Siamo contrari all'uso del crocifisso come segno di affermazione di una presunta supremazia della fede cristiana nella società pluralistica, democratica e quindi ispirata a criteri di giustizia, uguaglianza e laicità. Guai a chi spera di concentrare il difficile e importante compito di un'autentica testimonianza delle fede nel Signore Gesù Cristo sull'affissione di simboli".
Per il pastore Raffaele Volpe, presidente dell'Unione cristiana evangelica battista d'Italia (UCEBI) "ora che la Grande Camera della Corte europea ha assolto l'Italia, per noi protestanti non resta altro da fare che tornare alla grande corte della nostra coscienza. Davanti a questo tribunale noi conserveremo la nostra posizione che riteniamo non solo buona, ma anche giusta. Lo faremo attraverso la nostra testimonianza, la nostra civile disobbedienza, nel nome del Dio che professiamo, ma anche nel nome della ragione".
L'avventista Dora Bognandi, segretario nazionale dell'Associazione internazionale per la difesa della libertà religiosa (AIDLR), ha dichiarato: "E' una sentenza alla Ponzio Pilato: in pratica la Corte di Strasburgo se ne lava le mani. Ancora una volta si è dimostrato che spesso si sceglie di non dispiacere il più forte. Un'occasione persa per aiutare il nostro paese a scegliere la via della laicità".
Amareggiata anche l'Alleanza evangelica Italiana (AEI), che in un comunicato diffuso il 21 marzo riassume le ragioni che non permettono di accettare il "crocifisso di stato". Per l'AEI l'esposizione di questo simbolo, peraltro tipicamente cattolico romano, come viene sottolineato, "rappresenta ancora oggi un modo efficace di 'marcare il territorio' e affermare la propria egemonia nei confronti di tutti gli altri". Pertanto deplora il fatto che "il crocifisso sia strumentalizzato per finalità di potere che nulla hanno a che fare con la laicità dello Stato e il significato della croce".
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